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2. TEMI ETICAMENTE SENSIBILI E I “PRINCIPI NON NEGOZIABILI”


Come abbiamo detto nell’introduzione, Benedetto XVI ha voluto risvegliare il mondo su queste tematiche, sopratutto facendo appello all’uso della ragione, unendo così laici e credenti (noto il fenomeno degli “atei devoti” alleati ai cattolici sui tali questioni). Francesco è partito da qui, dando per assodata la centralità di questi temi e la rinnovata sensibilità: ««l’attenzione alla vita umana nella sua totalità è diventata negli ultimi tempi una vera e propria prioritàdel Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa» (20/09/13). Tuttavia si è accorto che molti ne avevano fatto il centro della loro presenza pubblica come cristiani trasformandoli, quindi, in ideologia. Ha dunque ritenuto opportuno ribadire che il cuore del cristianesimo è l’annuncio di Cristo agli uomini, e le questioni morali andrebbero affrontate in contesti specifici, senza però trascurare altre tematiche importanti come quelle della povertà, dell’ecologia, dell’economia. Ha infatti racchiuso tutto ciò nella definizione di “cultura dello scarto”, coinvolgendo al contrasto dell’aborto e dell’eutanasia anche l’opposizione ad un’economia priva di umanità, ad un mancato rispetto dell’ambiente, all’indifferenza verso la povertà che ci circonda ecc.


Anche in questo caso i vaticanisti lo hanno manipolato: Marco Politi (ostile a Ratzinger proprio sui questi temi), ad esempio, ne ha approfittato per scrivere che «il pontefice archivia i “principi non negoziabili”, chiodo fisso del suo predecessore». Eppure Francesco ha detto esattamente l’opposto, spiegando che tutti i valori sono non negoziabili, non soltanto alcuni: «I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili» (5/03/14). Più volte li ha richiamati, negando una loro negoziazione: «è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili» (25/11/14); «I valori e le virtù della famiglia, le sue verità essenziali, sono i punti di forza su cui poggia il nucleo familiare e non possono essere messi in discussione»(9/12/14) ecc.


Francesco ha tuttavia introdotto due novità di approccio metodologico sui temi eticamente sensibili: la gerarchia delle verità, prelevandola dal Concilio Vaticano II e il linguaggio positivo. Innanzitutto, la gerarchia da rispettare è questa: prima l’annuncio cristiano (“Dio ti ha salvato”) e poi, in seguito, i temi morali, senza ribaltare l’ordine. Lo ha magistralmente espresso anche nell’intervista a la “Civiltà Cattolica” (prima di farla pubblicare ha voluto correggerla con i suggerimenti chiesti a Benedetto XVI): «È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite […]. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio, altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali»Nella “Evangelii Gaudium” ha quindi specificato meglio: «Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che “esiste un ordine o piuttosto una gerarchia delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana”. Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale».


Il vescovo Víctor Manuel Fernández, il più fidato collaboratore di Papa Francesco, ha precisato meglio il senso pratico di questa “gerarchia di verità”: «se si riesce a far ardere i cuori, o per lo meno a mostrare ciò che vi è di attraente nel Vangelo, allora le persone saranno più predisposte a conversare e a riflettere anche in merito a una risposta inerente la morale». Per fare un esempio, «non giova molto parlare contro il matrimonio omosessuale, perché la gente tende a vederci come se fossimo dei risentiti, dei crudeli, persone poco comprensive o addirittura esagerate. Un’altra cosa è quando parliamo della bellezza del matrimonio e dell’armonia che si crea nella differenza risultante dall’alleanza tra un uomo e una donna, e in questo contesto positivo emerge, senza quasi doverlo far notare, quanto sia inadeguato usare lo stesso termine e chiamare “matrimonio” l’unione di due persone omosessuali. […] Sono due i motivi che spingono il papa a chiederci di non parlare “sempre” e “solamente” di certi princìpi morali: per non stancare gli altri, saturandoli e ottenendo un effetto di rifiuto, e, soprattutto, per non distruggere l’armonia del nostro messaggio».


Oltre alla contestualizzazione dei temi morali in una gerarchia di verità da rispettare, occorre anche parlarne attraverso un linguaggio positivo per eludere l’impermeabilità e l’anestesia verso questi temi da parte del mondo moderno. Ha scritto nella Evangelii Gaudium«Non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività […]. Per quanto riguarda la proposta morale della catechesi, che invita a crescere nella fedeltà allo stile di vita del Vangelo, è opportuno indicare sempre il bene desiderabile, la proposta di vita, di maturità, di realizzazione, di fecondità, alla cui luce si può comprendere la nostra denuncia dei mali che possono oscurarla. Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo». Solo così si può aprire l’altro all’ascolto delle nostre ragioni, assicurandolo sul fatto che non si è “contro” pregiudizialmente il suo modo di vivere o pensare ma si è realmente interessati al suo bene.


 


Di seguito in ordine cronologico tutti gli interventi del Pontefice che esprimono questa modalità di approccio:


L’8 maggio 2013 durante l’omelia a Santa Marta, Francesco ha spiegato«Io ricordo quando ero bambino si sentiva nelle famiglie cattoliche, anche nella mia: “No, a casa loro non possiamo andare, perché non sono sposati per la Chiesa, eh”. Era come una esclusione. No, non potevi andare!». Eppure San Paolo nell’areopago annunzia Gesù Cristo tra gli adoratori di idoli, «non dice: “Idolatri, andrete all’inferno!”», ma «cerca di arrivare al loro cuore»; non condanna dall’inizio, cerca il dialogo: «Paolo è un pontefice, costruttore di ponti. Lui non vuole diventare un costruttore di muri». Costruire ponti per annunziare il Vangelo, «questo è l’atteggiamento di Paolo ad Atene: fare un ponte al cuore loro, per poi fare un passo in più e annunziare Gesù Cristo. Un cristiano deve annunziare Gesù Cristo in una maniera che Gesù Cristo venga accettato, ricevuto, non rifiutato». Paolo ha seguito l’atteggiamento di Gesù, il quale ha parlato con tutti: «Ha sentito la samaritana, il dialogo con la samaritana; andava a pranzo con i farisei, con i peccatori, con i pubblicani, con i dottori della legge. Gesù ha sentito tutti e quando ha detto una parola di condanna, è stato alla fine,quando non c’era niente da fare. Paolo agisce così perché era sicuro, sicuro di Gesù Cristo. Non dubitava del suo Signore. I cristiani che hanno paura di fare i ponti e preferiscono costruire muri, sono cristiani non sicuri della propria fede, non sicuri di Gesù Cristo. E si difendono».


Il 28 luglio 2013 durante la conferenza stampa nel volo di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, Papa Francesco ha risposto così ad una domanda sul perché finora non avesse parlato molto dei temi eticamente sensibili: «La Chiesa si è già espressa perfettamente su questo. Non era necessario tornarci, come non ho parlato neppure della frode, della menzogna o di altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara!. Non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre, i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa!». La giornalista ha quindi domandato: qual’è la posizione del Papa su questo? Risposta di Francesco: «Quella della Chiesa. Sono figlio della Chiesa.


Il 17 dicembre 2013 “Repubblica” ha citato le motivazioni per cui il Papa è stato premiato come “uomo dell’anno” dalla rivista “Time”«Papa Francesco è persona dell’anno 2013 perché parla dei poveri, dei disperati, degli immigrati; perché vuole la Chiesa come un ospedale da campo per curare le ferite di chi soffre, delle vittime di tutte le guerre, degli ultimi; persona dell’anno perchè vuole lui stesso una Chiesa povera, vicina ai poveri; perché denuncia continuamente lo scandalo della fame, difende i valori della vita e della famiglia ed ha avviato concretamente un’opera di ricostruzione della credibilità della Chiesa».


Il 19 settembre 2013 viene pubblicata su “La Civiltà Cattolica” l’intervista a Papa Francesco (si è scoperto in seguito, grazie alle rivelazioni di mons. Georg Gaenswein, segretario personale di Benedetto XVI, che il Papa emerito ha rivisto l’intervista, scrivendo al successore un corposo appunto di commento) che in essa si leggono parole che c’entrano molto con i temi eticamente sensibili (e non solo) anche se non vengono citati direttamente: «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, e bisogna cominciare dal basso. La Chiesa a volte si è fatta rinchiudere in piccole cose, in piccoli precetti. La cosa più importante è invece il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ha salvato!”. E i ministri della Chiesa devono innanzitutto essere ministri di misericordia. Il confessore, ad esempio, corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate […]. I ministri del Vangelo devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi». E ancora: «Non possiamoinsistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus. Dobbiamo quindi trovare un nuovo equilibrio,altrimenti anche l’edificio morale della Chiesa rischia di cadere come un castello di carte, di perdere la freschezza e il profumo del Vangelo. La proposta evangelica deve essere più semplice, profonda, irradiante. È da questa proposta che poi vengono le conseguenze morali. Dico questo anche pensando alla predicazione e ai contenuti della nostra predicazione. Una bella omelia, una vera omelia, deve cominciare con il primo annuncio, con l’annuncio della salvezza. Non c’è niente di più solido, profondo e sicuro di questo annuncio. Poi si deve fare una catechesi. Infine si può tirare anche una conseguenza morale. Ma l’annuncio dell’amore salvifico di Dio è previo all’obbligazione morale e religiosa. Oggi a volte sembra che prevalga l’ordine inverso. L’omelia è la pietra di paragone per calibrare la vicinanza e la capacità di incontro di un pastore con il suo popolo, perché chi predica deve riconoscere il cuore della sua comunità per cercare dove è vivo e ardente il desiderio di Dio. Il messaggio evangelico non può essere ridotto dunque ad alcuni suoi aspetti che, seppure importanti, da soli non manifestano il cuore dell’insegnamento di Gesù».


Il 20 settembre 2013 nel suo discorso alla Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici, Francescoha ricordato che la difesa della vita è una priorità per il magistero della Chiesa, non certo un aspetto secondario: «Ogni bambino non nato, ma condannato ingiustamente ad essere abortito ha il volto di Gesù Cristo, ha il volto del Signore, che prima ancora di nascere, e poi appena nato ha sperimentato il rifiuto del mond […]. Non si possono scartare, come ci propone la “cultura dello scarto”! Non si possono scartare!. Per questo l’attenzione alla vita umana nella sua totalitàè diventata negli ultimi tempi una vera e propria priorità del Magistero della Chiesa, particolarmente a quella maggiormente indifesa, cioè al disabile, all’ammalato, al nascituro, al bambino, all’anziano, che è la vita più indifesa».


Il 24 novembre 2013 viene pubblica “l’Evangelii Gaudium” in cui si legge«Una pastorale in chiave missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere. Quando si assume un obiettivo pastorale e uno stile missionario, che realmente arrivi a tutti senza eccezioni né esclusioni, l’annuncio si concentra sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario. La proposta si semplifica, senza perdere per questo profondità e verità, e così diventa più convincente e radiosa. Tutte le verità rivelate procedono dalla stessa fonte divina e sono credute con la medesima fede, ma alcune di esse sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del Vangelo. In questo nucleo fondamentale ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto. In questo senso, il Concilio Vaticano II ha affermato che “esiste un ordine o piuttosto una gerarchia delle verità nella dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana”. Questo vale tanto per i dogmi di fede quanto per l’insieme degli insegnamenti della Chiesa, ivi compreso l’insegnamento morale […]. Anzitutto bisogna dire che nell’annuncio del Vangelo è necessario che vi sia una adeguata proporzione. Questa si riconosce nella frequenza con la quale si menzionano alcuni temi e negli accenti che si pongono nella predicazione […]. Inoltre, ogni verità si comprende meglio se la si mette in relazione con l’armoniosa totalità del messaggio cristiano, e in questo contesto tutte le verità hanno la loro importanza e si illuminano reciprocamente. Quando la predicazione è fedele al Vangelo, si manifesta con chiarezza la centralità di alcune verità e risulta chiaro che la predicazione morale cristiana non è un’etica stoica, è più che un’ascesi, non è una mera filosofia pratica né un catalogo di peccati ed errori. Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti. Quest’invito non va oscurato in nessuna circostanza! Tutte le virtù sono al servizio di questa risposta di amore. Se tale invito non risplende con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte, e questo è il nostro peggior pericolo. Poiché allora non sarà propriamente il Vangelo ciò che si annuncia, ma alcuni accenti dottrinali o morali che procedono da determinate opzioni ideologiche. Il messaggio correrà il rischio di perdere la sua freschezza e di non avere più “il profumo del Vangelo. […]. Vediamo così che l’impegno evangelizzatore si muove tra i limiti del linguaggio e delle circostanze. Esso cerca sempre di comunicare meglio la verità del Vangelo in un contesto determinato, senza rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile. Un cuore missionario è consapevole di questi limiti e si fa “debole con i deboli […] tutto per tutti” (1 Cor 9,22). Mai si chiude, mai si ripiega sulle proprie sicurezze, mai opta per la rigidità autodifensiva. Sa che egli stesso deve crescere nella comprensione del Vangelo e nel discernimento dei sentieri dello Spirito, e allora non rinuncia al bene possibile, benché corra il rischio di sporcarsi con il fango della strada […]. Come bene osservano i Vescovi degli Stati Uniti d’America, mentre la Chiesa insiste sull’esistenza di norme morali oggettive, valide per tutti, “ci sono coloro che presentano questo insegnamento, come ingiusto, ossia opposto ai diritti umani basilari. Tali argomentazioni scaturiscono solitamente da una forma di relativismo morale, che si unisce, non senza inconsistenza, a una fiducia nei diritti assoluti degli individui. In quest’ottica, si percepisce la Chiesa come se promuovesse un pregiudizio particolare e come se interferisse con la libertà individuale”. Viviamo in una società dell’informazione che ci satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello, e finisce per portarci ad una tremenda superficialità al momento di impostare le questioni morali. Di conseguenza, si rende necessaria un’educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori. […]. Altra caratteristica è il linguaggio positivo. Non dice tanto quello che non si deve fare ma piuttosto propone quello che possiamo fare meglio. In ogni caso, se indica qualcosa di negativo, cerca sempre di mostrare anche un valore positivo che attragga, per non fermarsi alla lagnanza, al lamento, alla critica o al rimorso. Inoltre, una predicazione positiva offre sempre speranza, orienta verso il futuro, non ci lascia prigionieri della negatività […]. Per quanto riguarda la proposta morale della catechesi, che invita a crescere nella fedeltà allo stile di vita del Vangelo, è opportuno indicare sempre il bene desiderabile, la proposta di vita, di maturità, di realizzazione, di fecondità, alla cui luce si può comprendere la nostra denuncia dei mali che possono oscurarla. Più che come esperti in diagnosi apocalittiche o giudici oscuri che si compiacciono di individuare ogni pericolo o deviazione, è bene che possano vederci come gioiosi messaggeri di proposte alte, custodi del bene e della bellezza che risplendono in una vita fedele al Vangelo. […]». La«difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. […]. Proprio perché è una questione che ha a che fare con la coerenza interna del nostro messaggio sul valore della persona umana, non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana».


Il 5 marzo 2014 Papa Francesco ha concesso un’intervista al “Corriere della Sera” e, alla domanda sul perché non abbia ripreso il concetto di “valori non negoziabili” ha spiegato: «Non ho mai compreso l’espressione valori non negoziabili. I valori sono valori e basta, non posso dire che tra le dita di una mano ve ne sia una meno utile di un’altra. Per cui non capisco in che senso vi possano esser valori negoziabili. Quello che dovevo dire sul tema della vita, l’ho scritto nell’esortazione Evangelii Gaudium». Ha poi aggiunto: «Io non sono uno specialista negli argomenti bioetici. E temo che ogni mia frase possa essere equivocata».


Il 10 marzo 2014 il vaticanista Sandro Magister ha ripreso alcuni brani del vescovo argentino Víctor Manuel Fernández, il più fidato collaboratore di Papa Francesco, nei quali spiega l’atteggiamento del Papa sui temi eticamente sensibili: «Papa Francesco non è un ingenuo. Ci offre di immergerci nel contesto della cultura di oggi in un modo molto realista. Ci invita a riconoscere che la rapidità delle comunicazioni e la selezione dei contenuti proposti dai media ci mettono di fronte a una nuova sfida. […] Quando la Chiesa parla eccessivamente di questioni filosofiche o della legge naturale, lo fa presumibilmente per poter dialogare su temi morali con il mondo non credente. Tuttavia, così facendo, da un lato non convinciamo nessuno con argomentazioni filosofiche di altri tempi, e dall’altro perdiamo l’opportunità di annunciare la bellezza di Gesù Cristo, di “far ardere i cuori”. Allora, quelle argomentazioni filosofiche non cambiano la vita di nessuno. Invece, se si riesce a far ardere i cuori, o per lo meno a mostrare ciò che vi è di attraente nel Vangelo, allora le persone saranno più predisposte a conversare e a riflettere anche in merito a una risposta inerente la morale. […] Per esempio, non giova molto parlare contro il matrimonio omosessuale, perché la gente tende a vederci come se fossimo dei risentiti, dei crudeli, persone poco comprensive o addirittura esagerate. Un’altra cosa è quando parliamo della bellezza del matrimonio e dell’armonia che si crea nella differenza risultante dall’alleanza tra un uomo e una donna, e in questo contesto positivo emerge, senza quasi doverlo far notare, quanto sia inadeguato usare lo stesso termine e chiamare “matrimonio” l’unione di due persone omosessuali. […] Sono due i motivi che spingono il papa a chiederci di non parlare “sempre” e “solamente” di certi princìpi morali: per non stancare gli altri, saturandoli e ottenendo un effetto di rifiuto, e, soprattutto, per non distruggere l’armonia del nostro messaggio».


Il 4 maggio 2014 durante l’Angelus in piazza San Pietro, Francesco ha salutato i partecipanti alla “Marcia per la vita”, mostrando di non avercela affatto con chi è pubblicamente impegnato sui temi etici: «Saluto […] i partecipanti alla Marcia per la Vita, che quest’anno ha un carattere internazionale ed ecumenico. […] Tanti auguri e avanti, e lavorare su questo!». Ricordiamo che lo storico Alberto Melloni, nel 2012 disse a proposito della “Marcia per la Vita”«Più che una iniziativa di stampo cattolico mi pare soprattutto una trovata dal sapore politico. Con la Chiesa questa marcia ha ben poco a che fare».


Il 25 novembre 2014 nel discorso al Parlamento Europeo, Francesco ha parlato di “valori inalienabili”, una definizione sinonima di “valori non negoziabili”: «Cari Eurodeputati, è giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia, ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili; l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il suo futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente». Ha quindi criticato la prolificazione dei diritti e la loro pretesa di venire riconosciuti, affermando«Occorre però prestare attenzione per non cadere in alcuni equivoci che possono nascere da un fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso. Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade”, sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa […]. Se il diritto di ciascuno non è armonicamente ordinato al bene più grande, finisce per concepirsi senza limitazioni e dunque per diventare sorgente di conflitti e di violenze».


Il 9 dicembre 2014 nella lettera al presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, Francesco ha scritto«I valori e le virtù della famiglia, le sue verità essenziali, sono i punti di forza su cui poggia il nucleo familiare e non possono essere messi in discussione». Quel “non possono essere messi in discussione” fa chiaramente capire come non intenda affatto negoziare nulla.


Il 18 dicembre 2014 rivolgendosi alla delegazione della Chiesa evangelica luterana tedesca, notoriamente “progressista” sui temi eticamente sensibili, Francesco ha affermato«Di grandissima attualità sono le questioni relative alla dignità della persona umana all’inizio e alla fine della sua vita, così come quelle attinenti alla famiglia, al matrimonio e alla sessualità, che non possono essere taciute o tralasciate solo perché non si vuole mettere a repentaglio il consenso ecumenico finora raggiunto. Sarebbe un peccato se, su tali importanti questioni legate all’esistenza umana, si verificassero nuove differenze confessionali».


Il 12 gennaio 2015 Michele Brambilla su “La Stampa” ha scritto«Tuttavia, è innegabile che una svolta ci sia stata. Ma non è nel magistero né tantomeno nella fede: è nei temi della predicazione. Se è vero che la difesa dei poveri è sempre stata centrale nel cristianesimo, è anche vero che da decenni centrale non lo era più, almeno nella predicazione. Per molto tempo, centrali sono stati i temi legati alla sessualità e alla famiglia, fino a diventare “principi non negoziabili”. Il papa argentino, su quei principi, ha già detto di pensarla come la deve pensare “un figlio della Chiesa”. Ma è convinto che troppo a lungo siano stati trascurati altri principi, altri diritti da difendere. È questa la vera svolta di papa Francesco».


Il o4 marzo 2015 il vaticanista Aldo Maria Valli ha scritto che quello di Francesco «dal punto di vista dottrinale non è certamente di un insegnamento rivoluzionario: Francesco non ha fatto che ribadire alcuni punti centrali della fede cristiana. Eppure si parla di «rivoluzione» di Francesco e le sue parole sono apparse nuove. Perché? Il motivo sta forse nel fatto che Francesco è nuovo nelle priorità che sta indicando. Anziché mettere al primo posto gli obblighi morali che derivano dalla fede, sta privilegiando l’annuncio della speranza cristiana. Quando gli è stato fatto notare che da parte sua non ci sono che pochi accenni a quelli che venivano chiamati «valori non negoziabili» (la vita umana dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna, la libertà di educazione), ha risposto che lui è un figlio della Chiesa. Ha fatto capire così che non ha intenzione di discostarsi dall’insegnamento tradizionale. Tuttavia per lui è più importante proporre l’annuncio della salvezza piuttosto che la precettistica [….]. Si tratta di trovare il giusto equilibrio, senza mai dimenticare che l’adesione a ogni tipo di obbligazione morale, tanto più a quelle più lontane e incomprensibili per la mentalità dominante, può nascere non dalla reiterazione di alcuni precetti, ma dal rapporto d’amore con il Padre attraverso il Figlio […]. Perché di fronte a una ferita mortale la guarigione non può certamente arrivare da un comandamento, ma da una carezza, da un gesto di tenera attenzione e compassione.».