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38. TESI DEL CONCLAVE INVALIDO E COMPLOTTO SULLE DIMISSIONI DI BENEDETTO XVI

Non riuscendo a screditare il Pontefice con accuse varie e fantasiose lo scrittore Antonio Socci ha tentato di “tagliare la testa al toro”, avanzando dubbi sul fatto che il Conclave che ha eletto Francesco non sarebbe valido e ha scritto che dietro alla rinuncia del Papa emerito vi sia un «attacco occulto» contro Benedetto XVI.



DIMISSIONI DI BENEDETTO XVI.
Legata infatti alla tesi del Conclave invalido c’è anche la convinzione che il Papa emerito sia stato costretto a dimettersi da qualcosa o qualcuno, chi lo sostiene evidentemente lo ritiene un bugiardo dato che lo stesso Benedetto XVI ha spiegato chiaramente la sua decisione: «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino […]. Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Secondo Antonio Socci, Ratzinger avrebbe rinunciato soltanto all’esercizio attivo e non al papato.

Il Papa emerito è comunque intervenuto smentendo le accuse ricevute da Antonio Socci e altri opinionisti. Nel febbraio 2014 ha inviato una lettera rispondendo ad alcune domande. Si legge: «Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino. Unica condizione della validità è la piena libertà della decisione. Speculazioni circa la invalidità della rinuncia sono semplicemente assurde». Per quanto riguarda il mantenimento dell’abito bianco, ­«nel momento della mia rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti. Del resto porto l’abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa. Anche qui si tratta di speculazioni senza il minimo fondamento».

Monsignor Georg Gänswein, segretario personale di Benedetto XVI, ha anche lui risposto a chi sostiene che Ratzinger non avrebbe rinunciato al papato ma solo all’esercizio attivo: «Ritengo che sia una sciocchezza teologica e anche logica. Il testo della rinuncia di Benedetto XVI, pronunciato l’11 febbraio 2013 nella Sala del Concistoro, è inequivocabilmente chiaro. Non c’è niente da “interpretare”. Alla rinuncia seguiva la Sede vacante, poi il Conclave e alla fine l’elezione del nuovo Papa. Il Papa legittimo si chiama Francesco».

Il sociologo Giuliano Guzzo ha espresso una delle tante motivazioni per respingere la tesi di Socci: «Chiamerebbe in causa davvero tante, troppe responsabilità: da quella di tutti i cardinali presenti nel Conclave, nessuno dei quali ha tutt’ora eccepito alcunché di fronte ad un’irregolarità che in fin dei conti sarebbe della massima gravità, a quella dello stesso Benedetto XVI, il quale non era presente nel Sacro Collegio ma che, allo stato, pare non aver mai sollecitato alcun chiarimento sull’elezione di Francesco».

Nel febbraio 2015 la prof.ssa Geraldina Boni, ordinario di Diritto Canonico dell’Università di Bologna, ha contestato la tesi che Benedetto XVI abbia rinunciato solamente all’esercizio attivo del papato: «Tale tesi è, secondo me, assolutamente non condivisibile: le distinzioni avanzate sono del tutto prive di fondamento. Benedetto XVI ha agito validamente e lecitamente rinunciando al munus-officium di papa. Quello che non ha deposto – né era nelle sue facoltà: il potere pontificio non è illimitato ma fluisce entro gli argini segnati dallo ius divinum – è, semmai, il munus ricevuto sacramentalmente con la consacrazione episcopale, come qualunque altro vescovo. Non ci sono due titolari del munus petrinum, tesi insostenibile, oltre che francamente aberrante e pericolosa».

Nel febbraio 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, è intervenuto in un’intervista spiegando che il dubitare della validità dell’elezione di Papa Francesco nasce dalla «mancanza di senso della Chiesa». E ha aggiunto: «Benedetto stesso ha detto di aver preso la sua decisione in modo libero, senza alcuna pressione. E ha assicurato “reverenza e obbedienza” al nuovo Papa. Benedetto XVI è convinto che la decisione presa e comunicata sia quella giusta. Non ne dubita. È serenissimo e certo di questo: la sua decisione era necessaria, presa “dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio”. La consapevolezza che le forze del corpo e dell’animo venivano meno, di dover guardare non alla propria persona ma al bene della Chiesa. Le ragioni sono nella sua declaratio. La Chiesa ha bisogno di un timoniere forte. Tutte le altre considerazioni e ipotesi sono sbagliate».

Nell’aprile 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, ha ribadito che l’unico motivo per cui Benedetto XVI si dimise fu l’incapacità fisica di sostenere il papato: «disse che il ministero petrino necessita di vigore sia del corpo, sia dell’animo, “vigor quidam corporis et animae necessarius est”. Parlò, insomma, di forze fisiche e anche di spirito. È ovvio che tutto ciò che è successo nei due anni precedenti l’11 febbraio consumò le sue forze, ma non fu motivo per la rinuncia. Non fu una fuga. Era convinto che il pastore non deve mai fuggire da nulla, neanche dai lupi se li incontrasse.Questa è la chiave per la giusta comprensione della sua decisione. Non è fuggito, ha semplicemente e umilmente ammesso di non avere più la forza per reggere la Chiesa di Cristo».



CONCLAVE INVALIDO. Per quanto riguarda la tesi del Conclave invalido, essa è emersa nel settembre 2014 con il libro “Non è Francesco” di Antonio Socci, in cui ha posto dubbi sull’elezione di Bergoglio: la giornalista Elisabetta Piqué, nel libro “Francesco. Vita e rivoluzione” (Lindau 2013) ha rivelato che durante il Conclave sarebbe stata depositata nell’urna una scheda in più rispetto ai votanti, i cardinali avrebbero decisero di bruciare tutto e di effettuare subito un nuovo scrutinio (p. 39-40). In base a questa notizia, riferita alla Piqué dallo stesso Francesco, lo scrittore ha sostenuto che le norme non lo consentirebbero. L’autore ha proseguito sottolineando come Benedetto XVI sarebbe il vero pontefice in carica, dato che continua a vestirsi di bianco, continua (continuerebbe) a firmarsi come Benedictus XVI, con tanto di P. P. a indicare la potestà papale, è rimasto perfino dentro il recinto di Pietro, egli non parla, ma «parlano però i suoi gesti, i suoi segni e le sue decisioni». Il manifesto antibergogliano dello scrittore cattolico viene giustificato da quest’ultimo in obbedienza «al grido della mia coscienza».

La tesi di Socci è stata confutata nell’ottobre 2014 su “La Nuova Bussola Quotidiana” dal prof. Giancarlo Cerrelli, avvocato specializzato in Diritto canonico e Massimo Introvigne, sociologo ma con anche una laurea in legge. Nel gennaio 2015 è stata la prof.ssa Geraldina Boni, docente ordinaria di diritto canonico e di storia del diritto canonico nella università “Alma Mater Studiorum” di Bologna, nonché membro del consiglio direttivo della “Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo” a replicare alla tesi di Antonio Socci, definendola “del tutto infondata giuridicamente”.

Nel febbraio 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, è intervenuto in un’intervista spiegando che il dubitare della validità dell’elezione di Papa Francesco nasce dalla «mancanza di senso della Chiesa».



COLLABORAZIONE PER L’ELEZIONE DI BERGOGLIO.
Nel dicembre 2014 è emersa un’altra polemica, portata in Italia dal vaticanista de “La Stampa” Marco Tosatti che ha ripreso la notizia di un “caso” relativo alla biografia di papa Francesco scritta da Austen Ivereigh, uomo stampa del card. Murphy O’Connor, centrato sulle settimane prima del Conclave 2013: nel libro si afferma che un certo numero di cardinali – che l’autore definisce il “team Bergoglio” – subito dopo le dimissioni di Benedetto XVI hanno intessuto una tela per portare al soglio di Pietro l’arcivescovo di Buenos Aires. Il caso è stato lanciato dal “Daily Telegraph” e ripreso in seguito da altri siti web. Scrive Ivereigh: i cardinali che avevano tentato di eleggere, senza riuscirci, Bergoglio nel 2005 (Murphy O’Connor, Kasper e altri), «avevano imparato la lezione del 2005 e stavolta erano ben organizzati. Prima di tutto si assicurarono il consenso di Bergoglio. Quando gli domandarono se fosse disponibile rispose che riteneva che in un simile momento di crisi per la Chiesa nessun cardinale, ove glielo si fosse chiesto, potesse rifiutare (Murphy O’Connor lo avvertì a bella posta di “stare attento” che stavolta era il suo turno, e l’altro rispose in italiano: “Capisco”)». Quello che ha scritto andrebbe contro le regole del Conclave, stabilite dalla “Universi Dominici Gregis”, al N. 81: «I Cardinali elettori si astengano, inoltre, da ogni forma di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere, che li possano costringere a dare o a negare il voto ad uno o ad alcuni. Se ciò in realtà fosse fatto, sia pure sotto giuramento, decreto che tale impegno sia nullo e invalido e che nessuno sia tenuto ad osservarlo; e fin d’ora commino la scomunica latae sententiae ai trasgressori di tale divieto. Non intendo, tuttavia, proibire che durante la Sede Vacante ci possano essere scambi di idee circa l’elezione». Poche ore dopo l’articolo Maggie Doherty, responsabile stampa di Murphy O’Connor ha scritto al Daily Telegraph, affermando che il cardinale «vuole rendere chiaro che nessun approccio all’allora cardinale Bergoglio fu fatto da lui, o per quanto ne sa, da nessun altro cardinale per cercare il suo assenso a diventare un candidato al papato». Austen Ivereigh ha risposto a questo con un tweet: «”Si assicurarono il suo assenso” (p.355) avrebbe dovuto essere letto “Credevano che non si sarebbe opposto alla sua elezione”. Sarà corretto nelle future edizioni». Tosatti, e chi parla di questo nuovo “caso”, si dimentica di ricordare che avvenne qualcosa di simile anche per l’elezione di Benedetto XVI, come scrisse Andrea Tornielli sulla rivista “Limes” nel 2005, pubblicando gli appunti riservati di un cardinale, seppur anonimo: «Dagli appunti del cardinale, venuti in possesso della rivista, si apprende innanzitutto che la candidatura di Ratzinger era fortissima fin dall’inizio: il settantottenne porporato bavarese era l’unico che potesse contare sull’appoggio di un gruppo ben organizzato deciso a sostenerlo. Vengono poi smentite le ricostruzioni secondo le quali un ruolo determinante nell’elezione di Benedetto XVI avrebbe avuto il cardinale Carlo Maria Martini, coetaneo del nuovo Papa, ex arcivescovo di Milano. E viene invece confermata la notizia pubblicata dal quotidiano milanese “Il Giornale” il giorno dopo il conclave: l’unico vero antagonista di Ratzinger che ha potuto contare su un numero consistente di consensi arrivando fino a 40 è stato l’arcivescovo di Buenos Aires, il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio […]. Dopo cena si tengono piccole riunioni per decidere il da farsi e soprattutto convincere gli indecisi. “Piccoli gruppi, due-tre persone, non ci sono maxi riunioni” […]. Già nella Sistina, prima del trasferimento a Santa Marta per il pranzo ci sono i primi commenti e i primi contatti. Grande preoccupazione fra i porporati che auspicano l’elezione del cardinale Ratzinger; s’infittiscono i contatti, il più attivo è il cardinale Lopez Trujillo…». Perché nessuno tirò fuori anche la presunta invalidità dell’elezione di Benedetto XVI?

Il 2 dicembre 2014 il vaticanista de “La Stampa” Marco Tosatti ha proseguito con la notizia contenuta nella biografia di papa Francesco di Austen Ivereigh, “The Great Reformer”, secondo cui un gruppo di cardinali, il “Team Bergoglio” avrebbe pianificato sin dalle dimissioni di Benedetto XVI l’elezione di Francesco, ottenendo il suo assenso previo. Si riporta un altro brano del libro: «Il giorno dopo, Francesco incontrò l’intero collegio cardinalizio, compresi i non elettori, nella sala delle benedizioni. Quando comparve il cardinal Murphy O’Connor, lo abbracciò e, agitando l’indice in segno di rimprovero, disse con una risata: “E’ colpa sua! Che cosa mi ha fatto?”. Murphy O’Connor, oltre gli ottanta anni di età, non era entrato in Conclave; quindi la sua “responsabilità” poteva essere solo precedente all’”Extra Omnes». Viene citato anche un altro tweet di Austen Ivereigh: «Il capitolo sul Conclave, letto nella sua interezza, rende assolutamente chiaro che JMB (Jorge Mario Bergoglio, n.d.r.) non fece assolutamente nulla per cooperare nella sua elezione». Il sito web “Il Sismografo” ha anche riportato: «In merito a quanto circola sull’ultimo Conclave abbiamo interpellato padre Federico Lombardi, Direttore della Sala stampa della Santa Sede. Ecco la risposta di padre Lombardi: “In un libro di recente pubblicazione a proposito del Papa Francesco, scritto da Austen Ivereigh e uscito in inglese con il titolo: “The Great Reformer. Francis and the Making of a Radical Pope” (Henry Holt and Company), e in italiano: “Tempo di misericordia. Vita di Jorge Mario Bergoglio” (Mondadori), si afferma che nei giorni precedenti il Conclave quattro cardinali – Murphy O’Connor, Kasper, Daneels e Lehmann – si “assicurarono il consenso” del card. Bergoglio alla sua eventuale elezione, e poi “si misero al lavoro” con una campagna per la promozione della sua elezione. Posso dichiarare che tutti e quattro i cardinali sopra nominati negano esplicitamente questa descrizione dei fatti, sia per quanto riguarda la richiesta di un consenso previo da parte del card. Bergoglio, sia per quanto riguarda la conduzione di una campagna per la sua elezione, e desiderano che si sappia che sono stupiti e contrariati per quanto pubblicato». Secondo Tosatti: «Con tutto il rispetto dovuto ai quattro cardinali, la serietà dell’autore e la ricchezza di dettagli del libro (che certamente dà un’immagine molto positiva del Papa, in ogni fase della sua vita) fanno sì che la smentita non appaia tale da risolvere il “caso” sollevato da Ivereigh». Rimane l’obiezione già fatta: perché nessuno tirò fuori anche la presunta invalidità dell’elezione di Benedetto XVI, dato che questi patteggiamenti avvennero anche nel 2005, come è stato descritto?

Secondo il giornalista e scrittore Antonio Socci, è intervenuto sul caso del “team bergoglio”, «i fatti riferiti dal libro dell’inglese non mettono in discussione di per sé la legittimità dell’elezione. Casomai fanno emergere qualcosa della lotta che si è svolta dietro le quinte nel 2013 (dalla rinuncia di Benedetto all’elezione di Francesco) e dei suoi protagonisti».

La prof.ssa Geraldina Boni ha confutato l’accusa di patteggiamenti tra cardinali per eleggere Bergoglio: «Non è inoltre ozioso segnalare che la costituzione giovanneo-paolina non sanziona con l’invalidità neppure dell’elezione […] frutto di patteggiamenti, accordi, promesse od altri impegni di qualsiasi genere fra cardinali».


COMPLOTTISMO SUL CONCLAVE.
Lo scritore Antonio Socci ha sostenuto: «Dalla fumata bianca alla sua comparsa è passato infatti un lasso di tempo doppio rispetto a Benedetto XVI. Perché? Cosa è accaduto? […] Sarebbe interessante capire perché la fumata bianca fu data alle 19.06, circa un’ora prima dell’Habemus papam che avvenne alle 20.12». Non è affatto vero che il tempo trascorso tra la fumata bianca e l’apparizione di Bergoglio sia stata il doppio di quella di Ratzinger: come conferma la Sala Stampa della Santa Sede, la fumata bianca di Benedetto XVI è apparsa alle 17,50 e alle 18,48 è apparso sulla loggia di San Pietro: esattamente sette minuti prima di quella di Francesco, non certo la metà del tempo.

Oltre a questo, Socci ha avvalorato le parole di Scalfari sui momenti dell’elezione in cui Francesco si sarebbe ritirato «per qualche minuto nella stanza accanto a quella con il balcone sulla piazza». Non si capisce cosa ci sia di sospetto e di misterioso sul fatto che Bergoglio -anche se fosse vero- si sia preso del tempo per riflettere sull’accettazione, senza contare l’aver avvalorato un’intervista che lo stesso Socci non aveva considerato attendibile soltanto pochi mesi prima, quando scriveva: «Il fondamentalista non riflette su come quella frase sia stata veramente detta dal Papa e magari su com’è stata capita e riportata da Scalfari». Nemmeno la Santa Sede ha avvalorato tale episodio, sopratutto considerando che lo stesso Scalfari ha ammesso di aver attribuito al Papa espressioni che non aveva mai pronunciato. Il sito “VaticanInsider” ha rilevato inoltre «un errore riguardante quanto accaduto nella Sistina. In una delle risposte, si diceva che il Pontefice dopo aver raggiunto il quorum necessario per l’elezione, prima di accettare si sarebbe ritirato in preghiera. Circostanza non vera, e smentita da diversi cardinali, tra i quali l’arcivescovo di New York Timothy Dolan». Lo stesso Francesco ha smentito questa ricostruzione nell’intervista a “La Stampa” del 16/12/13: « Non ho perso la pace mentre crescevano i voti. Sono rimasto tranquillo. E quella pace c’è ancora adesso, la considero un dono del Signore. Finito l’ultimo scrutinio, mi hanno portato al centro della Sistina e mi è stato chiesto se accettavo. Ho risposto di sì, ho detto che mi sarei chiamato Francesco. Soltanto allora mi sono allontanato. Mi hanno portato nella stanza adiacente per cambiarmi l’abito. Poi, poco prima di affacciarmi, mi sono inginocchiato a pregare per qualche minuto insieme ai cardinali Vallini e Hummes nella cappella Paolina.