00 15/04/2015 19:31
35. RAPPORTO CON BENEDETTO XVI

Una delle accuse più frequenti dei tradizionalisti filo-ratzingeriani è quella di sottolineare la discontinuità tra Francesco e il suo predecessore. Benedetto XVI era un Papa, Francesco sarebbe un impostore che sta rinnegando le posizioni di Papa Ratzinger. Eppure lo scrittore tradizionalista Vittorio Messori ha scritto ai critici di Francesco: «E a chi volesse giudicare, non dice nulla l’approvazione piena, più volte ripetuta – a voce e per iscritto – dell’attività di Francesco da parte di quel “Papa emerito” pur così diverso per stile, per formazione, per programma stesso?».

Occorre ricordare inoltre quante volte Francesco ha elogiato il pontificato del suo predecessore e quante volte il segretario personale di Ratzinger, mons. Georg, sia intervenuto ricordando l’alta stima di Benedetto XVI per Francesco, spiegando l’inesistenza di contraddizioni tra i due, così come la comunanza dei contenuti del loro pontificato. Ma anche il Papa emerito ha fatto sapere di avere «un grande identità di vedute e amiciza di cuore» con Francesco.



Di seguito in ordine cronologico vari esempi che smentiscono una contrapposizione tra i due pontificati:

Il 17 marzo 2013 il quotidiano ”Telegraph” ha ripreso una vecchia notizia affermando che «papa Francesco è andato vicino a perdere la sua posizione all’interno della Chiesa cattolica, dopo aver criticato il suo predecessore sette anni fa». Il quotidiano inglese parla di un’opposizione tra l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, e Papa Benedetto, sul famoso discorso a Ratisbona. Bergoglio, scrive il quotidiano, «parlando attraverso un suo portavoce» avrebbe detto: «La dichiarazione di Papa Benedetto non riflette le mie opinioni, Queste dichiarazioni serviranno per distruggere in 20 secondi l’attenta costruzione di un rapporto con l’Islam, che Papa Giovanni Paolo II ha costruito nel corso degli ultimi venti anni». La notizia è stata poi ripresa da altri siti web e quotidiani, come ha fatto in Italia “Libero” il 22/08/14. Proprio nella stessa data però il vaticanista Andrea Tornielli ha smontato la bufala, scrivendo: «L’ultima – nel senso della più recente – puntata di questa “guerra” contro il successore di Pietro combattuta con la carta e il web s’inventa un’opposizione tra l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, e Papa Benedetto, sul caso Ratisbona. La presunta “notizia”, “scoperta” dal Telegraph, è stata subito rilanciata sui social network da quanti si sentono investiti della missione di cantargliele al Papa qualunque cosa dica, faccia o non faccia. I fatti sono questi: padre Guillermo Marcó, giornalista, incaricato dei rapporti con la stampa dell’arcidiocesi di Buenos Aires, nel 2006, dopo il discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, si fece intervistare da “Newsweek” (nella sua versione in lingua spagnola), criticando Ratzinger: disse di non sentirsi rappresentato da quelle parole sull’islam, affermò di ritenere quello di Ratisbona un passo indietro rispetto all’atteggiamento di Giovanni Paolo II. L’intervista fece ovviamente scalpore, anche in Vaticano. Marcó spiegò di aver rilasciato l’intervista non in quanto incaricato dei media della diocesi, ma come presidente dell’Istituto per il dialogo interreligioso. Leggendola appare del tutto evidente che il sacerdote parlava a titolo personale (“quelle parole non MI rappresentano”), senza alcun mandato della diocesi né tantomeno dell’allora arcivescovo di Buenos Aires. Ciononostante, visto il comprensibile imbarazzo che quell’intervista – e anche altre dichiarazioni – avevano provocato, padre Marcó, venne rimosso dal suo incarico di responsabile dei rapporti con la stampa, per volere del cardinale Bergoglio, e destinato altrove. Una circostanza che quanti hanno scovato e rilanciato la presunta notizia si guardano dal raccontare, perché rovinerebbe questa nuova pretestuosa accusa. Attribuire al futuro Papa le parole di Marcó, per contrapporlo a Benedetto XVI è dunque un’operazione propagandistica».

Il 25 febbario 2014 il segretario personale di Benedetto XVI, mons. Georg Ganswein, ha risposto ad un’intervista per il “Washington Post”, affermando: «La stima di Benedetto [per Papa Francesco] è molto alta ed è aumentata per il coraggio del nuovo papa, settimana dopo settimana. All’inizio, non si conoscevano molto bene. Ma poi Papa Francesco gli ha telefonato, gli ha scritto, si reca a trovarlo e lo ha invitato [a riunioni private], in modo che il loro contatto è diventato molto personale e riservato». Ha anche aggiunto: «Il Papa emerito Benedetto è ben consapevole della fama del suo successore, ma lui non è geloso perché vede che la celebrità come un aiuto ai fedeli.

Il 16 marzo 2014 è emerso il racconto di mons. Georg Ganswein, prefetto della Casa Pontifica e segretario di Benedetto XVI, sul fatto che Papa Francesco, prima di mandare alle stampe la sua intervista per “La Civiltà Cattolica” l’aveva sottoposta per una verifica a Benedetto XVI: «Quando padre Spadaro ha consegnato laprima copia di questa intervista papa Francesco me l’ha data e mi ha detto: “Adesso la porti a Benedetto. Vede, la prima pagina dopo l’indice è vuota. Qui papa Benedetto dovrebbe scrivere le sue critiche che gli vengono in mente durante la lettura e poi riportamelo o rimandamelo». Benedetto ha risposto con quattro pagine di suggerimenti. Mons. Georg ha anche spiegato che lo scambio tra i due è di vario tipo e avviene anche per telefono.

Il 24 gennaio 2014 il teologo Hans Küng ha citato una lettera inviatagli da Benedetto XVI (datata 24 gennaio 2014) in cui il Papa emerito ha scritto: «Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiere». Il 18 febbraio 2014 Benedetto XVI ha confermato la lettera rispondendo al giornalista Andrea Tornielli: «Il prof. Küng ha citato letteralmente e correttamente le parole della mia lettera indirizzata a lui».

Il 23 gennaio 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, ha criticato i tentativi di opporre Francesco a Benedetto XVI: «Come contrasto si costruisce una opposizione che non esiste. Non conosco dichiarazioni dottrinali di Francesco che siano contrarie a quelle del suo predecessore. Questo sarebbe assurdo […]. Non ci stati circoli tradizionalisti che hanno fatto questo tentativo, eccetto i rappresentanti dell’Alleanza teologica e alcuni giornalisti. Parlare di un antipapa è semplicemente sciocco, e allo stesso tempo irresponsabile. Va nella direzione di provocare un incendio nel dibattito teologico».

Il 15 febbraio 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, è intervenuto in un’intervista spiegando «Benedetto stesso ha detto di aver preso la sua decisione in modo libero, senza alcuna pressione. E ha assicurato “reverenza e obbedienza” al nuovo Papa. Benedetto XVI è convinto che la decisione presa e comunicata sia quella giusta. Non ne dubita. È serenissimo e certo di questo: la sua decisione era necessaria, presa “dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio”. La consapevolezza che le forze del corpo e dell’animo venivano meno, di dover guardare non alla propria persona ma al bene della Chiesa. Le ragioni sono nella sua declaratio. La Chiesa ha bisogno di un timoniere forte. Tutte le altre considerazioni e ipotesi sono sbagliate». Perché si dubita della validità dell’elezione di Papa Francesco, è forse mancanza di senso della Chiesa?, ha chiesto l’intervistatore. «Sì, i dubbi sulla rinuncia e l’elezione nascono da questo», ha risposta mons. Georg. «Non si possono fondare ipotesi su cose che non sono vere, totalmente assurde. Benedetto e Francesco sono diversi, talvolta molto diversi, i modi di espressione. Ma li accomuna la sostanza, il contenuto, il depositum fidei da annunciare, da promuovere e da difendere».

Il 14 aprile 2015 mons. Georg Gänswein, segretario personale di Ratzinger, è intervenuto in un’intervista al programma televisivo “La strada dei miracoli”, affermando: «L’ultima volta Francesco ha fatto visita al Papa Emerito durante la Settimana Santa, il martedì. Loro quando s’incontrano stanno sempre a quattr’occhi. Posso immaginare che anche su questo argomento, se Francesco parla di Benedetto come di un “nonno saggio”, a un “nonno saggio” avrà chiesto qualche consiglio!».





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36. DESACRALIZZAZIONE DEL PAPATO

Il fatto di preferire farsi chiamare come Vescovo di Roma e abitare fuori dall’appartamento pontificio, così come adottare uno stile di vita sobrio, ha indotto molti a ritenere che Francesco abbia desacralizzato il papato.

Bisogna considerare che il papato non è sacralizzato da gesti esteriori ma in quanto successione di Pietro e basata sulla Tradizione, è dunque di fatto impossibile desacralizzarlo. Occorre ricordare inoltre che chi accusa Francesco dimentica che il più grande gesto “desacralizzante” degli ultimi secoli lo ha compiuto Benedetto XVI rinunciando al ministero petrino.

Nel giugno 2013 il vaticanista de “Il Fatto Quotidiano”, Marco Politi, ha teorizzato che la scelta di non abitare nel Palazzo apostolico mette in discussione l’autorità della Chiesa, «frantuma l’icona ideologica della “sede apostolica” come centro di un potere di impronta divina. Francesco si presenta solo come “vescovo di Roma” e archivia l’aura onnipotente di Pontefice Massimo». Il 2 dicembre 2014 Politi si contraddirà sostenendo che Francesco non sta sminuendo «il prestigio del romano pontefice», come invece , secondo lui, direbbero i gruppi conservatori.



Di seguito in ordine cronologico vari esempi che dimostrano la non pertinenza dell’accusa:

Il 28 luglio 2013 durante la conferenza stampa nel volo di ritorno da Rio de Janeiro, Papa Francesco ha affermato: «Io non potrei vivere da solo nel Palazzo, e non è lussuoso. L’appartamento pontificio non è tanto lussuoso! E’ largo, è grande, ma non è lussuoso. Ma io non posso vivere da solo o con un piccolo gruppetto! Ho bisogno di gente, di trovare gente, di parlare con la gente… E per questo quando i ragazzi delle scuole gesuite mi hanno fatto la domanda: “Perché Lei? Per austerità, per povertà?”. No, no: per motivi psichiatrici, semplicemente, perché psicologicamente non posso. Ognuno deve portare avanti la sua vita, con il suo modo di vivere, di essere». Rispetto al fatto di insistere molto sul farsi chiamare “vescovo di Roma”, ha risposto: «in questo non si deve andare più avanti di quello che si dice. Il Papa è vescovo, Vescovo di Roma, e perché è Vescovo di Roma è successore di Pietro, Vicario di Cristo. Sono altri titoli, ma il primo titolo è “Vescovo di Roma”, e da lì viene tutto. Parlare, pensare che questo voglia dire essere primus inter pares, no, questo non è conseguenza di questo. Semplicemente, è il titolo primo del Papa: Vescovo di Roma. Ma ci sono anche gli altri … Credo che lei abbia detto qualcosa di ecumenismo: credo che questo favorisca un po’ l’ecumenismo. Ma, soltanto questo».

Il 19 settembre 2013 nell’intervista a “La Civiltà Cattolica” a proposito della scelta di non andare a vivere nell’appartamento pontificio: «Ho bisogno di comunità. E lo si capisce dal fatto che sono qui a Santa Marta: quando sono stato eletto, abitavo per sorteggio nella stanza 207. Questa dove siamo adesso era una camera per gli ospiti. Ho scelto di abitare qui, nella camera 201, perché quando ho preso possesso dell’appartamento pontificio, dentro di me ho sentito distintamente un “no”. L’appartamento pontificio nel Palazzo Apostolico non è lussuoso. È antico, fatto con buon gusto e grande, non lussuoso. Ma alla fine è come un imbuto al rovescio. È grande e spazioso, ma l’ingresso è davvero stretto. Si entra col contagocce, e io no, senza gente non posso vivere. Ho bisogno di vivere la mia vita insieme agli altri».

Il 5 marzo 2014 Papa Francesco ha spiegato al “Corriere della Sera”: «Il Papa non è solo nel suo lavoro perché è accompagnato e consigliato da tanti. E sarebbe un uomo solo se decidesse senza sentire o facendo finta di sentire. Però c’è un momento, quando si tratta di decidere, di mettere una firma, nel quale è solo con il suo senso di responsabilità».

Il 12 marzo 2014 il cardinale Francesco Coccopalmerio, presidente del dicastero dei Testi legislativi, ha spiegato che Francesco in un anno ha rivoluzionato il rapporto tra il Papa e i fedeli grazie a una concezione della «sacralità» del papato che si esprime nella reale vicinanza alle persone. «Un atteggiamento che solleva le critiche di chi concepisce, legittimamente, il sacro in un altro modo», cioè come distanza, precisa il porporato, ma che ha avvicinato a Bergoglio la gente «in maniera inspiegabile e straordinaria».

Il 7 giugno 2014 Francesco ha spiegato di non stare meditando un pontificato a tempo, come alcuni vaticanisti hanno sostenuto: «Vi benedico e prego per voi, e vi chiedo di pregare per me, perché anche io devo fare il mio gioco che è il vostro gioco, è il gioco di tutta la Chiesa! Pregate per me perché possa fare questo gioco fino al giorno in cui il Signore mi chiamerà a sé. Grazie».

Il 29 giugno 2014 nell’intervista a “Il Messaggero”, Papa Francesco ha spiegato perché preferisce farsi chiamare vescovo di Roma: «Il primo servizio di Francesco è questo: fare il Vescovo di Roma. Tutti i titoli del Papa, Pastore universale, Vicario di Cristo eccetera, li ha proprio perché è Vescovo di Roma. E’ la scelta primaria. La conseguenza del primato di Pietro. Se domani il Papa volesse fare il vescovo di Tivoli è chiaro che mi cacceranno via».

Il 18 agosto 2014 durante la conferenza stampa nel volo di ritorno dalla Corea del Sud, Francesco ha risposto al motivo per cui si recherà in Albania: è perché c’è «un governo di unità nazionale tra islamici, ortodossi e cattolici, con un consiglio interreligioso che aiuta tanto ed è equilibrato. E questo va bene, è armonizzato. La presenza del Papa è per dire a tutti i popoli: “Si può lavorare insieme!”. Io l’ho sentito come se fosse un vero aiuto a quel nobile popolo».

Il 18 ottobre 2014 nel discorso per la conclusione dell’Assemblea generale straordinaria del Sinodo sulla Famiglia, Francesco ha affermato a proposito del Sinodo: «era necessario vivere tutto questo con tranquillità, con pace interiore anche perché il Sinodo si svolge cum Petro et sub Petro, e la presenza del Papa è garanzia per tutti. Parliamo un po’ del Papa, adesso, in rapporto con i vescovi… Dunque, il compito del Papa è quello di garantire l’unità della Chiesa; è quello di ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge – nutrire il gregge – che il Signore ha loro affidato e di cercare di accogliere – con paternità e misericordia e senza false paure – le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui. Ho detto accogliere: andare a trovarle. Il suo compito è di ricordare a tutti che l’autorità nella Chiesa è servizio (cf. Mc 9, 33-35) come ha spiegato con chiarezza Papa Benedetto XVI […]. Quindi, la Chiesa è di Cristo – è la Sua Sposa – e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore – il “servus servorum Dei”; il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo – per volontà di Cristo stesso – il “Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli” (Can. 749) e pur godendo “della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa” (cf. Cann. 331-334)».

Il 10 dicembre 2014 durante l’Udienza generale, Francesco ha ricordato che durante il Sinodo sulla famiglia «tutto è avvenuto “cum Petro et sub Petro”, cioè con la presenza del Papa, che è garanzia per tutti di libertà e di fiducia, e garanzia dell’ortodossia. E alla fine con un mio intervento ho dato una lettura sintetica dell’esperienza sinodale».

Il 12 febbraio 2015 nel suo discorso ai cardinali riuniti in Concistorio, Francesco ha spiegato che la riforma della Chiesa, «auspicata vivamente dalla maggioranza dei Cardinali nell’ambito delle Congregazioni generali prima del Conclave, dovrà perfezionare ancora di più l’identità della stessa Curia Romana, ossia quella di coadiuvare il Successore di Pietro nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari. Esercizio col quale si rafforzano l’unità di fede e la comunione del popolo di Dio e si promuove la missione propria della Chiesa nel mondo».

Il 16 febbraio 2015 nel suo discorso all’associazione “Pro Petri Sede”, Francesco ha detto: «Con il prezioso dono che fate oggi al Successore di Pietro, voi venite in aiuto di popolazioni duramente provate in diverse parti del mondo. Con questa solidarietà voi offrite loro anche il conforto spirituale di non sentirsi dimenticate nelle loro prove, e di conservare la speranza».

Il 6 marzo 2015 nell’intervista a Valentina Alazraki, vaticanista di Televisa, Francesco ha spiegato il senso del suo gesto appena eletto Pontefice: «Ho sentito nel profondo che un ministro ha bisogno della benedizione di Dio, ma anche di quella del suo popolo. Non ho osato chiedere al popolo di benedirmi. Semplicemente ho detto: «Vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica». Mi è uscito tutto in modo spontaneo»