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Gesù sottolinea l'importanza del ringraziamento, della riconoscenza. Egli ha guarito dieci lebbrosi, ma soltanto uno straniero ritorna a ringraziarlo. Gli altri erano abituati ai benefici di Dio, credevano di averne diritto e non hanno ritenuto doveroso ringraziare.
Noi che riceviamo moltissimo da Dio a volte siamo meno riconoscenti di quelli che, vissuti lontani da lui, quando lo conoscono sono pieni di meraviglia per la sua bontà. Se lasciamo che nel nostro cuore si insinui l'abitudine di non rendere grazie, ci allontaniamo dal Signore, perché il ringraziamento è necessario per completare il beneficio di Dio. Soltanto a questo straniero venuto a ringraziare Gesù ha potuto dire: "La tua fede ti ha salvato". Gli altri hanno ricevuto la guarigione, se ne sono andati felici di essere guariti, ma non sono in relazione con Dio, non hanno la fede che salva.
Il rendimento di grazie, in un certo senso, chiude il circuito con Dio, stringe il legame con lui, ed è questa la cosa importante. Ricevere un beneficio in fondo è secondario: importante è essere in relazione con il benefattore, con colui che dà. Un bambino deve ricevere tutto quanto ha bisogno, ma non è importante che lo riceva a volte da uno e a volta da un altro, dal punto di vista materiale; importante è che egli si senta amato dalla mamma, altrimenti il suo cuore non si svilupperà, non potrà crescere nell'amore, perché gli sarà mancato il rapporto con una persona che lo ama.
Dio vuole che noi sentiamo il suo amore, vuole che lo riconosciamo, non perché è geloso dei suoi diritti, ma proprio perché non vuol darci solo dei benefici: vuol dare se stesso. Riconoscendo i suoi doni noi ci mettiamo in relazione con lui, completiamo quel rapporto che egli ha iniziato e che non può essere perfetto senza la nostra collaborazione. Per questo è importante l'azione di grazie, perché è riconoscere che Dio ci ama, invece di assaporare egoisticamente i suoi benefici richiudendoci in noi stessi. E un nutrimento per l'anima approfittare di ogni dono di Dio per avvicinarsi di più a lui, rallegrarsi del suo amore, della sua bontà.
E a questa gioia che Gesù ci chiama insistendo sul dovere della riconoscenza.
È anche chiaro che la riconoscenza, mettendoci nel giusto atteggiamento, è un grande aiuto nella vita spirituale. Chi non è riconoscente cade infallibilmente nell'egoismo e nell'orgoglio, mentre chi è riconoscente è liberato da queste tentazioni. Dovremmo essere riconoscenti non soltanto quando riceviamo un beneficio, ma in tutte le nostre azioni, come lo era Gesù che ringraziava continuamente il Padre. Anche durante la passione egli ringraziava il Padre, anzi la passione stessa è un sacrificio di ringraziamento, come dimostra l'istituzione dell'Eucaristia. Gesù rende grazie a Dio, riceve da Dio l'imminente passione come un suo meraviglioso dono, attraverso il quale il Padre glorifica il Figlio e permette al Figlio di glorificarlo.
Anche noi possiamo ringraziare Dio ricevendo da lui tutte le nostre azioni, facili o difficili che siano: così siamo nel giusto rapporto con lui e siamo liberati dalle insufficienze umane, dalle imperfezioni umane, dalle tentazioni. Quando tutto va bene, se non ringraziamo Dio, se non pensiamo che questo è un dono meraviglioso che ci aiuta a crescere nel suo amore e nell'amore per gli altri, istintivamente ci compiacciamo di noi stessi e snaturiamo la grazie che Dio ci ha appena dato, invece di vivere nell'amore. E quando le cose non vanno bene, se invece di indispettirci, di scoraggiarci apriamo gli occhi a vedere nella fede che Dio sta lavorando in noi per renderci somiglianti al suo Figlio che ha sofferto e per questo è stato glorificato, il nostro cuore è cambiato. Invece di sprofondare nell'amarezza ci voltiamo verso la vera luce e così troviamo la sorgente della generosità. La vera generosità non è lo sforzo titanico di rendersi eroici; la vera generosità si riceve da Dio con riconoscenza e amore.
Domandiamo al Signore di mettere in noi il desiderio di ringraziarlo sempre, quel desiderio che nella messa esprimiamo dicendo: "E cosa buona e giusta renderti grazie". L'Apostolo Paolo ripete continuamente ai cristiani che devono rendere grazie e ne dà egli stesso l'esempio: all'inizio di tutte le sue lettere la sua anima si espande nel rendimento di grazie per tutto il bene che Dio compie per mezzo di lui e di tutte le Chiese. Chiediamo dunque al Signore di vivere ogni nostra giornata come "Eucaristia", cioè rendimento di grazie, ricevendo da lui ogni nostra opera come un nutrimento: "Mio cibo è fare la volontà del Padre mio".