CREDENTI

RIFLESSIONI BIBLICHE

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    00 02/01/2015 07:11
    Paolo Curtaz
    Commento su Giovanni 1,19-28

    Non ci possiamo accorgere del sorriso di Dio se il nostro cuore è pieno di noi stessi. Se la nostra unica preoccupazione è quella di apparire, se la nostra ansia di essere accettati, accolti, applauditi ci strangola e monopolizza ogni nostro pensiero, ogni nostra azione. Non possiamo fare spazio a Dio se diventiamo "dio" per noi stessi. Questo ci insegna, oggi, la splendida pagina di Giovanni che vede protagonista il Battista. Sono venuti da lontano per interrogarlo, la gente accorre da tutto Israele per ascoltare la sua predicazione e per farsi battezzare. Tutti pensano, in cuor loro, che sia lui il Messia: ne ha le qualità e la forza. Potrebbe prendersi per Dio, ma non lo fa. Vive con verità ed umiltà il suo ministero, la sua missione. Molti pensano che per essere credenti occorra dimenticare se stessi. Il vangelo, invece, pone al discepolo la domanda cruciale: che dici di te stesso? Giovanni Battista non si prende per Dio e, alla luce della Parola, pieno dell'esperienza di Dio, dice di essere solo una voce. Il più grande uomo mai nato sulla terra sa dire di se stesso che è una voce imprestata alla Parola di Dio. E noi, cosa diciamo di noi stessi?
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    00 03/01/2015 08:00
    Monaci Benedettini Silvestrini
    Ecco l'Agnello di Dio!

    Sì, è proprio come dice il sacerdote quando innalza l'Ostia Santa per darci la Santa Comunione: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo": è Gesù! Egli è l'Agnello immolato per noi sulla Croce e toglie i nostri peccati, lavandoli nel suo Sangue prezioso: il peccato di ognuno, se ci pentiamo e se andiamo a confessarci. E subito ritorna la pace dentro l'anima, che si trasforma poi in gioia perché è ritornata in noi la Grazia di Dio e l'Alleanza d'amore con il Padre e con i fratelli, con la Chiesa. Infatti ritornando a stare in Grazia di Dio si sente dentro di noi la gioia di essere nuovamente figlio di Dio, perché con il Sacramento della Riconciliazione si rinnova in noi la grazia battesimale e torna a risplendere sul nostro viso la gloria della figliolanza divina, la vera immagine e somiglianza di Dio, come era in principio nell'Eden. E lo Spirito del Signore aleggerà, ogni giorno sopra di noi, come su Gesù Cristo nel momento del sul Battesimo al Fiume Giordano e per sempre; questo infatti è il segno del grande amore che ci ha dato il Padre: essere suoi figli nel suo Figlio Gesù Cristo. "E quel che saremo non è stato ancora rivelato, ci dice anche San Paolo, ma sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è".
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    00 04/01/2015 07:14
    L’evento dell’incarnazione del Verbo è la rivelazione perfetta e insuperabile del mistero di Dio. È nella “storia del Verbo” (san Bernardo) che l’uomo può vedere la gloria di Dio e così la vita eterna è già donata all’uomo, mentre ancora vive nel tempo.
    Il disegno misterioso di Dio sull’umanità ora è pienamente svelato: a chi accoglie il Verbo fatto carne viene donato il potere di diventare figlio di Dio. L’uomo è chiamato a divenire partecipe della stessa filiazione divina del Verbo: ad essere nel Verbo Incarnato figlio del Padre. E il Padre genera nel Verbo Incarnato anche ogni uomo e in lui vede e ama ogni persona umana. È la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo
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    00 04/01/2015 07:14
    L’evento dell’incarnazione del Verbo è la rivelazione perfetta e insuperabile del mistero di Dio. È nella “storia del Verbo” (san Bernardo) che l’uomo può vedere la gloria di Dio e così la vita eterna è già donata all’uomo, mentre ancora vive nel tempo.
    Il disegno misterioso di Dio sull’umanità ora è pienamente svelato: a chi accoglie il Verbo fatto carne viene donato il potere di diventare figlio di Dio. L’uomo è chiamato a divenire partecipe della stessa filiazione divina del Verbo: ad essere nel Verbo Incarnato figlio del Padre. E il Padre genera nel Verbo Incarnato anche ogni uomo e in lui vede e ama ogni persona umana. È la suprema rivelazione della dignità di ogni persona umana, della singolare preziosità di ogni uomo
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    00 05/01/2015 08:06
    “Vieni e vedi”.
    All’inizio delle Sacre Scritture, nel libro della Genesi, leggiamo: “Dio disse: Sia la luce! E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona...” (Gen 1,3). Senza luce, infatti, non si può vedere e non ci può essere alcuna comunicazione.
    “... Alla tua luce vediamo la luce” (Sal 035,10).
    Gesù è la luce del mondo. La luce ci permette di vedere, e Gesù ci permette di vedere con gli occhi della fede.
    Natanaele va verso la luce: crede in colui che lo conosce fin nel profondo dell’animo, capisce, dunque, che egli è il Figlio di Dio. Nella luce della verità c’è un reciproco riconoscersi. Ma Natanaele vedrà cose ancora più grandi: vedrà la gloria di Gesù rivelata nel miracolo di Cana.
    In Gesù si concretizza la realtà prefigurata dalla scala che Giacobbe aveva visto in sogno, sulla quale gli angeli salivano e scendevano: questa promessa di armonia fra cielo e terra si è realizzata nel Figlio dell’Uomo che ci ha aperto il cammino verso il cielo perché vedessimo, come Giacobbe (Gen 32,30), il volto di Dio, e questa volta realmente, non in sogno. Il legame viene ristabilito nella persona di Gesù.
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    00 06/01/2015 08:16
    don Luca Garbinetto
    I Magi, cercatori di Dio

    Il cammino dei Magi, venuti dall'oriente, simbolo di tutte le nazioni presenti sulla terra, è da sempre immagine del cammino di ogni uomo che cerca sinceramente Dio. Sono uomini sapienti, desiderosi di scoprire la profondità del senso della vita, abituati a scrutare i misteri del cielo e della terra. Richiamano anche noi alla sapienza del cuore, alla cura di quell'atteggiamento fondamentale per la vita che ci spinge ad andare oltre le apparenze, a non accontentarci del superficiale, a penetrare in profondità la presenza di un Oltre in ogni piccola cosa che viviamo.

    I Magi sono immagine del nostro cammino di scoperta della nostra vocazione, del meraviglioso progetto d'amore intessuto da Dio nella nostra storia personale. In qualche modo, sono l'esempio di chi sa di non essere mai arrivato: sono uomini spirituali, poiché mantengono uno spirito in ricerca e desideroso di crescere per tutta la vita.

    Il discernimento, dunque, sembra proprio essere il loro stile di vita. La formazione ricevuta - e sicuramente è stata tanta! - non si è ridotta a essere un pacchetto assunto e incamerato una volta per sempre. La formazione degli uomini e delle donne di Dio, infatti, è sempre con-formazione a Colui che chiama e seduce. E la vocazione a essere ?di Dio' è per ogni uomo e donna nati su questa terra!

    Anche i Magi si sono sentiti chiamare, prima senza comprendere bene, poi con sempre maggior chiarezza: la stella, segno della presenza di Dio, ha lasciato il posto all'incontro personalissimo con Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo.

    Siamo così invitati anche noi a verificare come viviamo il nostro processo di formazione umana, spirituale, religiosa. Essere cristiani significa donarsi totalmente giorno per giorno, senza mezze misure. Con-formarsi a Colui che ci ha fatti suoi vuol dire darGli tutto, senza trattenere nulla per noi, perché tutto da Lui abbiamo ricevuto.

    I Magi ci fanno ancora una volta da specchio evangelico. Essi infatti viaggiano portando dei doni, che poi lasciano davanti al piccolo Gesù. La tradizione li ha riconosciuti come omaggi alla divinità e alla regalità del Figlio di Dio, come annuncio della sua Passione. Noi vogliamo coglierli come un'offerta di se stessi e dei popoli da cui provengono e a cui torneranno come evangelizzatori.

    L'oro, infatti, può indicare tutto il bene che essi hanno compiuto nella loro vita: i moti di bontà, le opere di misericordia, i gesti di servizio. L'oro è la dignità della persona, di ogni persona, che si manifesta in atteggiamenti e scelte di diaconia verso i fratelli. È la bellezza più evidente dell'essere umano, che i Magi porgono a Gesù, in segno di gratitudine, perché sanno di avere ricevuto tutto da Dio.

    L'incenso è l'intimo desiderio di andare oltre, la nostalgia di infinito che abita i loro cuori, la spinta alla trascendenza che li muove. In fondo, si sono messi in cammino per questo, per dissetare la loro sete di Dio. Così è l'uomo: l'unica creatura al mondo capace di relazione con Dio! La preghiera, il silenzio della meditazione, la celebrazione della vita, che per noi cristiani diventa liturgia, sono elementi indispensabili per essere veramente uomini. Esigono la capacità di fermarsi e di ascoltare se stessi, e la voce di Dio in noi. I Magi porgono a Gesù anche questa vita interiore, di cui sono umilmente riconoscenti.

    E infine la mirra. Unguento destinato ai defunti, essa è simbolo di tutte le sofferenze e i dolori dell'uomo e della donna, di ogni popolo. L'esperienza della fragilità è parte costitutiva dell'essere creatura, e per i figli dell'uomo è necessario percorrere un itinerario che aiuti a riconciliarsi con la propria debolezza. Quanta paura ci fa la morte, di cui ogni contatto con la vulnerabilità è annuncio! I Magi offrono a Gesù anche la loro piccolezza, perché sanno che solo in Dio essa trova senso: nella nostra miseria, siamo invitati ad alzare lo sguardo per contemplare l'infinita misericordia di Dio, e sarà Lui che trasformerà la nostra povertà in umiltà.

    Nella carovana dei Magi siamo anche noi. Facendo il punto del cammino, siamo invitati a riflettere e a condividere la nostra bellezza, il nostro rapporto con Dio, la nostra fragilità. Quanto più scopriamo chi siamo e ci riconosciamo in queste dimensioni del nostro esistere, tanto più siamo capaci di condividerle per trasformare i nostri incontri in fraternità. Solo la relazione autentica, infatti, svela e guarisce, scava e accoglie, libera e fa crescere
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    00 07/01/2015 07:40

    Omelia (07-01-2014)
    Movimento Apostolico - rito romano
    Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino

    Per i Giudei del tempo di Gesù convertirsi è abbandonare Mosè e la sua Legge per entrare nella pienezza della volontà di Dio, che viene dato loro da Cristo Gesù, ultima e definitiva, perfetta e completa Parola di Dio. Gesù invitati tutti a questa conversione che è dai comandamenti alle beatitudini, che sono il superamento della Legge antica della giustizia, perché da oggi tutti devono entrare in una giustizia superiore, che sempre si deve completare con la legge perfetta della carità. Ecco le sue prime parole.

    Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: "Stupido", dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: "Pazzo", sarà destinato al fuoco della Geènna. Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto del ripudio". Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all'adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Cfr. Mt 5, 20.48).

    Oggi per noi, suoi discepoli, la conversione è a tutta la verità cui giorno per giorno conduce lo Spirito Santo. Convertirsi a tutta la verità significa lasciare i vecchi schemi di ieri, le trincee di ieri, le battaglie di ieri, per ché oggi abbiamo nuove forme e nuove vie per vivere, annunciare, testimoniare, rendere visibile il Vangelo della salvezza.

    La vera conversione non è soltanto alla Parola di Dio che oggi risuona nuova, perfetta, tutta intera ai nostri orecchi, è anche alla modalità nuova di annunziare il Vangelo, proclamare la Parola, essere testimoni della verità e della grazia di Cristo Signore. Questa modalità nuova consiste nella creazione visibile del regno di Dio sulla nostra terra, distruggendo, annientando, abolendo con la nostra opera tutte le conseguenze del peccato dell'uomo, che sono infermità, malattie, povertà, miserie spirituali e fisiche.

    Le cinque azioni della vera evangelizzazione sono: predicare, percorrere insegnare, annunciare, guarire. La parola va detta dinanzi a tutti, pubblicamente, va annunziata al singolo e alla folla. Non solamente in un luogo, ma in tutti i luoghi, in modo che ogni persona la possa ascoltare. Al dono della Parola va sempre aggiunta la spiegazione, l'ammaestramento, l'insegnamento. Concretamente poi è necessario che si operi anche sul corpo dell'uomo e non solo nel suo spirito. Il corpo va risanato.
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    Coordin.
    00 08/01/2015 08:16
    Casa di Preghiera San Biagio FMA
    Commento su Mc 6,36-37

    "Congedali, in modo che, andando per le campagne e i villaggi dei dintorni, possano comprarsi da mangiare". Ma egli rispose loro: "Voi stessi date loro da mangiare."

    Mc 6,36-37

    Come vivere questa Parola?

    "Voi stessi date loro da mangiare". Gesù coinvolge i discepoli nella sua compassione; li fa com-partecipi della tenerezza e premura del Buon Pastore che si fa carico della stanchezza e della fame del suo gregge e se ne prende cura.

    E' un esempio per noi. Non si congeda chi ci tende la mano, chiunque esso sia, ma lo si accoglie come un amico, un fratello, un familiare, Lo si accoglie come si accoglierebbe Gesù stesso. Di più: accogliendolo si accoglie Gesù. Ce lo ha detto Lui stesso: "Ogni volta che avete soccorso uno solo dei più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,31-46).

    Di fronte ai problemi Gesù non ci vuole in fuga o nascosti dietro a mille scuse, ma ci chiede di lasciarci coinvolgere dando non tanto quello che abbiamo, ma soprattutto quello che siamo! Dando affetto, amicizia, pace, solidarietà, compagnia...

    La logica del "congedali" non è la logica del Signore. Se crediamo in Lui, se ci fidiamo di Lui, possiamo essere certi che Egli ci dona infinite energie di bene e continua a stupirci con i suoi miracoli!

    Ecco la sfida: fidarsi di Lui perché Egli trasformi il nostro povero dono in cibo per tutti, non solo per i cinquemila conosciuti, ma anche per tanti altri... che noi non conosciamo, ma che Egli conosce e ama!


    La voce di Madre Teresa

    "Quello che noi facciamo è solo una goccia bell'oceano, ma se non lo facessimo, l'oceano avrebbe una goccia in meno".


    Sr Gianoli Monica.
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    Coordin.
    00 09/01/2015 08:41
    Casa di Preghiera San Biagio FMA
    Commento su Marco 6, 50

    «Coraggio, sono Io, non abbiate paura!»
    Mc 6, 50

    Come vivere questa Parola?

    Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù invita i discepoli a precederlo sull'altra riva, attraversando il lago con la barca fino a Betsaida, mentre lui andava a pregare sul monte. Ma si era levato un forte vento e i discepoli faticavano a remare: Gesù si avvicina a loro camminando sulle acque. I discepoli credono di vedere un fantasma, ma Gesù li rassicura «Coraggio, sono Io, non abbiate paura» e sale sulla barca e il vento immediatamente cessa.

    Sempre quando Gesù sale sulla "barca" della nostra vita, ci sentiamo sicuri e forti e le avversità non ci travolgono. «Sono io»: è la sua presenza divina che ci soccorre e ci dà forza e non permette che le forze del male ci sommergano e la paura ci paralizzi.

    O Signore, sostienici con la tua provvidenza e aiutaci a «non avere paura di aprire le nostre porte a Cristo» (come ci ha insegnato il beato Giovanni Paolo II)

    La voce di un Padre della Chiesa

    «La barca che trasporta i discepoli, cioè la Chiesa, è agitata e scossa dalle tempeste delle avversità, e non cessa il vento contrario, cioè il diavolo che le si oppone e si sforza d'impedirle di giungere alla tranquillità del porto. Ma più potente è Colui che intercede per noi. Poiché in mezzo a queste nostre tempeste, che ci travagliano, egli ci dà fiducia venendo verso di noi e confortandoci».
    Agostino, Discorso 75,3,4

    D. Mario Maritano
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    Coordin.
    00 10/01/2015 07:10
    Gesù non è venuto ad abolire ma a compiere. L’immensa attesa d’Israele trova il suo compimento in Gesù, il Messia. La liberazione annunciata, le guarigioni promesse, il lieto messaggio diffuso tra i poveri raggiungono la loro realizzazione suprema nel dono dello Spirito Santo consostanziale al Padre e al Figlio.
    Con Gesù, Dio ha assunto un nuovo volto e nuove maniere di fare.
    Egli non cessa di manifestarsi. Oggi, in ogni liturgia, Gesù stesso apre il libro e parla a ognuno di noi. Il regno di Dio è sempre presente. È qui, quando noi siamo tentati di cercare altrove, sia in un passato idealizzato e trascorso, sia in un ipotetico futuro.
    “Gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui”.
    Come riceviamo la parola di Dio? Come una storia, una morale, o come un compimento in Gesù di Nazaret?
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    Coordin.
    00 10/01/2015 07:10
    Gesù non è venuto ad abolire ma a compiere. L’immensa attesa d’Israele trova il suo compimento in Gesù, il Messia. La liberazione annunciata, le guarigioni promesse, il lieto messaggio diffuso tra i poveri raggiungono la loro realizzazione suprema nel dono dello Spirito Santo consostanziale al Padre e al Figlio.
    Con Gesù, Dio ha assunto un nuovo volto e nuove maniere di fare.
    Egli non cessa di manifestarsi. Oggi, in ogni liturgia, Gesù stesso apre il libro e parla a ognuno di noi. Il regno di Dio è sempre presente. È qui, quando noi siamo tentati di cercare altrove, sia in un passato idealizzato e trascorso, sia in un ipotetico futuro.
    “Gli occhi di tutti stavano fissi sopra di lui”.
    Come riceviamo la parola di Dio? Come una storia, una morale, o come un compimento in Gesù di Nazaret?
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    Coordin.
    00 11/01/2015 07:44
    Commento a cura di don Davide Arcangeli

    C'è un primo giorno per ogni piccolo o grande passo nella nostra vita.
    C'è il primo giorno di scuola, il primo giorno di università, il primo giorno di lavoro, la prima notte di nozze (forse oggi va più di moda dire... "di convivenza"). In ognuno di questi momenti di "iniziazione" ad una nuova vita, ci siamo scoperti un po' piccoli e forse timorosi rispetto alla grandezza del passo che stavamo per fare. Una sfida che ogni volta oltrepassa la nostra capacità di controllo sulle situazione e gli eventi che il futuro riserva, una sfida che fa emergere e venire alla luce parti profonde di noi stessi, forse mai prima conosciute. Per questo ci coglie ogni volta un po' timorosi, perché ci fa sentire piccoli...
    Il Battesimo è il primo giorno di missione di Gesù, il suo primo passo in questa nuova vita, lontano da Nazareth, il piccolo borgo dove era cresciuto e vissuto fino a quel momento. Anche per Gesù questo primo passo è stata un'esperienza di piccolezza e di umiltà: nessuna processione, nessuna fanfara, nessuna acclamazione. Solo una gran fila di peccatori in fondo alla quale si è messo, pazientemente, lo stesso Gesù, finché non fosse giunto il suo turno. Non è Gesù che si costruisce la sua iniziazione ma è il Padre che lo chiama, nell'umiltà.
    Oggi ricordiamo i battesimi di tutto l'anno 2014: avere un figlio piccolo corrisponde a questa esperienza di iniziazione che ha vissuto Gesù nel battesimo. Si scopre improvvisamente, quando il figlio si affaccia con prepotenza, modificando i ritmi della notte e del giorno e la relazione nella coppia, cosa vuol dire la responsabilità di fronte ad una creatura che chiede di essere ascoltata e servita. Essere padri e madri, collaborare al meraviglioso progetto di Dio su creature che non sono le nostre: questa è la grande vocazione a cui Dio chiama voi genitori, così come ha chiamato Gesù nel battesimo.
    Dio oltre a chiamare Gesù nel Battesimo, si è anche rivelato in lui in questo passaggio fondamentale della sua vita. Si è rivelato come un Padre che dona tutto l'amore al Figlio suo, il dono dello Spirito Santo, e si compiace di lui, scegliendolo per portare a compimento il suo progetto di amore e di gloria per tutto il genere umano. Allo stesso modo della famiglia umana, Dio si rivela come una famiglia, capace di accogliere l'altro, e di farlo crescere nella sua singolarità, nella sua unicità, grazie al progetto unico e straordinario che il Padre ha per ogni uomo, dal primo istante del concepimento.
    La fede non è una convenzione, una sovrastruttura sociale, un'ideologia lontana dalla vita: essa ha a che fare con il mistero più profondo della vita umana, quello che ci rende padri e figli, che ci fa gustare l'amore e a volte patire la sofferenza, quello che ci spinge a spendere la vita non per un idea astratta...ma per delle persone concrete a cui vogliamo bene. L'esperienza della fede è molto vicina alla percezione del dono, a quando nasce un figlio, tutto il contrario della logica tecnicistica di oggi, che vorrebbe produrre il figlio secondo il ghiribizzo dei genitori...
    Ma ogni bambino, dal primo istante del concepimento, è persona, portatore del diritto ad essere e divenire sempre più se stesso, secondo la chiamata di Dio. Preghiamo che ognuno di questi bambini possa crescere in una famiglia che lo aiuti a coltivare i suoi talenti, a scoprire se stesso, a trovare la sua felicità.

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    Coordin.
    00 12/01/2015 08:49
    Iniziamo oggi il tempo "per annum", con la lettera agli Ebrei e il Vangelo di Marco.
    La lettera agli Ebrei, in questo esordio magnifico, presenta Cristo come colui che ha ereditato un nome ben diverso da quello degli Angeli. Qual è questo nome? Nella liturgia di oggi sembra quello di Figlio di Dio, ma se consideriamo la prima parte della lettera, non è limitato a questo. Certo, Cristo è Figlio, ma qui si tratta di Cristo glorificato nella glorificazione pasquale. C'è però l'altro aspetto, e lo vedremo domani:
    Cristo è fratello degli uomini. Come Figlio è superiore agli Angeli, come fratello degli uomini è meno degli Angeli; è più vicino a Dio perché Figlio, è più vicino a noi perché fratello. Questi due aspetti si possono sintetizzare nel nome di Sommo Sacerdote, perfetto Mediatore per mezzo del quale entriamo nell'intimità del la Trinità. Il suo nome è quindi un nome misterioso, profondo, motivo di speranza e di fiducia.
    E per mezzo del suo Figlio dice la lettera "Dio, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi". In questo inizio del tempo ordinario la liturgia ci mette davanti una parola di Gesù: "Seguitemi", alla quale c'è una duplice risposta: Per seguire Gesù dobbiamo rinunciare a determinare noi stessi la nostra strada chi segue non traccia la strada e questo sovente non è piacevole, perché si tratta di rinunciare alla nostra spontaneità che ci farebbe andare in un'altra direzione. In ogni circostanza invece di pensare: "Che cosa piace a me?", dobbiamo pensare: "Che cosa piace al Signore?" e non è facile, e soprattutto è umile, è non avere l'iniziativa della propria vita, ma lasciare che un altro definisca il cammino, come Gesù disse a Pietro: "Sarai condotto dove tu non vuoi" (cfr. Gv 20,18).
    Però c'è l'aspetto positivo nella risposta all'invito "seguitemi": essere con Gesù, non essere soli, non essere nelle tenebre ma nella luce, perché Gesù ha detto: "Chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita".
    "Seguitemi": è la condizione per vivere nell'amore. Chi stabilisce il proprio cammino non vive nell'amore, vive nella solitudine, anche se nel decidere autonomamente ci può essere una Certa gioia. Chi segue Gesù invece è sempre con lui, con il suo fratello e Signore, ed è in una gioia immensa.
    "Seguitemi". Di fronte ad ogni gioia e ad ogni tristezza chiediamoci: "Chi sto seguendo adesso?", così vedremo dove sono le vere gioie e non ci lasceremo ingannare da gioie false. Se seguo il Signore sono nella strada della vera gioia; se seguo il Signore anche le mie pene sono feconde.
    Chiediamo a Gesù che ci dia il desiderio di seguirlo sempre, anche a prezzo delle rinunce che questo può comportare, per vivere nella gioia vera.
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    Coordin.
    00 13/01/2015 09:10
    La Sacra Scrittura ci presenta i due aspetti di Gesù, l'umano e il divino. E bene capire. Agli inizi della Chiesa si sottolineava l'aspetto divino; qualche secolo dopo, con l'arianesimo, si mise in rilievo l'umanità, negando la divinità di Cristo. La Chiesa non poteva rimanere in una visione parziale e insistette sulle due nature in una sola persona, quella del Figlio unico di Dio. L'epistola agli Ebrei sottolinea i due aspetti e il passo di oggi insiste su quello umano: "Che cosa è l'uomo perché ti ricordi di lui? Di poco l'hai fatto inferiore agli Angeli, di gloria e di onore lo hai coronato e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi".
    Gesù è l'uomo ideale, in cui la vocazione dell'uomo al dominio dell'universo si attua in modo perfetto. Nel racconto della creazione si legge che Dio ha costituito l'uomo signore di tutte le creature, ma allo stato attuale delle cose questa vocazione non può essere pienamente realizzata. Soltanto Cristo, con la sua morte e risurrezione, ha ottenuto una umanità rinnovata e può avere il dominio su tutta la creazione.
    Nel Vangelo vediamo che Gesù all'inizio della sua predicazione dimostra questa sua autorità, provocando lo stupore della gente. San Marco racconta nel suo modo caratteristico: vede le cose come se stessero allora accadendo sotto i suoi occhi e tutte avvengono "subito": subito di sabato Gesù entra nella sinagoga, subito un uomo che vi si trova si mette a gridare, subito la fama si diffonde... Qui Marco mette in evidenza due' tratti importanti del ministero di Gesù. Il primo è proprio questo: "Insegnava come uno che ha autorità, e non come gli Scribi", non come i rabbini, che sempre si appellano all'autorità delle Scritture, dicendo: "Nella Bibbia è scritto questo e questo", oppure a quella di un antico maestro, o della tradizione. Gesù parlava con autorità: è il Figlio di Dio e può parlare come un maestro che sopra di sé non ha nessun altro maestro. Questo è chiarissimo nel Discorso della montagna: "Avete sentito che fu detto agli antichi... Ma io vi dico..." e Gesù dà un comando diverso, più perfetto.
    L'altra cosa che colpisce la gente è che davanti a Gesù i demoni, gli spiriti maligni si sentono in pericolo ~ perciò si sforzano di combattere e si smascherano: "Un uomo posseduto da uno spirito immondo si mise a gridare: "Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci". Davanti a Gesù non ha potuto fare meno di smascherarsi e Gesù allora può scacciarlo "Gesù lo sgridò: "Taci, ed esci da costui!.", anche qui con grande autorità. Non possiede quindi soltanto l'autorità di un maestro che insegna una dottrina, in l'autorità sopra gli spiriti maligni e la gente è sbigottita: "Che è mai questo?".
    Chiediamo al Signore Gesù di manifestarsi anche per noi con questa duplice autorità. Chiediamogli cioè di rivelarci sempre più la sua dottrina, di aprire il nostro cuore quando ci svela, come ai discepoli di Emmaus, il senso delle Scritture, e di smascherare in noi tutto il male che c'è ancora. ~ Battesimo ci ha liberati dal demonio, certamente ma in noi ci sono ancora molte cose cattive: lo spirito di discordia, lo spirito di vana compiacenza, lo spirito di egoismo... Bisogna che la presenza di Gesù le smascheri e le scacci, liberandoci dal male.
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    Coordin.
    00 14/01/2015 08:07
    Commento a Mc.1,29-39

    Questo Vangelo mette in evidenza le due dimensioni della vita terrena di Gesù e la loro strettissima unione. La dimensione che appare più chiaramente all'inizio è la sua misericordia. Gesù si avvicina a tutte le miserie e la misericordia è proprio questo: essere accessibile a tutte le sofferenze e portarvi rimedio. U rimedio, prima di tutto, della compassione, dell'interessamento. Gesù lascia che i malati prendano tutto il suo tempo: "Dopo il tramonto del sole gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta". Egli prende per mano gli ammalati: è il suo corpo che comunica la potenza di sanazione di Dio.
    Ma noi vediamo anche che Gesù al mattino, molto prima dell'alba, si alza e si ritira lontano dalla gente, "in un luogo deserto", per pregare: è l'altra dimensione della sua esistenza umana, la ricerca del Padre. Egli deve essere nelle cose del Padre suo, deve essere unito a Dio e prega lungamente.
    Ma questo desiderio di unione a Dio non gli impedisce di darsi agli altri; anzi, quando vengono a cercarlo, Gesù non risponde: "Devo usare il tempo per pregare", ma: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!". La preghiera gli dà il massimo slancio di misericordia e di bontà, egli cerca nel cuore del Padre la sorgente dell'amore che deve trasmettere agli uomini.
    Le due dimensioni si ritrovano nei due aggettivi che la lettera agli Ebrei applica a Gesù "sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio". Degno di fede per il rapporto unico esistente tra lui e Dio; misericordioso verso gli uomini e specialmente verso i peccatori, perché è venuto a portare il perdono, è venuto a togliere i peccati, è venuto a donare agli uomini la vittoria nelle prove, lui che "per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova". Tutta l'esistenza terrena di Gesù non ha altro scopo, secondo la lettera agli Ebrei, che di portare a perfezione nel suo cuore l'apertura agli altri, la misericordia e l'unione con Dio che lo rende "degno di fede".
    La lettera agli Ebrei ci presenta qui una nuova concezione del sacerdozio. Nell'Antico Testamento non si metteva l'accento sulla misericordia, ma sulla separazione: il sacerdote era separato dagli uomini per essere dalla parte di Dio. Molti episodi dell'AT ci mostrano che il Sommo Sacerdote doveva essere impietoso, separarsi inesorabilmente, duramente dal peccato e dai peccatori. Invece Gesù non si è messo al di sopra di noi, ma al nostro livello, ha preso la nostra natura di carne e di sangue, non solo, ma le nostre sofferenze, le nostre prove, persino la nostra morte, per poterci aiutare così come siamo. Egli attinge la misericordia dalla sua unione con Dio, sorgente della misericordia, e dal suo contatto con noi. E questa la grande rivelazione dell'incarnazione. L'AT parlava già della misericordia di Dio, ma l'incarnazione di Gesù dimostra che Dio ha voluto aver bisogno di prendere la natura umana per aver maggior compassione: Gesù si è commosso, ha pianto, si è adirato, ha sofferto per poter veramente patire con noi.
    Questo è per noi un grandissimo motivo di conforto e di riconoscenza; sappiamo che il Signore è sempre vicino a noi, che qualunque sofferenza, difficoltà, pena non è mai un ostacolo tra noi e lui, anzi è un mezzo di unione. Per questo dobbiamo guardare tutte le cose che nella nostra vita ci sembrano negative non come un ostacolo, ma come un mezzo per crescere nella unione con Dio e nella apertura agli altri. E un grande dono di luce capire che le difficoltà che facilmente ci scoraggiano devono invece aumentare la nostra fiducia, perché sono accompagnate da una grazia di unione particolare con la gloriosa passione di Cristo e nello stesso tempo ci rendono concretamente solidali con tutti i sofferenti. D'altra parte i due aspetti sono inseparabili, perché è unendoci alla passione di Gesù che noi possiamo essere di aiuto a chi soffre, ed è nella solidarietà con chi è nel dolore che ci uniamo davvero a Cristo, che ha voluto soffrire con tutti i sofferenti e i peccatori.
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    Coordin.
    00 15/01/2015 08:19
    Meditiamo le parole della lettera agli Ebrei: "Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori", che sono una esortazione sempre urgente e importante. Per capirla bene bisogna rendersi conto che la voce del Signore non è in primo luogo una voce che comanda, ma una voce che promette, ed è su questo punto che siamo esortati: quando sentiamo la voce del Signore che promette, non dobbiamo chiudere il cuore.
    Il salmo fa allusione all'Esodo e precisamente al momento in cui, dopo una rapida traversata del deserto, gli Israeliti giungono in vista della Terra promessa. Mosè manda degli esploratori perché si rendano conto di come sia questa terra, della sua prosperità, dei suoi abitanti, delle sue città e, quando essi ritornano, fa dire al popolo da parte di Dio: "Dio vi dà questo paese, andiamo e prendiamone possesso": è la promessa di Dio. Un paese che, al dire degli esploratori, è magnifico, dove scorrono latte e miele, dove c'è abbondanza di raccolti: è veramente meraviglioso. Per gente che ha appena attraversato un deserto è una cosa addirittura straordinaria. E Dio dice: "E vostro, io ve lo do". E più che una promessa, è già un dono. E gli Israeliti in quel momento, hanno ascoltato un altra voce. Accanto alla voce di Dio che presenta il suo dono, che invita a entrarvi, c'è la voce dell'incredulità: "E troppo bello per essere vero, Dio non ce lo dà, non ce la faremo a impadronircene". Ed è la voce degli esploratori che, dopo aver descritto le meraviglie del paese, hanno aggiunto: "Ma gli abitanti sono terribili, noi al loro confronto siamo delle cavallette, hanno costruito delle fortificazioni Impressionanti, ed è temerario pensare di impossessarcene". E questa voce gira fra il popolo, la fantasia lavora, alla fine tutti dicono che le fortificazioni arrivano fino al cielo... E allora, invece di ascoltare la voce di Dio, di accogliere il suo dono, il popolo si ribella: "Dio ci ha fatto attraversare il deserto per farci arrivare in un luogo inaccessibile. Almeno fossimo rimasti in Egitto! Là la vita non era bella, ma era vita, qui non ci rimane che la morte". Così hanno tentato Dio, l'hanno irritato con la loro incredulità, hanno preso le distanze da lui, non hanno creduto alla sua promessa.
    E questa la situazione richiamata dalla lettera agli Ebrei e l'autore ci esorta: "Guardate che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede, che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, perché nessuno di voi si indurisca sedotto dal peccato", cioè da questa altra voce che sempre insinua in noi che non è possibile credere alla promessa di Dio, che è una promessa irreale, troppo difficile da realizzare, che Dio non è veramente disposto a darci ciò che è scritto nel Vangelo. "Noi siamo infatti diventati partecipi di Cristo". Non è con Mosè che noi compiamo il nostro esodo: è con Cristo che attraversiamo il deserto e giungiamo in vista della terra promessa. Ma per non essere oggetto della collera di Dio bisogna rimanere saldi nella fede, perché se noi non crediamo alla parola di Dio, la sua promessa si trasforma in una minaccia, in un giuramento terribile:
    "Non entreranno nel mio riposo". La minaccia divina è un gesto d'amore, è fatta per liberarci da tutto ciò che in noi è paura malvagia.
    È chiaro che stiamo riflettendo su una situazione che è sempre attuale. Noi possiamo accogliere veramente la volontà di Dio soltanto se abbiamo fede nella sua promessa, che dà senso a tutti i comandamenti. Dio vuol farci vivere nella carità, vùol farci entrare nel suo amore e farci rimanere in esso. Ci promette che questo non soltanto è possibile, ma è già realizzato in Cristo Gesù. E noi continuiamo a dire che è difficile, che ci sono troppe difficoltà. Ora, le difficoltà sono reali, ma non devono renderci increduli di fronte alla promessa divina. Noi siamo con il Signore e sappiamo che egli trasforma tutti gli ostacoli in occasioni di crescita, perché l'ha promesso, perché ci ama. "Noi abbiamo creduto dice san Giovanni all'amore che Dio ha per noi".
    Siamo dunque pieni di gioia e nelle difficoltà facciamo come il lebbroso del Vangelo: avviciniamoci al Signore e diciamogli: "Se tu vuoi, puoi. Io sono impotente, ma tu, se vuoi, puoi". Ripetiamoglielo, sapendo che è perfettamente vero e che questa è la preghiera che egli aspetta da noi, per ripeterci la sua promessa e l'assicurazione del dono di Dio
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    Coordin.
    00 16/01/2015 06:30
    Parlando dell'ingresso nel riposo di Dio la lettera agli Ebrei dice che è una promessa che rimane in vigore. C'è un primo significato, che si coglie immediatamente. Adesso noi stiamo attraversando il deserto, e la Terra promessa è davanti a noi. Non vi siamo ancora entrati, e dobbiamo stancarci, faticare, soffrire, affrontare molti ostacoli. Però c'è questa promessa, e se noi prestiamo fede alla parola di Dio siamo sulla strada giusta e siamo certi di arrivare un giorno nel suo paradiso, nel suo riposo.
    Ma c'è anche un'altra prospettiva, più profonda.
    L'autore dice: "Possiamo entrare in quel riposo, noi che abbiamo creduto": già ora entriamo nel riposo di Dio. L'invito di Dio non è soltanto per il futuro, è già per adesso. Un altro passo dice che "noi abbiamo come un'ancora nella nostra vita, sicura e salda" (cfr. 6,19) e questa ancora è la fede. Noi non abbiamo soltanto la speranza di ricevere una ricompensa alle nostre fatiche, ma, nella fede, vediamo che già ora Dio ci dà i suoi doni. Questo è l'atteggiamento cristiano:
    sapere che tra le difficoltà, le preoccupazioni, le sofferenze della vita, Dio già adesso ci invita a "entrare nel suo riposo", a essere con lui nella pace, nella tranquillità, nella gioia.
    Il Vangelo ci dà un esempio della efficacia immediata della fede. "Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati"". Non ha detto: "I tuoi peccati ti saranno rimessi nell'ultimo giudizio", ma "ti sono rimessi", vista la loro fede: la fede fin da ora ottiene il dono di Dio, anche quando le circostanze direbbero il contrario. La fede è possesso anticipato delle cose che si sperano.
    Noi siamo sempre invitati a entrare nel riposo di Dio, specialmente nella Messa: "Beati gli invitati alla cena del Signore". La cena del Signore in un certo senso è nel futuro, nella definitiva, e il banchetto celeste. Ma in un altro senso partecipiamo in ogni Eucaristia, nella fede, al banchetto celeste, siamo invitati a essere con Dio: nella gioia di Dio, nell'amore di Dio, nella pace di Dio. E in ogni momento della giornata dobbiamo sentire questo invito: "Entrate adesso nel mio riposo".
    I tre giovani non erano certo m una situazione tranquilla in apparenza, ma il racconto di Daniele dice che spirava un vento leggero e che nel martirio erano come in cielo, e cantavano: "Benedite il Signore, lodatelo ed esaltatelo, perché ci ha liberati!". Anche noi siamo invitati allo stesso canto, anche in modo paradossale, che è proprio il modo della fede, perché attraverso le difficoltà, al livello più profondo raggiungiamo Dio.
    Siamo Stati posti per sempre nell'amore di Cristo, ed egli ci ripete: "Rimanete nel mio amore
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    Coordin.
    00 17/01/2015 08:21
    Casa di Preghiera San Biagio FMA
    Commento su Marco 2, 16-17

    «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
    Mc 2, 16-17

    Come vivere questa Parola?

    Stando al racconto di Marco, Gesù, dopo il suo battesimo, sta muovendosi in Galilea da circa una settimana. In pochi giorni ha già perforato la quotidianità di quella gente e, con parole efficaci e gesti semplici, ha restituito una nuova visone della vita e della relazione con Dio. Il tutto non è indolore. Gruppi di dotti stanno esaminando il suo operato e lo mettono al vaglio: il bisogno di purificazione del lebbroso è stato esaudito prontamente; la paralisi dell'uomo portato in barella dagli amici è stata curata rimettendone i peccati... ora perché infrangere la legge rendendosi impuro mangiando con dei pubblicani e peccatori? Chi misura l'agire di Gesù con il parametro del rispetto della legge lo troverà contraddittorio e sovvertitore. Chi lo interpreterà con la cifra consegnata da Dio stesso ai patriarchi e ai profeti ( Misericordia io voglio e non sacrifici) vedrà in lui il Messia promesso.

    Il problema non è poi solo come interpretare, ma anche come porsi nei confronti di Gesù. Meglio fare gli spettatori o i protagonisti dei sui incontri? Meglio essere neutri osservatori dei fatti o riconoscersi tra i non sani, i malati, i peccatori per cui egli è venuto?

    E ancora... pensando in termini di evangelizzazione: oggi, noi che riteniamo di essere credenti, siamo a disposizione di chi è già bravo e buono o ci sentiamo chiamati a rivolgere attenzioni e passione missionaria a chi non conosce Gesù, la sua salvezza, a chi ancora, per mille motivi, non apprezza la proposta del Vangelo?

    Signore, rendici consapevoli del nostro bisogno di salvezza e della tua salvezza. Rendici disponibili all'incontro con te, liberi da pregiudizi e da vanità, solo capaci di accogliere il tuo amore senza limiti. Fa' che nessuno di noi sia di ostacolo ad altri nell'incontrare e accogliere Te.

    La voce di Papa Francesco

    Come annunciare Cristo ad una generazione che cambia? Dobbiamo stare attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede!
    Ai Superiori maggiori il 29 novembre 2014

    Sr Silvia Biglietti FMA - silviabiglietti@libero.it


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    Coordin.
    00 18/01/2015 07:09
    brano presenta il sapore dei fatti vissuti e ben impressi nella memoria, perché hanno cambiato la vita.
    I discepoli hanno dato la loro fiducia a Giovanni il Battista. È sulla sua parola che “seguono” Gesù indicato come l’“Agnello di Dio”.
    L’incontro con Cristo prende l’avvio da una domanda che gli viene rivolta: “Dove abiti?”. Ma subito si trasforma in un affidamento dei discepoli al mistero.
    Gesù risponde: “Venite e vedrete”.
    L’esperienza del condividere tutto convince i discepoli che Gesù è il Messia atteso.
    L’incontro con Cristo non è un avvenimento superficiale: si configura come un sentirsi compresi e amati; cambia il nome, e, con il nome, cambia l’atteggiamento di fondo: “Tu sei Simone... ti chiamerai Cefa”.
    Il trovare Gesù - o meglio, l’essere trovati da Gesù - non solo muta l’esistenza, ma rende annunciatori della salvezza. A modo di traboccamento di gioia. A modo di esigenza di partecipare insieme alla vita nuova scoperta in Cristo
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    Coordin.
    00 19/01/2015 08:28
    Mc 2,18
    Il Vangelo di oggi proclama la novità cristiana, la novità di una vita unita a Cristo. E il Signore stesso inaugura questa novità, offrendo a Dio non più cose convenzionali, ma la sua stessa esistenza, come leggiamo nella lettera agli Ebrei.
    "I discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno": essi si preoccupano di cose aggiunte alla vita, come penitenze scelte per onorare Dio e pensano che siano le più importanti. Nella vita di Gesù invece la cosa più importante è la sua esistenza stessa, non ciò che vi si sovrappone come cerimonia o penitenza supplementare. Cristo è sacerdote e non offre sacrifici convenzionali ("doni e sacrifici"), ma la sua vita: "Nei giorni della sua vita terrena offri preghiere e suppliche con forti grida e lacrime". E il dramma della sua vita trasformato in offerta a Dio.
    Questa trasformazione richiede intense preghiere, non si compie con una semplice intenzione dello spirito, ma nella lotta, come è descritto nella lettera agli Ebrei, che ricorda la lotta dell'agonia. Gesù ha lottato contro le difficoltà della vita, contro la necessità della passione, ha lottato nella preghiera perché tutto questo fosse trasformato in un'offerta degna di Dio, piena dello Spirito di Dio.
    È ciò che Gesù aspetta da noi: la trasformazione della nostra vita in sacrificio, non le cose che si sovrappongono alla vita. Certo, bisogna fare anche queste cose, come esercizi di preghiera e di mortificazione, che aiutano a trasformare la vita, ma la cosa importante e questa trasformazione, è fare della nostra esistenza una offerta a Dio, come dice Paolo nella lettera ai Romani (cfr. Rin 12).
    Quando partecipiamo alla Messa dobbiamo ricordarci questa necessità e offrire la nostra vita in unione al sacrificio e alla vittoria di Cristo. Parlo della nostra vita concreta, con tutte le sue gioie, difficoltà, con le sue tentazioni, i suoi desideri e speranze. Questa è l'offerta che vuole il Signore: il sacrificio della trasformazione della nostra vita, che lo stesso Spirito di Gesù compie in noi se siamo docili alla sua azione.
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    Coordin.
    00 20/01/2015 07:19
    La prima lettura è piuttosto complicata, ma il pensiero fondamentale è semplice ed importantissimo: conservare la speranza: "Ciascuno di voi dimostri il medesimo zelo perché la sua speranza abbia compimento".
    La speranza dà giovinezza, dà dinamismo, mentre senza di essa si è vecchi anche a vent'anni e, quel che è ben peggio, può accadere ciò che san Paolo dice nella lettera ai Romani a proposito dei pagani, i quali, disperando, privi di qualsiasi scopo nella vita, si lasciavano andare a tutti i peccati.
    Dio, dice la lettera agli Ebrei, per confermare la nostra speranza si è adattato ai modelli umani e ha giurato: ha giurato ad Abramo, ha giurato per noi... E ci ha dato un sommo sacerdote perfetto, Cristo. La sua glorificazione è anche nostra, perché egli ci rappresenta e perciò la nostra speranza è come "un'ancora, la quale penetra fin nell'interno del velo
    del santuario", cioè in cielo e ci dà la certezza di entrarvi dietro Gesù.
    Ma oltre questi grandi motivi di speranza, Gesù nella sua vita storica ce ne ha dati molti altri, diciamo piccoli, ma significativi. Nel vangelo di Oggi, ad esempio, vediamo la sua delicatezza nel difendere i discepoli accusati di violare il sabato.
    In altre occasioni egli si preoccupa della loro stanchezza: "Venite in disparte, riposatevi un po' ! "; li chiama amici; ha pietà delle folle che lo seguono; esalta il gesto della povera donna che mette di nascosto la sua offerta nel tesoro del tempio; piange sulla morte di Lazzaro... In mille modi ci ha dimostrato il suo amore, la sua delicata amicizia, la sua comprensione, prima della massima prova finale.
    Faccio un'altra breve riflessione. Nella difesa dei suoi discepoli contro le accuse dei farisei Gesù porta argomenti comuni e principi nuovi: "il sabato è stato fatto per l'uomo, e non l'uomo per il sabato!". L'affermazione deve certamente essere suonata inaspettata e sorprendente: il Maestro relativizza il valore del sabato! Nell'Antico Testamento si trattava di un valore assoluto, e Mosè per ordine di Dio comandò di mettere a morte i violatori; Gesù ora mette il valore della persona umana, i suoi diritti, al di sopra di questa norma che gli Israeliti considerano intangibile.
    Il Vangelo è contro ogni rigidezza cieca, contro ogni fanatismo; richiede il sacrificio di se stessi, ma sempre nella luce della misericordia di Dio. Paolo scriverà nella prima lettera ai Corinzi: "Se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, nulla mi giova".
    In questo senso si muove il lavoro per l'unità dei cristiani. Anche la Chiesa cattolica, come ogni gruppo religioso, avrebbe la tendenza ad assolutizzare, ma ne ha coscienza e si lascia docilmente condurre dallo Spirito di Gesù sulla sua strada di misericordia
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    Coordin.
    00 21/01/2015 07:26
    Il tesoro per il quale un cristiano deve saper vendere tutto è l'amore di Dio: come san Paolo anche noi siamo certi che nulla potrà separarcene. Santa Agnese ci mostra oggi la vittoria dell'amore. Ma qual è questa vittoria? L'amore di Dio secondo san Paolo è l'amore cristiano cioè mai separato dall'amore del prossimo ed è bellissimo vederlo nei martiri. Malgrado le persecuzioni essi non sono mai venuti meno a questo amore più forte dell'odio. In modo speciale essi hanno riportato la vittoria dell'amore sull'odio non rinunciando mai ad amare i loro persecutori.
    Durante il periodo in cui la guerra infuriava nel Libano io ho avuto modo di leggere una lettera di un giovane cristiano di 22 anni scritta un mese circa prima di essere ucciso. Stava preparandosi al sacerdozio e nella previsione di poter morire, scrisse ai suoi familiari: "Ho una sola cosa da chiedervi: perdonate di cuore a quelli che mi avranno ucciso; domandate con me che il mio sangue serva come riscatto per il Libano, come offerta per la pace, per l'amore che sono scomparsi nel nostro paese e nel mondo; che la mia morte insegni agli uomini la carità. ~ Signore vi consoli. Io non rimpiango questo mondo ma mi rattrista il pensiero della vostra tristezza. Pregate, pregate e amate i vostri nemici".
    È una testimonianza viva della vittoria dell'amore cristiano. Ringraziamo il Signore di farci conoscere che anche oggi i cristiani muoiono come Gesù perdonando chi li uccide; preghiamo per i cristiani che sono tuttora perseguitati e domandiamo di poter essere promotori di unità con la carità che supera ogni odio
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    Coordin.
    00 22/01/2015 08:28
    Mc.3.7 ss
    Questo Vangelo ci fa vedere fino a che punto Gesù sia centro di unità. E molto importante prendere coscienza della potenza di Cristo di fare unità attirando tutti gli uomini a sé, perché solo con fede viva in questa sua capacità possiamo essere anche noi apostoli e artefici di unità nell'ambiente dove viviamo, non solo, ma per la Chiesa e il mondo.
    San Marco ci descrive l'affollarsi della gente, così precipitoso che Gesù deve salire su una barca "perché non lo schiacciassero". Egli attira la folla con la sua bontà, con la sua potenza, e non solo dalla Galilea, dalla Giudea e da Gerusalemme ma scrive l'evangelista "dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone" quindi da paesi pagani. Accorrevano a lui con i loro malati per averne la guarigione, ma anche con tutte le aspirazioni del loro cuore, per trovare la pace di Dio.
    La lettera agli Ebrei scrive di lui: "Tale era il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato ormai dai peccatori ed elevato sopra i cieli". Un sommo sacerdote è centro dell'unità o, meglio, ne è il mediatore, come è detto alla fine del brano che abbiamo letto. Cristo è Mediatore proprio perché è perfettamente unito a Dio in una santità irreprensibile, in una purezza unica, ma è anche il sacerdote che ci occorreva: noi abbiamo bisogno di un sacerdote così perfetto per poter trovare l'unità in Dio stesso.
    Nel Vangelo vediamo però che Gesù si oppone con severità a che la sua grandezza venga rivelata. Perché? Perché egli sa che la sua opera domanda il sacrificio di se stesso e che la sua dignità di Figlio di Dio può essere veramente rivelata solo attraverso la croce. E ciò che dice anche la prima lettura: "Egli non ha bisogno di offrire sacrifici ogni giorno, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso". Cristo ha realizzato il culto perfetto, che non è soltanto un simbolo come il culto antico, quello dei sacerdoti ebrei, che era "una copia e un'ombra delle realtà celesti"; egli ha ricevuto un ministero più elevato, che realizza veramente il divino disegno di comunione con il sacrificio di se stesso.
    Nella preghiera sacerdotale (Gv 17) Gesù si rivela molto cosciente dell'opera di unità che egli deve compiere "santificando se stesso" cioè sacrificando la sua vita. U Figlio di Dio non ha preso la natura umana semplicemente per guarire le nostre malattie con la potenza divina, ma principalmente per trasformare la nostra natura e ristabilire il rapporto tra Dio e noi, senza il quale ogni unità è impossibile. Cristo ha dunque ricevuto, come si esprime l'autore della lettera agli Ebrei, "un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l'alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse".
    In ogni Messa noi ci avviciniamo a Cristo e dovremmo avvicinarci con la stessa premura impaziente della gente di Palestina e dei paesi vicini, che si precipitava da Gesù per essere guarita e trasformata e con lo stesso ardore di contemplazione che si rivela nella lettera agli Ebrei, nella certezza che egli può trasformarci e fare anche di noi strumenti di unità. Cristo ha offerto un solo sacrificio una volta per tutte, ma lo mette continuamente a nostra disposizione: è il nostro Mediatore, sempre vivo per intercedere a nostro favore e viene in mezzo a noi proprio per essere nostro intercessore, per darci tutte le grazie necessarie affinché anche la nostra vita, con lui, in lui e per lui, diventi offerta viva, gradita a Dio.
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    Coordin.
    00 23/01/2015 07:27
    Eb.8,6-13
    Oggi la lettera agli Ebrei riporta il bellissimo testo di Geremia sulla "alleanza nuova", una espressione che si trova solo in questi versetti, in tutto l'Antico Testamento, e che annunzia un grande cambiamento: "Non come l'alleanza che feci con i loro padri, dice il Signore". La prima alleanza era un'alleanza che rimaneva all'esterno. Dio aveva dato la legge e condizione dell'alleanza era l'osservanza fedele di essa. Ma, essendo esterna, la legge diventava piuttosto un ostacolo per molti, proprio perché quando viene imposta una legge la prima reazione dell'uomo è di opposizione: è un giogo che non sopportiamo. Gli Ebrei veneravano la legge, ma pochi la osservavano veramente; anzi il profeta Geremia riferisce questa promessa divina in un tempo in cui, per le gravi violazioni della legge, Dio ha castigato duramente il suo popolo: il tempio è distrutto, il popolo esiliato.
    Ma quando tutto sembra venuto meno, Dio crea cose nuove, più belle delle antiche. Così fa anche ora:
    "Porrò le mie leggi nelle loro menti e le imprimerò nei loro cuori". Vale a dire che gli uomini saranno intimamente d'accordo con Dio, ameranno la sua volontà, avranno desiderio di compierla, avranno anzi la stessa volontà e gli stessi desideri di Dio. "Nessuno avrà più da istruire il suo concittadino, né alcuno il proprio fratello dicendo: Conosci il Signore! Tutti infatti mi conosceranno": sarà una conoscenza personale, intima, non imposta da un insegnamento, ma detta nel cuore. È l'alleanza istituita da Gesù con il suo sacrificio, è lui stesso che diventa nostra legge nella carità universale. Lo diciamo ad ogni Eucaristia: "Questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza". C'è in più la parola "eterna", che non si trova nel Vangelo ma si trova nei profeti ed è esatta, perché questa alleanza è definitiva, perfetta; ci unisce definitivamente con Dio e ci unisce tra noi. Questa è la base e la sorgente dell'unità.
    Nel Vangelo odierno troviamo l'altra condizione dell'unità: l'elezione dei Dodici, l'istituzione che esprime la pluralità nell'unità, alla quale si deve aderire per essere uniti a Dio. Tutte le divisioni nella Chiesa sono dovute alla mancanza di fede e di adesione all'autorità; ma se vogliamo vivere davvero nell'unità dobbiamo avere un amore speciale per chi nella Chiesa è posto in autorità. Sono uomini deboli, imperfetti, ma costituiti da Cristo per conservare l'unità e per questo dobbiamo circondarli di affetto, di comprensione: Cristo Gesù è con loro! Chiediamo al Signore, per noi e per tutti gli uomini, la grazia di vivere uniti a lui, nel suo amore, osservando la legge che egli ci ha messo nel cuore e aderendo con fede all'autorità da lui costituita, affinché formiamo tutti un unico corpo.
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    Coordin.
    00 24/01/2015 07:30
    Casa di Preghiera San Biagio FMA
    Comenti su Marco 3,21

    Allora i suoi [...] uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: "È fuori di sé". Mc 3,21

    Come vivere questa Parola?

    L'evangelista Marco annota che la folla stringeva Gesù per le strade e dentro le abitazioni, a tal punto che lui e i suoi "non avevano più tempo per prendere cibo". Quelli che se ne preoccupano di più sono i suoi stessi parenti. Ecco, vorrebbero tirarlo fuori dalla mischia. Sembra perfino di vederli scuotere il capo angustiati, mentre dicono: "È fuori di sé" che è come dire: è impazzito.

    Il racconto, pur nella sua incisività, è tra l'umoristico e il drammatico. Però racchiude soprattutto una profonda verità: Gesù è davvero "folle", ma per amore. S.Paolo non a caso parla della "follia della croce" e l'autore della lettera agli Ebrei, nel brano odierno, dice che Cristo "con uno spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio". Infatti Gesù "non entrò nel santuario col sangue di capri e di agnelli, ma con il proprio sangue".

    Sì, Gesù - "fuori di sé" - c'insegna a uscire dal nostro ego su strade di quella follia dettata dall'amore.

    Oggi, nel mio rientro al cuore, chiedo al Signore quel po' di ?follia d'amore' senza la quale il cammino spirituale rischia di divenire rassicurante sequenza di pratiche moralistiche.

    O Gesù, pazzo d'amore per me, donami un cuore innamorato di te e donato ad ogni fratello e sorella..

    La voce di una giovanissima santa

    O mio Dio, voglio amarti e servirti per tutta la vita; perciò ti dono la mia anima, il mio cuore, tutto il mio essere. Voglio morire piuttosto che offenderti col peccato.
    Laura Vicuña
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    Coordin.
    00 25/01/2015 06:56
    Nel Vangelo di Marco è la prima predica di Gesù.
    È brevissima, ma offre una sintesi felicissima dei temi fondamentali di tutta la sua predicazione: il compimento del tempo, il regno di Dio, la conversione, la fede al vangelo. Poi vi è la chiamata dei primi discepoli: è il paradigma concreto di ogni sequela.
    Ci sono due indicativi teologici che sono la ragione dei due successivi imperativi antropologici: è suonata l’ora messianica, l’attesa è finita poiché il regno di Dio si è fatto vicino, è ormai presente nella storia, perciò non è più possibile rimandare la decisione, occorre convertirsi, cambiare cioè la testa e la direzione del cammino passando a credere al vangelo.
    Conversione e fede non sono due azioni che si succedono, ma due momenti del medesimo movimento: quello negativo del distacco, quello positivo di fondare la vita sul vangelo, cioè credere, mettendosi a seguire Gesù, appunto come Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni.
    Vangelo è il termine greco che significa lieta notizia nuova, e una bella notizia evidentemente porta gioia. Il regno di Dio è l’espressione riassuntiva di tutta la gioia. Gesù è questo regno arrivato: la gioia è qui a portata di mano. Chi decide di seguire Gesù è sicuro di arrivarci anche lui.
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    Coordin.
    00 26/01/2015 07:09
    Commento su Luca 10,2

    La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!
    Lc 10,2

    Come vivere questa parola?

    Oggi, nel Vangelo vediamo la passione di Gesù per salvarci. Egli è venuto nel mondo per salvare tutti quanti gli uomini, offrendo la possibilità della vita eterna ad ogni persona. Vede davanti a sè la messe del mondo; vede quante persone diventano discepoli e si mettono a coinvolgere i fratelli nella grande avventura della fede. Purtroppo, vede anche tanti che non hanno nessuno che spezza il pane della parola per loro e così rimangono nelle tenebre. Quindi manda i 72 in missione perché la Buona Notizia di salvezza raggiunga un maggiore numero.. E questa missione è più che mai urgente oggi: la missione che nasce dall'amore del Padre per tutti i suoi figli, per tutta l'umanità; è un amore contagioso che poi infiamma il cuore dei missionari del Vangelo. Però, anche questo non basta: ?ogni cristiano' dovrebbe avere un cuore missionario perché ci sono persone fra i nostri familiari, persone con cui studiamo o lavoriamo, che non conoscono Gesù, o potrebbero conoscerlo meglio, con il nostro aiuto e la testimonianza della nostra vita serena e gioiosa con lui.

    Signore Gesù, in questo anno della fede ravviva in me l'amore per Te e per i fratelli e susciti in me il desiderio di essere veramente un missionario là dove tu mi chiami. Signore Gesù, mi affido a te!

    La voce del Rettor Maggiore dei salesiani

    Gli uomini battezzati, attraverso la fede vengono immersi nella Trinità e partecipando così della potenza di Cristo collaborano a rigenerare il mondo.
    Don Pascual Chavez
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    Coordin.
    00 27/01/2015 07:32
    I Lettura Eb 10,1-10
    Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà.

    Vangelo Mc 3,31-35
    Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre.

    Le due letture di oggi si illuminano a vicenda. "Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre" dice Gesù. E la lettera agli Ebrei: "Cristo, entrando nel mondo, dice: "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Allora ho detto: Ecco io vengo, per fare, o Dio, la tua volontà"". E continua: "E appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Cristo".
    La volontà di Dio è per noi un tesoro inestimabile, preziosissimo, ma è un tesoro che non accettiamo spontaneamente. Perché? Perché non ne abbiamo il concetto esatto. Infatti si parla spesso di volontà di Dio nelle prove, nella sofferenza: "E volontà di Dio!", e si pensa alla rassegnazione. E un primo passo, ma non corrisponde a tutta la verità. La volontà di Dio per Gesù era la risurrezione, non la morte!
    La morte era un passaggio, dolorosissimo, ma un passaggio per la trasformazione della natura umana, perciò non dobbiamo fermarci li. La volontà di Dio è la trasformazione, è opera bella, è gioia.
    Così, nelle circostanze difficili dobbiamo vivere non solo con rassegnazione, ma con fiducia, con adesione, con speranza: Dio vuol operare una cosa positiva, che sarà la nostra gioia. La sua volontà è la vittoria su tutto ciò che è negativo.
    Faccio una seconda riflessione. Queste letture ci fanno capire meglio la Messa e la comunione. La Messa è la "nuova alleanza" che Gesù ha sostituito alla prima col suo sangue, in adesione alla volontà di Dio; la Comunione mette in noi la vittima che ha perfettamente aderito alla volontà di Dio. La Comunione è stata istituita proprio in vista della continua adesione alla volontà di Dio: sono due modi di comunicarsi. Anzi, la comunione sacramentale ha senso proprio in vista da questa seconda comunione esistenziale. La Messa è in dispensabile, ma è ordinata alla comunione concreta nella vita. Chiediamo al Signore che ci faccia entrare in questo mistero e ci aiuti a fare con amore la sua volontà, per essere davvero suo fratello, sorella e madre cioè vivere uniti a lui con la fede, nella vita nuova secondo lo Spirito
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    Coordin.
    00 27/01/2015 07:39
    Monaci Benedettini Silvestrini
    Chi compie la volontà di Dio

    Un breve brano. In poche righe abbiamo però molti elementi, molti insegnamenti e spunti per la riflessione. Consideriamo la dinamica della scena e i personaggi. Gesù seduto al centro; è al centro della scena, è Lui che determina il suo svolgersi. Attorno i suoi discepoli, che sentono la sua Parola, e fuori i familiari che lo cercano, trepidanti. Lo sguardo di Gesù che gira intorno e si posa sui suoi discepoli; per tutti vi è, però una esortazione a compiere un percorso di fede; la stessa fede che è vissuta in modo diverso. Per tutti un insegnamento a percorrere la propria via della fede. Per i discepoli che gli sono intorno e vogliono imparare da Lui e per chi è fuori ed ha qualcosa che non gli permette di entrare. Per gli uni un insegnamento, per gli altri un invito. Gesù non rifiuta le sue origini; nelle sue parole e nei suoi gesti non vi è mai il rifiuto della sua origine umana ma vi è una consapevolezza più profonda. Il suo invito, per tutti, è di non lasciarsi troppo coinvolgere dai soli affetti terreni, di non limitare il proprio agire alla sola temporalità e nelle relazioni terrene. Gesù ci invita, oggi, a nuove relazioni, ci invita a porre il nostro sguardo su di Lui e in Lui riconoscere il valore e il fondamento dei nostri affetti. Porre Lui stesso al centro della nostra vita. È un brano che dimostra ancora come l'invito di Gesù sia per una relazione nuova e coinvolgente e che determina la nostra vita. La fede deve essere vissuta nel nostro concreto. Le parole di Gesù dimostrano la consapevolezza, anche umana, di un Suo rapporto, unico, con il Padre. Noi, infatti, possiamo aspirare ad essere suo fratello, sorella e madre ma non padre; non possiamo sostituirci nel rapporto che lega il Figlio al Padre, neanche nella sua componente terrena. Non un rapporto esclusivo, ma inclusivo al quale tutti siamo chiamati a partecipare in Cristo: Egli stesso oggi ci indica la via.


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    Coordin.
    00 28/01/2015 08:45
    La parola di Gesù "Voi siete la luce del mondo" si può applicare a molte vocazioni cristiane ma è particolarmente adatta a un santo come Tommaso d'Aquino i cui scritti illuminano ancora oggi il pensiero cristiano e tutto il pensiero umano
    La prima lettura ci fa intravedere qual è la condizione per poter essere la luce del mondo; non si tratta semplicemente di usare la propria intelligenza per ricercare il segreto delle cose ma prima di tutto di mettere la propria intelligenza in relazione con Dio. "Alla tua luce vedremo la luce" dice un salmo: per vedere la luce presente nella creazione di Dio bisogna essere in rapporto con lui. Ecco perché non esiste vera sapienza senza preghiera. "Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza" (Sap 7,7>.
    Tommaso d'Aquino è stato un santo contemplativo: il suo ideale era trasmettere agli altri le cose che egli stesso aveva contemplato, cioè capite nella preghiera, capite nel rapporto con Dio. L'intelligenza da sola può certamente fare molte cose, costruire sistemi di idee, ma sono sistemi che non corrispondono alla sapienza, hanno un effetto devastatore. Qualcuno ha detto che il mondo moderno è completamente disorientato perché gli sono state date idee cristiane impazzite. L'aspirazione alla verità, alla libertà, alla fraternità sono idee cristiane sono aspirazioni evangeliche ma se si cerca di soddisfarle prescindendo dal legame vivo con Dio il risultato è quello di mettere negli uomini una specie di febbre che impedisce di trovare il giusto equilibrio e spinge a tutti gli eccessi: ecco le rivoluzioni violente, i turbamenti continui...
    Invece san Tommaso d'Aquino è sempre rimasto profondamente unito a Dio, ha pregato per ottenere quell'intelligenza vera, dinamica, equilibrata che proviene dal creatore; per questo ha potuto accogliere anche idee pagane. Non ha avuto paura di studiare Aristotele e di cercare nelle sue opere luce per capire meglio il mondo creato da Dio. Lungi dall'essere propagatore di idee cristiane impazzite egli è anzi riuscito a rendere sapienti le idee pagane; è stato aperto in modo straordinario a tutta la creazione di Dio a tutte le idee umane proprio perché viveva intensamente il suo personale rapporto con Dio. "Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza e di pensare in modo degno dei doni ricevuti" dice il Libro della Sapienza (7, 15): il rapporto con Dio non ririipicciolisce il cuore, non rattrappisce l'intelligenza, anzi dà il gusto di penetrare in tutti gli splendori della creazione.
    Nella Chiesa ci sono molte vocazioni. Alcuni sono chiamati ad insistere fino al paradosso sul rifiuto della sapienza umana; san Paolo per esempio ha dei passi addirittura violenti contro la filosofia: la sua vocazione era di insistere sul messaggio cristiano fino a farlo sembrare incompatibile con la filosofia umana. Altri come Tommaso d'Aquino hanno la vocazione di far vedere che tra loro è possibile una profonda conciliazione che avviene quando si è rinunciato all'autonomia umana per darsi tutto a Dio: si è completamente all'unisono con il creatore ed egli ci mette profondamente in accordo con la creazione.
    Domandiamo al Signore che apra il nostro spirito ad accogliere in pieno la sua luce in modo da poter attirare quelli che ne sono in ricerca; che siamo davvero anime viventi del rapporto con Dio e proprio per questo capaci di orientare verso tutte le ricchezze dell'universo.
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