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La penitenza nel cristianesimo primitivo (La penitenza, 7-12)

Solo fino al battesimo, o Cristo Signore, spetterebbe ai tuoi servi ascoltare e parlare della disciplina penitenziale. Solo fino a questo punto possono peccare gli "audienti" [precatecumeni]; poi nulla più sappiano della penitenza, nulla di essa chiedano. A malincuore faccio cenno alla seconda, o meglio all`ultima speranza: non sembri che, trattando dell`ultimo aiuto di conversione, io mostri esservi ulteriore libertà di peccare. Non sia mai che qualcuno la interpreti così, come se gli fosse concesso di prevaricare perché gli è dato di pentirsene; in tal modo la sovrabbondanza della clemenza celeste alimenterebbe le brame dell`umana temerità. Nessuno sia più cattivo perché Dio è più buono, peccando tutte le volte che egli perdona. Del resto, la possibilità di scamparla avrà fine, mentre non avrà fine la possibilità di peccare. L`abbiamo scampata una volta: solo fino a questo punto, e non più, viviamo in tanto pericolo, anche se ci sembra che potremo scamparla un`altra volta. Per lo più coloro che si salvano dal naufragio dicono addio alla nave e al mare, e ricordando tanto pericolo celebrano quel dono di Dio, cioè la loro salvezza. Lodo tanto timore, approvo tale viltà: non vogliono essere ancora di peso alla divina misericordia, temono di sembrar calpestare il beneficio ottenuto...

Dio ha posto nell`atrio la seconda penitenza per aprire a chi bussa: ma una volta sola, perché è la seconda volta. Poi non oltre, perché un`altra volta ancora è inutile. Non basterebbe dunque anche una volta sola? Hai già ottenuto ciò che non meritavi e hai perso ciò che ti era stato concesso. Se l`indulgenza del Signore concede che ti sia restituito ciò che hai perso, sii riconoscente per questo beneficio duplicato, ma che non sarà più iterato: è più restituire che dare, perché è più doloroso perdere che non aver ricevuto affatto. Tuttavia, non si deve tramortire o uccidere di disperazione l`animo se si avesse bisogno della seconda penitenza: rincresca peccare per la seconda volta, ma non rincresca per la seconda volta fare penitenza: rincresca mettersi nuovamente in pericolo, non cercar per la seconda volta la liberazione. Nessuno si vergogni: per guarire due volte bisogna prender due volte la medicina; ti mostrerai grato al Signore se non ricuserai ciò che egli ti offre: lo hai offeso, ma puoi ancora riconciliarti. Hai a che fare con Uno che accetta la tua riparazione, e la accetta volentieri.

Se dubiti di ciò, ricorda quello che lo Spirito dice alle Chiese: accusa gli efesini di aver abbandonato l`amore, riprende gli abitanti di Tiatira per i loro stupri e l`uso di carni immolate agli idoli; imputa agli abitanti di Sardi che le loro opere non sono perfette; rimprovera gli abitanti di Pergamo d`insegnare dottrine perverse; quelli di Laodicea di confidar troppo nelle loro ricchezze. Eppure esorta tutti alla penitenza, anzi, ad essa li ammonisce. Ma non ammonirebbe chi non si pente, se a chi si pente le colpe non fossero perdonate. E` lui, è lui che preferisce la misericordia ai sacrifici (Mt 9,13).

Si allietano i cieli, e gli angeli lassù presenti, per la penitenza dell`uomo. Orsù, peccatore: sta` di buon animo! Vedi dove ci si allieta per il tuo ritorno. Che ci vogliono dimostrare gli argomenti delle parabole del Signore? La donna che, persa la moneta, la cerca, la ritrova e invita le amiche a rallegrarsi, non è esempio del peccatore ravveduto? Si è smarrita una sola pecorella del pastore, ma egli non ha premura maggiore per il gregge intero: ricerca quella sola, gli preme più di tutte le altre, e finalmente la trova, la porta sulle sue spalle, perché si era molto stancata vagolando. E non posso tralasciare di ricordare quel padre tenerissimo che richiama il figlio prodigo e con tanto cuore lo riaccoglie, ravveduto nella miseria: uccide il vitello ingrassato e manifesta la sua gioia con un banchetto. E perché no? Aveva trovato il figlio perduto; lo sentiva più caro, perché lo aveva riguadagnato. Chi dobbiamo intendere che sia quel padre? Dio, naturalmente: nessuno è tanto padre, nessuno è tanto affettuoso. Egli dunque riaccoglierà te, figlio suo, anche se ti sarai allontanato dopo esser già stato accolto, anche se tornerai nudo, solo per il fatto del tuo ritorno: e si allieterà più di questo ritorno che della regolatezza dell`altro figlio; ma solo se ti pentirai di cuore, se metterai a confronto la tua fame con la buona situazione degli operai di tuo padre, se abbandonerai il gregge di porci immondi, se ritornerai da lui per quanto offeso, dicendo: Ho peccato, padre, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio (Lc 15,14-15). La confessione allevia il delitto, quanto la dissimulazione lo aumenta. La confessione infatti manifesta disposizione alla riparazione, la dissimulazione invece all`ostinazione.

Quanto più scabrosa e delicata è la penitenza seconda, e unica, tanto più laborioso è darne prova: non si esprime solo nella coscienza, ma si compie anche con un`azione esterna. Quest`azione, espressa e indicata per lo più con parola greca, è la "esomologèsi" (penitenza pubblica), per la quale confessiamo al Signore la nostra colpa. Non come se egli non la conoscesse, ma perché la confessione dispone alla riparazione; da essa nasce la penitenza e la penitenza ci riconcilia a Dio. Dunque la penitenza pubblica è una disciplina che impone all`uomo di prosternarsi e umiliarsi, che gli prescrive un genere di vita atto ad ottenere misericordia: prescrive l`abito e il vitto, di giacere nel cilicio tra la cenere, di trascurare la pulizia del corpo, di immergere lo spirito nell`afflizione, di mutarlo col triste ricordo della colpa. E poi di assumere cibo e bevanda semplici, non per soddisfare il ventre, ma per sostenersi in vita; e per lo più alimentare le preci col digiuno, gemere, piangere, gridare giorno e notte al Signore Dio tuo, prosternarsi dinanzi ai presbiteri, abbracciare le ginocchia degli uomini cari a Dio, supplicare tutti i fratelli di unire le loro preghiere alle proprie. In tutto questo consiste la penitenza pubblica, per dar prova di conversione, per onorare il Signore col timore del pericolo, e perché il peccatore, condannando la propria colpa, plachi l`indignazione di Dio e non dirò renda inutili, ma estingua i supplizi eterni con una afflizione temporale. Quanto più essa abbassa l`uomo, tanto più lo eleva; quanto più lo rende squallido, tanto più lo monda; quando lo accusa, quando lo condanna, lo assolve. E credimi, meno tu avrai risparmiato te stesso, tanto più ti risparmierà Dio.

Tuttavia i più sfuggono o differiscono di giorno in giorno quest`opera santa, questa pubblica accusa di se stessi. Più presi dal pudore che dal pensiero della loro salvezza, presuppongo; come coloro che contraggono un malanno nelle parti pudende e non vogliono lasciarsi visitare dai medici e così se ne muoiono per il loro pudore. Soddisfare al Signore offeso, riabbracciare la salvezza di cui si è fatto getto, è certo duro per il proprio decoro... Ma esporre questo a repentaglio, sarebbe forse veramente grave se ciò avvenisse tra risate e insulti, dove uno si innalza per la rovina altrui, ove si calpesta l`uomo prostrato. Ma tra fratelli e conservi, fra cui tutto è in comune: la speranza, il timore, la gioia, il dolore, la sofferenza (perché è comune lo Spirito proveniente dal Signore comune e dal Padre), perché li consideri diversi da te? Perché fuggi come derisori coloro che pur hanno preso parte alla tua caduta? Un corpo non può rallegrarsi per il tormento di un suo membro: di necessità tutto soffre e collabora a sanarlo. Nell`uno e nell`altro vi è la Chiesa, e la Chiesa è Cristo; perciò quando ti prosterni alle ginocchia dei fratelli, tu tocchi Cristo, tu supplichi Cristo. Ed è giusto che essi piangano su di te: è Cristo che soffre, è Cristo che supplica il Padre. E si ottiene sempre facilmente ciò che il Figlio chiede.

L`occultamento della colpa sembra promettere un grande sollievo al tuo senso di decoro. Ma se sottrarremo qualcosa alla conoscenza degli uomini, l`avremo perciò nascosta a Dio? Si mettono dunque sullo stesso piano la stima degli uomini e la scienza di Dio? O è forse meglio nascondersi e venir condannati, piuttosto che venir assolti pubblicamente? "Ma è un male grosso dover giungere alla penitenza pubblica!". Il male fa precipitare nella miseria, ma se si tratta della penitenza, non è più miseria: diventa salvezza. E` ben misero chi deve farsi tagliare, cauterizzare, tormentare con qualche polvere caustica; tuttavia i medicamenti dolorosi giustificano la loro atrocità con il bene della salute, rendono accettabile la pena presente con l`utilità futura.

Ma oltre alla vergogna, che pur è ritenuta il peggio, si temono anche le asprezze per il corpo: si deve starsene sporchi, cenciosi, senza distrazioni, nell`aspro cilicio, tra la cenere orrenda, deboli per lo stomaco vuoto. Ma è forse decente supplicare il perdono dei nostri delitti vestiti di scarlatto o porpora? Forza, dunque! Pettina con cura i capelli, usa la polvere dentifricia, mettiti a posto le unghie con la forbicina di ferro o di bronzo; e inoltre c`è bisogno di un pallore falso, di un rosso artificiale sulle labbra o sulle guance. Per di più, frequenta i bagni più allegri, ritirati in posti ameni, o in campagna o al mare; aumenta le spese: prepara un banchetto enorme a base di selvaggina, di vino puro e ben invecchiato. E se qualcuno ti interroga perché tanto lusso: "Ho peccato contro Dio" rispondi "e corro il rischio di perdermi in eterno. Così mi umilio, mi macero e tormento, per riconciliarmi a Dio che ho offeso con le mie colpe!".

Ma se perfino quelli che desiderano ottenere qualche magistratura non hanno né vergogna né riguardo per qualsiasi fatica dell`animo e del corpo; e non solo fatiche, ma neppure di assoggettarsi a ogni umiliazione pur di dar corpo ai loro voti! Come affettano modestia nel vestire! Come si recano solleciti in ogni atrio per il saluto della sera e del mattino. Si inchinano incontrando qualsiasi persona rispettabile, non partecipano a banchetti, non prendono parte a convivi, si privano di ogni libertà e svago. E tutto ciò per la gioia passeggera di un solo anno. E noi esiteremo a tollerare, pur mettendo in pericolo la nostra eternità, ciò a cui spinge il desiderio dei fasci e delle verghe, segno del potere? Ed eviteremo di offrire al Signore offeso la sofferenza di limitarci nel vitto e nel culto della persona, come fanno invece i pagani, senza aver offeso nessuno? Sono quelli di cui la Scrittura ricorda: Guai a coloro che legano i loro delitti quasi con una lunga fune (Is 5,18).

Se hai qualcosa di contrario alla penitenza pubblica, considera in cuore tuo la geenna che quella estingue: immaginati prima la grandezza della pena, e non dubiterai di abbracciarne il rimedio... Se sai dunque che oltre al primo rimedio salvifico contro la geenna, cioè la sacra abluzione del Signore, vi è un altro mezzo, la pubblica penitenza, perché pianti in asso la tua salvezza? Perché non ti decidi di abbracciare ciò che, lo sai, ti fa guarire?