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Brani scelti di Tertulliano

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    00 07/09/2014 18:33

    La Preghiera "Ostia spirituale"


    "L'Orazione è un sacrificio spirituale, che ha cancellato gli antichi sacrifici. « Che m'importa », dice, « dei vostri sacrifici senza, numero? Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco » (Is 1, 11). Chi richiede da voi queste cose? (cfr. Is 1, 12).


    Quello che richiede il Signore, l'insegna il vangelo: « È giunto il momento, ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità » (Gv4, 23-24 ).


    Noi siamo i veri adoratori e i veri sacerdoti che, pregando in spirito, in spirito offriamo il sacrificio della preghiera, ostia a Dio appropriata e gradita, ostia che egli richiese e si provvide.


    Questa vittima, dedicata con tutto il cuore, nutrita dalla fede, custodita dalla verità, integra per innocenza, monda per castità, coronata dalla carità, dobbiamo accompagnare all'altare di Dio con il decoro delle opere buone tra salmi e inni, ed essa ci impetrerà tutto da Dio.


    Che cosa infatti negherà Dio alla preghiera che procede dallo spirito e dalla verità, egli che così l'ha voluta? Quante prove della sua efficacia leggiamo, sentiamo e crediamo!


    L'antica preghiera liberava dal fuoco, dalle fiere e dalla fame, eppure non aveva ricevuto la forma da Cristo.


    Quanto è più ampio il campo d'azione dell'orazione cristiana! La preghiera cristiana non chiamerà magari l'angelo della rugiada in mezzo al fuoco, non chiuderà le fauci ai leoni, non porterà il pranzo del contadino all'affamato, non darà il dono di immunizzarsi dal dolore, ma certo dà la virtù della sopportazione ferma e paziente a chi soffre, potenzia le capacità dell'anima con la fede nella ricompensa, mostra il valore grande del dolore accettato nel nome di Dio.


    Si sente raccontare che in antico la preghiera infliggeva colpi, sbaragliava eserciti nemici, impediva il beneficio della pioggia ai nemici. Ora invece si sa che la preghiera allontana ogni ira della giustizia divina, è sollecita dei nemici, supplica per i persecutori. Ha potuto strappare le acque al cielo, e impetrare anche il fuoco. Solo la preghiera vince Dio. Ma Cristo non volle che fosse causa di male e le conferì ogni potere di bene.


    Perciò il suo unico compito è richiamare le anime dei defunti dallo stesso cammino della morte, sostenere i deboli, curare i malati, liberare gli indemoniati, aprire le porte del carcere, sciogliere le catene degli innocenti. Essa lava i peccati, respinge le tentazioni, spegne le persecuzioni, conforta i pusillanimi, incoraggia i generosi, guida i pellegrini, calma le tempeste, arresta i malfattori, sostenta i poveri, ammorbidisce il cuore dei ricchi, rialza i caduti, sostiene i deboli, sorregge i forti.


    Pregano anche gli angeli, prega ogni creatura. Gli animali domestici e feroci :pregano e piegano le ginocchia e, uscendo dalle stalle o dalle tane, guardano il cielo non a fauci chiuse, ma facendo vibrare l'aria di grida nel modo che a loro è proprio.Anche gli uccelli quando si destano, si levano verso il cielo, e al posto delle mani aprono le ali in forma di croce e cinguettano qualcosa che può sembrare una preghiera.


    Ma c'è un fatto che dimostra più di ogni altro il dovere dell'orazione. Ecco, questo: che il Signore stesso ha pregato.


    A lui sia onore `e potenza nei secoli dei secoli. Amen."


    Dal trattato « L'orazione » di Tertulliano, sacerdote (Cap. 28-29; CCL 1, 273-274)


    A cura dell'Istituto di Spiritualità: 
    Pontificia Università S. Tommaso d'Aquino


    [Modificato da Credente 07/09/2014 19:01]
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    00 07/09/2014 18:34
    Il servo dell`anima (L`anima, 40-41)

    L`anima è peccatrice, perché immonda, e la sua ignominia le deriva dalla sua unione con la carne. Ma se anche la carne è peccatrice - e ci è vietato comportarci secondo i suoi dettami - non è tuttavia infame per sua diretta responsabilità; da se stessa infatti non ha senso e comprensione per invitare al peccato o imporlo. Qual è dunque la sua situazione? E` un servizio, però non come quello di un servo o di un amico da poco, ma come quello di un bicchiere, o qualcosa di simile. Il bicchiere infatti è al servizio di chi ha sete; ma se costui non ne usa correttamente, a nulla il bicchiere gli serve... è dunque per l`anima quasi una suppellettile, uno strumento nell`officina della vita.

    Nelle Scritture la carne viene rimproverata, perché senza di essa nulla può l`anima nelle opere di libidine, di gola, di ubriachezza, di crudeltà, d`idolatria e in tutti gli altri atti, carnali, non nei princìpi, ma negli effetti. Anzi gli stessi princìpi dei delitti, anche senza gli effetti, vengono imputati di solito all`anima: Chi guarderà una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel suo cuore (Mt 5,28). Ma, del resto, cosa può la carne senza l`anima nelle opere di probità, giustizia, tolleranza e pudicizia? E perché mai incriminare qualcuno di delitti, se non puoi addurre delle prove? Ma si accusa colei per mezzo della quale si commette colpa, perché chi commette questa colpa sia maggiormente aggravato per aver accusato anche la propria serva. Più grave è l`odio contro il superiore, quando il suo dipendente viene colpito; e, anche se colui che obbedisce non è scusato, più viene colpito colui che comanda.

    Prescindendo da ciò che gli si aggiunge per incursione dello spirito malvagio, il male dell`anima procede dal peccato originale, che è in qualche modo naturale. Infatti, come abbiamo detto, la corruzione della natura è un`altra natura, che ha il proprio Dio e il proprio padre, cioè l`autore della corruzione. Resta tuttavia nell`intimo dell`anima il bene, quello che le è fondamentale, quel che di divino a lei affratellato come qualcosa che propriamente le è naturale. Ciò che deriva da Dio, infatti, non può essere estinto ma solamente oscurato: può essere oscurato, perché non è Dio; non può essere spento, perché procede da Dio. Perciò, come un lume ostacolato da qualche impedimento resta, ma non appare, se la densità dell`ostacolo è rilevante, così il bene nell`anima, oppresso dal male, secondo la qualità di questo, o sembra sparire del tutto, perché la sua luce è coperta, oppure splende, in quanto gli è concesso, se trova uno spiraglio di libertà. Così gli uomini possono essere pessimi e ottimi, pur tuttavia uno solo è il genere dell`anima: negli uomini pessimi vi è qualcosa di buono, e in quelli ottimi qualcosa di malvagio: unicamente Dio, infatti, è senza peccato, e l`unico uomo senza peccato è Cristo, perché è Dio.

    Perciò la divinità dell`anima, per il suo precedente stato di bontà, talvolta erompe, come nei presagi, e ci viene attestata la sua coscienza di Dio: "Dio buono!"; "Dio lo vede" e "Raccomando a Dio". Perciò nessuna anima è senza delitto, perché nessuna è senza seme di bontà. Per questo, quando giunge alla fede, ristrutturata dalla seconda nascita dall`acqua e dalla virtù superna, liberata dal velo della sua precedente corruzione, essa può contemplare tutto il suo splendore. Viene accolta dallo Spirito Santo, come nella prima nascita fu accolta dallo spirito profano. E all`anima che va sposa allo Spirito segue la carne, quale ancella recata in dote, non più serva dell`anima, ma dello Spirito. Oh beato connubio!
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    00 07/09/2014 18:35
    La paga del peccato (L`anima, 52)

    Noi, che conosciamo l`origine dell`uomo, stabiliamo con audacia che la morte non deriva all`uomo per natura, ma per una colpa, neppur essa naturale: infatti, se egli non avesse peccato, non sarebbe mai morto. Non è dunque naturale ciò che avviene volontariamente, per libera determinazione, e non necessariamente, in forza della propria intima struttura. Ne consegue che, pur essendo vari i generi di morte come sono varie le cause che la provocano, nessuno di loro è tanto lieve, da non imporsi con violenza. O che? La morte strappa e spezza un`unione tanto intima di anima e corpo, una così profonda fusione di sostanze affratellate. E ciò, anche se qualcuno esalasse lo spirito per la gioia, come lo spartano Chilone, mentre abbracciava suo figlio dopo la vittoria ad Olimpia; oppure per la gloria, come l`ateniese Clidemo, mentre veniva coronato d`oro per la bellezza del suo stile storico; oppure nel sonno, come per Platone; o ridendo, come Publio Crasso: è molto più violento questo genere di morte, che devasta i beni posseduti, che caccia l`anima dalle sue comodità, che porta alla fine proprio quando la vita è più gioconda: nell`esultanza, nell`onore, nella pace, nel piacere. E` una violenza simile a quella che colse le navi greche non lontano dagli scogli cafarei, non per la prepotenza dei turbini o lo squasso dei marosi, ma mentre spirava un venticello, il viaggio procedeva sereno e i marinai si rallegravano: per un improvviso urto nella chiglia della nave perdettero ogni speranza. Non è diverso il naufragio della vita, anche nel caso di una morte tranquilla. Non c`è differenza se la nave del corpo sprofonda integra o sconquassata, quando il viaggio dell`anima giunge alla fine.
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    00 07/09/2014 18:36
    Ancor prima della risurrezione le anime verranno premiate o punite (L`anima, 58)

    "Tutte le anime sono nell`aldilà?", tu domandi. Sì: lo voglia o no. E ivi ci sono già supplizi e conforti... Perché non devi ammettere che ivi le anime si trovano, in attesa del giudizio, in una sorte di sua anticipazione? "Perché si deve salvare l`efficacia del giudizio divino" rispondi "senza nessuna anticipazione della sentenza. E inoltre perché fa d`uopo attendere la risurrezione della carne, compagna delle opere, perché sia compagna nella retribuzione". Che dunque succederà in questo tempo? Dormiremo? Ma neppure nei viventi le anime dormono, perché il sonno è proprio del corpo, come è proprio del corpo la stessa morte, di cui il sonno è specchio.

    O pretendi che non si agisca là, ove tutta l`umanità tende, ove vige ogni speranza? Pensi che il giudizio venga anticipato, o che semplicemente cominci? Che venga concluso, o che semplicemente si prepari? E inoltre, non sarebbe ingiustissimo che nell`aldilà i colpevoli stiano bene e gli innocenti non ancora? Che? Vuoi che dopo la morte ci sia un indugio in cui la speranza è confusa e l`aspettativa incerta, o non piuttosto un esame della vita e una terrifica preordinazione del giudizio? Forse che l`anima aspetta sempre il corpo per addolorarsi o godere? Non è invece sufficiente a se stessa per provare gioia o dolore? Quante volte il corpo è intatto e l`anima solo è tormentata dalla bile, dall`ira, dal tedio, di cui spesso neppure è conscia? Quante volte, nelle afflizioni del corpo, l`anima trova un suo gaudio nascosto, e si allontana allora dalla compagnia importuna del corpo!...

    Anche nell`aldilà, dunque, l`anima sa soffrire e godere senza la carne, dato che anche nella carne intatta, se vuole, soffre, e, nella carne ferita, se vuole, gode. Se questo gli è possibile a suo arbitrio in vita, quanto più, per decreto di Dio, dopo la morte! Ma non tutte le opere l`anima esegue col servizio della carne: infatti il castigo divino colpisce anche i semplici pensieri e i puri atti di volontà... Perciò, dunque, è senz`altro conveniente che l`anima sia punita, anche senza aspettare la carne, per quello che compì non associata alla carne; e così essa sarà allietata anche senza la carne per i pensieri pii e buoni, per i quali non ebbe bisogno della carne.
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    00 07/09/2014 18:38
    Il modello nella formazione dell`uomo (La risurrezione della carne, 6)

    Potessi io dar tanta gloria alla carne quanta gliene diede colui che la fece: essa stessa già si gloriava che qualcosa di tanto umile, come il fango, fosse finito nelle mani di Dio, assai felice solo del suo contatto. E che, se esclusa ogni operazione ulteriore, il corpo umano fosse stato strutturato solo al contatto di Dio? Era certo una gran cosa che questa materia fosse in tal modo preparata. Fu ripetutamente onorata per tutto ciò che subì dalla mano di Dio: quando fu toccata, quando le fu tolta una parte, fu manipolata e strutturata. Pensa a Dio tutto occupato e dedicato ad essa: la sua mano, il suo senso, la sua opera, il suo piano, la sua sapienza, la sua provvidenza e soprattutto il suo stesso affetto, che ne definiva i tratti. Tutto ciò infatti che prendeva forma nella creta era mosso dal pensiero rivolto a Cristo, futuro uomo e allora fango; dal pensiero rivolto al Verbo-carne, che allora era terra. Il Padre aveva detto infatti al Figlio: Facciamo l`uomo a immagine e somiglianza nostra (Gen 1,26). E Dio fece l`uomo, proprio come l`aveva fissato: lo fece a immagine di Dio, cioè di Cristo. Anche il Verbo infatti è Dio, e costituito nell`immagine di Dio non reputò rapina l`essere a lui uguale (cf. Fil 2,6). Perciò quel fango che già da allora rivestiva l`immagine del futuro Cristo nella carne non era solamente opera di Dio, ma era anche un pegno.

    A che giova dunque, per offuscare l`origine della carne, venir a ripetere il nome della terra, elemento sozzo e umile? Anche se Dio avesse forgiato l`uomo con un`altra materia, è la sublimità dell`artefice che dobbiamo ricordare, che la giudicò degna, eleggendola, e tale la rese manipolandola... Ma il fango, sia pur qualcosa di scandaloso, ora è un`altra realtà: ho davanti la carne, non già la terra; e anche se la carne sente rivolte a sé le parole: Sei terra e in terra ritornerai (Gen 3,19), esse ne espongono l`origine, non ne richiamano la sostanza. Le è stato dato un essere più nobile dell`origine, più felice per il mutamento. Infatti, anche l`oro è terra, perché proviene dalla terra; ma ora non è più terra, perché è oro: è una materia ben diversa, più splendida e più nobile della povera ganga originaria. Anche Dio poté fondere l`oro della carne dal fango, che ritieni sozzo, coonestandone il censo originario.
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    00 07/09/2014 18:39
    L`anima e il corpo, nella loro stretta unità, sono in rapporto a Dio (La risurrezione della carne, 8-9)

    La carne è il cardine della salvezza. Infatti se l`anima diventa tutta di Dio è la carne che glielo rende possibile! La carne viene battezzata, perché l`anima venga mondata; la carne viene unta, perché l`anima sia consacrata; la carne viene segnata della croce, perché l`anima ne sia difesa; la carne viene coperta dall`imposizione delle mani, perché l`anima sia illuminata dallo Spirito; la carne si nutre del corpo e del sangue di Cristo, perché l`anima si sazi di Dio. Non saranno separate perciò nella ricompensa, dato che sono state unite nelle opere.

    Anche i sacrifici grati a Dio, le mortificazioni, cioè, i digiuni, i pasti consumati tardi e senza cibi liquidi, la trascuratezza esteriore dei penitenti, viene tutto compiuto dalla carne e a sue spese. Così l`osservanza della verginità e della castità vedovile, come l`unione coniugale apparente e con nascosta continenza (nozze di Giuseppe), sono sacrifici a Dio, consumati nella carne. Orsù: che ne pensi di lei quando, per la fedeltà al nome cristiano, viene esposta al pubblico e deve combattere contro l`odio delle folle? Quando è macerata nelle carceri, in quell`orrenda privazione della luce, nella carenza di tutto il necessario, nello squallore, nella sporcizia, nell`obbrobrio; neppure libera di dormire, legata anche nel riposo e lancinata dallo stesso giaciglio? Dilaniata poi, alla luce, con ogni genere di tormenti, quando infine in pieno sole viene esposta al supplizio, viene costretta a dare il contraccambio a Cristo morendo per lui, e spesso sulla stessa croce o con altre pene ancor più atroci? O beatissima e gloriosissima carne, che può contraccambiare a Cristo per un debito così grande, tanto da dover essere a lui obbligata solo di averla fatta cessare di essere in debito; e ciò più nei vincoli che in libertà!

    Perciò, per riassumere: quella che Iddio ha strutturato con le sue mani facendone una propria immagine, quella che ha vivificato col suo spirito a somiglianza della sua vita, che ha preposto a tutta l`opera della sua creazione per abitarla, farla fruttificare e dominare; che ha rivestito con i suoi sacramenti e i suoi precetti; della quale ama la purezza, della quale approva la mortificazione, della quale apprezza le sofferenze: questa dunque non dovrebbe risorgere, che tanto appartiene a Dio? Non sia mai! La cura del suo pensiero, il vaso del suo soffio, la regina della sua creazione, l`erede della sua bontà, la sacerdotessa della sua religione, la combattente per la sua testimonianza, la sorella del suo Cristo! Sappiamo che Dio è buono e abbiamo appreso da Cristo che egli solo è ottimo; egli ci comanda l`amore al prossimo, dopo che a lui; egli farà certo ciò che lui stesso ha comandato: amerà la carne che in tanti modi gli è prossima, anche se è debole, perché la virtù si perfeziona nella debolezza (2Cor 12,9); anche se inferma, perché i malati hanno bisogno del medico (Lc 5,31); anche se meschina, perché le nostre membra, meno oneste, le circondiamo di maggior onore (1Cor 12,23); anche se perduta, perché io sono venuto a salvare ciò che era andato perduto (Lc 19,10); anche se peccatrice, perché preferisco la salvezza del peccatore che la sua morte (Ez 18,23); anche se dannata, perché io sono colui che colpisce e risana (Dt 32,39). Perché rivolgi i tuoi rimproveri alla carne, per ciò che aspetta Dio, per ciò che in lui spera, che da lui viene onorato e a cui egli soccorre? Oserei anzi dire che se ciò non fosse accaduto alla carne, la grazia, la misericordia, ogni influenza benefica di Dio sarebbero state vane.
    [Modificato da Credente 07/09/2014 18:41]
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    00 07/09/2014 18:40
    La carne partecipa alla lode e al biasimo dell`anima (La risurrezione della carne, 10)

    Tu ti richiami sempre ai brani scritturistici in cui la carne vien biasimata; tieni presente anche quelli in cui viene lodata. Leggi i passi che deprimono la carne: aguzza gli occhi e vedi quelli in cui viene innalzata. Ogni carne è fieno (Is 40,6); però Isaia non ha detto questo solo, ma anche: Ogni carne vedrà la salvezza di Dio (Is 40,5). Spicca il fatto che nel Genesi Dio dice: Il mio spirito non resterà in questi uomini, perché sono carne (Gen 6,3); ma per voce di Gioele si ode anche: Effonderò del mio spirito in ogni carne (Gl 3,1). Anche gli scritti dell`Apostolo non li devi conoscere solo ove egli combatte la carne (cf. Rm 7,18); se afferma che coloro i quali vivono nella carne non possono piacere a Dio, perché le sue brame sono contrarie allo spirito (cf. Gal 5,17) e se ha altre espressioni simili, che sono di disonore alla carne - non nella sua sostanza ma nei suoi atti -, dobbiamo asserire tuttavia che in altri passi egli non si oppone ad essa se non per rimproverare l`anima in quanto essa, cioè, è intimamente unita all`anima, al cui comando si sottomette. Sono poi lettere di Paolo anche quelle ove egli dice che porta le stigmate di Cristo nella carne (cf. Gal 6,17), dove ci comanda di custodire la nostra carne come tempio di Dio (cf. 1Cor 3,16), ove considera il nostro corpo membro di Cristo (cf. 1Cor 6,15) e ove ci ammonisce di onorare e portare Dio nel nostro corpo (cf. 1Cor 6,20).
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    00 07/09/2014 18:41
    Tutto l`uomo verrà giudicato da Dio (La risurrezione della carne, 14-15)

    Diciamo anzitutto che il giudizio di Dio deve venir ritenuto pieno e perfetto, perché è ultimo, e perciò definitivo; e anche giusto, non trascurando nulla; e anche degno di Dio: per la sua grande pazienza, è pieno e perfetto. Questa sua pienezza e perfezione avrà luogo solo se l`uomo gli si presenterà nella sua totalità. E l`uomo intero risulta chiaramente dall`unione di due sostanze: deve perciò presentarsi al giudizio nell`una e nell`altra, perché deve essere giudicato nella sua totalità; nell`unione cioè di quelle due sostanze, senza le quali non sarebbe vissuto. Come visse, così deve essere giudicato, perché il giudizio concernerà il modo in cui visse. La vita è la causa del giudizio: questo dovrà vagliare tutt`e due le sostanze nelle quali la vita volse il suo corso.

    Orbene, già prima ancora nel corso della vita, scindano i nostri avversari l`unità di anima e di corpo per osare farlo poi anche nella ricompensa della vita: negano l`unione nell`operare, per poter poi a buon diritto negare l`unità nella ricompensa. Alla sentenza divina non sia presente la carne, ma solo se non sarà in causa. L`anima venga convocata sola, ma solamente se sola decedette. Ma essa non decedette sola, piuttosto sola si staccò da ciò da cui decedette: parlo cioè di questa vita. Ma tanto poco l`anima passò sola questa vita, che neppure per i pensieri, anche soli, anche non condotti a effetto col concorso della carne, si può prescindere dall`unione con la carne. Ciò che avviene nel profondo dell`animo, l`animo lo effettua nella carne, con la carne e per mezzo della carne... Anche senza opere e senza realizzazioni, il pensiero è un atto della carne...

    L`anima non è mai senza carne, fino a quando è nella carne. E nulla fa senza quella nella quale è... Se nell`anima si muove qualcosa, il volto lo indica: la faccia è lo specchio di ogni intenzione. Negano perciò l`unione nelle opere, essi che non possono negarla nei pensieri! Vanno poi enumerando tutti i delitti della carne: sarà dunque condannata al supplizio. Noi però rinfacciamo loro anche le virtù della carne: sarà dunque premiata per il bene compiuto. Anche se l`anima in tutto dirige e agisce, la carne in tutto obbedisce. Non si può credere che Dio sia un giudice ingiusto o inerte: ingiusto, se escludesse dal premio quella che partecipò alle buone opere; inerte, se escludesse dal castigo quella che partecipò alle azioni cattive. Del resto, anche una sentenza umana è ritenuta tanto più perfetta, quanto più si estende anche agli esecutori secondari dell`azione, non ignorandoli né evitando loro insieme con gli autori principali, la giusta pena o ricompensa.
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    00 07/09/2014 18:42
    Nella risurrezione, la sostanza resta inalterata (La risurrezione della carne, 55-56)

    Perché si effettui la risurrezione, è ben possibile che ci sia un mutamento, una conversione, una ristrutturazione, purché sia salva però la sostanza (dei singoli uomini). Non è ammissibile che la mente, la memoria e la coscienza dell`uomo attuale svaniscano quando egli indossa il nuovo abito dell`immortalità e dell`incorruttibilità, altrimenti sarebbero inutili il premio e il frutto della risurrezione, nonché lo stato assegnatogli dal doppio giudizio divino. Se non mi ricordo di essere io quello che ha meritato, come potrò dare gloria a Dio? Come potrò cantargli un cantico nuovo, non sapendo di essere io che a lui devo riconoscenza? Perché si ammette solo il mutamento della carne, e non anche quello dell`anima, che fu sempre alla guida della carne? E che si dovrebbe dire se la stessa anima, che in questo corpo passò tutto il decorso della vita, che in questo corpo conobbe Dio, si rivestì di Cristo e seminò nella speranza di salvezza, raccolga il frutto poi in un altro corpo, non so quale?

    Perfezione del corpo risuscitato (La risurrezione della carne, 60-61)

    Alcuni asseriscono che, se alla risurrezione del corpo le membra appartengono alla stessa corporeità, devono necessariamente mantenere le loro attività e le loro azioni. Oppure, se consta che i compiti delle membra cessano, essi eliminano anche la corporeità, alla cui permanenza non si può credere una volta eliminate le membra, le quali a loro volta non possono permanere senza i loro compiti. A che servirebbe, dicono, questa caverna della bocca, la schiera dei denti, la botola della gola, il magazzino dello stomaco, la voragine del ventre, e il contorto sviluppo degli intestini, quando bere e mangiare non avranno più luogo? A che scopo queste membra dovrebbero assumere, triturare, inghiottire, digerire, espellere? E a che scopo, le mani, i piedi e le altre membra-operaie quando non vi sarà più da provvedersi il cibo? E a che scopo i reni, e gli organi genitali dei due sessi? E infine, a che scopo l`intero corpo, che nulla farà?...

    I compiti delle membra soddisferanno alle necessità di questa vita fino a quando essa verrà trasferita dal tempo nell`eternità, fino a quando questo corpo animale diventerà spirituale, quando cioè questo corpo mortale si rivestirà di immortalità, questo corpo corruttibile si rivestirà di incorruttibilità (1Cor 15,53). Allora quando la vita sarà liberata da queste necessità, anche le membra verranno liberate dai loro compiti, ma non per questo non saranno necessarie. Infatti, anche esonerate dai loro servizi, resteranno per il giudizio, affinché ciascuno riceva ciò che ha meritato per quanto fece col corpo (2Cor 5,10). Il tribunale di Dio, dunque, esige che l`uomo sia completo; e non è completo senza le membra, della cui sostanza, e non dei cui uffici, egli consta. Se poi la morte è tolta di mezzo, il cibo non è più il mezzo per mantenere la vita, né la sessualità affatica più le membra. L`uomo non resta con ciò meno uomo, né si avrà una menomazione della natura umana, perché noi, in base a un volere eterno, brameremo meno cose; come i cristiani già da quaggiù avranno imparato a non bramare.
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    00 07/09/2014 18:43
    La risurrezione dei corpi (La risurrezione della carne, 63)

    Risorgerà dunque la carne: identica, completa e integra. Ovunque essa sia, è depositata presso Dio, ad opera del fedelissimo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo, che renderà Dio all`uomo e l`uomo a Dio; lo spirito alla carne e la carne allo spirito: entrambi egli li ha già uniti nella sua Persona... Quello che tu consideri uno sterminio, è una semplice partenza. Non solo l`anima si allontana, ma anche la carne si ritira frattanto: nell`acqua, nel fuoco, negli abissi, nelle fiere. Quando sembra così dissolversi, viene quasi trasfusa in vasi. Se poi anche i vasi vengono meno, perché si dissolvono e vengono riassorbiti nelle tortuosità della terra loro madre, da questa verrà di nuovo formato Adamo, il quale udrà da Dio le parole: Ecco, Adamo è diventato come uno di noi! (Gen 3,22). Allora sarà veramente conscio del male che ha sfuggito, e del bene in cui è confluito. Perché, anima, senti astio per la carne? Nessuno ti è tanto prossimo da dover più amare, dopo Dio; nessuno ti è più fratello, perché anche con te essa nasce in Dio.

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    00 07/09/2014 18:44
    L`uso sbagliato dei beni creati (Gli spettacoli, 2)

    Nessuno lo nega, tutti sanno che Dio è il creatore dell`universo - come la natura stessa lo testimonia - e che tutti questi beni egli ha messo al servizio dell`uomo. Ma poiché Dio non lo si conosce rettamente - solo dalla natura, cioè, e non da un intimo rapporto di amicizia con lui; da lontano, e non da vicino - è del tutto naturale che non si sappia come egli vuole che vengano usate o non usate le sue creature. E non si conosce anche la potenza ostile che con lui compete, per sconvolgere l`uso delle creature. Non si ha dunque conoscenza della sua volontà, né del nemico di questa volontà divina; anzi, quest`ultimo si conosce ancor meno. Non bisogna dunque tener presente solo colui da cui tutto è stato creato, ma anche colui da cui tutto è stato sconvolto. Solo allora apparirà chiaro per quale uso ogni cosa è stata creata, quando apparirà per quale uso non è stata creata. C`è una grande differenza tra l`essenza della corruzione e l`incolumità, perché vi è una grande differenza tra il Creatore e il pervertitore.

    Del resto, le cattive azioni di ogni specie, anche quelle che gli stessi pagani rifiutano e proibiscono, si attuano solo per mezzo di realtà create. Se il delitto viene compiuto con un coltello, con il veleno, o con incanti magici, il ferro è di Dio, proprio come lo sono le erbe e gli spiriti. La provvidenza creatrice ha chiamato dunque all`essere queste realtà per l`assassinio di un uomo? No! Essa ha proibito ogni specie di omicidio con quell`unica proibizione iniziale: "Tu non ucciderai". Inoltre: l`oro, il bronzo, l`argento, il legno e le altre materie che si usano per costruire gli idoli, chi mai le ha poste al mondo, se non il creatore del mondo, Dio? Ma le ha forse fatte perché queste cose diventassero oggetto di un culto opposto a lui? Al contrario: ai suoi occhi l`idolatria è l`offesa maggiore. Ma la cosa che offende Dio, non appartiene a lui? Quando lo offende, cessa di essere sua, lo offende.

    L`uomo stesso, il colpevole di tutti i misfatti, è non solo opera di Dio, ma anche sua immagine, e tuttavia con l`anima e col corpo si è allontanato dal suo Creatore. Ci sono stati dati gli occhi, non per accontentare la cupidigia; le orecchie, non per dedicarci a conversazioni perverse; le orecchie, non per ascoltare cattivi discorsi; il gusto, non per peccare di gola; il ventre, non per darci alle gozzoviglie; gli organi genitali, non per gli eccessi dell`impudicizia; le mani, non per la violenza; i piedi, non per il girellare ozioso; così anche l`anima è stata posta nel nostro corpo, non per farne un`officina di insidie, inganni e ingiustizie. Non lo credo proprio! Se infatti Dio, che continuamente ci eccita all`innocenza, odia ogni specie di malvagità, è indiscutibilmente certo che tutto ciò che egli ha creato, non lo ha creato perché si scelgano le opere malvagie che egli condanna, anche se esse in realtà si effettuano per mezzo delle cose da lui create; la dannazione solo da questo è motivata: l`uso sconvolto del creato da parte delle creature.

    Una conoscenza approfondita del Signore ci pone dunque innanzi agli occhi il suo rivale; nello sguardo approfondito sul Creatore noi vediamo anche il corruttore.
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    00 07/09/2014 18:44
    L`occultamento della divinità (La carne di Cristo, 9)

    Anche in Cristo vi erano tutti i segni della sua origine terrena: sono questi che occultarono in lui il Figlio di Dio... Nulla di nuovo, nulla di strano trovo in lui: solo delle parole e delle opere, della dottrina e della virtù di Cristo si stupiva la gente. Si sarebbe notata in lui l`eccezionalità che la sua carne era originata per miracolo; ma, in seguito, non era l`eccezionalità della sua carne terrena che rendeva mirabili le sue opere, tanto che si diceva: Donde viene a costui questa sapienza, questa virtù d`operare miracoli? (Mt 13,54). Queste parole erano dovute anche al loro disprezzo per il suo aspetto. Il suo corpo non presentava neppure avvenenza umana, tanto meno splendore divino.

    I profeti non ci parlano del suo aspetto ignobile, ma ce lo proclamano i suoi stessi dolori e gli oltraggi che soffrì. I dolori testimoniano la sua carne umana; gli oltraggi, la sua deformità. Avrebbe osato qualcuno forse toccare anche solo con la punta del dito un corpo straordinario, o insudiciare con gli sputi un volto che non lo meritava? Perché la dici carne celeste, se non hai nulla per ritenerla celeste? Perché neghi che sia terrena, se hai molto invece per riconoscerla terrena? Ebbe fame al cospetto del diavolo, ebbe sete davanti alla samaritana, pianse su Lazzaro, tremò di fronte alla morte. Disse infatti: "La carne è debole". Alla fine versò il sangue. Non credo che questi siano segni celesti. Ma, ripeto, in qual modo avrebbe potuto soffrire ed essere oltraggiato, come ho detto, se la sua carne avesse irradiato qualcosa della sua nobiltà celeste? Da ciò dunque dimostriamo che non vi era in essa nulla di celestiale, e perciò poté essere disprezzata e soffrire.
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    00 07/09/2014 18:45
    Esistenza ed evoluzione della legge divina (Contro i giudei, 2)

    Perché si dovrebbe credere che Dio, creatore dell`universo, guida di tutto il mondo, plasmatore dell`uomo, padre di tutte le genti, abbia con Mosè dato la legge a un solo popolo, e non sostenere invece che l`abbia data a tutte le genti? Se non l`avesse voluta per tutti, non permetterebbe affatto che i proseliti accedessero ad essa dal paganesimo. Invece Dio, come si addice alla sua bontà e giustizia, quale creatore del genere umano, diede la legge per tutte le genti quando volle, per mezzo di chi volle e come volle. Infatti, all`inizio del mondo, diede agli stessi Adamo ed Eva la legge di non mangiare i frutti dell`albero piantato in mezzo al paradiso terrestre, i quali, se avessero agito altrimenti, sarebbero certamente morti. Questa legge, se l`avessero osservata, sarebbe stata loro pienamente sufficiente. In essa infatti riscontriamo tutti i comandamenti che in seguito furono proposti con tanta abbondanza da Mosè; cioè: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima (Dt 6,5), e Amerai chi ti è prossimo come te stesso (Lv 19,18), e Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non dirai falsa testimonianza. Onora tuo padre e tua madre (Es 20,12.17), e Non desiderare la cosa altrui (Dt 5,16).

    La legge primordiale data ad Adamo e ad Eva in paradiso è quasi la matrice di tutti i precetti divini; infatti, se avessero amato il Signore loro Dio, non avrebbero agito contro il suo comando; se avessero amato il prossimo, cioè se stessi, non avrebbero creduto alle lusinghe del serpente e non avrebbero così commesso omicidio in se stessi, decadendo dall`immortalità contro il volere divino. Si sarebbero anche astenuti dal furto, se non avessero mangiato di nascosto il frutto dell`albero, e non avrebbero cercato di nascondersi sotto le sue foglie dalla vista del Signore Iddio, e non sarebbero diventati soci del diavolo, assertore di falsità, prestando fede a lui che diceva di poter diventare simili a Dio: in tal modo non avrebbero offeso Dio come loro padre, che li aveva plasmati dal fango della terra, quasi utero materno. Se non avessero desiderato le cose altrui, non avrebbero gustato il frutto proibito.

    Dunque in questa primissima e generale legge di Dio riguardante il frutto dell`albero, vediamo che vi erano inclusi tutti i precetti delle leggi posteriori, che a loro tempo furono promulgati... Perciò io sostengo che prima della legge scritta da Mosè sulle tavole di pietra vi fu un`altra legge non scritta, che si conosceva spontaneamente e che i padri osservavano. Perché infatti Noè fu riconosciuto giusto, se non perché davanti a lui aleggiava la giustizia della legge naturale? E perché Abramo fu ritenuto amico di Dio, se non per l`equità e la giustizia della legge di natura? E perché Merchisedek fu nominato sacerdote di Dio altissimo, se non perché prima della legge sul sacerdozio levitico vi erano sacerdoti che offrivano sacrifici a Dio? Così la legge fu data a Mosè dopo i patriarchi predetti, al tempo dell`uscita dall`Egitto, dopo cioè un intervallo di molto tempo: quattrocentotrenta anni dopo Abramo fu data la legge a Mosè. Vediamo da ciò che anche prima di Mosè vi era una legge di Dio, non solo sull`Oreb, nel Sinai o nel deserto, ma una legge più antica, data anzitutto nel paradiso terrestre, poi ai patriarchi, e rinnovata per i giudei in tempi stabiliti. Consideriamo perciò la legge di Mosè non come originaria, ma posteriore, che Dio a un certo punto diede a tutte le genti e, come promesso dai profeti, riformò in meglio. Egli ci ammonì che, come solo in un certo tempo la diede per mezzo di Mosè, così solo per un determinato tempo deve essere osservata e custodita: non possiamo negare questo potere a Dio che ha riformato, secondo l`opportunità dei tempi, i precetti della legge a salvezza dell`uomo.
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    00 07/09/2014 18:46
    La regalità di Cristo (Contro i giudei, 7)

    Che verrà un messia, sappiamo che neppure i giudei lo negano, che anzi pongono in lui tutta la loro speranza. Tutti i profeti del passato hanno predetto di lui, come per esempio Isaia: Così dice il Signore Dio all`Unto, mio signore, la cui destra tengo perché i popoli pagani lo ascoltino: Abbatterò la forza dei re, aprirò davanti a lui la porta e le città non gli staranno chiuse (Is 45,1). E lo vediamo adempiuto. A chi il Padre tiene la destra, infatti, se non a Cristo, suo figlio? Chi tutte le genti hanno ascoltato, cioè in chi tutte hanno creduto, i cui predicatori vengono così dipinti nei salmi di Davide: In tutta la terra uscì la loro voce e fino ai confini della terra le loro parole (Sal 18,5)? In chi altro tutte le genti hanno mai creduto, se non in Cristo, già venuto? In chi hanno creduto tutte le stirpi, come i parti, i medi, gli elamiti e coloro che abitano la Mesopotamia, l`Armenia, la Frigia e la Cappadocia; e gli abitanti del Ponto, dell`Asia Minore, e della Panfilia; coloro che stanno nell`Egitto e nelle regioni dell`Africa al di là di Cirene, romani e stranieri; i giudei che allora erano a Gerusalemme e tutti gli altri popoli: le varie tribù di getuli, le province dei mauri, i confini della Spagna, le varie nazionalità della Gallia, le regioni della Britannia a cui i romani non sono ancora giunti e sono invece suddite a Cristo, le stirpi dei sarmati, dei daci, dei germani, degli sciti e di molte altre genti; e province e isole molte che non conosciamo e che non possiamo numerare? In tutti questi luoghi regna il nome di Cristo già venuto; avanti a lui si sono aperte le porte di tutte le città e nessuna è rimasta chiusa; i catenacci ferrei si sono sciolti e i battenti si sono spalancati. Anche se tutto ciò è da intendere in senso spirituale, nel senso che l`intimo degli uomini, oppresso in vario modo dal diavolo, si è spalancato a Cristo, tuttavia tutto ciò si è adempiuto apertamente, perché in tutti i luoghi abita il popolo che ha nome da Cristo. E chi altri avrebbe potuto regnare ovunque, se non Cristo, Figlio di Dio? Egli è stato preannunciato come colui che avrebbe regnato in eterno su tutte le genti. Salomone fu re, ma entro i confini della Giudea: i termini del suo regno erano tracciati da Bersabea a Dan. Dario regnò sui babilonesi e sui parti, ma non ebbe potere su tutte le genti. Sugli egiziani regnò il faraone o chiunque gli è successo nel regno: ma il suo dominio si estende solo a quel territorio. Nabucodonosor estese il suo potere, con i suoi satrapi, dall`India fino all`Etiopia; e così Alessandro il Macedone non ebbe affatto tutta l`Asia e tutte le altre regioni dopo la sua vittoria. I germani non riescono a uscire dai loro confini; i britanni sono chiusi nell`ambito del loro oceano. I romani si oppongono alle stirpi maure e alle barbare tribù dei getuli, perché non trascendano i confini delle loro regioni. E che dirò dei romani, che difendono il loro impero con la barriera delle loro legioni, ma non possono diffonderlo tra le genti ricordate? Ma il regno, ma il nome di Cristo si diffonde ovunque, ovunque in lui si ha fede, da tutte le genti ricordate viene venerato, ovunque regna, ovunque è adorato e ovunque gli viene tribuito eguale onore. Nessun onore regale è troppo grande davanti a lui; nessuna brama barbarica gli è troppo inferiore, nessun merito di dignità o di nobiltà di fronte a lui troppo si distingue: a tutti è uguale, su tutti è re, per tutti è giudice, di tutti è Signore e Dio. Non dubitare a credere ciò che insegniamo, perché lo vedi con i tuoi occhi.


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    00 07/09/2014 18:47
    L`antica regola della fede (La prescrizione contro gli eretici, 13)

    Si chiama regola della fede ["regula fidei", "kanòn tes aletheias", è il simbolo della fede, il riepilogo delle verità essenziali e immutabili del credere] - per far subito professione della dottrina che qui si difende - quella per cui si crede che vi è assolutamente un solo Dio, un unico creatore del mondo; il quale trasse l`universo dal nulla mediante il Verbo suo, messo prima d`ogni cosa; e che questo Verbo, chiamato Figlio di lui, nel nome di Dio apparve in vario modo ai patriarchi, si fece udire sempre nei profeti, e infine discese per lo Spirito e la potenza di Dio Padre nella vergine Maria, si fece carne nel suo seno e, nato da lei, fu Gesù il Cristo; il quale poi predicò la nuova legge e la promessa nuova del regno dei cieli; compì dei miracoli; fu crocifisso e il terzo giorno risuscitò; salito al cielo sedette alla destra del Padre; mandò, in propria vece, la potenza dello Spirito Santo a dirigere i credenti; e tornerà in splendore per trarre i santi al godimento della vita eterna e delle promesse celesti, e per condannare gli empi al fuoco perpetuo, dopo aver compiuta degli uni e degli altri la risurrezione della carne.

    Questa regola di fede fu istituita da Cristo, e lo proveremo; e perciò non suscita fra noi questioni, all`infuori di quelle che le eresie generano e che formano eretici
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    00 07/09/2014 18:48
    La successione apostolica è la prova dell`ortodossia

    (La prescrizione contro gli eretici, 32)

    Può essere che ci siano eresie, le quali osino rifarsi all`età apostolica, sì da parer insegnate dagli apostoli per essere nate sotto di loro. Si può replicare ad esse: mettano fuori dunque le carte di nascita delle loro Chiese; sciorinino i cataloghi dei loro vescovi, mostranti sin dal principio la loro successione, sì da far vedere che quegli che fu il primo vescovo ricevette l`investitura e fu preceduto da uno degli apostoli o almeno da un uomo apostolico, che con gli apostoli avesse avuto costanti rapporti. Questo è il modo col quale le Chiese apostoliche esibiscono i propri titoli: così la Chiesa di Smirne mostra che Policarpo fu collocato su quella sede da Giovanni; così quella di Roma fa vedere che Clemente vi fu ordinato da Pietro; e così pure le altre esibiscono i vescovi che, costituiti nell`episcopato dagli apostoli, sono per loro i veicoli della semente apostolica.

    Può essere che gli eretici architettino una tradizione simile: che cosa non si fanno lecito, dopo aver bestemmiato Dio? Ma anche se costruissero una tradizione simile, non farebbero un passo innanzi, ché basterà sempre mettere a fronte alla dottrina loro quella degli apostoli, per mostrare come la loro sia diversa e contraria, e quindi non derivi da un apostolo, e neppure da un maestro apostolico. Difatti come gli apostoli non insegnarono dottrine diverse tra loro, così gli uomini apostolici non divulgarono dottrine contrarie agli apostoli, a meno d`ammettere che essi una cosa avessero appresa e un`altra predicata.

    A questa stregua, hanno la loro confutazione anche in quelle Chiese che, se pur non vantano per fondatore un apostolo o un uomo apostolico, per essere di molto posteriori - e tuttodì se ne fondano altre -, tuttavia in quanto concordano in una medesima fede si possono considerare apostoliche non meno delle antiche, a cui sono fatte consanguinee in forza della dottrina.

    Sono questi i due caratteri delle nostre Chiese; e tutte le eresie sono sfidate, a questa stregua, a provare come possano sostenere delle pretese d`origine apostolica. Ma tale origine non hanno, né possono mostrare d`essere ciò che non sono: e perciò non sono accolte nella pace e nella comunione delle Chiese, le quali siano in qualunque modo apostoliche: e non possono essere apostoliche appunto per la diversità della fede.
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    00 07/09/2014 18:48
    L`origine apostolica della Chiesa (La prescrizione contro gli eretici, 36)

    Se vuoi esercitare meglio la tua curiosità nel negozio della tua salute, passa in esame le Chiese apostoliche, presso le quali tuttora le cattedre degli apostoli si conservano al posto di presidenza nei luoghi di raduno; là dove si leggono proprio le lettere autentiche loro scritte dagli apostoli nelle quali ancora vibra l`eco delle loro voci e vive l`aspetto di ciascuno.

    Sei vicino all`Acaia? Hai Corinto. Se non sei lontano dalla Macedonia, hai Filippi e Tessalonica. Se puoi recarti in Asia, hai Efeso. Se ti trovi nei paraggi dell`Italia, hai quella Roma, donde anche a noi arriva rapidamente l`autorità.

    Questa Chiesa di Roma, quanto è beata! Furono gli apostoli stessi a versare a lei, col loro sangue, la dottrina tutta quanta. E` la Chiesa, dove Pietro è parificato, nella passione, al Signore [venne infatti crocifisso come Cristo]; dove Paolo è coronato del martirio di Giovanni [venne decapitato come Giovanni Battista]; dove l`apostolo Giovanni è immerso nell`olio bollente per uscirne illeso e venir quindi relegato in un`isola [questa notizia, ripresa da san Girolamo, viene data solo da Tertulliano]. Vediamo perciò che cosa essa abbia appreso, che cosa abbia assegnato e che cosa attesti: e con lei che cosa attestino le Chiese d`Africa.

    Orbene, la Chiesa di Roma conosce un solo Dio, creatore del mondo, e Cristo Gesù, nato da Maria vergine, figlio di Dio creatore; e la risurrezione della carne. Essa unisce la legge e i profeti ai Vangeli e alle lettere degli apostoli, e di lì attinge la sua fede: e la sigilla con l`acqua (del battesimo), la riveste dello Spirito Santo, la nutre dell`eucaristia, e stimola al martirio e non accoglie alcun avversario di questa dottrina.
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    00 07/09/2014 18:49
    La penitenza nel cristianesimo primitivo (La penitenza, 7-12)

    Solo fino al battesimo, o Cristo Signore, spetterebbe ai tuoi servi ascoltare e parlare della disciplina penitenziale. Solo fino a questo punto possono peccare gli "audienti" [precatecumeni]; poi nulla più sappiano della penitenza, nulla di essa chiedano. A malincuore faccio cenno alla seconda, o meglio all`ultima speranza: non sembri che, trattando dell`ultimo aiuto di conversione, io mostri esservi ulteriore libertà di peccare. Non sia mai che qualcuno la interpreti così, come se gli fosse concesso di prevaricare perché gli è dato di pentirsene; in tal modo la sovrabbondanza della clemenza celeste alimenterebbe le brame dell`umana temerità. Nessuno sia più cattivo perché Dio è più buono, peccando tutte le volte che egli perdona. Del resto, la possibilità di scamparla avrà fine, mentre non avrà fine la possibilità di peccare. L`abbiamo scampata una volta: solo fino a questo punto, e non più, viviamo in tanto pericolo, anche se ci sembra che potremo scamparla un`altra volta. Per lo più coloro che si salvano dal naufragio dicono addio alla nave e al mare, e ricordando tanto pericolo celebrano quel dono di Dio, cioè la loro salvezza. Lodo tanto timore, approvo tale viltà: non vogliono essere ancora di peso alla divina misericordia, temono di sembrar calpestare il beneficio ottenuto...

    Dio ha posto nell`atrio la seconda penitenza per aprire a chi bussa: ma una volta sola, perché è la seconda volta. Poi non oltre, perché un`altra volta ancora è inutile. Non basterebbe dunque anche una volta sola? Hai già ottenuto ciò che non meritavi e hai perso ciò che ti era stato concesso. Se l`indulgenza del Signore concede che ti sia restituito ciò che hai perso, sii riconoscente per questo beneficio duplicato, ma che non sarà più iterato: è più restituire che dare, perché è più doloroso perdere che non aver ricevuto affatto. Tuttavia, non si deve tramortire o uccidere di disperazione l`animo se si avesse bisogno della seconda penitenza: rincresca peccare per la seconda volta, ma non rincresca per la seconda volta fare penitenza: rincresca mettersi nuovamente in pericolo, non cercar per la seconda volta la liberazione. Nessuno si vergogni: per guarire due volte bisogna prender due volte la medicina; ti mostrerai grato al Signore se non ricuserai ciò che egli ti offre: lo hai offeso, ma puoi ancora riconciliarti. Hai a che fare con Uno che accetta la tua riparazione, e la accetta volentieri.

    Se dubiti di ciò, ricorda quello che lo Spirito dice alle Chiese: accusa gli efesini di aver abbandonato l`amore, riprende gli abitanti di Tiatira per i loro stupri e l`uso di carni immolate agli idoli; imputa agli abitanti di Sardi che le loro opere non sono perfette; rimprovera gli abitanti di Pergamo d`insegnare dottrine perverse; quelli di Laodicea di confidar troppo nelle loro ricchezze. Eppure esorta tutti alla penitenza, anzi, ad essa li ammonisce. Ma non ammonirebbe chi non si pente, se a chi si pente le colpe non fossero perdonate. E` lui, è lui che preferisce la misericordia ai sacrifici (Mt 9,13).

    Si allietano i cieli, e gli angeli lassù presenti, per la penitenza dell`uomo. Orsù, peccatore: sta` di buon animo! Vedi dove ci si allieta per il tuo ritorno. Che ci vogliono dimostrare gli argomenti delle parabole del Signore? La donna che, persa la moneta, la cerca, la ritrova e invita le amiche a rallegrarsi, non è esempio del peccatore ravveduto? Si è smarrita una sola pecorella del pastore, ma egli non ha premura maggiore per il gregge intero: ricerca quella sola, gli preme più di tutte le altre, e finalmente la trova, la porta sulle sue spalle, perché si era molto stancata vagolando. E non posso tralasciare di ricordare quel padre tenerissimo che richiama il figlio prodigo e con tanto cuore lo riaccoglie, ravveduto nella miseria: uccide il vitello ingrassato e manifesta la sua gioia con un banchetto. E perché no? Aveva trovato il figlio perduto; lo sentiva più caro, perché lo aveva riguadagnato. Chi dobbiamo intendere che sia quel padre? Dio, naturalmente: nessuno è tanto padre, nessuno è tanto affettuoso. Egli dunque riaccoglierà te, figlio suo, anche se ti sarai allontanato dopo esser già stato accolto, anche se tornerai nudo, solo per il fatto del tuo ritorno: e si allieterà più di questo ritorno che della regolatezza dell`altro figlio; ma solo se ti pentirai di cuore, se metterai a confronto la tua fame con la buona situazione degli operai di tuo padre, se abbandonerai il gregge di porci immondi, se ritornerai da lui per quanto offeso, dicendo: Ho peccato, padre, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio (Lc 15,14-15). La confessione allevia il delitto, quanto la dissimulazione lo aumenta. La confessione infatti manifesta disposizione alla riparazione, la dissimulazione invece all`ostinazione.

    Quanto più scabrosa e delicata è la penitenza seconda, e unica, tanto più laborioso è darne prova: non si esprime solo nella coscienza, ma si compie anche con un`azione esterna. Quest`azione, espressa e indicata per lo più con parola greca, è la "esomologèsi" (penitenza pubblica), per la quale confessiamo al Signore la nostra colpa. Non come se egli non la conoscesse, ma perché la confessione dispone alla riparazione; da essa nasce la penitenza e la penitenza ci riconcilia a Dio. Dunque la penitenza pubblica è una disciplina che impone all`uomo di prosternarsi e umiliarsi, che gli prescrive un genere di vita atto ad ottenere misericordia: prescrive l`abito e il vitto, di giacere nel cilicio tra la cenere, di trascurare la pulizia del corpo, di immergere lo spirito nell`afflizione, di mutarlo col triste ricordo della colpa. E poi di assumere cibo e bevanda semplici, non per soddisfare il ventre, ma per sostenersi in vita; e per lo più alimentare le preci col digiuno, gemere, piangere, gridare giorno e notte al Signore Dio tuo, prosternarsi dinanzi ai presbiteri, abbracciare le ginocchia degli uomini cari a Dio, supplicare tutti i fratelli di unire le loro preghiere alle proprie. In tutto questo consiste la penitenza pubblica, per dar prova di conversione, per onorare il Signore col timore del pericolo, e perché il peccatore, condannando la propria colpa, plachi l`indignazione di Dio e non dirò renda inutili, ma estingua i supplizi eterni con una afflizione temporale. Quanto più essa abbassa l`uomo, tanto più lo eleva; quanto più lo rende squallido, tanto più lo monda; quando lo accusa, quando lo condanna, lo assolve. E credimi, meno tu avrai risparmiato te stesso, tanto più ti risparmierà Dio.

    Tuttavia i più sfuggono o differiscono di giorno in giorno quest`opera santa, questa pubblica accusa di se stessi. Più presi dal pudore che dal pensiero della loro salvezza, presuppongo; come coloro che contraggono un malanno nelle parti pudende e non vogliono lasciarsi visitare dai medici e così se ne muoiono per il loro pudore. Soddisfare al Signore offeso, riabbracciare la salvezza di cui si è fatto getto, è certo duro per il proprio decoro... Ma esporre questo a repentaglio, sarebbe forse veramente grave se ciò avvenisse tra risate e insulti, dove uno si innalza per la rovina altrui, ove si calpesta l`uomo prostrato. Ma tra fratelli e conservi, fra cui tutto è in comune: la speranza, il timore, la gioia, il dolore, la sofferenza (perché è comune lo Spirito proveniente dal Signore comune e dal Padre), perché li consideri diversi da te? Perché fuggi come derisori coloro che pur hanno preso parte alla tua caduta? Un corpo non può rallegrarsi per il tormento di un suo membro: di necessità tutto soffre e collabora a sanarlo. Nell`uno e nell`altro vi è la Chiesa, e la Chiesa è Cristo; perciò quando ti prosterni alle ginocchia dei fratelli, tu tocchi Cristo, tu supplichi Cristo. Ed è giusto che essi piangano su di te: è Cristo che soffre, è Cristo che supplica il Padre. E si ottiene sempre facilmente ciò che il Figlio chiede.

    L`occultamento della colpa sembra promettere un grande sollievo al tuo senso di decoro. Ma se sottrarremo qualcosa alla conoscenza degli uomini, l`avremo perciò nascosta a Dio? Si mettono dunque sullo stesso piano la stima degli uomini e la scienza di Dio? O è forse meglio nascondersi e venir condannati, piuttosto che venir assolti pubblicamente? "Ma è un male grosso dover giungere alla penitenza pubblica!". Il male fa precipitare nella miseria, ma se si tratta della penitenza, non è più miseria: diventa salvezza. E` ben misero chi deve farsi tagliare, cauterizzare, tormentare con qualche polvere caustica; tuttavia i medicamenti dolorosi giustificano la loro atrocità con il bene della salute, rendono accettabile la pena presente con l`utilità futura.

    Ma oltre alla vergogna, che pur è ritenuta il peggio, si temono anche le asprezze per il corpo: si deve starsene sporchi, cenciosi, senza distrazioni, nell`aspro cilicio, tra la cenere orrenda, deboli per lo stomaco vuoto. Ma è forse decente supplicare il perdono dei nostri delitti vestiti di scarlatto o porpora? Forza, dunque! Pettina con cura i capelli, usa la polvere dentifricia, mettiti a posto le unghie con la forbicina di ferro o di bronzo; e inoltre c`è bisogno di un pallore falso, di un rosso artificiale sulle labbra o sulle guance. Per di più, frequenta i bagni più allegri, ritirati in posti ameni, o in campagna o al mare; aumenta le spese: prepara un banchetto enorme a base di selvaggina, di vino puro e ben invecchiato. E se qualcuno ti interroga perché tanto lusso: "Ho peccato contro Dio" rispondi "e corro il rischio di perdermi in eterno. Così mi umilio, mi macero e tormento, per riconciliarmi a Dio che ho offeso con le mie colpe!".

    Ma se perfino quelli che desiderano ottenere qualche magistratura non hanno né vergogna né riguardo per qualsiasi fatica dell`animo e del corpo; e non solo fatiche, ma neppure di assoggettarsi a ogni umiliazione pur di dar corpo ai loro voti! Come affettano modestia nel vestire! Come si recano solleciti in ogni atrio per il saluto della sera e del mattino. Si inchinano incontrando qualsiasi persona rispettabile, non partecipano a banchetti, non prendono parte a convivi, si privano di ogni libertà e svago. E tutto ciò per la gioia passeggera di un solo anno. E noi esiteremo a tollerare, pur mettendo in pericolo la nostra eternità, ciò a cui spinge il desiderio dei fasci e delle verghe, segno del potere? Ed eviteremo di offrire al Signore offeso la sofferenza di limitarci nel vitto e nel culto della persona, come fanno invece i pagani, senza aver offeso nessuno? Sono quelli di cui la Scrittura ricorda: Guai a coloro che legano i loro delitti quasi con una lunga fune (Is 5,18).

    Se hai qualcosa di contrario alla penitenza pubblica, considera in cuore tuo la geenna che quella estingue: immaginati prima la grandezza della pena, e non dubiterai di abbracciarne il rimedio... Se sai dunque che oltre al primo rimedio salvifico contro la geenna, cioè la sacra abluzione del Signore, vi è un altro mezzo, la pubblica penitenza, perché pianti in asso la tua salvezza? Perché non ti decidi di abbracciare ciò che, lo sai, ti fa guarire?
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    00 07/09/2014 18:50
    Tradizione cristiana non scritta (La corona, 3-4)

    Per cominciare dal battesimo: quando stiamo per entrare nell`acqua, ivi, ma anche già prima nella chiesa, sotto le mani stese del vescovo dichiariamo di rinunciare al diavolo, al suo fasto e ai suoi angeli. Poi veniamo immersi tre volte, dando alcune altre risposte che il Signore ci ha prescritto nel Vangelo. Sollevati fuori dall`acqua, pregustiamo la concordia con una miscela di latte e miele; da quel giorno per tutta la settimana ci asteniamo dal bagno quotidiano. Il sacramento dell`eucaristia, che il Signore ha imposto a noi tutti per il tempo della cena, lo riceviamo anche in raduni mattutini, e dalla mano di nessun altro, fuorché di chi presiede all`assemblea. Facciamo le offerte per i defunti e celebriamo gli anniversari del loro giorno natale. La domenica, riteniamo sconveniente digiunare o adorare in ginocchio; godiamo dello stesso privilegio dal giorno di Pasqua fino alla Pentecoste. Siamo attenti e ansiosi che non cada in terra qualcosa del nostro calice o pane. A ogni passo, a ogni movimento, quando entriamo o usciamo, quando ci vestiamo o calziamo, quando accendiamo le luci o ci sediamo, a mensa, a letto, a qualsiasi attività ci applichiamo, imprimiamo sulla fronte il piccolo segno [il segno di croce].

    Se cerchi nelle Scritture la legge relativa a queste e ad altre osservanze, non la troverai certo: ti si presenterà come sua autrice la tradizione, come sua confermatrice la consuetudine, come sua osservante la fede; il motivo poi che parla a favore della tradizione, della consuetudine e della fede, o tu stesso lo scoprirai, o imparerai a conoscerlo da qualche altro che lo ha scoperto; fino ad allora, accetterai con fede che ci sia qualche motivo da accettare rispettosamente... Se dunque io non trovo in nessun passo questa legge, se ne deduce che la tradizione ha dato forza di costume a una consuetudine, suggellato a volte dall`autorità degli apostoli che ne hanno interpretato il motivo.

    Questi esempi dimostrano che anche l`osservanza di una tradizione non scritta può essere giustificata se è confermata dalla consuetudine, perché questa è una testimonianza idonea, fondata sull`osservanza costante che si tratta di una tradizione allora approvata. La consuetudine, del resto, viene considerata come legge, quando la legge manca, anche negli affari civili; non vi è dunque differenza se si fonda su uno scritto o su un motivo ragionevole, poiché il motivo ragionevole dà efficacia alla legge stessa. Ora, se la legge è fondata sulla ragione, sarà legge tutto ciò che è costituito sulla ragione, da chiunque sia stato introdotto. O non sei del parere che ogni fedele possa cogliere nel proprio animo e stabilirsi delle norme - purché si addicano a Dio, portino alla rettitudine e servano alla salvezza - dato che il Signore dice: Perché non giudicate anche da voi stessi ciò che è giusto? (Lc 12,57).
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    00 07/09/2014 18:51
    Oggetti di origine pagana ammessi (La corona, 8)

    Odo obiettarmi: molti oggetti sono stati introdotti da coloro che il mondo pagano ritiene dèi; eppure sono oggi in nostro uso, come in quello dei santi antichi; li troviamo tra le cose di Dio e in Cristo stesso, che svolse funzione di uomo non altrimenti che usando tali strumenti comuni alla condotta umana. Ammetto che sia così, e non voglio neppure, per ora, discuterne dettagliatamente l`origine. Mercurio inventò le lettere dell`alfabeto; confesso che sono necessarie alla nostra attività e agli stessi nostri rapporti con Dio. Ma se egli in sogno tese le corde sonore, non posso negare - udendo Davide - che questa scoperta fu utile ai santi e al servizio di Dio. Esculapio fu il primo a trovare le medicine; e mi ricordo che Isaia ordinò appunto una medicina a Ezechia, come anche Paolo sa che un po` di vino fa bene allo stomaco. Minerva per prima usò la nave; vedo che navigarono Giona e l`Apostolo. C`è di più: anche Cristo usò vesti e Paolo ebbe un mantello. Se per ogni suppellettile e per ogni singolo oggetto dicono che un dio ne è l`autore, debbono pur ammettere che Cristo giacque in un letto, che pose un catino davanti ai piedi dei discepoli, che vi versò l`acqua dall`orcio e che si cinse con un grembiule, veste propria della dea Osiride.

    A tali questioni rispondo così, in generale: ammetto che questi strumenti ci siano comuni, ma ne sottolineo la distinzione fra uso intelligente e non intelligente, perché l`uso indistinto, alludendo alla corrotta origine con cui si assoggetta alla vanità, inganna. Diciamo dunque che si addicono all`uso nostro e a quello dei nostri padri, alle cose di Dio e allo stesso Cristo gli oggetti che ci procurano semplice utilità o aiuto certo o onesto sollievo nelle necessità della vita umana; e dobbiamo credere che siano state ispirate da Dio stesso, che per primo ha ordinato, istruito, e se necessario, allietato la vita dell`uomo suo. Ma gli oggetti che eccedono quest`ordine non convengono ai nostri usi - dobbiamo riconoscerlo -, soprattutto quelli che, per questo motivo, non troviamo nel nostro procedere né nelle cose di Dio né nella condotta di Cristo.


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    00 07/09/2014 18:52
    La pazienza divina (La pazienza, 2-3)

    Ciò che ci spinge ad esercitare la pazienza non è un impulso umano a un`imperturbabilità simile al torpore degli animali, ma la divina disposizione e l`ammaestramento vivo e celestiale, perché Dio stesso per primo ci ha dato esempio di pazienza. Innanzitutto egli diffonde la rugiada della luce egualmente sui giusti e sugli ingiusti, fa che si presentino i benefici delle stagioni, il servizio degli elementi, i beni della forza rigeneratrice, sia ai degni che agli indegni; sostiene così i pagani ingrati, che adorano il misero frutto delle arti, le opere delle loro mani e perseguitano il suo nome e la sua famiglia; la loro lussuria, la loro avarizia, la loro scelleratezza, la loro malvagità che ogni giorno si manifesta, tanto che la sua pazienza sembra nuocere al suo onore: molti infatti non credono al Signore perché non lo vedono adirarsi contro il mondo.

    Questa specie di pazienza divina la consideriamo forse lontana, adatta agli esseri superiori. Ma che è di quella specie di pazienza che si manifestò tra gli uomini e sulla terra e si rese quasi palpabile e afferrabile? Dio si compiacque di venir concepito nel seno materno, e attese con pazienza il momento della nascita. Nato, sopportò di crescere; cresciuto, non desiderò di farsi conoscere. Egli stesso osteggiò il proprio onore, si fece battezzare dal suo servo e solo con parole si oppose agli attacchi del tentatore. E così il Signore si fece maestro per insegnare agli uomini a affrontare la morte, dopo aver insegnato come la pazienza offesa sappia riconciliarsi pienamente. Egli non gridò, non contese, e nessuno udì la sua voce nelle piazze; non spezzò la canna fessa, non smorzò il lucignolo fumigante. Il profeta non ha mentito: Dio stesso, che ha posto il suo Spirito con tutta la sua pazienza nel suo Figlio, gli ha piuttosto reso testimonianza. Tutti coloro che volevano seguirlo, egli li accolse, non si vergognò di nessuna mensa, di nessun tetto, anzi, si fece egli stesso servo, lavando i piedi ai discepoli. Non disprezzò i peccatori e i pubblicani; neppure si adirò per la città che non lo volle accogliere, mentre i suoi discepoli chiedevano perfino di far cadere il fuoco dal cielo su quel luogo iniquo. Guarì gli ingrati e perdonò ai persecutori.

    Ancor troppo poco! Anche il suo traditore egli aveva presso di sé e non lo stigmatizzò energicamente. Quando fu tradito e fu condotto come una pecora al macello - ed egli non aprì la sua bocca, come un agnello davanti al tosatore -, egli, alla cui semplice parola, se avesse voluto, sarebbero apparse legioni di angeli, non volle neppure che la spada di uno solo dei suoi discepoli facesse vendetta. La magnanimità del Signore venne ferita nella persona di Malco; per questo egli maledì, anche per il futuro, l`opera della spada, e beneficò colui che fu, non da lui, colpito, ridonandogli la salute, per la sua magnanimità, che è madre della misericordia. Taccio la sua crocifissione, perché proprio a questo scopo egli venne. Ma, per subire la morte erano necessari anche gli insulti? No; ma egli volle saziare in pieno la sua brama di sopportare. Viene ricoperto di sputi, flagellato, disprezzato, in modo oltraggioso vestito e, peggio ancora, incoronato. Mirabile perseveranza e imperturbabilità! Egli, che si era proposto di nascondersi sotto l`aspetto umano, non imitò in nulla l`impazienza dell`uomo. Proprio per questo, o farisei, avreste dovuto riconoscerlo Signore... Nessun uomo mai avrebbe mostrato una tale pazienza.
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    00 07/09/2014 18:53
    Volentieri perdiamo i beni terreni... (La pazienza, 7-8)

    Che la cupidigia sia la radice di tutti i mali, lo ha annunciato lo Spirito del Signore per bocca dell`Apostolo (1Tm 6,10). E non crediamo che essa consista solo nella brama dei beni altrui, perché anche quello che sembra nostro è altrui: nulla è nostro, perché tutto è di Dio; anche noi stessi. Se di fronte a qualche perdita subita ci sentiamo tutti presi da impazienza, siamo caduti in una colpa affine alla cupidigia, perché ci affliggiamo di aver perso ciò che non è nostro. Bramiamo i beni altrui, quando malamente sopportiamo di aver perduto i beni altrui. Chi si lascia prendere dall`impazienza anteponendo i beni terreni a quelli celesti, pecca quasi contro Dio stesso: per una semplice cosa terrena, infatti, sconvolge lo spirito ricevuto da Dio.

    Volentieri perdiamo dunque i beni terreni, per custodire quelli celesti! Vada in rovina tutto il mondo, purché io acquisti la pazienza. Se qualcuno non si propone di sopportare con fermezza qualche piccola perdita, o per furto o per prepotenza o anche per trascuratezza, non so se potrà facilmente, e di cuore, metter la mano ai suoi beni per farne elemosina. Chi non sa sostenere di lasciarsi operare dagli altri, saprà forse immergere il ferro nel proprio corpo? La sopportazione nelle perdite è un esercizio di generosità ed elargizione. Non rincresce donare a colui che non teme di perdere. E come potrà il possessore di due tuniche darne una al prossimo nudo, se non è disposto anche a offrire il mantello a chi gli toglie la tunica? E come ci faremo degli amici con il mammona, con le ricchezze, se le ameremo tanto da non sopportarne perdite? Andremo perduti noi e loro. Che cosa vogliamo trovare quaggiù, dove dobbiamo perdere?

    Lasciamo che i pagani non sappiano sopportare nessun danno, essi che antepongono il denaro all`anima. Certo, lo fanno: quando per brama di lucro si danno al commercio per mare, redditizio ma pericoloso; quando addirittura in tribunale non dubitano, per denaro, di intraprendere qualsiasi iniziativa pericolosa e condannata, quando si vendono agli spettacoli gladiatori e all`esercito, quando per la strada rubano, come le bestie. A noi invece, per la diversità che da loro ci stacca, si addice non dare l`anima per il denaro, ma dare il denaro per l`anima, o elargendolo spontaneamente o sopportandone la perdita. La stessa anima, lo stesso corpo portiamo esposto in questo mondo a ogni ingiuria, e a tali ingiurie ci assoggettiamo con pazienza; ci offenderà tanto dunque la perdita di beni minori? Sia lontano in un servo di Cristo tale pervertimento che perde la pazienza, pur pronta a sostenere tentazioni maggiori, in semplici frivolezze!
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    00 07/09/2014 18:53
    "Guardate come si amano" (L`apologetico, 39,1-9)

    Noi formiamo un solo corpo per mezzo della nostra comunità di fede, per la nostra unità di disciplina e la comunione di speranza. Camminiamo insieme come un solo esercito per assediare Dio e forzare la sua mano con le nostre preghiere. Questa violenza è gradita a Dio. Preghiamo anche per gli imperatori e per i loro ministri, per il secolo presente e per la pace. Ci raduniamo per ricordarci le sacre Scritture in cui, secondo le circostanze, troviamo luce o avvertimento. Queste parole sacre nutrono la nostra fede, innalzano la nostra speranza, affermano la nostra fiducia, rinsaldano la nostra disciplina. Là si fanno le esortazioni, le correzioni e i giudizi divini. In realtà si giudica con molta ponderazione, per la certezza della presenza di Dio; e pregiudica terribilmente il giudizio futuro l`aver meritato di essere allontanati dalla comunione delle preghiere e da ogni contatto con le cose sante.

    Coloro che presiedono le nostre assemblee sono anziani provati; ottengono questo onore non a prezzo di denaro, ma per la testimonianza della loro condotta, perché non si può comprare nulla di ciò che appartiene a Dio. C`è una specie di cassa comune, ma non è formata da un insieme di onorari, come se la religione fosse oggetto di commercio. Ognuno dà ogni mese un modesto contributo, nel giorno che vuole, nella misura che ritiene possibile. Nessuno è obbligato; si porta spontaneamente la propria parte. E` una specie di deposito della pietà. Non viene speso in festini né per bere o per vuote baldorie, ma per nutrire e seppellire i poveri, per soccorrere i ragazzi e le fanciulle che non hanno né genitori né beni, i servi divenuti vecchi, come pure i naufraghi. Se alcuni soffrono nelle miniere, nelle isole, nelle prigioni, per la causa del nostro Dio, questi divengono "lattanti" della religione che hanno confessato.

    Questa pratica della carità è ciò che ci distingue di più secondo alcuni che dicono: "Guardate come si amano!". Essi invece si detestano cordialmente. "Vedete, dicono, come sono pronti a morire gli uni per gli altri!". Infatti essi sono molto più pronti ad uccidersi a vicenda.

    Quanto al nome di fratelli con cui noi ci chiamiamo, essi se ne fanno un`idea falsa unicamente perché per loro i nomi di parentela sono soltanto espressioni bugiarde di attaccamento. Per diritto di natura, che è nostra madre comune, siamo anche vostri fratelli... ma ben a maggior ragione sono chiamati fratelli e considerati tali quelli che riconoscono Dio come loro unico Padre, che si sono abbeverati allo stesso Spirito di santità e che, usciti dallo stesso seno dell`ignoranza, sono rimasti abbagliati di fronte alla stessa luce di verità.
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    00 07/09/2014 18:54
    Partecipazione dei cristiani alla vita attiva (L’apologetico 42,1-3)

    Un altro capo d`accusa ci si addebita: si pretende che noi siamo sterili negli affari. Ma come potremmo esserlo, se viviamo insieme con voi, con lo stesso tenore, gli stessi abiti e suppellettili, per una medesima necessità d`esistenza? Non siamo mica bramini o fachiri indiani, abitatori nudi delle selve e fuggiaschi della vita. Ci ricordiamo bene della gratitudine che dobbiamo a Dio creatore e signore: e non ripudiamo nessun frutto dell`opera sua; solo certo ci limitiamo per non usarne smoderatamente o erroneamente. Pertanto coabitiamo con voi in questo mondo servendoci del foro, del mercato, dei bagni, dei negozi, dei laboratori, delle osterie vostre e degli altri scambi. Navighiamo anche noi, con voi, e con voi pratichiamo il servizio militare, l`agricoltura e la mercatura: del pari scambiamo con voi gli oggetti d`arte e vendiamo al pubblico per uso vostro i nostri lavori. In qual modo possiamo parere infruttuosi per gli affari vostri, quando viviamo con voi e di voi, non lo capisco.

    Il sacrificio spirituale (La preghiera, 28-29)

    La preghiera è il sacrificio spirituale che abolisce i sacrifici antichi. A che mi servono tutti i vostri sacrifici? dice il Signore. Sono sazio di olocausti di montoni e di grasso di vitelli. Il sangue di tori, agnelli e capri, non lo gradisco (Is 1,11)... Il Vangelo ci dice quello che Dio desidera: Viene il tempo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Dio è spirito (Gv 4,23.24), e vuole che gli uomini lo adorino nello spirito. Noi siamo veri adoratori e veri sacerdoti quando, pregando in spirito, offriamo a Dio in sacrificio la nostra preghiera, l`unica vittima che gli sia adeguata e perciò gradita - quella stessa che egli ha desiderato e che si è lungamente preparata. Questa vittima, offerta dal profondo del cuore, nutrita dalla fede, cresciuta nella verità, intatta e innocente, integra e pura, coronata dall`amore, dobbiamo presentarla all`altare di Dio accompagnata dalle nostre opere, con salmi e inni, ed essa ci otterrà tutto da lui.

    Come può Dio rifiutare qualcosa alla preghiera che gli è rivolta in spirito e verità, dal momento che l`ha voluta lui stesso? Quante testimonianze della sua efficacia leggiamo, sentiamo raccontare e accogliamo nella fede! Già la preghiera antica liberava dal fuoco, dalle belve e dalla carestia; eppure Cristo non l`aveva ancora informata di sé. Quanto più profonda è dunque l`efficacia della preghiera cristiana! Essa non invia angeli a spegnere le fiamme (cf. Dn 3,24ss), non chiude le fauci dei leoni, non sottrae il cibo ai contadini per portarlo altrove (cf. Dn 14,31ss), non conferisce una grazia particolare che annulli la sofferenza, ma fa crescere nella pazienza quelli che soffrono, così che in loro la grazia, nel coraggio della sopportazione, si dilata, ed essi, avvertendo che questa sofferenza è per il Signore, percepiscono nella fede la felicità che Dio riserva loro...

    Un tempo, la preghiera si rivolgeva a Dio perché egli castigasse gli uomini, disperdesse gli eserciti nemici, facesse cessare le piogge. Ora invece la preghiera fatta nella verità tiene lontana la collera di Dio, veglia in favore del nemico e supplica per i persecutori. Deve forse stupire che essa possa ottenere dal cielo l`acqua della rigenerazione, se una volta ha potuto farne scendere il fuoco? Solo la preghiera può vincere Dio. Cristo l`ha voluta incapace di chiedere il male, ma onnipotente nel bene...

    Tutte le creature pregano. Pregano, piegando le ginocchia, gli animali domestici e le bestie selvagge: uscendo dalle stalle o dalle tane, guardano verso il cielo e fanno vibrare l`aria con i loro gridi, come se volessero dire qualcosa. Anche gli uccelli, quando si alzano a volo verso il cielo, stendono le ali in forma di croce, come mani di un orante, ed esprimono qualcosa che somiglia a una preghiera. Che cosa ci resta ancora da dire per sottolineare la grandezza della preghiera? Il Signore stesso ha pregato: a lui gloria e potenza per i secoli dei secoli.
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    00 07/09/2014 18:55
    I cristiani amano, rispettano e onorano l`imperatore (A Scapula, 2)

    I cristiani non sono nemici di nessuno, tanto meno dell`imperatore. Sanno infatti che è stato costituito dal loro Dio, perciò necessariamente lo amano, lo rispettano, lo onorano, lo vogliono salvo con tutto l`impero romano fino a quando durerà il mondo. Tanto infatti durerà. Veneriamo dunque l`imperatore, ma nel modo che ci è lecito ed è utile a lui stesso: come un uomo che è il secondo dopo Dio, che ha ottenuto da Dio tutto ciò che è, ed è inferiore a Dio solo. Questo dovrebbe volere anche lui stesso. E` infatti superiore a tutti, se è inferiore a Dio solo: è superiore agli stessi dèi perché anch`essi stanno sotto il suo potere. Per questo noi sacrifichiamo per la salute dell`imperatore, ma solo al nostro Dio che è anche il suo, e, come ci ha comandato Dio, solamente con la preghiera. Dio infatti, creatore dell`universo, non ha bisogno alcuno d`incenso o di sangue: tutto ciò è pascolo dei demoni. E i demoni noi non solo li rigettiamo, ma anche li superiamo e li svergogniamo ogni giorno, cacciandoli dagli uomini come molti sanno. Noi dunque preghiamo per la salute dell`imperatore, supplicandola da colui che può realmente concedergliela. Può risultarvi così abbastanza chiaro che noi agiamo come ci insegna la pazienza di Dio; una moltitudine di uomini grande come la nostra, forse più della metà in ogni città, opera nel silenzio e nella modestia; e siamo forse più noti come singoli che come comunità, e null`altro ci contraddistingue se non l`emendazione dai nostri vizi anteriori. Sia ben lungi da noi, dunque, sopportare con indignazione ciò che invece desideriamo sopportare, oppure macchinare la vendetta, che noi aspettiamo solo da Dio.
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    00 07/09/2014 18:56
    Attienti all`esempio delle nostre sorelle, serve di Dio! (Alla moglie, 1,4)

    Attienti all`esempio delle nostre sorelle, il cui nome è presso Dio, che, rinunciando al marito, non antepongono alla santità né bellezza né fior di gioventù: scelgono infatti come loro sposo Dio, per Dio sono belle, di Dio sono le ancelle: con lui vivono, con lui parlano; notte e giorno con lui trattano e offrono al Signore, quale dote, le loro orazioni, e da lui ottengono, quale dono maritale, il suo favore, ogni volta che lo desiderano. Sono entrate così nel possesso eterno dei beni del Signore e non sposandosi su questa terra fanno parte della famiglia degli angeli. Emulando l`esempio di tali donne con l`esercizio della castità, calpesterai la concupiscenza carnale col tuo affetto spirituale e per la ricompensa dei beni immarcescibili cancellerai in te il desiderio, tanto breve e fugace, della bellezza e della giovinezza.

    Evitare le nozze con i non cristiani (Alla moglie, 2,3-7)

    E` chiaro: i fedeli che contraggono matrimonio con i gentili sono rei di stupro e devono essere allontanati da ogni comunione con i fratelli, come dice l`Apostolo nelle sue lettere: Con costoro non si deve neppure prendere cibo (1Cor 5,11). Forse che al tribunale del Signore presenteremo l`atto matrimoniale, sostenendo trattarsi di un matrimonio regolarmente contratto? Ma egli lo ha vietato; non è un adulterio? Egli lo ha proibito; non è uno stupro? Ammettere un estraneo non viola forse il tempio di Dio? Non si uniscono le membra di Cristo alle membra di un`adultera? Per quanto io sappia, noi non siamo padroni di noi stessi, ma siamo stati riscattati a un prezzo. E a quale prezzo? A prezzo del sangue di Dio. Se dunque offendiamo questa nostra carne, offendiamo lui. Che vuole dunque quel tale che sostiene che sposare un estraneo è certo una colpa, ma una colpa ben piccola, mentre invece, pur accantonando l`ingiuria contro la carne di proprietà del Signore, ogni colpa volontaria contro il Signore è enorme. E in quanto era possibile evitarla, in tanto sussiste l`aggravante dell`ostinazione.

    Enumeriamo dunque gli altri pericoli, le altre ferite per la fede, previste dall`Apostolo: gravissime non solo per la carne, ma anche per lo stesso spirito. Chi dubita infatti che il rapporto quotidiano con l`infedele non offuschi la fede? Le conversazioni cattive corrompono i costumi buoni; quanto più la vita comune e il rapporto inscindibile? Ogni donna fedele deve tenere la mente rivolta al Signore. E come può servire a due padroni: al Signore e al marito, e questi per di più pagano? E volendo piacere a un pagano, il suo fare diverrà pagano, la sua acconciatura, l`abbigliamento, l`avvenenza mondana, le sue carezze più turpi; le stesse intimità familiari non saranno più immacolate: non come tra i santi [cioè i cristiani], ove i doveri sessuali con quell`onore si svolgono come la necessità impone, e nello stesso tempo come sotto gli occhi di Dio, con modestia e moderazione.

    Badi dunque che se adempie i suoi doveri verso il marito, non può certo piacere al Signore come esige la nostra vita cristiana: ha al fianco un servo del diavolo che cura gli affari del suo padrone, impedendo l`impegno e i doveri dei fedeli. Se si deve fare una riunione, il marito quel giorno la vuole portare ai bagni; se si deve osservare un digiuno, il marito per lo stesso giorno stabilirà un banchetto; se sarà giorno di processione, le occupazioni domestiche saranno più pressanti che mai. E chi permetterà che sua moglie se ne vada qua e là a visitare i fratelli, entrando in tutte le casupole estranee e, per di più, più povere? Chi sopporterà facilmente che le sia sottratta dal suo fianco per le assemblee notturne? Chi resterà tranquillo quando essa passerà tutta la notte, celebrando le solennità pasquali? Chi la lascerà andare senza sospetto al banchetto del Signore, che tra loro è tanto malfamato? Chi sopporterà che essa strisci nelle carceri per baciare le catene di un martire? Oppure si rechi al bacio dei fratelli? Od offra acqua ai piedi dei santi? Dia loro cibo o bevanda, o solo lo desideri, o solo vi pensi? Se giungerà un fratello pellegrino, potrà essa accoglierlo ospite in casa di un altro? Quando sarà necessario mettere a disposizione degli altri il proprio granaio, persino il cassetto del pane le sarà chiuso!

    Ma alcuni sopportano i nostri usi, e non reclamano. Ma è un delitto che i pagani sappiano le cose nostre, che noi siamo fatti oggetto delle loro nozioni, che sia una loro concessione ciò che pur operiamo... Non gettate le vostre perle ai porci perché non le calpestino e poi si rivoltino anche contro di voi (Mt 7,6). Le vostre perle sono i santi esercizi del vostro comportamento quotidiano: per quanto cerchiate di nasconderli, tanto più renderete sospetta e cauta la curiosità dei pagani. Potrai forse non dar nell`occhio quando segni il tuo letto, il tuo corpo, quando soffi via l`aria impura [per l`incenso dell`altare domestico] o quando di notte ti alzi per pregare? Non si penserà forse che tu faccia qualche magia? E tuo marito non saprà forse ciò che tu in segreto assumi prima di ogni altro cibo [l`eucaristia]? E se saprà tutto non crederà che sia il pane di cui sempre si parla? E ignorandone ogni motivazione, ammetterà tutto semplicemente senza recriminare o senza sospettare che si tratti di veleno? Alcuni sopportano, ma solo per disprezzare, solo per ingannare queste donne; non divulgano il segreto della loro vita cristiana, ma solo fino al pericolo previsto, fino a qualche eventuale litigio: sopportano al prezzo della loro dote il silenzio sulla loro professione cristiana, pronti però sempre a citarle davanti al giudice. Molte non hanno previsto ciò e se ne sono tornate avendo perso o i propri beni o la propria fede.

    La serva di Dio abita tra idoli di famiglia estranei, viene continuamente tormentata dagli onori resi ai demoni, molestata dall`odore dell`incenso in tutte le solennità o dell`impero, o di capodanno, o all`inizio di ogni mese. E deve uscire da una porta ornata di alloro e di lucerne come da un nuovo edificio dedicato alla pubblica libidine, deve adagiarsi col marito ai pranzi, spesso nelle bettole; spesso dovrà servire agli empi, essa che era solita servire ai santi. E non riconoscerà in ciò quasi un segno della sua dannazione, rendendo i propri servigi a coloro che avrebbe un giorno giudicato? Dalla mano di chi desidererà qualcosa? Dal bicchiere di chi essa berrà? Cosa le canterà il marito, o essa a lui? Essa udrà certo qualche canto, qualche canto da palcoscenico, da taverna, da bettola; quale menzione di Dio? Quale invocazione a Cristo? Dove troverà nutrimento alla sua fede nell`ascolto delle Scritture? Dove troverà refrigerio allo spirito? O benedizione divina? Tutto estraneo, tutto nemico, tutto dannato, tutto propinato dal Maligno per minarle la salvezza.

    Se tutto ciò può succedere anche a quelle che, dopo aver raggiunta la fede continuano a vivere in un matrimonio pagano, costoro sono tuttavia scusabili, perché in questo matrimonio sono state prese da Dio e viene loro comandato di perseverarvi, in esso sono santificate e hanno la speranza di guadagnare il marito. Se dunque questo matrimonio viene approvato da Dio, perché non dovrebbe svolgersi prosperamente e la donna non venire troppo tribolata dalle pressioni, dalle angustie, dagli impedimenti e dai cattivi esempi, essa che ha già il patrocinio della grazia divina? Infatti essa, chiamata dal paganesimo a una particolare virtù celeste per una speciale manifestazione della grazia, è oggetto di timore per il marito pagano, che perciò meno la contraddice, meno la osserva, meno la censura. Egli percepisce la grandezza del fatto e ne ha l`esperienza; sa che essa è diventata migliore. Così, per il timore, anch`egli è candidato a Dio.
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    00 07/09/2014 18:57
    Felicità e santità del matrimonio cristiano (Alla moglie, 9)

    Donde mi sarà dato di esporre la felicità di quel matrimonio che viene contratto davanti alla Chiesa, rafforzato dall`offerta eucaristica, segnato dalla benedizione, che gli angeli annunziano e che il Padre ratifica? Neppure su questa terra, infatti, i figli si sposano rettamente e giustamente senza il consenso del padre. Quale giogo quello di due fedeli in un`unica speranza, in un`unica osservanza, in un`unica servitù! Sono fratelli e sono collaboratori; non vi è distinzione fra carne e spirito. Anzi, sono veramente due in una sola carne, e dove la carne è unica, unico è lo spirito. Insieme pregano, insieme si prostrano e insieme digiunano; l`uno ammaestra l`altro, l`uno onora l`altro, l`uno sostiene l`altro. Sono uniti nella Chiesa di Dio, sono uniti al convivio di Dio, sono uniti nelle angustie, nelle persecuzioni, nelle consolazioni. Nessuno ha segreti per l`altro, nessuno evita l`altro, nessuno è gravoso all`altro: visitano liberamente i bisognosi, sostengono gli indigenti: le elemosine non hanno biasimo, i sacrifici non hanno riprensione, la diligenza di ogni giorno non ha impedimento. Il segno di croce non è furtivo, la congratulazione non è trepida, la benedizione non è muta: i salmi e gli inni risuonano a due voci e i due fanno a gara nel cantare meglio al loro Dio. Cristo gode vedendo ciò e udendo ciò, e manda ad essi la sua pace.


    Ogni donna porta in se stessa Eva afflitta e penitente

    (L`abbigliamento delle donne, 1,1)

    Se in terra vi fosse tanta fede quanto ne è il premio che si aspetta nei cieli, certo nessuna di voi, o sorelle dilettissime, fin dal giorno in cui conosce il Dio vivo e impara qual è la propria condizione, cioè la condizione della donna, cercherebbe un abito più bello, per non dire più di lusso. Vivrebbe piuttosto nel disdoro e nello squallore, sapendo di portare in se stessa Eva afflitta e penitente e intendendo maggiormente espiare, con la trascuratezza dell`abito, ciò che Eva ci ha tramandato: alludo cioè all`ignominia del primo delitto, all`invidia che ha perso il genere umano. Partorirai tra i dolori e le ansietà, o donna, e sarai soggetta a tuo marito ed egli ti dominerà. E non sai di essere precisamente Eva? La sentenza di condanna di Dio continua a vivere ancora ai nostri giorni su questo sesso: perciò è necessario che continui a viverne anche il reato. Tu sei la porta del diavolo, tu hai rotto i sigilli di quell`albero, tu per prima hai abbandonato la legge divina, tu hai sedotto colui che il demonio non poté aggredire. Con tanta facilità hai abbattuto l`immagine di Dio, l`uomo; e per quello che ne hai meritato, cioè la morte, anche il Figlio di Dio morì. E ti viene ancora in mente di ricoprirti di ornamenti sopra la tua tunica di pelle? Orsù: se gli abitanti di Mileto avessero tosato le pecore fin dall`inizio del mondo e gli abitanti di Sere avessero intessuto seta fin da allora, e quelli di Tiro l`avessero tinta e i frigi l`avessero ricamata e i babilonesi intessuta di perle candide e di pietre corrusche; se già da allora fosse stato estratto dalla terra, con tanta brama, l`oro, e lo specchio avesse già potuto esser tanto lusinghiero, certamente Eva, cacciata dal paradiso, anzi morta, avrebbe bramato tutto questo, credo! Perciò neppure adesso lo deve bramare, anzi neanche conoscere, se desidera tornare in vita; essa, che quando viveva, tutti questi ornamenti né aveva né conosceva. Essi sono dunque i ceppi di una donna dannata e morta, ne sono quasi gli ornamenti funebri.


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    00 07/09/2014 18:57
    Posizione del vescovo romano nei confronti di un problema connesso al precedente: il montanismo (Contro Prassea, 1)

    Il demonio è menzognero fin dall`inizio (cf. 1Gv 3,8), anche quando con le sue arti subornò un uomo come Prassea. Egli per primo infatti portò dall`Asia a Roma questa sorta di perversità. Era, fra l`altro, un tipo agitato e pieno di spocchia per il suo martirio: un semplice e breve periodo di noia passato in carcere, ma anche se avesse abbandonato il suo corpo alle fiamme, a nulla gli sarebbe giovato, non avendo amore di Dio (cf. 1Cor 13,3), anzi, combattendo contro i suoi carismi. Infatti allora lo stesso vescovo romano stava riconoscendo le profezie di Montano, di Prisca e Massimilla, e per tale riconoscimento stava offrendo pace alle Chiese di Asia e di Frigia; egli sostenendo accuse false contro quei profeti e le loro Chiese, difendendo la posizione e l`autorità dei predecessori di quello, lo costrinse a revocare le lettere di pace già mandate, e a retrocedere dal proposito di riconoscerne i carismi. Due affari del demonio dunque Prassea curò a Roma: fece estromettere la profezia e ammettere l`eresia; fugò il Paraclito e crocifisse il Padre.
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    00 07/09/2014 19:00
    Da "L'Apologetico"

    I cristiani non sono inutili e improduttivi 

    "Ci si accusa di essere improduttivi nelle varie forme di attività. Ma come si può dire questo di uomini che vivono con voi, che mangiano come voi, che indossano gli stessi abiti, che seguono lo stesso genere di vita e hanno le identiche necessità di vita?

    Noi ci ricordiamo di rendere grazie a Dio, Signore e creatore, e non rifiutiamo nessun frutto della sua opera. Certo, noi usiamo le cose con moderazione, non in forma smodata o cattiva. Coabitiamo con voi e frequentiamo il foro, il mercato, i bagni, i negozi, i laboratori, le stalle, partecipando a tutte le attività.

    Navighiamo anche insieme a voi, militiamo nell' esercito, coltiviamo la terra, esercitiamo il commercio, scambiamo le merci e mettiamo in vendita, per vostro uso, il frutto del nostro lavoro. Io non capisco proprio come possiamo sembrare inutili e improduttivi per i vostri affari , quando viviamo con voi e di voi.

    Sì, c'é della gente che ha motivo di lamentarsi dei cristiani, perché non può commerciare con loro: sono i protettori di prostitute, i ruffiani e i loro complici; poi vengono i criminali, gli omicidi con veleno, gli incantatori, gli indovini, i fattucchieri, gli astrologi. Grande cosa essere improduttivi per codesta gente! ... E poi, nelle prigioni non trovate mai un cristiano, a meno che non vi sia per motivi religiosi. Noi abbiamo appreso da Dio a vivere nell'onestà."