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La CHIESA, MADRE dei CREDENTI

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    00 18/07/2014 18:26

    La Chiesa madre dei credenti


    La comunità che educa alla bellezza di Dio


    Lettera pastorale per l’anno 2013-2014


                1. Amo la Chiesa! Nella Lettera Enciclica Lumen fideiPapa Francesco scrive: “La trasmissione della fede… passa attraverso l’asse del tempo, di generazione in generazione. Poiché la fede nasce da un incontro che accade nella storia e illumina il nostro cammino nel tempo, essa si deve trasmettere lungo i secoli. È attraverso una catena ininterrotta di testimonianze che arriva a noi il volto di Gesù… Il passato della fede, quell’atto di amore di Gesù che ha generato nel mondo una nuova vita, ci arriva nella memoria di altri, dei testimoni, conservato vivo in quel soggetto unico di memoria che è la Chiesa. La Chiesa è una Madre che ci insegna a parlare il linguaggio della fede” (n. 38). La fede non si riceve né si vive da navigatori solitari, ma nella barca di Pietro, nella comunità che annuncia la Parola della salvezza, celebra i sacramenti e agisce nella storia come segno e strumento della carità divina. Nell’educazione alla fede ha perciò un ruolo centrale la Chiesa, madre che genera figli per Dio nell’acqua del battesimo e li aiuta a crescere nella vita secondo lo Spirito. È allora importante comprendere che cos’è la Chiesa e come essa può educarci a credere in Dio e a vivere nell’alleanza con Lui. È nel desiderio di farla conoscere e amare che scrivo questa lettera sulla Chiesa, non da spettatore distaccato, ma da testimone che da essa ha ricevuto il dono più grande, la fede. Parlo della Chiesa come un figlio parla della madre, che gli ha dato la vita e gliela ha fatta amare. Sì:amo la Chiesa! La amo di un amore filiale, la trovo bella e degna d’amore, anche quando qualche ruga copre il suo volto. Se penso al dono che la Chiesa mi ha fatto generandomi alla vita divina col battesimo, o all’aiuto che mi ha dato per crescere nella fede alla scuola della Parola di Dio, se rifletto su come mi ha nutrito e mi nutre col Pane di vita, o ricordo tutte le volte che ha perdonato i miei peccati col sacramento della riconciliazione, se medito sulla grazia della mia vocazione e missione, sento la gratitudine riempirmi il cuore. Per me la Chiesa è stata ed è grembo materno, e come tale vorrei proporla a tutti. Vorrei che essa potesse essere per tutti madre amorevole! Vorrei che quanti l’hanno potuta conoscere e amare testimoniassero in maniera credibile questo suo volto accogliente! Provo, allora, a chiedere a te che leggi: hai fatto esperienza di questa Chiesa, “madre” nella fede? Vorresti farla? Sei pronto a vivere la tua fede non da navigatore solitario, ma come chi sa di doverla condividere con altri?


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    00 18/07/2014 18:27

     2. Credo la Chiesa! È mia convinzione profonda che la Chiesa è madre non perché nasca da interessi umani o dallo slancio di qualche cuore generoso, ma perché è dono dall’alto, frutto dell’iniziativa divina. È Dio Trinità ad avercela donata ed è la Chiesa a farci incontrare il Dio che è amore. Con gli occhi della fede contemplo questo popolo di Dio come voluto da sempre nel disegno del Padre, lo riconosco preparato attraverso l’alleanza con il popolo eletto, Israele, affinché, compiutisi i tempi, fosse donato agli uomini come la casa e la scuola della comunione, grazie alla missione del Figlio e all’effusione dello Spirito Santo. È così che posso dire con fiducia, come insegna il Simbolo della fede, credo la Chiesa! Credo che essa è opera di Dio e non dell’uomo, inaccessibile nella sua natura più profonda a uno sguardo puramente umano. Credo che la Chiesa è “mistero”, tenda di Dio fra gli uomini, frammento di carne e di tempo in cui lo Spirito dell’Eterno ha preso dimora. E perciò so che la Chiesa non s’inventa né si produce, ma si riceve: è dono che va accolto con l’invocazione e il rendimento di grazie, in uno stile di vita contemplativo ed eucaristico. Allo sguardo della fede la Chiesa si offre come “icona della Trinità”, immagine vivente della comunione del Dio che è amore, popolo generato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Perciò, prego per la Chiesa e chiedo a Dio di farcela amare come Suo dono prezioso, volto della Sua tenerezza e abbraccio del Suo amore che accoglie e rigenera. E tu? Riconosci nella Chiesa il Mistero della presenza di Dio? o la vedi come una semplice rete di amicizie o di interessi umani?


                3. La Chiesa comunione. Con gli occhi della fede riconosco nella varietà dei doni e dei servizi, presenti nella Chiesa, non un’invenzione umana, né il frutto di giochi di potere o di ambizioni terrene, ma un’opera di Dio. Nella Chiesa ogni dono viene dall’alto, ogni vocazione è chiamata, rivolta da Dio a ciascuno per il bene di tutti. Proprio così, la varietà dei carismi e dei ministeri ecclesiali non compromette, ma esprime la profonda unità del popolo di Dio. In questa luce, riconosco quali segni e strumenti del dono divino dell’unità i pastori, dal Papa, vescovo della Chiesa di Roma che presiede nell’amore, ai vescovi in comunione con Lui, ai sacerdoti che in ogni comunità sono inviati dal vescovo, ai diaconi, collaboratori del vescovo. È così che nell’amore al Papa e al Vescovo, nella docilità alla loro guida, quanti hanno accolto i doni dall’alto possono entrare in dialogo fra loro e crescere nella comunione. È la comunione di un popolo di credenti adulti e responsabili, capaci di pronunciare con la vita tre grandi “no”etre grandi “sì”. Il primo “no” è al disimpegno, cui nessuno ha diritto, perché i doni di Dio vanno vissuti nel servizio degli altri: a questo “no” deve corrispondere il “sì” alla corresponsabilità, per cui ognuno si faccia carico per la propria parte del bene comune da realizzare secondo il disegno di Dio. Il secondo “no” è alla divisione, cui nessuno può sentirsi autorizzato, perché i carismi vengono dall’unico Signore e sono orientati alla costruzione dell’unico Corpo, che è la Chiesa: il “sì”che ne consegue è quello al dialogo fraterno, rispettoso della diversità e volto alla costante ricerca della volontà divina per ciascuno e per tutti. Il terzo “no” è alla stasi e alla nostalgia del passato, cui nessuno deve acconsentire, perché lo Spirito è sempre vivo e operante nella storia: ad esso corrisponde il “sì” alla continua riforma, per la quale ognuno possa realizzare sempre più fedelmente la chiamata di Dio e la Chiesa tutta possa celebrarne la gloria. Attraverso questo triplice “no” e questo triplice “sì”, la Chiesa si costruisce come icona della Trinità, comunione di uomini e donne, adulti e responsabili nella loro diversità, uniti fra loro nell’amore e testimoni del dono di Dio a tutto l’uomo, a ogni uomo. Ti chiedo, allora, di verificare la tua vita alla luce del triplice “sì” e del triplice “no”, provando a capire quale dei tre è più urgente per te.


                4. Una comunione necessaria per vivere! Quanto bisogno c’è di questa comunione! Di fronte all’arcipelago, che è spesso la società in cui viviamo, la comunione della Chiesa rappresenta una buona novella contro la solitudine. È così che vorrei si offrisse a tutti la nostra Chiesa, suscitando e coltivando relazioni di rispetto e di amore, che siano un’immagine eloquente della comunione trinitaria e accendano in chi è lontano il desiderio di Dio e dell’esperienza del Suo amore, offerta nella Chiesa. Queste relazioni vanno vissute anzitutto nella vita quotidiana, a cominciare da quella vissuta in famiglia, “piccola Chiesa”, luogo fondamentale e originario dell’educazione a credere. I genitori sono chiamati a essere per i figli i primi testimoni della fede. In questo consiste, peraltro, la missione affidata a ciascun battezzato: essere luce delle genti, attrarre gli uomini a Dio con vincoli di amore, mostrando a tutti la bellezza dell’incontro con Gesù, vissuto nella Chiesa. Il Signore ci aiuti a essere una Chiesa ospitale e ognuno di noi s’impegni nell’esercizio della carità che tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. In questa prospettiva, faccio mie le riflessioni che tanti (a cominciare dall’Azione Cattolica diocesana) mi hanno inviato, in risposta alla mia richiesta di descrivere la Chiesa che vorremmo. Eccone i tratti fondamentali. La Chiesa che amiamo sia una comunità che sa spendersi per gli altri, annunciando e vivendo la Parola di Gesù: una Chiesa viva non è mai autoreferenziale, perché la fede adulta si dona senza misura. Chi si sa amato dal Signore non esita ad agire tra le piaghe della storia, per mediare con generosità tra le attese degli uomini e la luce del Vangelo. Si coglie qui la grande responsabilità dei laici, chiamati in prima persona a rendere presente il Dio vivente fra gli uomini, aiutando ciascuno a mettersi in gioco in ciò che il Signore gli affida. La Chiesa che amiamo sia una comunità che promuove la giustizia, vivendo l’alleanza con Dio: se vogliamo essere annunciatori credibili del Regno che verrà, dobbiamo impegnarci a far risorgere le esistenze lacerate, le prossimità dilaniate, le fragilità abbrutenti, con la forza dell’amore che viene dall’alto. È così che la comunità ecclesiale si offre come testimone umile ed eloquente della misericordia di Dio per tutte le miserie umane. La Chiesa che amiamo sia una comunità capace di porsi domande vere per leggere la realtà cui si rivolge e offrire risposte credibili: come viviamo il dialogo con il mondo circostante, presupposto e via maestra per qualsiasi evangelizzazione? Per rispondere a questi interrogativi, occorre coniugare l’impegno nella fede con lo slancio generoso sulle frontiere della vita professionale, del dibattito culturale, della promozione del bene comune e della responsabilità civile. Ponendosi così, la Chiesa che amiamo sia una comunità profetica,che alla scuola della Parola di Dio, ascoltata e proclamata, sappia rinnovarele modalità del suo annuncio e dell’educazione alla fede, ricercando un rapporto sempre nuovo con la gente, per essere strumento di un cristianesimo credibile e incisivo nella storia. Le comunità parrocchiali non siano ripiegate nella sola gestione dell’esistente, ma pronte a raggiungere tutti: i lontani, gli indifferenti, quelli fuori dal “giro” o ai margini della società, coloro che vivono in situazioni di degrado sociale e ambientale senza vedere via di uscita, quanti hanno abbandonato la fede per le più disparate motivazioni o non hanno più ragioni per continuare a vivere e sperare. Vuoi contribuire anche tu a costruire una Chiesa che sia comunità profetica attraverso l’ascolto attento della Parola di Dio e dei bisogni degli altri, spendendoti per la giustizia, annunciando con fiducia il Vangelo, cercando di raggiungere con simpatia i lontani?


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    00 18/07/2014 18:29

     5. Una comunità che educa evangelizzando. Da quanto detto si capisce come l’azione educativa della Chiesa sia tutt’uno con il suo servizio al Vangelo e non possa prescindere dall’ambiente e dal momento storico in cui si compie. Mondo e Vangelo, umanità e salvezza in Gesù Cristo, sono i riferimenti dell’agire educativo della comunità ecclesiale, avvertito come impegno primario e irrinunciabile. Annunciare Cristo, vero Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità, unendo fedeltà alla storia e fedeltà all’Eterno. L’educazione è l’identità stessa della Chiesa, che Cristo ha voluto con il preciso scopo di prolungare la sua azione salvifica, dando concretezza nel tempo al compito da Lui affidato: “Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). La missione che ci attende è quella di favorire l’incontro dell’uomo d’oggi con il Dio che è Amore, in un fecondo rapporto tra fede e ragione, così che i credenti possano mostrare a tutti come la proposta cristiana sia via di vera umanizzazione e ben corrisponda all’anelito di verità, di libertà, di giustizia e di pace, presente nel cuore dell’uomo. La responsabilità educativa investe, dunque, direttamente la comunità cristiana, chiamata a ripensare sempre di nuovo il suo stile di evangelizzazione, affinché la fede in Cristo s’incarni nell’attualità e diventi fonte di speranza per tutti. In quest’impegno convinto di educazione a vivere della bellezza di Dio, la Chiesa dovrà testimoniare di essere una comunità felice, ricca della gioia che nasce dalla fede. Felice perché sperimenta e annuncia la tenerezza del Signore e vive la speranza, che non conosce rassegnazione, indifferenza, divisione. Felice perché vive del comandamento dell’amore e del programma di vita del Vangelo, che riconosce nelle beatitudini il manifesto della relazione vera e vivificante con gli altri, per assaporare in profondità l’esistenza umana e gustare l’intimità con Gesù. Riflettiamo, allora, sullo stile delle nostre comunità cristiane:sanno trasmettere la gioia e la bellezza di Cristo? O vivono di una “routine” più o meno stanca e ripetitiva? Come rinnovarle secondo il Vangelo?


                6. La Chiesa del dialogo e della missione. È così che vorrei la Chiesa che amo: sempre più missionaria, non in uno spirito di conquista, che sappia di potere umano, ma in una passione d’amore, in uno slancio di servizio e di dono, che dica a tutti quanto è bello essere discepoli di Gesù! Certo, la Chiesa è e resta un popolo in cammino, pellegrino verso la patria del cielo. Ogni presunzione di essere arrivati va considerata una tentazione: non dobbiamo dimenticare i nostri peccati, le nostre fragilità e paure. Fiduciosi nella tenerezza di Dio, non rinunciamo però a sognare la Chiesa impegnata nella sua continua purificazione e riforma, inappagata da qualsiasi conquista umana, solidale con il povero e con l’oppresso, povera e sobria nel suo stile di vita, amica degli uomini e accogliente per tutti, vigile e critica verso tutte le miopi realizzazioni mondane. Beninteso, questo non significherà disimpegno o annuncio a buon mercato: la vigilanza che ci è chiesta è costosa ed esigente. Si tratta di assumere le speranze umane e di verificarle al vaglio della risurrezione di Cristo, che da una parte sostiene ogni impegno autentico di liberazione dell’uomo, dall’altra contesta ogni assolutizzazione di mete terrene. La patria, che ci fa stranieri e pellegrini in questo mondo, non è sogno che alieni dal reale, ma stimolo all’impegno per la giustizia e per la pace nell’oggi del mondo. Sogno che la Chiesa - nutrita dal pane eucaristico - sia sempre più testimone della gioia e della speranza che non delude, libera e generosa nel suo servizio alla giustizia, promotrice del dialogo e della pace fra gli uomini. Sogno che questa Chiesa dell’amore, una, santa, cattolica e apostolica, sia non di meno aperta al riconoscimento di tutto il patrimonio di grazia e di santità che lo Spirito rende presente nelle tradizioni cristiane, che non sono in piena comunione con lei e con cui deve dialogare, offrendo loro i doni di cui è portatrice e ricevendo da esse la testimonianza del bene, che il Signore opera in loro, in vista del comune annuncio del Vangelo agli uomini. Sogno che questa Chiesa, fedele alla propria origine, avverta l’esigenza del dialogo con Israele, con cui sa di avere un rapporto privilegiato ed esclusivo, perché la fede del popolo eletto è la “santa radice”, su cui l’olivo del cristianesimo è innestato (cf. Rm 11,16‑24), e il popolo della prima alleanza resta avvolto dalla grazia dell’elezione divina. Sogno una Chiesa attiva nel dialogo, tesa a realizzare il progetto divino di unità e di pace per tutti. Se condividi il sogno di questa Chiesa dell’amore, chiediti con me quali scelte e azioni concrete potremmo compiere perché questo sogno diventi realtà.


                7. La Chiesa dell’amore. Infine, nell’epoca del “villaggio globale”, sogno un nuovo incontro fra i credenti delle diverse religioni, con cui la Chiesa si riconosce chiamata al comune servizio all’uomo a favore della giustizia e della pace e alla testimonianza del divino nella storia. Le grandi religioni sono accomunate da una sorta di dovere dell’ascolto, che implica l’apertura radicale del cuore all’Eterno, nella disponibilità a lasciarsi gestire la vita da Lui. Il cristiano non rinuncerà mai ad annunciare con dolcezza e rispetto che Dio si è coinvolto nella storia con l’incarnazione del Verbo e la missione dello Spirito: è questo un annuncio d’amore, che dovrà coniugare la proclamazione del Vangelo, cui tutti hanno diritto, con l’autenticità del dialogo, per far avanzare l’intera famiglia umana verso la pienezza del tempo in cui “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28) e il mondo intero sarà la Sua patria. Questa Chiesa del dialogo e della missione non potrà mai escludere chi non crede e chiunque sia alla ricerca del Volto di Dio: verso costoro avrà anzi un atteggiamento di attenzione e rispetto, mostrando anche così di essere la Chiesa per cui Gesù ha pregato: “Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). È la Chiesa dell’amore, di cui sono chiamati a essere segno umile e profetico i consacrati, dono prezioso per tutta la comunità. È la Chiesa che vedo realizzata in Maria, Vergine Madre del Figlio, che accoglie il dono di Dio e lo dona, pronta sempre a intercedere per noi. È la Chiesa che vorrei costruire insieme a ciascuno di voi con l’aiuto del Signore, cui vi invito a rivolgervi con me nella fiducia dell’intercessione di Gesù, Sommo ed eterno Sacerdote: Dio, Padre nostro, da Te viene la Chiesa, popolo che hai suscitato nel tempo per rendere gli uomini partecipi della vita divina, chiamandoli a celebrare senza fine la lode della Tua gloria. In Te vive la Chiesa, icona dell’eterno amore, comunione nel dialogo e nel servizio della carità, a immagine e somiglianza della Trinità santa. Verso di Te tende la Chiesa, pellegrina della speranza, segno e strumento dell’opera di riconciliazione e di pace del tuo Figlio incarnato, nella forza dello Spirito Santo. Donaci di amare questa Chiesa come Madre nostra nella fede e di volerla Sposa bella del Tuo Cristo, senza macchia né ruga, partecipe e trasparente della vita dell’eterno Amore, per essere luce di salvezza per tutte le genti. Amen!


    + Bruno Forte


    Arcivescovo Metropolita di Chieti-Vasto



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    00 03/11/2014 14:31

    Ma gli uomini sanno davvero cos’è la Chiesa?




    E’ la Chiesa che genera, che è madre. Un messaggio chiaro e diretto a quanti pensano che “la chiesa si deve aggiornare”, “deve stare al passo con i tempi” e altre amenità tipiche da «progressismo adolescenziale»come ha ripetutoancora il Pontefice criticando chi invita a «seguire i valori più accattivanti proposti dalla cultura dominante». Ma Francesco è intervenuto altre volte su questa tentazione (vito-mancusiana, diremmo): «lo spirito della mondanità anche oggi ci porta a questa voglia di essere progressisti, al pensiero unico». E’ «lo spirito del progressismo adolescente», secondo il quale, davanti a qualsiasi scelta, si pensa che sia giusto andare comunque avanti piuttosto che restare fedeli alle proprie tradizioni. «I profeti, in riferimento alla fedeltà, la chiamano adulterio, un popolo adultero. Gesù lo dice: “generazione adultera e malvagia” che negozia una cosa essenziale al proprio essere, la fedeltà al Signore». Adulterio però è anche il tradizionalismo chiuso, quello che antepone le norme e i codici all’avvenimento, che ha paura del futuro.


    Progressisti contro tradizionalisti, alcuni pensano che la Chiesa deve aggiornarsi altri che debba rimanere com’è. Alcuni cercano disperatamente di portare la Chiesa nel XXI secolo, altri vorrebbero che rimanesse nel ventesimo. Alcuni pensano che la Chiesa dovrebbe essere moderna, altri la vogliono d’epoca. Un bell’articolo su “Patheos.com” ha riflettuto sui risultati di un sondaggio sul perché i cattolici smettono di andare a messa. Tre le ragioni principali: 1) Disaccordo con la dottrina della Chiesa sul controllo delle nascite, sul sacerdozio femminile e sull’omosessualità; 2) Troppi scandali interni alla chiesa; 3) Una sensazione di essere giudicati o non accolti.


    Il problema, viene spiegato da padre Dwight Longenecker, un sacerdote cattolico (ex evangelico ed ex anglicano), è «il fraintendimento su ciò che la chiesa è. In primo luogo vediamo ciò che la chiesa NON è: la Chiesa cattolica non è un club sociale in cui ognuno dovrebbe sentirsi affermato. La Chiesa cattolica non è un’organizzazione che nutre gli affamati o ospita i senzatetto. La Chiesa cattolica non è un’associazione di persone simpatiche che vogliono rendere il mondo un posto migliore. La Chiesa cattolica non èuna lobby di cittadini interessati a realizzare la giustizia sociale. La Chiesa cattolica non èun raduno di persone rispettabili che cercano di fare del bene. La Chiesa cattolica non èun gruppo di brave e oneste persone, moralmente rette, che si sostengono l’un l’altro nei loro comportamenti e atteggiamenti corretti. La Chiesa cattolica non è un posto per praticare bene la liturgia, apprezzare l’arte e l’architettura storica e produrre bella musica sacra. La Chiesa cattolica non è un’associazione che preserva antiche pratiche liturgiche, favorisce l’apprezzamento di lingue morte o organizza sfilata di moda dei paramenti liturgici antichi. La Chiesa cattolica non è un gruppo di studio della Bibbia o un gruppo di pressione per elevare gli standard morali tra i giovani, né un gruppo per cambiare gli atteggiamenti della società, o l’impatto economico, o la politica».


    «Naturalmente», precisa, «i cattolici potrebbero fare tutte le attività di cui sopra e molte altre, ma esse non definiscono la Chiesa e quando una di queste attività diventa il motivo per cui si guarda alla Chiesa, ecco che ne deriva subito una delusione nei confronti di essa. La delusione arriva perché le persone si sono fatte delle aspettative sbagliate: pensavano che la Chiesa fosse questo o quello. Il disastro segue poi la delusione perché essendo deluse lasceranno la chiesa e, di solito, inizieranno a colpirlaper non essere quello che non è mai stata destinata ad essere».


    La Chiesa, invece, è solamente il luogo storico in cui la verità di Cristo -l’annuncio della salvezza per ogni uomo- viene trasmessa agli uomini. Questa è l’unica cosa che conta,l’unica cosa di cui l’uomo ha bisogno. Finché la Chiesa resterà incollata all’annuncio cristiano senza cadere nella trappola del progressismo adolescenziale o del tradizionalismo impaurito, allora non sarà mai fuori moda e resterà l’unica istituzione che non si fa piegare, ferma sui veri valori dell’uomo. Un giorno, quando saranno stanchi e assetati, tanti uomini sapranno dove trovare un po’ di acqua fresca.



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    00 31/01/2017 10:51

    A cosa serve la Chiesa? Non bastano i Vangeli?



    Statue of St. Peter, St. Peter's Square, Vatican, RomeEra facile per gli apostoli, avevano Gesù in carne ed ossa. Ma noi oggi? Come facciamo? Questa domanda è importantissima, perché se oggi non potessimo incontrare davvero Gesù e stare con Lui, tutto resterebbe


    Se il Vangelo fosse soltanto il racconto di una storia chiusa duemila anni fa sarebbe solo un “Antico Testamento aggiornato”: una specie di nuova edizione, riveduta e corretta, con insegnamenti più profondi e istruzioni per l’uso più dettagliate. Niente di più. Il vecchio metodo, appunto. inutile. Tutto quello che insegna il cristianesimo resterebbe vero, importantissimo, storicamente rivoluzionario. Ma inutile. Cioè senza peso sulla nostra vita quotidiana. Senza effetti.


    Gesù, invece, ha fatto un’altra cosa. Ci ha dato un modo per seguirlo identico a quello che avevano i discepoli, o quelli che lo hanno visto sulle strade della Palestina duemila anni fa. Lo stesso, identico modo, altrettanto semplice: l’incontro con una realtà umana. Fatta di uomini. Gente che mangia, beve, ride, prega. Gente che si può vedere e toccare. Con cui si può stare insieme. E’ la Chiesa.


    Ma quando nasce la Chiesa? Negli Atti degli apostoli si legge: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati» (At 2, 42-48). Un gruppo di amici che stava insieme per un motivo: Gesù. La Chiesa, in fondo, è sopratutto questo. Un’amicizia, una compagnia di uomini e donna che stanno insieme e vivono in un certo modo. Gesù diventò qualcosa di concreto, di visibile, di toccabile, attraverso di loro, quelle persone. La Chiesa è proprio questo: è il modo che Gesù ha stabilito per rendersi incontrabile anche oggi.


    E’ Lui stesso che l’ha voluta così, anzitutto chiamando gli apostoli e tenendoli con sé tre anni, tutti i giorni, per far loro acquisire quella certezza che a un certo punto fa dire: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,60). Poi, tra loro ha scelto un capo, un punto di riferimento stabile: Pietro. Glielo aveva preannunciato subito, la prima volta che lo aveva visto, quando gli aveva addirittura cambiato nome: «Fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, figlio di Giovanni: ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)”» (Gv 1,42). Pietro, cioè “roccia”. Proprio come doveva essere il carattere di quell’uomo, che in un attimo si è visto descritto fino al fondo di sé, ma ancora non immaginava quale sarebbe stato il suo destino. Poi la scelta divenne esplicita: «Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16, 13-19).


    Il primato di Pietro, cioè l’idea del papato, emerge lì. Ma c’è un altro momento in cui la Chiesa viene già annunciata nella forma che prenderà dopo. «Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi […]. Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato» (Lc 10,1-20). E ancora: Gesù ha istituito l’Eucarestia e i sacramenti, che sono proprio i segni della sua presenza. Ha inviato lo Spirito Santo, che «dà forza alla Chiesa, le dà vita, ne rende certo il cammino», come dice il Catechismo. Per questo la Pentecoste, quando lo Spirito scende sugli apostoli, è l’inizio della Chiesa. Sopratutto, ha assicurato la sua presenza tra di loro: «Dove due o tre si sono riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro» (Mt 18,20). Due o tre, proprio perché la Chiesa si fonda sull’unità tra i fedeli. E poi: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che io vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20). Non dice: “sarà come se ci fossi anch’io”, ma “sono con voi”, sono lì, presente. E’ una presenza vera.


    Ecco, nella Chiesa Gesù c’è veramente. E attraverso la Chiesa si rende incontrabile dall’uomo di tutte le epoche e di tutti i luoghi. La Chiesa, quel gruppo di persone convocate, messe insieme da Gesù attraverso il Battesimo, è il modo in cui Cristo mi fa compagnia oggi, entra nella mia vita ora. E lo fa in carne ed ossa, cioè secondo una realtà umana, qualcosa che posso capire e abbracciare. Proprio come era Gesù: un uomo, qualcuno con cui mangiavano, bevevano, andavano in giro. Non qualcosa da immaginare, ma uno da seguire.


    Se è vero che a un certo punto della storia Dio decide di farsi uomo ed entrare nella storia, e se è vero che il metodo che sceglie per rimanere nella storia e nella vita dell’uomo è la Chiesa, allora da quel momento in poi la strada è segnata«Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato» (Mt 10,40). Per questo san Cipriano, un grande vescovo e martire del III secolo, diceva: «Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa come madre». E’ proprio questo che, di solito, ci dà fastidio della Chiesa: la sua pretesa di essere madre. Cioè maestra di vita. Di voler insegnare (che letteralmente vuol dire “mostrare”) all’uomo la verità. A noi sembra un atto di superbia inconcepibile. E lo sarebbe davvero, sarebbe una pretesa folle se la Chiesa fosse solo una realtà umana, un gruppo di persone che seguono l’insegnamento di Gesù. Lui, Gesù, era un grande uomo, dicono in molti. Ma i preti? E gli altri cattolici? Sono uomini come me, sbagliano come me. A volte, di più. Che titolo hanno per insegnarmi qualcosa? Non possono essermi maestri.


    Solo che facendo così non si prende la Chiesa per quello che dice di essere: la prosecuzione di Gesù nella storia. Bisogna distinguere tra Chi la fa essere (Dio) e chi la compone (l’umano), la Chiesa è santa e peccatrice insieme. Ma la santità arriva tutta da Dio. E il fatto che passi attraverso l’umano, attraverso persone che sbagliano e peccano, paradossalmente è una conferma ulteriore di questa grandezza. La Chiesa pretende di essere madre perché mostra la stessa cosa che mostrava Gesù, e mostrandola la rende possibile: un metodo, una strada, per essere se stessi. Per non dimenticare nulla di sé. Il famoso centuplo. E la strada, la via, è Cristo stesso. La Chiesa tramanda questa possibilità nella storia. Così che da Pietro e gli apostoli la fede è passata a quelli che li incontravano, e poi ad altri e ad altri ancora nella storia. Fino ad arrivare a me e a te, oggi. Questo fenomeno si chiama “tradizione”. Accade attraverso uomini, ma è salvaguardia di un fattore divino: lo Spirito Santo. E a custodirla ci sono i pastori: i vescovi e, sopratutto, il Papa, che lo Spirito Santo assiste in maniera particolare.


     


    di Davide Perillo, tratto da La fede spiegata a mio figlio (Piemme 2007, p. 91-100)
     


    [Modificato da Credente 31/01/2017 10:52]