00 15/06/2014 18:20
XV. La vera verginità si vede in tutto ciò che si fa

Se abbiamo compreso l'eccellenza di questa grazia, dobbiamo renderci conto anche delle sue conseguenze: questa virtù non è così semplice come si potrebbe credere, né si ferma ai corpi, ma giunge dappertutto e grazie alla sua versatilità permea di sé tutte quelle che sono e vengono ritenute le perfezioni dell'anima. L'anima che grazie alla verginità si unisce al vero sposo non solo si tiene lontana dalle sozzure materiali ma, dopo avere dato avvio in tal modo alla propria purezza, si comporta in ogni circostanza in maniera simile e con uguale fiducia, nel timore di accogliere in sé la passione per l'adulterio nella misura in cui il suo cuore si mostra incline più del dovuto alla partecipazione al vizio. Per ritornare sull'argomento, ricorderò questo: l'anima che si unisce al Signore in modo da diventare assieme a Lui un unico spirito e che decide di amarlo con tutto il cuore e con tutte le forze facendo di quest'amore la norma costante della sua vita, non si dà più alla fornicazione per non diventare un tutt'uno con essa e non ammette in sé neppure gli altri vizi che sono di ostacolo alla salvezza, giacché la contaminazione è sempre la stessa, quali che siano i vizi: se è sporcata da uno di essi, l'anima non può più possedere la sua purezza immacolata.
Quanto io dico può essere illustrato con un esempio. L'acqua di uno stagno resta calma ed immobile se nessun turbamento proveniente dall'esterno agita la sua tranquillità; se però vi cade una pietra gettata da qualche parte, essa si muove tutta in cerchi concentrici, e si producono delle onde, determinate dallo scuotimento locale; mentre la pietra va a fondo a causa del suo peso, le onde si producono in cerchio attorno ad essa l'una dopo l'altra e vengono spinte verso le estremità dello specchio d'acqua dal movimento verificatosi al suo centro: in tal modo, tutta la superficie dello stagno si agita, risentendo di ciò che è avvenuto in profondità. Analogamente, basta il sopravvenire di una sola passione a scuotere la tranquillità assoluta dell'anima, che risente del danno subito da una sua parte. Dicono gli esperti in materia che le virtù non sono separate le une dalle altre e che non è possibile possedere in modo perfetto una virtù se non si possiedono le altre invece, nella persona in cui è presente una virtù entrano fatalmente al suo seguito anche le altre. Così pure, nel campo contrario un danno che colpisce una nostra parte si estende a tutta la vita virtuosa; è proprio vero, come dice l'apostolo, che il tutto si adegua alla parte: se un membro soffre, tutto il corpo soffre con esso, mentre se è glorificato tutto il corpo gioisce.

XVI. Tutte le occasioni di abbandono della virtù presentano un uguale pericolo

Infinite sono durante la nostra vita le deviazioni verso i peccati, ed in vari modi le Scritture alludono al loro gran numero. «Molti - vien detto - sono coloro che mi perseguitano e mi tormentano», «molti sono coloro che mi combattono dall'alto», e così via. Si può forse dire a buon diritto che molti sono gli adulteri che tendono insidie allo scopo di contaminare «questo matrimonio veramente prezioso e questo talamo immacolato»; e se è necessario enumerarli chiamandoli per nome, va ricordato che adultera è l'ira, adultera è l'avidità, adulteri sono l'invidia, il rancore, l'inimicizia, la denigrazione, l'odio, e che l'elenco fatto dall'apostolo di tutti i vizi «contrari al sano insegnamento»» è un'enumerazione di adulteri. Supponiamo che una donna bella e desiderabile venga concessa in sposa ad un re per queste sue qualità, e che degli uomini intemperanti la insidino per la sua bellezza. Costei, finché reagisce contro tutti coloro che si mostrano premurosi nei suoi riguardi per corromperla accusandoli di fronte al suo sposo legittimo, è onesta e pensa al suo sposo; in tal caso, gl'inganni degl'intemperanti non hanno alcuna presa su di lei. Se invece dà retta anche ad uno solo di coloro che l'insidiano, la sua castità nei riguardi degli altri non la esime dalla condanna: perché venga condannata, basta infatti che il talamo sia contaminato da un solo uomo. Così l'anima che vive per Dio non si lascia sedurre da nessuna delle cose che le vengono presentate come belle con l'inganno: se, vittima di una passione, accetta di contaminare il suo cuore, anche lei infrange il principio giuridico del matrimonio spirituale. Come dice la Scrittura, «nell'anima orditrice di mali non entra la sapienza»: ciò significa in realtà che il buono sposo non può entrare nell'anima che è dedita all'ira, che ama la denigrazione o che ospita in sé altri simili vizi.
Quale accorgimento potrà mai conciliare tra loro le cose che per natura sono estranee l'una all'altra e che non possono combinarsi insieme? Ascolta l'apostolo quando insegna che «non esiste nessun rapporto tra la luce e le tenebre» o «tra la giustizia e l'illegalità»: per dirla in breve, non esiste nessun rapporto tra tutto ciò che è il Signore quando è pensato e chiamato secondo le varie proprietà che si vedono in lui e tutte le proprietà contrarie che si possono pensare presenti nel vizio. Se è impossibile un rapporto tra le cose che per natura non si possono mescolare tra loro, l'anima prigioniera di un vizio è assolutamente estranea al bene e non gli consente di soggiornare in lei. Qual è dunque l'insegnamento che se ne può ricavare? La vergine casta ed assennata deve allontanarsi da ogni pensiero capace di toccare in qualsiasi modo la sua anima, e conservarsi pura per lo sposo che si è unito a lei secondo la legge, «rimanendo libera da macchie, grinze ed altre simili cose». Una sola è la strada diritta, veramente stretta e piena di triboli, che non ammette deviazioni né in un senso né in un altro: qualsiasi allontanamento da essa comporta un uguale pericolo di cadute.

XVII. E’ imperfetto nei riguardi del bene chi è difettoso anche in una sola delle pratiche virtuose

Se le cose stanno così, bisogna correggere per quanto è possibile le abitudini più in voga: coloro che pur reagendo con vigore contro i piaceri più turpi ricercano il piacere per altre vie, come ad esempio negli onori e nel desiderio di comandare, si comportano pressappoco come il domestico che, desiderando la libertà, non cerca di liberarsi dalla servitù ma si limita a cambiare i suoi padroni, confondendo questo scambio con la libertà. Anche se non hanno gli stessi padroni, costoro sono tutti schiavi in uguale misura, finché c'è qualcuno che li domina e li comanda esercitando su di loro il suo potere. Vi sono poi altri che, dopo una lunga lotta contro i piaceri, diventano non si sa come facile preda della passione opposta: vivendo in modo scrupolosamente severo, si lasciano subito prendere dai dolori, dalle irritazioni, dai rancori, e da tutti gli altri vizi che sono opposti all'edonismo, e ben difficilmente riescono a liberarsene. Ciò avviene, quando il corso della vita è guidato non dalla norma della virtù, ma da qualche passione.
Eppure, come dice la Scrittura, il comandamento del Signore è così chiaro da illuminare anche gli occhi dei bambini: esso afferma che il bene consiste nel tenersi attaccati soltanto a Dio. E Dio non è né dolore né piacere né viltà né temerarietà né paura né ira né una di quelle passioni che dominano l'anima priva di disciplina, ma, come dice l'apostolo, è la sapienza stessa, la santificazione, la verità, la gioia, la pace e tutte le altre cose simili a queste. Chi è dominato dalle passioni contrarie come può unirsi a chi è tutto questo? O come non è assurdo che colui che cerca di non essere preda di una determinata passione scambi per virtù il suo opposto? Ciò avviene quando, per sfuggire al piacere, si diventa schiavi del dolore, quando per evitare la temerarietà e la sconsideratezza si mortifica l'anima con la viltà, e quando, nell'intento di non cadere prigionieri dell'ira, si rimane sbigottiti per la paura. Quale differenza comportano i vari modi in cui ci si allontana dalla virtù o, per meglio dire, si abbandona Dio, che è la virtù perfetta? Anche nel caso delle malattie del corpo, non si può dire che agiscono mali diversi quando si è distrutti da un difetto eccessivo o da una sovrabbondanza smisurata, giacché in entrambi i casi la mancanza di misura porta allo stesso sbocco. Chiunque si preoccupa di vivere secondo l'anima e cerca la salute, sta attento a rimanere nel punto di mezzo rappresentato dalla mancanza di passioni, senza mescolarsi od avere rapporti con i vizi contrari che da entrambe le parti affiancano la virtù. A dire tutto questo non sono io, ma è la stessa voce divina. Si può infatti ascoltare chiaramente l'insegnamento del Signore, là dove egli raccomanda ai suoi discepoli - simili ad agnelli che vivono in mezzo ai lupi - di non essere soltanto colombe, ma di avere nel loro carattere anche qualcosa del serpente. Ciò significa che non si deve coltivare fino all'eccesso quella semplicità che sembra lodevole agli uomini, giacché tale atteggiamento rassomiglierebbe alla più grande stoltezza; e che non si deve scambiare per una virtù priva dei contrari ed assolutamente pura quell'abilità e malizia che è lodata da molti: sulla base di quelli che sembrano i contrari, occorre formare un carattere in cui siano mescolati entrambi gli elementi, eliminando dall'uno la stoltezza e dall'altro la scaltrezza che si manifesta nella malvagità. In tal modo, entrambi gli opposti concorrono a formare un unico bel modo di agire, risultante dalla semplicità di mente e dalla perspicacia. «Diventate - dice il Signore - prudenti come i serpenti e semplici come le colombe».