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XI. Come si può giungere a concepire la vera bellezza.

A causa di questa nostra insufficienza dobbiamo in qualche modo guidare il nostro pensiero verso l’invisibile servendoci di ciò che è conosciuto alle sensazioni. Potremmo arrivare a concepirlo nel modo seguente. Coloro che considerano le cose in maniera superficiale e prescindendo dall’intelligenza, quando vedono presentarsi un uomo o un qualsiasi altro oggetto, si danno pensiero solo di ciò che vedono: la sola vista della mole del corpo basta a far credere loro di conoscere l’uomo in modo completo. Chi invece guarda con l’anima ed ha imparato a non affidare ai soli occhi l’osservazione delle cose, non si ferma alle apparenze né considera come non esistente ciò che non vede, ma pensa alla natura dell'anima dell'uomo ed esamina sia nel loro insieme che singolarmente le qualità che appaiono nel suo corpo; con il suo ragionamento le separa le une dalle altre e considera quindi il modo in cui esse concorrono e contribuiscono insieme alla formazione del soggetto. Lo stesso accade nella ricerca del bello: chi è meno intelligente, alla vista di una cosa che ha un'apparenza di bellezza è portato dalla propria natura a pensare che sia bello ciò che attira le sensazioni tramite il piacere, e non si preoccupa d'altro; chi ha invece l'occhio dell'anima più puro ed è in grado di guardare le realtà più alte, lascia andare la materia che si trova sotto l'idea del bello e si serve di ciò che vede come di un punto di partenza per giungere alla contemplazione della bellezza intelligibile, partecipando della quale ogni altra cosa diventa ed è chiamata bella.
Poiché quasi tutti gli uomini viventi nutrono dei pensieri così grossolani, a mio parere riesce loro difficile pensare alla natura del bello assoluto separando con un taglio netto, mediante il loro ragionamento, la materia dalla bellezza che contemplano. Se poi si vuole esaminare con attenzione la causa delle supposizioni errate e perverse, non credo di poterne trovare una diversa dal fatto che «le facoltà sensoriali della nostra anima non sono ben esercitate nel riconoscimento del bello e del brutto». Per questo gli uomini si allontanano dalla ricerca del vero bene: alcuni scivolano verso l'amore carnale, altri rivolgono i loro desideri verso le ricchezze inanimate ed immateriali, altri fanno consistere il bello negli onori, nella fama e nella potenza, altri si stupiscono di fronte alle arti ed alle scienze; altri infine, più abietti di costoro adottano la gola ed il ventre come criteri per giudicare il bene. Se, lasciati i pensieri materiali e le affezioni per le apparenze, cercassero la natura semplice, immateriale e senza forma del bello, non commetterebbero errori nella scelta delle cose desiderabili né si lascerebbero fuorviare da quest'inganno fino al punto da non giungere a disprezzare tali cose considerando il carattere effimero dei loro piaceri.
Questa dovrebbe essere dunque per noi la strada che conduce alla scoperta del bello: lasciate da parte come vili ed effimere le cose che attirano i desideri degli uomini in quanto sono ritenute belle e di conseguenza anche degne di essere ambite ed accettate, non dobbiamo disperdere in nessuna di esse la nostra facoltà concupiscibile, né tenerla chiusa in noi e costringerla a restare inerte ed immobile; al contrario, una volta che l'abbiamo purificata dall'affezione per le cose meschine, dobbiamo condurla là dove non giungono le sensazioni. In tal modo essa non ammirerà più né la bellezza del cielo né gli splendori degli astri né alcun'altra delle cose che sembrano belle, ma si lascerà guidare dalla bellezza che si contempla in esse fino al desiderio di quella bellezza «la cui gloria è celebrata dai cieli e la cui conoscenza è annunziata dal firmamento e da ogni creatura». Così l'anima, salendo in alto e lasciando dietro di sé in quanto inferiore all'oggetto cercato tutto ciò che è percepibile, può giungere a concepire «quella sublimità che si eleva al di sopra dei cieli».
Ma chi si preoccupa delle cose meschine, come può raggiungere quelle più alte? Come si può volare verso il cielo se non si è muniti delle ali celesti e se non ci si solleva verso le regioni superiori con l'aiuto di una condotta di vita più elevata? Chi sta così al di fuori dei misteri evangelici da ignorare che esiste per l'anima umana un solo veicolo capace di farla viaggiare verso i cieli, il rendersi simili nell'aspetto alla colomba che scese giù, e le cui ali furono desiderate anche dal profeta David? In questo modo enigmatico la Scrittura è solita alludere alla potenza dello Spirito, o perché quest'uccello non ha bile, o perché è nemico dei cattivi odori, come dicono coloro che l'hanno osservato. Chi dunque abbandona ogni amarezza ed ogni lezzo carnale e si eleva al di sopra di tutte le cose meschine e basse; chi, per meglio dire, s'innalza al disopra di tutto il mondo grazie all'ala di cui si è parlato, è in grado di trovare l'unico oggetto degno di desiderio e di diventare anch'egli bello una volta che si è avvicinato al bello: divenuto risplendente e luminoso in questa bellezza, continuerà a rimanere partecipe della vera luce. Dicono gli esperti che gli splendori che spesso appaiono di notte nell'aria e che alcuni chiamano stelle cadenti altro non sono che dell'aria che si riversa nelle regioni eteree sotto la spinta di certi venti: secondo loro, quest'impulso igneo si imprime nel cielo allorché il vento s'infiamma nell'etere. Come l'aria che si trova attorno alla terra sollevata dalla forza del vento diventa luminosa, giacché è trasformata dalla purezza dell'etere, così anche la mente umana, abbandonata questa vita sudicia e squallida, diventa pura e luminosa grazie alla potenza dello spirito, si unisce alla purezza vera e sublime, risplende in un certo senso in essa, si riempie di raggi e diventa luce secondo la promessa del Signore che annunziò che i giusti sarebbero stati splendenti come il sole. Vediamo che ciò si verifica anche sulla terra in presenza di uno specchio d'acqua o di altra superficie capace di risplendere per la sua levigatezza. Una superficie di tal genere, quando riceve il raggio solare, produce e fa uscire da sé un altro raggio; non potrebbe farlo, se la sua purezza ed il suo splendore fossero offuscati dalla sporcizia. Se noi ci eleviamo lasciando la tenebra terrestre e ci avviciniamo alla vera luce di Cristo, possiamo diventare luminosi in queste regioni superiori; e se «la vera luce che risplende anche nelle tenebre» giunge anche a noi, anche noi siamo luce, come dice il Signore ai suoi discepoli in un passo del Vangelo; c'è solo il rischio che la sporcizia prodotta dal vizio, crescendo nel cuore, indebolisca la grazia della nostra luce.
Mediante questi esempi il nostro discorso ci ha forse messo in grado piano piano di pensare a come trasformarci in ciò che è superiore a noi; abbiamo mostrato che non si può unire l'anima al Dio incorruttibile se essa non diventa il più possibile pura mediante l'incorruttibilità in modo da comprendere il simile con il simile, se non si offre come uno specchio riflettente alla purezza di Dio e se non forma la propria bellezza partecipando della bellezza originaria e riflettendola. Chi è capace di abbandonare tutte le cose umane, siano esse i corpi, le ricchezze, le occupazioni che si riferiscono alla scienza o alle arti o tutto ciò che i costumi e le leggi ritengono buono (il giudizio sul bello erra infatti proprio quando si adotta come criterio la sensazione), prova amore e desiderio solo nei confronti di quell'oggetto che non ha ricevuto da altri la propria bellezza e che è bello non in rapporto ad un'altra cosa ma di per sé, grazie a sé ed in sé, in quanto è costantemente bello: esso non diventa bello in un certo momento per non esserlo più in un altro, ma rimane sempre nello stesso stato, al di sopra qualsiasi aggiunta ed accrescimento, senza essere oggetto ad alcun cambiamento ed alterazione.
Oso dunque dire che a colui che ha purificato «da ogni specie di vizio» tutte le facoltà della propria anima si rivela l'oggetto che è bello unicamente grazie alla sua natura e che è la causa di ogni bellezza e di ogni bene. Come l'occhio liberato dalla cispa vede splendere ciò che si trova nell'aria, così l'anima, grazie alla purezza, possiede la facoltà di pensare quella luce: la vera verginità e la ricerca dell'incorruttibilità perseguono lo scopo della visione di Dio, che è resa possibile proprio da esse. Nessuno ha la mente così cieca, da non capire da sé che l'oggetto che è bello, buono e puro in modo vero, originario unico è il Dio di tutte le cose.