00 04/07/2014 21:54
Ogni universo manifesta Dio, è un’epifania delle infinite potenzialità di Dio.
Tutte verranno manifestate, in quanto, nell’infinito, ogni possibilità dovrà avere atto: in Dio atto e potenza coincidono.
Dunque io non posso dare un giudizio morale di un certo universo che ha il solo compito di dare vita ad una delle infinite potenzialità di Dio.

Il giudizio morale deriva da come si pone l’uomo di fronte a certe possibilità che vengono attualizzate. Deriva cioè dal modo con cui interpreta questi eventi e dalle conseguenze che produce a seguito della sua interpretazione.
Se l’uomo ha un atteggiamento aggressivo, distruttivo del prossimo, allora noi lo qualifichiamo come male perché produce più caos che ordine, più morte che vita nuova.
Se invece l’uomo ha un atteggiamento di accettazione degli eventi che lo interessano, di ringraziamento nei confronti del Creatore che lo ha posto in quegli eventi, allora ciò produrrà il bene in quanto la stessa morte, una volta che venga accettata come momento di sintesi della propria vita, si convertirà in vita eterna.
I due atteggiamenti sono entrambi nella libertà dell’uomo che può scegliere di dare maggiore o minore atto nel suo universo alla potenza infinita di Dio.

Il diavolo, da etimologia, è proprio la personificazione di quella tendenza a distorcere a proprio esclusivo vantaggio gli eventi, a volerli ribaltare (dal greco diaballein) a proprio favore. Personifica l’egoismo miope che porta a voler distruggere il prossimo come nemico.

Sia ben inteso: la morte e la distruzione non sono un male in se stesse, sono la semplice soluzione che viene data ad una contraddizione quando diventa insanabile. È il modo con cui si affronta questa soluzione che ne fa un male o un’occasione per tornare a Dio, al bene.

Non credo che sia necessario citare passaggi precisi dei pensatori cattolici con cui qualificano l’universo come epifania, manifestazione di Dio, ma, se insisti, te le cercherò puntualmente.
Ogni universo ha il ruolo di manifestare dei modi di Dio: sta a noi, grazie all’imitazione di Cristo, grazie alla sua sequela, fare in modo che, nel nostro universo, prevalga la produzione di sempre nuovi modi piuttosto che la distruzione e la chiusura dello stesso come entità in grado di dare il maggior spazio possibile a Dio, ai suoi modi. Questa chiusura alle possibilità del nostro universo, infatti, non le preclude certo a Dio, ma solo a noi in quanto collocati nel nostro universo. Dio le recupererà in qualche altro universo, in capo ad altri soggetti, individui.

Arduo è il compito del cristiano: riuscire a trovare Cristo in infinite situazioni sempre diverse tra loro.
Ma, per far fronte a questo arduo compito è sufficiente ascoltare il messaggio evangelico: ama il prossimo tuo come te stesso, sii cioè pronto a sacrificarti per il prossimo, ad accettare ogni possibile situazione come dono di Dio.
Non è certo irrigidendosi su leggi morali del passato che possiamo pensare di riuscire ad esercitare anche nel futuro questo compito, ma soltanto ispirandoci a Cristo, il cui ruolo di rottura con il passato è innegabile, tanto che ha dovuto subire la condanna dei suoi contemporanei solo per averli invitati a trovare la via del cuore anzicché quella della legge.

Dio è la sostanza, la potenza infinita.
Gli universi, e noi con loro, siamo solo un atto, un modo, una delle forme di Dio, la sua epifania contingente, particolare, non certo il Dio completo.
Fino a quando si fa confusione fra questi due aspetti non si capisce il ruolo degli universi nel dare atto all’infinita potenza di Dio.
La morte di un universo, di ogni entità, serve per dare atto, per dare spazio, ad un altro universo, ad un’altra epifania che, se quella vecchia continuasse a vivere, non potrebbe avere atto, spazio.

Saluti e a presto.