00 29/06/2014 15:50
Innanzitutto: quando io dico che sei più concentrato sull’uomo terreno non voglio assolutamente sminuire la tua missione.
Il fatto stesso che curi questo sito conferma le tue buone intenzioni nei confronti del prossimo, che può trovare nel sito ottimi stimoli a migliorarsi e ad avvicinarsi al messaggio evangelico.
Tutto ciò io lo rispetto e lo riconosco: fin troppo, tanto che attribuisco a questa tua tensione educatrice una certa ritrosia a vedere l’uomo eterno, quello redento.
È chiaro che i sacramenti, la Chiesa, il catechismo, tutto ciò serve ad aiutare l’uomo a trovare la sua Redenzione a Cristo. Sorvolo sulla tua allusione che a mio avviso la venuta di Cristo sarebbe inutile per un uomo che è già Dio.

Forse non mi sono ben spiegato: la natura dell’uomo è duplice, in parte terrena, in parte divina. La presa di coscienza del suo ruolo nell’universo, dove deve dar pieno spazio al concetto di libertà per maggior gloria di Dio, è un passaggio tutto interno al soggetto, ma tale da renderlo partecipe della natura divina, immortale ed eterna.
Il sacrificio di Cristo è un passaggio indispensabile per questa presa di coscienza, e ci salva dal peccato. Ci responsabilizza rispetto al resto della natura che si muove in senso deterministico, necessario, non libero.

Purtroppo però la vita dell’uomo, ogni vita, anche quella più impeccabile, porta sempre i segni della carne e del peccato: mi sono quindi chiesto: se la vita terrena che abbiamo trascorso costituisce la nostra individualità, il nostro soggetto, allora come potrebbe salvarsi in eterno integralmente, ovvero, comprendendo anche i peccati e le mancanze?
Mi si risponderà: grazie al pentimento sincero il peccato è cancellato.
Ma se quell’atto peccaminoso è male, non potrà salvarsi in eterno, con ciò condannando anche l’intera nostra soggettività: deve esistere allora sempre una possibilità di reinterpretare la nostra vita in senso positivo, buono, anche nei suoi atti peggiori: alla radice deve esserci sempre il bene. Altrimenti non c’è salvezza ma dannazione (o il nulla consistente nell’assenza dell’illuminazione della luce di Dio)
Il pentimento è possibile solo se si spinge ad un’analisi che sia in grado di giustificare l’atto malvagio in qualche modo, altrimenti non è pentimento ma furbizia.

Come vedi probabilmente io, da una parte sono più rigoroso nel definire oggettivamente il peccato (ogni spreco, in un certo senso, è un peccato) ma dall’altra devo essere allora molto più indulgente nell’attribuire un certo peccato oggettivo alla pura e semplice libertà dell’uomo.

Più che di soggetti pronti al pentimento c’è bisogno di soggetti pronti a giustificarsi, lavorando su se stessi anche e soprattutto grazie al messaggio evangelico e agli strumenti del catechismo: solo così potranno aspirare alla vita eterna.

Ti saluto e alla prossima.