00 22/06/2014 16:51
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” Gv 6, 51
Nel Vangelo secondo Giovanni abbiamo messi a fuoco i due aspetti di Gesù: da una parte quello del verbo ovvero, del logos che dovrebbe permetterci di avvicinarci all’armonia divina, ripristinando l’unità in Dio e dall’altra parte quello del donarsi agli altri, del farsi cibo per gli altri come unica soluzione per trovare un’armonia più complessiva che tenda ad un corpo che sia oltre il nostro mero soggetto, oltre la nostra mera individualità, che sia il corpo mistico di Cristo.

Ho citato il passaggio centrale della messa di oggi, giorno in cui si festeggia il Corpus Domini.

Penso che non vi sia migliore occasione per mettere l’accento sulla polarizzazione che si realizza con il passaggio dalla monade divina al molteplice del mondo spaziotemporale che ci circonda.
La polarizzazione è fra:
- Il bello
- Il bene

Il bello realizza l’armonia, il verbo divino, in ogni frammento del molteplice, riuscendo a massimizzare le sue potenzialità grazie alla corretta attribuzione di senso ad ognuna delle sue funzionalità.
Il soggetto impostato sulla ricerca del Bello si incentra quindi sulla volontà di potenza e aspira a minimizzare gli aggiustamenti a ciò necessari: possiamo dire che si ispiri alla nolontà di atto.
Trattasi dello stoico, dell’asceta, di ogni individuo che cerca di massimizzare la propria efficienza interna e di minimizzare la propria dipendenza dall’esterno.

Ma, per quanto si sforzi, nessuno riesce a realizzare l’obiettivo del Bello in pieno: prima o poi ogni cosa è soggetta al declino e destinata a morire.
Ecco allora che al posto del logos l’attenzione va concentrata sulla carne: come trovare una via di uscita alla sua decadenza? Negandola come sede delle potenzialità divine e destinando ogni suo atto agli altri. La struttura perfetta realizzata con la tensione verso il Bello va negata e sacrificata per il prossimo, va in un certo senso realizzata per essere usata irreversibilmente.
Trattasi della via del Bene, dell’Amore.
Il soggetto che persegue il bene si muove spinto dalla nolontà di potenza e dalla volontà dell’atto, ovvero, sente di dover agire e lo fa al di la di ogni calcolo logico ed efficientistico.

Una volta che ciascuno di noi sia riuscito a polarizzare la propria vita in questi due termini, in fasi di perseguimento del Bello alternate a fasi di perseguimento del Bene, ecco che allora potrà realizzarsi la fusione dei due poli, il Bello ed il Bene, e si otterrà:

volontà + nolontà dell’atto e volontà + nolontà di potenza

ovvero, elidendosi volontà e nolontà, si otterrà di nuovo Atto e Potenza di nuovo parificati nella propria vita, che, così, potrà veramente dire di aver attualizzato ogni sua potenzialità.
Vivere nutrendosi di Cristo diventa allora, a mio avviso, vivere realizzando nella propria vita sia il Bello che il Bene: solo se vissuta ispirandosi al Bello ed al Bene la nostra vita entra nella sequela di Cristo e adempie al compito di dare concretezza alla coincidenza di atto e potenza che si realizza in Dio.
In questi termini, riletta secondo la chiave di lettura che ci da il vangelo di Giovanni, la nostra vita può diventare vita eterna, può essere illuminata dalla luce divina, può essere riconosciuta in armonia con la Trinità.

Mi sembrava doveroso, visto la ricorrenza odierna, fissare una chiave interpretativa del rito Eucaristico che possa individuare la specificità del contributo cristiano alla visione ellenica dell’essere, soprattutto dando dei concreti elementi per realizzare il secondo polo, quello del Bene, che nell’antichità non era così ben inteso, così ben delineato.

Occorreva la discesa del Dio in terra per consentirci di realizzare la quadratura fra Bello e Bene nella sintesi sia nel corpo di Cristo che nello Spirito Santo sulla via della redenzione a Dio Padre.

Un caro saluto e buona Domenica a tutti.