00 26/06/2014 22:00
Penso che i motivi di contrasto fra noi siano semplicemente legati ad una diversa attenzione sulle fasi della nostra vita cristiana: tu vedi solo l’uomo terreno, io mi concentro su quello eterno.

Mi spiego meglio: io non penso che tu neghi che vi sia la possibilità, dopo la morte, e dopo una vita di carità e di fede profonda, di entrare a far parte dell’eternità di Dio, di tornare a Dio, alla sua perfezione.

Io, semplicemente, posto che vi sai stata questa vita esemplare, cerco di figurarmi come gli attimi vissuti, in cui non eravamo ancora parte di Dio, ma creature peccaminose, possano assurgere ad attimi di vita eterna, possano cioè essere illuminati dalla luce di Dio ed essere conservati in eterno come veri e propri modi di Cristo, purificati della loro peccaminosità in virtù della nostra fede e dell’averli noi stessi offerti a Dio come momenti sacrificali destinati ad una sua maggiore gloria.

Con la morte fisica la nostra storicità si interrompe e la nostra individualità non può più compiere nuovi atti a lei attribuibili: per questo penso che la resurrezione debba essere vista come una specie di rivisitazione della nostra vita che, in qualche modo, separi il buono dal cattivo e salvi solo il buono: solo se la nostra Fede è sempre stata salda potremo sperare che questa “purificazione” ci mantenga uguali a noi stessi anche nella prospettiva eterna, ovvero, conservi la nostra individualità.

Per ora non voglio aggiungere altro, e ti saluto caramente: i miei toni pacati derivano dal fatto che, a mio avviso, anche se tu la pensi diversamente, non siamo su piani così in disaccordo: si tratta solo di intendersi.