00 10/05/2014 09:28
Devo dire che la parabole che tu hai citato è molto esemplare e su di essa ho avuto modo di riflettere spesso. Il Papa ne ha anche parlato in una delle sue prime omelie.
Io non ci vedo del tutto una legge del contrappasso che punisce il ricco e premia il povero. Quello che è mancato nel ricco Epulone è stato di riconoscere in Lazzaro un modo di realizzare l’armonia divina pari a quello che aveva realizzato lui.
Non vi deve essere differenza: entrambi sono modi di realizzare quell’armonia. Solo che Lazzaro è riuscito ad amare il modo di Epulone senza tuttavia arrivare all’invidia, laddove Epulone non ha in alcun modo apprezzato il modo di Lazzaro, ritenendo il suo sicuramente il più armonico. Si è lasciato accecare dai beni terreni, dalla quantità, senza riconoscere che qualitativamente era uguale a Lazzaro, con la stessa missione di realizzare una vita beata che aveva anche Lazzaro .
La parabola può senz’altro prestarsi ad invitare la gente ad amare il prossimo, a fare la carità, a realizzare un benessere sociale diffuso. Questo senz’altro! Ma, a mio avviso, il precetto cristiano deve essere letto nella sua completezza: ama il prossimo tuo come te stesso.
E mi spiego: se Epulone avesse fatto la carità a Lazzaro non avrebbe fatto altro che sancire la sua presunta superiorità rispetto a Lazzaro. Con il suo gesto avrebbe eletto il suo modo di vita, basato sul lusso e sul godimento materiale, ad unico modo di vita armonico, rispettoso delle leggi del Signore che mira sempre a realizzare in noi la sua beatitudine eterna. Ma così non può essere.
Ognuno di noi realizza a modo suo quell’armonia.
Certamente occorre che sia garantito da vivere a tutti, in modo da creare le premesse per una libera scelta su come realizzare quell’armonia. Ma talvolta le condizioni di indigenza sono addirittura più favorevoli ad una riflessione sulla molteplicità dei modi con cui ciascuno di noi può realizzare quella scintilla divina che si porta dentro e che è alla base della sua vita eterna.
Ecco dunque cosa è mancato a Epulone e che giustifica la legge del contrappasso: l’apertura mentale, il concepire che anche Lazzaro poteva realizzare quell’armonia divina, quella beatitudine che lui vedeva solo nel godimento e nella ricchezza. Ed ecco anche perché la sua pena potrebbe non essere eterna: la possibilità di presa di coscienza dopo la morte non possiamo escluderla a priori, e ciò lo porterebbe a vivere il modo di Lazzaro, questo si, ma come modo di beatitudine eterna alla pari del suo.
Il modo corretto di amare il prossimo, come Gesù ci ha insegnato, è: come se stessi, come una creatura che realizza il divino al pari di noi ma in un’altra maniera che, talvolta, ci rimane nascosta, imperscrutabile.
È sbagliato sia amarla perché ha troppo sia amarla perché ha troppo poco: nel primo caso si pecca di invidia con le conseguenze cui può portare; nel secondo caso di orgoglio: per questo Gesù diceva che non bisogna vantarsi delle proprie donazioni, dei propri atti di bene, ma farli di nascosto.
L’ estrema simmetria logica di questa posizione, che possiamo riconoscere anche in diversi passaggi del Padre Nostro (come in Cielo così in Terra; rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori) non può che farmi pensare ad un ideale di “sentire neutrale” che è un concetto tanto caro a Mario Perniola e che lui attribuisce in toto al sentire rituale della religiosità cattolica.
Ed è un peccato che questa, che è l’essenza del cattolicesimo, venga spesso oscurata da tentazioni secolari come il benessere per tutti con la conseguenza di tacciare la Chiesa stessa di peccati non suoi: i suoi beni dovrebbero essere dati ai poveri, il clero è corrotto dall’agiatezza, ecc.ecc.: temi che teologi come Mancuso cavalcano facilmente con danni spesso irreparabili nei confronti dell’autentico sentimento cattolico che tende ad annacquarsi, ad appiattirsi su concezioni che esulano dalla sua dimensione squisitamente religiosa e rituale.
Dalle tue risposte mi sembra che ancora su questo punto ci troviamo un po’ distanti: vedo che tu ancora fai riferimento ad un ideale di vita troppo specifico cui tutti avrebbero diritto; si rischia così di fare lo stesso errore eurocentrico di Mancuso, e questa è la strada che ci fa giudicare come male presente nel mondo laddove questo ideale non si è potuto realizzare.
Le vie del Signore, della redenzione, sono infinite: esistiamo apposta per realizzarle e, nell’infinità dei mondi terreni che si realizzeranno, ognuna avrà il suo spazio specifico. Solo questa presa di coscienza potrà salvarci in eterno in una prospettiva di vita (eterna) che ci raccordi con tutte le altre che hanno fatto lo stesso percorso di presa di coscienza su di loro.
Questa è la mia conclusione con tutte le conseguenze etiche connesse su cui possiamo continuare il nostro interessante confronto e approfondimento.
Sempre a disposizione ti saluto caramente e ti abbraccio.