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CAPITOLO II. - SCIENZA E RELIGIONE DI FRONTE ALL'AVVENIRE DELL'UOMO

L'uomo s'incarica di se stesso. - Le scienze, e soprattutto quelle riguardanti l'uomo, rischiano veramente di sollevare contro le credenze e la pratica religiosa una forma d'obiezione quasi inedita nel passato, e che dobbiamo considerare sempre più da vicino. Infatti la scienza moderna, nel suo stesso principio, è non solo sforzo di conoscere disinteressatamente, ma volontà di trasformare tecnicamente la natura, proporzionatamente alle possibilità aperte attraverso la scienza. Le scienze riguardanti l'uomo sono ormai talmente progredite da poter cogliere le prime istanze d'un'azione generale sulla natura umana. Un progresso parallelo della biologia umana, della psicologia, della conoscenza dei determinismi sociali, delle tecniche di previsione statistica permette di concepire sempre più chiaramente gl'indizi d'un nuovo modo, con cui l'uomo può prendere in mano il proprio destino. Lo scienziato ritiene possibile che non sia lontano il giorno in cui toccherà all'uomo assumersi la responsabilità della propria evoluzione come specie vivente, e di far sorgere un nuovo stato d'esistenza umana in una nuova organizzazione della terra.

In tutto ciò ha indubbiamente molta parte il mito. Ma stupisce vedere fino a che punto idee di questo genere (dalla teoria del superuomo nietzschiano alle divinazioni scientifiche di certi romanzi d'anticipazione) stimolino lo spirito moderno. Pur essendo confusi e pur cercando se stessi attraverso sogni veramente inefficaci, questi pensieri hanno qualcosa di simile a quelli che agitarono il mondo del Rinascimento, quand'erano in gestazione la scienza e lo spirito che apparvero col secolo XVII. Un'importante complesso spirituale dell'umanità è forse in via di formazione sotto i nostri occhi.

Conseguenze d'ordine religioso. - Ora non è impossibile che si possa rinnovare considerevolmente l'obiezione che le religioni asserviscono l'uomo. Al quadro dell'umanità tenuta sotto tutela dalla morale e dalle osservanze religiose, s'oppone l'immagine d'un'umanità sempre più emancipata per opera della scienza, e capace di prendere in proprio favore iniziative impreviste, guidata solo dal principio d'una decisione autonoma. Il sistema di regole di vita della tradizione cristiana o della morale cattolica corre quindi pericolo di apparire soltanto come un'insieme di regole superate e indegne della situazione presente, divenute come otri vecchi incapaci di contenere il vino d'un'esistenza trasformata. Il contrasto non è certamente divenuto generale, ma si possono fin d'ora diagnosticare due punti, dove già si comincia a formularlo.

a) La trasmissione della vita. - II primo punto è quello della morale riguardo alla trasmissione della vita umana, sulla quale la Chiesa cattolica si mostra sempre molto stretta con esigenze che, del resto, hanno ragioni molto complesse: il senso acuto della purezza e della possibile decadenza della spiritualità nello scatenarsi disordinato della sessualità e, forse ancora di più, l'atteggiamento rispettoso verso il mistero della vocazione divina insita nell'esistenza umana. Ma oggi la scienza mette l'uomo sempre più in grado di compiere un'azione d'insieme sui fenomeni biologici della sua riproduzione, dove le possibilità si rivelano astrazion fatta da ogni esigenza morale. Si tratta, oggi, non solo di vari interventi nel corso della gravidanza, ma si agisce sullo stesso processo di fecondazione, con azioni che forse preludono a un estendersi assai più considerevole dei poteri dell'uomo sulla biologia umana.

D'altra parte siamo di fronte non solo a iniziative limitate a casi individuali, ma a possibilità d'insieme capaci di dominare perfino i fenomeni sociali. L'uòmo di scienza, al quale si svelano questi poteri, rifiuta quasi istintivamente di riconoscere valida una legislazione morale fissata ancor prima che questi poteri fossero diventati fatti umani, e quindi rimprovera la religione di paralizzare con decisioni, aprioristiche in queste materie, la libera conquista del vero equilibrio dell'agire umano. L'agire scientifico sembra conoscere l'unica regola di tentare tutto il possibile. Ora la morale cattolica da spesso l'impressione di voler ritenere questo possibile contrario alla legge divina dell'esistenza umana.

b) La condotta delle masse. - II secondo punto riguarda la condotta delle masse. Oggi sembra di assistere a un processo che impregna l'esistenza con registri sempre più complessi di causalità umana e il mondo, in questo senso, assume densità e compattezza finora sconosciute. Ora all'origine della maggior parte, se non di tutti, questi registri di causalità, si trova uno sviluppo tecnico nato dai progressi della conoscenza scientifica. Ne segue che l'uomo, in linea di principio, ha la possibilità di concentrare sempre più metodicamente le leve d'azione sulla propria collettività e di tentare, con l'ausilio dei capi politici, esperienze sempre più possenti per riformare il proprio essere. Anche qui l'uomo dì scienza pensa istintivamente che il tentare il possibile è la vera legge dell'azione, e che tutte le barriere d'una morale prestabilita devono necessariamente cedere quando appaiono aperti nuovi campi alla tecnica. Cosi, nello spirito dello scienziato, un'etica del compimento del possibile tende a sostituire l'etica proposta dall'insegnamento religioso.

Certo i primi e tragici esempi di questa nuova etica, apparsi recentemente nel mondo, benché ancora troppo tinti di romanticismo e di passione per rivelarsi quali erano effettivamente, hanno provocato l'orrore dell'uomo civile. Ma non bisogna credere che tutto sia cosi risolto, perché il moto delle idee non ha cambiato orientamento. La reazione umana alle crisi bestiali degli anni che abbiamo vissuto, e che forse dovremo ancor vivere, ne prepara soltanto una certa sublimazione. Nietzsche aveva veduto l'etica della volontà di potenza al livello della potenza passionale, ma s'avvicina il tempo in cui essa deve salire al livello della potenza razionale e scientifica. Nietzsche aveva prima di tutto sognato il superuomo individuale; lo sviluppo della scienza sveglia sempre più nell'uomo l'ideale della sovraumanità collettiva. Ma anche trasferito in questo modo, non sembra affatto che lo spirito cristiano possa accettare un'etica della volontà di potenza come regola dell'esistenza collettiva dell'umanità. In una parola diciamo che la scienza conosce effettivamente la cosa umana; ma agli occhi della religione cristiana, sia per ragioni umane, sia per motivi divini, è impossibile die l'uomo faccia il proprio bene decidendosi a trattare se stesso interamente come una cosa, né sul piano individuale, né sul piano collettivo. Quindi il conflitto cova finché lo spirito scientifico non sia convenientemente illuminato sul modo di servirsi dei suoi poteri in materia umana.

Come si rischia di fare l'opzione. - La pretesa che ha talvolta lo scienziato di predire e anche d'incaricarsi dell'avvenire dell'uomo appare dunque inaccettabile alla credenza religiosa. Ma questo non significa che l'estensione della scienza e lo sviluppo umano del complesso delle tecniche non abbiano un'immensa importanza per l'avvenire, come appare almeno confusamente a ogni spirito che partecipa della vita moderna del mondo. Proprio di qui viene la forza, che rischia d'essere sempre più terribile, dell'obiezione lanciata contro la regola religiosa dell'esistenza da coloro che parteggiano per la trasformazione scientifica della vita a tutti i livelli umani. Come s'è già detto, nel momento in cui l'opzione diventa alternativa, c'è molto da temere che si prendano le decisioni favorevoli al mondo della scienza e sfavorevoli a quello della credenza.

Le condizioni della sintesi futura. - In fondo ogni problema d'apologetica è dominato da un sottinteso problema teologico, e dalla chiara soluzione del problema teologico si può determinare come l'apologetica debba esporre sia le idee e sia i metodi relativi che usa onde presentare le idee stesse. Qui il problema teologico è ancora imperfettamente formulato, perché ha un'essenza assai nuova, e la soluzione non pare chiaramente acquisita. In modo molto generale, per la religione cristiana si tratta di sapere come la morale da essa insegnata, con le regole che vengono formulate tenendo conto d'un certo stato della cultura umana, possa trovare l'equilibrio in funzione dei nuovi stati di questa cultura.

Il fatto importante del periodo attuale è precisamente la comparsa di poteri generali e materiali per trasformare la condizione umana. Una morale che, per evitare le questioni, interdicesse anticipatamente l'uso di questi poteri, sarebbe praticamente e inevitabilmente scartata dal moto effettivo dell'esistenza. Così a mezzo del secolo XVIII non avrebbe servito a nulla voler impedire la possibile industrializzazione in nome degli squilibri sociali e delle miserie umane che essa avrebbe comportato, nel caso che squilibri e miserie allora fossero stati previsti. Cosi è, fatte le debite proporzioni, per le trasformazioni ancor più profonde che s'annunciano fin d'ora. Del resto una simile morale sarebbe lontanissima dal soddisfare l'esigenza di regolazione ragionevole, come si definisce la morale autentica.

D'altronde non pare affatto che la religione cristiana sia stata data all'uomo per dispensarlo dall'affrontare il rinnovamento delle circostanze umane: tutto lo sforzo moralizzatore della Chiesa, e specialmente quello di cui abbiamo un esempio nelle encicliche degli ultimi pontefici, attestano la preoccupazione sempre più viva di trovare le soluzioni per equilibrare i principi della legge religiosa con i dati presenti della vita. Si può dunque oggi porre legittimamente la questione di sapere come si debba tener conto di ciò che viene annunciato dal progresso delle scienze riguardo a quello che dovrà essere la futura integrazione morale e religiosa. Certo non sarà affatto l'eliminazione della legge religiosa, che finora ci è venuta attraverso la Chiesa cattolica, a dare la soluzione; sarà anzi una conquista più profonda delle virtualità umane da parte dello spirito di Cristo.

Compiti apologetici. - Se la soluzione d'un tale problema di teologia morale non ha nulla d'impossibile, non sembra però che finora si possa dire del tutto acquisita. Alcune decisioni particolari del magistero ecclesiastico in materia di deontologia medico-chirurgica fissano importantissimi punti di riferimento riguardo alla trasmissione della vita; però la materia delle azioni di massa che traversano l'umanità, è soggetta a maggiori incertezze, e pare che a questo riguardo si debba attendere una maturazione sia della coscienza umana come di quella religiosa. Di conseguenza l'apologista cristiano si deve accontentare di tenere posizioni ancora un po' provvisorie e indeterminate, accettando l'idea d'un lavoro d'opprofondimento teologico e, nello stesso tempo, preoccuparsi di conservare la chiarezza privilegiata che l'insegnamento cristiano apporta già in certe materie. Qui, come altrove, la prima tappa d'un'apologetica efficace sarà quella di dare all'uomo di scienza il senso di quest'associazione necessaria di quello che egli può dare col suo apporto, con quello che viene all'uomo da un'altra fonte di determinazione spirituale. Noi ritroviamo, trasferito nell'ordine della conoscenza morale, il problema fondamentale dell'integrazione della scienza nella sintesi effettiva della coscienza umana, sintesi sulla quale quanto abbiamo detto in questo capitolo ci permette di non insistere oltre.