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2. ILLUMINISMO E RAZZISMO


L’Illuminismo è sicuramente il momento di rinascita dell’ateismo filosofico (si veda ad esempio C. Tamagnone, L’illuminismo e la rinascita dell’ateismo filosofico, Clinamen 2008) e il razzismo è sicuramente figlio dell’Illuminismo. Il celebre storico contemporaneo George Mosse (1913-1999) definisce il razzismo una «religione laica», nata dall’Illuminismo e basata essenzialmente sul materialismo biologico. Lo conferma anche il già citato storico dell’antisemitismo Léon Poliakov (fu fondatore del Centro di documentazione ebraica e consulente durante il processo di Norimberga contro i capi nazisti), che sottolinea a lungo la stretta correlazione fra il pensiero illuminista e la genesi del razzismo: «La tradizione giudaico-cristiana era “antirazzista” e antinazionalista e senza dubbio le stratificazioni, le barriere sociali del Medio Evo [...] favorivano l’azione esercitata dalla Chiesa nel senso del suo ideale: tutti gli uomini erano uguali davanti a Dio [...] Questa dottrina dell’unità del genere umano [...] viene apertamente ripresa [cioè contestata, N.d.A.] da alcuni grandi ingengi europei dell’Illuminismo». Si riferisce alle «nuove idee antropologiche del XVIII secolo, in quanto un Buffon, un Voltaire, un Hume o un Kant, ciascuno a suo modo, preparano il terreno alle gerarchie razziali del secolo successivo» (L. Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, pag. 370-372), ovvero il mito della razza ariana. Allo stesso modo Massimo Ghiretti, ricercatore della facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano e collaboratore con la Fondazione del Centro di Documentazione ebraica contemporanea, spiega nel suo Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo che «fra il Settecento e la prima metà del secolo successivo era sorto il concetto di disuguaglianza razziale basato sull’ereditarietà naturale», e i principi fondamentali del «razzismo moderno», per esempio «i concetti di superiorità o inferiorità, invariabilità e continuità delle caratteristiche razziali o la ricerca della loro origine, erano stati elaborati anche all’interno della culla illuministica. Hume, Diderot, Voltaire, Kant e altri» (M. Ghiretti, Storia dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo, Mondadori 2002, p. 164)


 


VOLTAIRE. Uno dei principali esponenti dell’illuminismo, Voltaire (1694-1778), il famoso “apostolo della tolleranza” riteneva che l’idea cattolica, secondo cui gli uomini sarebbero tutti “fratelli” essendo creature di un’unico Padre, sarebbe una sciocchezza assolutamente antiscientifica. Al monogenismo biblico, che esclude di per sè qualsiasi razzismo, Voltaire sostituì il poligenismo, cioè l’idea secondo cui i diversi gruppi umani discendevano da numeri e diversi antenati. Spiegò: «Checchè ne dica un uomo vestito di un lungo e nero abito talare [il prete N.d.A.], i bianchi con la barba, i negri dai capelli crespi, gli asiatici dal codino, e gli uomini senza barba non discendono dallo stesso uomo» (Voltaire, Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni, 1756). Continuava situando i negri nel gradino più basso della scala, definendoli animali, dando credito all’idea mitica di matrimoni tra le negre e le scimmie, e considerando i bianchi «superiori a questi negri, come i negri alle scimmie, e le scimmie alle ostriche», e non contento discettava delle «specie mostruose che sono potute nascere da questi abominevoli amori», ovvero gli accoppiamenti fra scimmie e “donne negre” (Voltaire, Saggio sui costumi e sullo spirito delle nazioni, 1756). In relazione a queste idee, finiva poi per elaborare giustificazioni “naturali” allo schiavismo e al colonialismo, d’altra parte -come ha spiegato lo storico del razzismo Léon Poliakov- lui stesso «non esitò a diventare azionista di un’impresa di Nantes per la tratta dei negri, investimento eminentemente remunerativo» (L. Poliakov, Storia dell’antisemitismo, La Nuova Italia 1976, vol III, pag. 122)


Nel suo “Trattato di metafisica” (1734), Voltaire scrisse: «Vedo delle scimmie, degli elefanti, dei negri, che sembrano tutti in possesso d’un qualche barlume di una ragione imperfetta. [...] Se giudicassi le cose dal primo effetto che fanno su di me, mi sentirei portato a pensare che, tra tutti quegli esseri, quello ragionevole sia l’elefante». Analizzando in profondità, «esamino un bambino negro di sei mesi, un elefantino, una scimmietta, un leoncello, un cucciolo; e mi rendo conto, senza ombra di dubbio, che quei giovani animali possiedono incomparabilmnete maggior forza e destrezza, più idee, più passioni, una memoria più estesa del piccolo negro; ma che, dopo un certo tempo, questi ha tante idee quante tutti loro messi assieme. Mi rendo altresì conto che quegli animali negri parlano tra loro un linguaggio articolato molto meglio e più vario di quello degli altri animali. [...] E, infine a furia di considerare il modesto grado di superiorità che essi finiscono alla lunga con l’avere sulle scimmie e gli elefanti, mi arrischio a giudicare che là si trova l’uomo» (Voltaire, Scritti filosofici, a cura di P. Serini, Laterza 1962, vol I, pp. 131-133).


Nell’“Introduzione” al “Saggio sui costumi”, il cosiddetto “apostolo della tolleranza” afferma che le diversità morfologiche e somatiche dei «negri» e«il grado stesso della loro intelligenza, stabiliscono differenze prodigiose tra loro e le altre specie umane». Aggiunge poi: «Che questa differenza non sia dovuta al clima» è dimostrato dal «fatto che i Negri e le Negre, trasportati nei paesi più freddi, continuano a produrvi animali della loro specie» (M. Marsilio, Razzismo: un’origine illuministica, Vallecchi 2006, pag. 48 e Voltaire, Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni, Club del Libro 1966, voll. 4,I, pp 25-26). Anche il già citato Léon Poliakov, storico ebreo del razzismo, parla di Voltaire affermando che «il poligenismo [...] gli permetteva di avanzare delle giustificazioni “naturali” alla schiavismo»(Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, pag. 199-200), con tesi di questo tenore: «La natura ha subordinato a questo principio quei differenti gradi di genio e quei caratteri delle nazioni che si vedono cambiare così raramente. Per questo i negri sono gli schiavi degli altri uomini. Essi vengono acquistati come delle bestie sulle coste dell’Africa» (Voltaire citato in Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, pag. 403). Certo, ammette Voltaire, «non possediamo il diritto naturale di andare a mettere in ceppi un cittadino dell’Angola» però, aggiunge, «ne possediamo il diritto di convenzione. Perché vien venduto quel negro? O perché si lascia vendere?Io l’ho comperato, esso mi appartiene; che torto gli faccio? Lavora come un cavallo, io lo nutro male, lo vesto peggio, lo faccio bastonare quando disobbedisce: che c’è da stupire tanto? Trattiamo forse meglio i nostri soldati?» (Voltaire, L’A,B,C, in Scritti filosofici, a cura di P. Serini, Laterza 1962, vol I, pp. 610). Non a caso Léon Poliakov ha affermato:«Nessuno come Voltaire ha tanto diffuso e ampliato le aberrazioni della nuova età della scienza» (L. Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, pag. 200)



 


DIDEROT, D’ALAMBERT E JOHN LOCKE. Altri famosi illuministi atei, comeDiderot e D’Alambert (per i quali l’uomo era figlio del caso, «nel numero dei possibili»), scrissero nell’Encyclopédie (1772), compendio dei valori illuministici, che «all’animale più evoluto, la scimmia, viene unito il tipo d’uomo ritenuto inferiore, il negro: per il pallido europeo, infatti, questi trascina un’esistenza semiferina, alinea dal pensiero razionale e dalla civile convivenza». I negri vengono poi dipinti come viziosi e «per lo più inclini al libertinaggio, alla vendetta, al furto, alla menzogna» (citato in F. Castradori,Le radici dell’odio, Xenia 1991, pag. 52,53 e M. Marsilio, Razzismo, un’origine illuminata, Vallecchi 2006). Così come Voltaire, anche un altro apostolo della tolleranza e simbolo dell’illuminismo inglese, John Locke, secondo recenti ricerche guadagnò un bel capitale acquistando azioni della Royal African Company, impegnata nella tratta degli schiavi (R. Stark, For the Glory of God, Princeton University Press 2003, pag. 359).



 DAVID HUME. Anche David Hume (1711-1776), che in nome della Ragione e della Scienza sparerà a zero sulla dottrina cattolica del manifestarsi concretamente del soprannaturale, in nome della Ragione e della stessa Scienza, setenzierà nel 1742 che «tutti i popoli al di là del circolo polare o fra i tropici sono inferiori al resto della specie», aggiungendo nel 1754 che «sono portato a sospettare che i Negri, e in generale tutte le altre specie umane (perché ve ne sono quattro o cinque diversi generi) sono per natura inferiori ai Bianchi» (D. Hume, Of National Characters, citato in L. Poliakov, Il mito ariano, Editori Riuniti 1999, p. 200). Hume aggiunse anche: «Tutta l’Europa è disseminata di schiavi negri dei quali nessuno ha mai rivelato alcun barlume di ingegno» (citato in M. Marsilio, Razzismo: un’origine illuminista, Club del Libro 1966, voll. 4, I, p. 52).