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Capitolo 2

I Novaziani sostengono che non possono essere reintegrati nella comunione dei fedeli coloro che sono caduti in apostasia. Se facessero eccezione per il solo peccato di sacrilegio come non passibile di condono, mostrerebbero durezza, ma sarebbero, almeno, coerenti con la loro dottrina e in contrasto soltanto con gli insegnamenti divini. Il Signore, infatti, ha condonato tutti i peccati senza alcuna eccezione. I Novaziani, invece, alla maniera degli Stoici, pensano che tutte le colpe si debbano valutare parimenti e che debba per sempre rinunciare ai celesti misteri sia chi abbia sgozzato un gallo, come si dice, del pollaio, sia chi abbia strangolato il proprio padre. Come, dunque, possono escludere dai sacramenti la sola categoria dei rei di apostasia, quando, per giunta, proprio i Novaziani affermano che è cosa assai deplorevole estendere a molte persone il castigo che conviene a poche?

Essi dicono che onorano il Signore, giacché riconoscono il diritto di condonare i peccati a lui solo. Coloro, invece, che violano coscientemente la legge del Signore e sovvertono il magistero che egli ha loro affidato offendono assai gravemente Dio. Cristo medesimo ha detto nel Vangelo: "Riceverete lo Spirito Santo" e a chi "rimetterete i peccati" sono a lui rimessi, "e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Dunque, rende onore maggiore chi ubbidisce ai comandi o chi disubbidisce?

La Chiesa ottempera all'uno e all'altro comando: a quello di non rimettere la colpa e a quello dell'assolverla. L'eresia, invece, è spietata nell'esecuzione del primo dei due imperativi, disubbidiente nell'altro. Pretende legare ciò che non intende sciogliere, non vuole sciogliere ciò che ha legato. Si condanna manifestamente da se medesima. Il Signore, infatti, ha voluto che il diritto di assolvere e quello di non assolvere siano del tutto identici. Ha garantito entrambi e a pari condizioni. E' ovvio che chi non possiede l'uno, non può possedere l'altro diritto. Infatti, in conformità agli insegnamenti di Dio, chi ha il potere di condannare ha anche quello di perdonare. Logicamente, l'affermazione dei Novaziani cade. Col negare a sé la potestà del condonare sono costretti a rinunciare a quella del non assolvere. Come potrebbe essere lecita l'una e non l'altra potestà? A chi è stato fatto dono di entrambe o è chiaro che sono possibili l'una e l'altra o nessuna delle due. Alla Chiesa sono, dunque, lecite entrambe, all'eresia né l'una né l'altra. A ben considerare, tale facoltà è stata data, infatti, ai soli sacerdoti. A ragione, pertanto, la Chiesa che ha ministri legittimi si arroga l'uno e l'altro diritto, l'eresia non può, al contrario, farlo, poiché non ha sacerdoti di Dio. Col non rivendicare le due potestà, l'eresia sentenzia nei propri riguardi, che, non avendo ministri legittimi, non può attribuirsi un loro diritto. Nella sfacciata tracotanza è dato intravedere un'ammissione, sia pure timida.

Tieni anche presente: chi riceve lo Spirito Santo, riceve la potestà di assolvere e di non assolvere i peccati. Sta scritto: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi". Dunque, chi non può assolvere non possiede lo Spirito Santo, dal momento che è lo Spirito Santo, appunto, a far dono del ministero sacerdotale e la sua autorità è nel condonare e nel non rimettere le colpe. Come perciò i Novaziani potrebbero rivendicare un dono di chi mettono in dubbio l'autorità, la potestà?

Che dire della loro enorme sfacciataggine? Lo Spirito di Dio è incline alla pietà, non già alla durezza. Essi, al contrario, non vogliono ciò che egli dice di volere e fanno ciò che egli afferma di non gradire. Eppure il castigare si addice al giudice, il perdonare, invece, all'indulgente. Tu che appartieni alla setta dei Novaziani saresti, pertanto, più tollerabile coll'assolvere che col non condonare. Col non essere indulgente peccheresti di disubbidienza verso Dio, coll'usare misericordia, elargiresti il perdono, dimostrando di provare, almeno, pietà di chi vive nell'afflizione.