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Capitolo 6

Ma se essi non intendono convertirsi, fatelo almeno voi, che commettendo colpe di natura diversa, siete precipitati in basso dalle alte vette dell'innocenza e della fede. Abbiamo un buon Padrone che è disposto a perdonare tutti. Ti ha invitato, per bocca del profeta, dicendo: "Io, io cancello i tuoi peccati e non ne conserverò ricordo. Tu però, siine memore affinché possiamo sottoporci a giudizio". Dice: "Io non ne conserverò il ricordo, tu, invece, siine memore", cioè: "Non richiamo alla memoria le colpe che ti ho rimesse, quasi avvolte, per così dire, nell'oblio. Invece, "Tu siine memore". Dice: "Io non ne conserverò il ricordo" in virtù della grazia concessa, "Tu siine memore" per il miglioramento conseguito. Siine memore e tieni presente che ti è stato condonato il peccato, non perché, quasi persona senza macchia, ne meni vanto e, col volerti giustificare, ti renda maggiormente colpevole. Se desideri essere perdonato, confessa la tua colpa. Una confessione fatta con cuore contrito scioglie i nodi del peccato.

Puoi vedere che cosa "Dio, il tuo Dio" pretende da te: che tu conservi il ricordo della grazia avuta e non ne meni vanto "quasi che non l'abbia ricevuta". Puoi constatare con quale garanzia di perdono ti esorta ad attestare la colpa. Bada, perciò, che coll'opporre resistenza ai divini precetti non abbia a precipitare nella irreligiosità dei Giudei. Ad essi il Signore dice: "Abbiamo intonato un canto per voi e non avete danzato, abbiamo cantato nenie lamentose, e non avete pianto".

Un parlare comune questo, ma sublime il riposto significato. La necessità è, quindi, che non ci si lasci fuorviare dalla banale interpretazione del passo e si creda che ci siano imposti istrionici atteggiamenti di danza sfrenata e teatrali stravaganze: comportamento questo peccaminoso anche nella prima adolescenza. Dio ha comandato la danza che David eseguì davanti all'arca del Signore. Tutto ciò che conferisce prestigio alla religione è consentito. Non si deve, perciò, provare vergogna di qualsiasi forma di ossequio che dia contributo alla scrupolosa osservanza del culto di Cristo.

Non si parla, pertanto, della danza che si accompagna a lussuria raffinata, ma che ci mette in grado di muovere il corpo senza indolenza e di non lasciare che le membra impoltriscano a terra e perdano ogni vitalità a causa dell'appesantito incedere dei passi. Paolo danzava spiritualmente allorché agile entrava in lizza per il nostro bene. Egli non apprezzava i traguardi raggiunti, desiderava nuove mete, puntava diritto al premio di Cristo. Tu anche, sul punto di ricevere il battesimo, sei esortato a levare le mani al cielo, ad avere più agili i piedi per poter ascendere all'eterno. Questa è la danza alleata della fede e compagna della grazia.

Questo, dunque, l'arcano significato. "Abbiamo intonato per voi un canto, quello del Nuovo Testamento, e non avete danzato", non avete innalzato l'animo alla grazia spirituale. "Abbiamo cantato nenie lamentose e non avete pianto", cioè, non vi siete pentiti. Il popolo dei Giudei giacque nell'abbandono appunto perché non fece penitenza e rifiutò la grazia: penitenza della quale era stato banditore Giovanni, grazia di cui era stato elargitore Cristo. Questa la dona, per così dire, il Padrone, quella l'annunzia il servo. La Chiesa custodisce l'una e l'altra. E' così in grado di conseguire la grazia e di non ripudiare la penitenza. L'una, infatti, è dono di chi elargisce con generosità, l'altra è rimedio atto a guarire chi ha peccato.

Geremia non ignorò quale portentoso farmaco fosse la penitenza. Nei Lamenti fece ad essa ricorso in favore di Gerusalemme. Con queste parole ci fa vedere la città che fa penitenza: "Amaramente ha pianto nella notte, le lacrime scendono sulle guance; nessuno le reca conforto fra tutti i suoi amanti. Le strade di Sion sono in lutto". Ha aggiunto: "Per tali cose io piango" e "gli occhi miei si sono offuscati per le lacrime, perché chi mi confortava è lontano da me". Possiamo notare che Gerusalemme stimava dolorosissimo questo insieme di mali, perché mancava chi la confortasse nell'afflizione. Come voi, dunque, o Novaziani, pensate di togliere persino il conforto con il negare la speranza di una penitenza fruttuosa?

Prestino attenzione le persone che fanno penitenza, come debbano attendervi, con quale ardore d'animo, con quale interiore sconvolgimento, con quale mutamento di cuore: "Guarda, o Signore, quanto sono in angoscia; le mie viscere sono agitate" dal mio pianto, "il mio cuore è sconvolto dentro di me".

Hai appreso quale debba essere l'ardore dell'animo, quale la fede del cuore. Impara ora come debba regolarti nel comportamento esteriore. Il profeta dice: "Gli anziani della figlia di Sion siedono a terra in silenzio, hanno cosparso di cenere il loro capo, si sono cinti di sacco, hanno fatto curvare a terra le vergine elette di Gerusalemme. I miei occhi si sono consunti per le lacrime", si sono offuscati, "le mie viscere sono sconvolte", la mia gloria "è stata sparsa a terra".

Anche il popolo di Ninive così pianse e riuscì ad evitare il preannunziato sterminio dei suoi abitanti. La penitenza è farmaco di tale efficacia che abbiamo l'impressione che Dio medesimo muti consiglio. Dipende, perciò, da te soltanto il sottrarti al castigo. Il Signore vuole essere pregato, esige fede, suppliche in suo onore. Tu sei uomo, eppure pretendi di essere pregato per elargire il perdono. Pensi, dunque, che Dio sia disposto a concederti misericordia senza che tu lo solleciti?

Il Signore in persona pianse su Gerusalemme affinché, pur non essendo essa disposta, ottenesse il perdono in virtù delle lacrime di Dio. Egli vuole che piangiamo per evitare il castigo. E' scritto nel Vangelo: "O figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse".

David, pianse e ottenne che la divina pietà allontanasse la morte dal popolo che periva. Allorché, infatti, gli fu proposto di scegliere tra tre cose, optò per quella che gli permettesse maggiormente di fare tesoro della pietà del Signore. E tu ti vergogni di piangere le tue colpe, quando David ha comandato persino ai profeti di versare lacrime per il bene dei popoli?

Anche Ezechiele ebbe l'ordine di piangere su Gerusalemme e ricevette il volume al cui inizio è scritto: "Lamenti, canti, guai". Due argomenti tristi e uno piacevole. Chi, infatti, piangerà di più su questa terra, sarà salvo nella vita futura. "Il cuore dei saggi è in una casa in lutto, il cuore degli stolti in una casa in festa". Il Signore in persona dice: "Beati voi che piangete, perché riderete".

Capitolo 7

Versiamo, dunque, lacrime finché c'è tempo, perché ci sia assicurata l'eterna felicità. Temiamo il Signore, sollecitiamone la pietà con il confessare le nostre colpe. Poniamo rimedio ai nostri errori, riparo ai falli, affinché non si dica anche di noi: "Ohimè o anima, l'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è tra gli uomini chi è disposto ad emendarsi".

Perché provi vergogna di confessare le tue colpe innanzi al Signore? Egli dice: "Confessa le tue infamie, affinché sii giustificato". Agli occhi di chi è tuttora nella colpa è fatto balenare il premio della giustificazione. Infatti, chi ammette spontaneamente le colpe è giustificato. "Il giusto nel proemio del suo discorso accusa se stesso". Il Signore sa tutto, vuole, però, sentire la tua voce, non già per punire ma per perdonare. Non vuole che il diavolo si faccia gioco di te, ti accusi di tenere celate le colpe. Previeni il tuo accusatore. Se ti accusi da te stesso, non dovrai temere alcun accusatore. Se ti denunzierai da te medesimo, morto che tu sia, risusciterai.

Cristo verrà al tuo sepolcro. Se vedrà che Marta, la solerte massaia, versa lacrime per te e così Maria, la quale piamente, come la santa Chiesa, ascoltava la parola di Dio e "scelse per sé la parte migliore", proverà pietà. Vedendo che moltissimi piangono la tua morte dirà: "Dove lo avete deposto?", cioè, in quale ordine di peccatori, in quale grado di penitenti?. Lasciatemi vedere chi piangete, perché egli in persona mi commuova con le sue lacrime. Che io veda se è definitivamente morto al peccato di cui si invoca il perdono.

La gente gli dice: "Vieni e vedi". Che significa "vieni"? Venga la remissione dei peccati, la vita dei morti, la loro resurrezione, "venga il tuo regno" a questo peccatore.

Gesù, dunque, verrà e comanderà che sia tolta la pietra, che il reo si è posta da se stesso sulle spalle. Cristo avrebbe potuto agevolmente smuovere il sasso con una parola di comando. La natura insensibile non è davvero sorda ai suoi ordini. Mediante l'occulta potenza di un miracolo avrebbe potuto facilmente spostare la pietra sepolcrale. Alla sua morte, infatti, moltissime tombe di morti si spalancarono, d'un tratto essendosi smosse le pietre. Ma ordinò agli uomini di togliere il sasso, affinché, nella realtà, da una parte, gli increduli credessero in ciò che era innanzi ai loro occhi e vedessero il morto risuscitare, nella tipologia, d'altra parte, perché intendessero che ci elargiva la grazia di liberarci dal peso dei peccati, i macigni, per così dire, che schiacciano i rei. E' compito nostro smuovere i pesi, è ufficio di Cristo ridonare la vita, fare uscire dai sepolcri le persone sciolte dai lacci della colpa.

Vedendo il grave peso che opprime il peccatore, Gesù versa lacrime. Non permette che la Chiesa pianga da sola. Ha pietà della prediletta e dice a chi è morto: "Vieni fuori", cioè, tu che sei immerso nel buio della coscienza, nella sozzura dei misfatti, vieni fuori come da una prigione di delinquenti, metti a nudo la tua colpa per ottenere giustificazione. Infatti, "ci si confessa con la bocca in vista della salvezza".

Se tu, chiamato da Cristo, ammetterai il tuo peccato, subito si infrangeranno i serrami, si spezzeranno tutti i legami, anche se il cadavere in putrefazione emani forte fetore. La salma di Lazzaro che era morto da quattro giorni mandava cattivo odore nella tomba. Ma Cristo, "la cui carne non vide corruzione" rimase per tre giorni nel sepolcro. Non conobbe, infatti, i vizi della carne, la cui sostanza consta dei quattro elementi originari. Il fetore del cadavere è forte quanto vuoi, ma svanisce del tutto appena il santo profumo si spande. Ecco, il defunto riacquista la vita. Si ordina alle persone che tuttora vivono nel peccato di sciogliere i lacci, di liberare il volto del defunto dal sudario con cui occultava la verità della grazia ricevuta. Viene impartito il comando di togliergli il sudario dal viso, di denudargli il volto, giacché il reo ha ricevuto il dono del perdono. Chi ha ottenuto la remissione dei peccati non ha motivo di vergognarsi.

Tuttavia, nonostante la grazia ineffabile del Signore e il sublime miracolo, frutto della sua divina munificenza, in un momento che doveva essere di generale letizia, i sacrileghi erano in fermento. Tenevano consiglio contro Cristo, tramavano l'uccisione di Lazzaro. Non vi accorgete, dunque, che voi, o Novaziani, siete destinati ad essere i degni successori di quei sacrileghi, gli eredi della loro spietatezza? Anche voi siete sdegnati, promuovete riunioni contro la Chiesa. Vedete, infatti, che nel suo grembo i morti ritornano alla vita, risuscitano, quando il perdono dei peccati è stato loro elargito. Pertanto, per quanto dipende da voi, volete uccidere, in forza dell'odio, le persone risorte a nuova vita.

Ma Gesù non revoca i benefici concessi. Li rende più grandi con la sua munificenza. Subito è tornato a visitare chi aveva risuscitato e, per festeggiarne la resurrezione, lieto viene alla cena, che la Chiesa gli ha imbandita. Chi era morto prende parte al banchetto, come appunto sta scritto, tra i commensali di Cristo.

Le persone tutte che vedono con l'occhio puro della mente e che non conoscono odio - la Chiesa vanta, appunto, figli di tale specie - si meravigliano che chi ieri e l'altro ieri era nel sepolcro è ora tra coloro che siedono a mensa insieme a Gesù.

Maria in persona unge i piedi di Cristo. I piedi, giacché uno dei deboli è stato strappato a morte. Tutti, infatti, formano il corpo di Gesù, ma senz'altro, alcuni sono le membra superiori. L'Apostolo che diceva: "Voi cercate una prova che Cristo parla in me", era la bocca di Cristo. Così anche i profeti per mezzo dei quali il Signore annunziava il futuro. Oh, fossi io degno di essere il suo piede e Maria mi cospargesse del prezioso profumo, mi ungesse, mi rendesse indenne dal peccato!

Il caso di Lazzaro si ripete ogni qual volta un peccatore, anche se emani fetore, è reso mondo dal balsamo della fede preziosa. Fede che consegue grazia così grande, che quella casa in cui il giorno precedente il morto mandava cattivo odore tutta intera è pregna di buon profumo.

La casa di Corinto mandava fetore, quando leggiamo: "Si parla di adulterio tra voi quale neppure tra i pagani". C'era puzzo, giacché un poco di lievito aveva alterato tutta la pasta. Tuttavia, comincia a sentirsi il buon profumo, quando è detto: "Se avete perdonato qualcosa a qualcuno, anche io la perdono; infatti anche io se ho perdonato qualcosa, l'ho perdonata per il vostro bene nel nome di Cristo". Pertanto, liberato il peccatore, ci fu grande gioia nella casa. La dimora intera mandò buon odore in virtù del soave profumo della grazia. Perciò, consapevole di aver cosparso tutti del balsamo dell'apostolica benedizione, egli dice: "Siamo innanzi a Dio il buon profumo di Cristo fra quelli che si salvano".

Tutti sono lieti allorché il profumo si è sparso. Il solo Giuda non è d'accordo. Così anche ora chi è sacrilego, chi è traditore, si mostri pure contrariato, muova biasimi. Gesù, però, rimprovera Giuda, giacché costui non intende quale medicina portentosa sarebbe stata la morte di Cristo e non comprende il senso riposto di una sepoltura così importante. Il Signore, infatti, ha patito, è morto per riscattarci dalla morte. Egli giudica prezzo sublime della sua passione l'essere il peccatore assolto dalle colpe ed innalzato a ineffabile grazia, così che tutti vengano e dicano, levando lodi al Signore: "Mangiamo e facciamo festa, perché costui era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". Se qualche pagano obietterà: "Perché mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?", gli rispondiamo: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati".