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Capitolo 4

Siamo a conoscenza che siete soliti muoverci obiezioni, perché sta scritto: "Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro". Eppure, sulla base di questo passo, ogni vostra obiezione è distrutta, annientata. Sta scritto: "Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonato agli uomini". Perché voi non perdonate? Perché stringete legami che non sciogliete? Perché intrecciate nodi che non allentate? Perdonate, almeno, gli altri ed emettete pure verdetto di condanna nei riguardi di persone che voi sulla base del testo del Vangelo ritenete che non possano mai più ottenere clemenza, giacché hanno peccato contro lo Spirito Santo.

Vediamo, però, quali persone sono queste che il Signore incatena, considerando i passi che precedono quello in esame, così da avere idee più chiare al riguardo. I Giudei dicevano: "Costui scaccia i demoni in nome di Beelzebub, principe dei demoni". Gesù ha risposto: "Ogni regno discorde cada in rovina, e nessuna città o famiglia discorde può reggersi. Ora se Satana scaccia Satana, egli è discorde con se stesso. Come potrà, dunque, reggersi il suo regno? E se io scaccio i demoni in nome di Beelzebub, i vostri figli in nome di che li scacciano?".

Possiamo constatare che si allude alle persone che andavano dicendo che Gesù scacciava i demoni ad opera di Beelzebub. Il Signore ha loro risposto che l'eredità di Satana era passata a chi paragonava il Salvatore di tutti al demonio e riponeva la grazia di Cristo nel regno del diavolo. Poiché ci convincessimo che aveva alluso a questa bestemmia, ha aggiunto: "Razza di vipere, come potete dire cose buone voi che siete cattivi?". Pertanto afferma che non può toccare il perdono alle persone che così bestemmiano.

Simone, depravato dalla pratica della magia, si era illuso di potersi procurare con il denaro la grazia che Cristo dava mediante l'imposizione della mano e l'infusione dello Spirito Santo. Pietro, pertanto, gli dice: "Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto, davanti a Dio. Pentiti, dunque, di questa tua iniquità e prega il Signore se mai ti sia perdonato questo pensiero. Ti vedo, infatti, chiuso nei lacci dell'iniquità e in file amaro". Puoi constatare che Pietro avvalendosi dell'autorità apostolica condanna chi bestemmiava contro lo Spirito Santo nella folle vanità di essere mago. Maggiormente lo reputa colpevole in quanto mostrava di non avere pura consapevolezza della fede. Nonostante ciò, non lo privò della speranza del perdono, anzi lo invitò al pentimento.

Il Signore, dunque, ha risposto alla bestemmia dei Farisei. Non concede loro la grazia che proviene dalla sua potestà e che consiste nella remissione delle colpe. Essi, infatti, pensavano che il celeste potere del Signore si fondasse sul soccorso del diavolo. Afferma anche che erano soggetti allo spirito del male, poiché gettavano il seme della discordia nella Chiesa del Signore. Con le sue parole allude agli eretici, agli scismatici di ogni tempo, ai quali nega il perdono. Se ogni colpa ricade sul singolo che la commette, quella degli scismatici fa risentire i suoi effetti su tutti. Soli si propongono di annullare la grazia di Cristo, riducono a brandelli le membra della Chiesa per amore della quale Gesù ha patito e ci ha fatto dono dello Spirito Santo.

Infine, perché sappiate che parla dei rei di scisma, sta scritto: "Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde". A maggior chiarimento ha aggiunto: "Perciò, dico a voi: qualunque peccato o bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata". Quando dice: "Perciò, dico a voi", non ha manifestato forse il proposito che noi comprendessimo ciò soprattutto? A ragione ha aggiunto: "L'albero buono produce buoni frutti, il cattivo, invece, frutti cattivi". Una comunità di malvagi non può produrre che frutti cattivi. L'albero, dunque, è la Chiesa, i frutti dell'albero buono i figli della medesima.

Ritornate, dunque, nel grembo della Chiesa, se mai ve ne siete allontanati sacrilegamente. Ai peccatori che si convertono è assicurato il perdono. Sta scritto: "Chiunque invocherà il nome del Signore, sarà salvato". Il popolo dei Giudei che diceva nei riguardi di Gesù: "Egli ha un demonio", "Scaccia i demoni nel nome di Beelzebub", e che ha crocifisso il Signore, è chiamato al battesimo dalla parola di Pietro, perché si alleggerisca dell'ignominioso peso di infamia così grande.

Non dobbiamo stupirci se voi che ripudiate la vostra salvezza, la neghiate agli altri, siano pure costoro che vi domandano di fare penitenza gente della vostra risma. L'ineffabile misericordia del Signore, a mio giudizio, non avrebbe rifiutato neppure a Giuda il perdono, se avesse fatto atto di pentimento, non al cospetto dei Giudei, ma di Cristo. Dice: "Ho peccato, poiché ho tradito il sangue innocente". La risposta: "Che ci riguarda? Veditela tu". Parlate forse diversamente voi, quando chi ha commesso una colpa anche minore vi confessa il proprio peccato? Che altro rispondete se non: "Che ci riguarda? Veditela tu". Parole del genere comportano la corda, e il castigo è tanto più ferale quanto minore è la colpa.

Ma se essi non intendono convertirsi, fatelo almeno voi che, commettendo colpe di natura diversa, siete precipitati in basso dalle alte vette dell'innocenza e della fede. Abbiamo "un buon Padrone" che è disposto a perdonare tutti. Ti ha invitato per bocca del profeta, dicendo: "Io, io cancello i tuoi peccati e non ne conserverò ricordo. Tu, però, siine memore e lasciamoci giudicare".

Capitolo 5

Muovono, tuttavia, cavilli a proposito delle parole dell'Apostolo, poiché ha detto "se mai", e pensano che Pietro non abbia affatto garantito la remissione dei peccati al penitente. Ma si soffermino un po' a considerare di chi parla. Simone non credeva secondo fede, ma tramava soltanto frodi. Anche il Signore a chi gli dice: "Ti seguirò", risponde: "Le volpi hanno le loro tane". Se, dunque, il Signore in persona ha vietato che chi egli vedeva subdolo lo seguisse, quale stupore che l'Apostolo non abbia assolto chi dopo il battesimo si è allontanato da Dio e, come egli ha detto, era avvinto nei lacci dell'infamia?.

Questa sia risposta sufficiente alle obiezione dei Novaziani. Io, d'altra parte, sono dell'opinione che né Pietro abbia dubitato, né che, trattandosi di questione così importante, si debba togliere ad essa ogni credito per il condizionamento causato da un solo vocabolo. Ammettiamo che Pietro si sia mostrato reticente: non forse anche Dio che dice al profeta Geremia: "Sta' nell'atrio della casa del Signore e riferisci a tutte le città di Giuda, che vengono per adorare nel tempio del Signore, tutte le parole che ti ho comandato di annunziare loro; non tralasciare neppure una parola: forse presteranno ascolto e torneranno"? Si affermi, dunque, che Dio ignorava il futuro.

In verità con quel vocabolo non si esprime affatto l'idea del dubbio. E' da notare che un uso del genere è frequente nelle divine Scritture, data la semplicità del loro linguaggio. Il Signore, ad esempio, dice ad Ezechiele: "Figlio dell'uomo, ti invierò alla casa di Israele, da coloro che mi hanno amareggiato, essi e i loro padri sino ad oggi, e dirai loro: Il Signore dice queste parole, se mai ascolteranno e ne proveranno terrore". Dio ignorava se si sarebbero convertiti o meno? L'espressione, quindi, non è sempre di chi dubita.

Del resto, anche gli antichi sapienti di questo mondo, i quali fanno consistere tutta la loro valentia nella scrupolosa scelta delle parole, non hanno impiegato in tutti i passi delle loro opere in senso dubitativo il vocabolo che in latino suona "forte", in greco "tacha". Ad esempio, affermano che il primo dei loro poeti dicesse: "La forse vedova", nel senso: "Presto sarà vedova". In altro passo: "Forse, infatti, tutti gli Achei facendo impeto ti uccideranno". Non poteva certo dubitare che se tutti gli Achei avessero fatto impeto contro un solo uomo, questi non sarebbe stato sopraffatto dalla moltitudine dei nemici.

Ma noi dobbiamo avvalerci di esempi nostri, non già altrui. Trovi, appunto, nel Vangelo che il Figlio medesimo fa dire al Padre, dopo che i servi da lui inviati alla sua vigna erano stati feriti: "Manderò il Figlio mio dilettissimo, forse avranno rispetto di lui". In altro passo, il Figlio dice a proposito della sua persona: "Voi non conoscete né me né il Padre mio; se, infatti, conosceste me, forse conoscereste anche il Padre mio".

Se Pietro, dunque, si è espresso mediante le parole medesime che Dio ha usate senza che ne derivasse detrimento alla sua sapienza, perché non ammettere che anche l'Apostolo le abbia impiegate senza che la sua fede subisse limitazione? D'altronde, non avrebbe potuto avanzare dubbi sul dono di Cristo, giacché il Signore gli aveva concesso la potestà di rimettere i peccati. Maggiormente, perciò, gli incombeva l'obbligo di non dare adito ai sottili cavilli degli eretici. Scopo, infatti, di costoro è unicamente il rendere vana la speranza degli uomini, per ingenerare nelle persone che sono in preda della disperazione la persuasione che è necessario ripetere il battesimo.

Gli Apostoli, però, conformemente a quanto aveva loro insegnato Cristo, si sono fatti maestri di penitenza, hanno assicurato il perdono, hanno rimesso il peccato. Così anche David, il quale ha detto: "Beati coloro le cui colpe sono rimesse e i cui peccati sono coperti; beato l'uomo cui il Signore non ha addebitato il peccato". Ha detto beato colui la cui colpa è rimessa mediante il battesimo, e colui il cui peccato è coperto dalle opere buone. Chi esercita la penitenza deve non solo lavare la colpa con le lacrime, ma occultare con azioni migliori e ricoprire quasi le infamie del passato, perché non gli sia addebitato il peccato.

Copriamo, dunque, le nostre iniquità con le opere compiute dopo aver peccato. Emendiamo le colpe con le lacrime, perché il Signore ci oda mentre ci lamentiamo, così come ascoltò Efraim che piangeva. Dio medesimo ha detto: "Ho prestato ascolto, ho udito Efraim rammaricarsi". E ha ripetuto le parole medesime di Efraim che si lamentava: "Tu mi hai castigato e io ho subito il castigo; come un torello non sono stato domato". Il torello, infatti, ruzza, abbandona la greppia, perciò Efraim "come un torello, non è stato domato". Se ne sta lontano dalla greppia, giacché ha abbandonato "la greppia del Padrone" e, seguendo Geroboamo, ha adorato i vitelli. Calamità questa che il profeta Aronne aveva vaticinato che sarebbe accaduta: il popolo, cioè, dei Giudei sarebbe caduto nell'apostasia. Perciò, facendo penitenza dice: "Convertimi e io mi convertirò, poiché tu sei il mio Padrone; poiché mi sono pentito dopo il mio smarrimento e, dopo che ti ho conosciuto, ho pianto sui giorni della confusione; mi sono umiliato al tuo cospetto, giacché ho provato l'onta ignominiosa e ti ho testimoniato".

Possiamo constatare che si debba esercitare la penitenza, con quali parole, con quali lacrime. Egli chiamò addirittura "giorni della confusione" quelli del peccato. Regna, infatti, confusione quando Cristo è ripudiato.

Umiliamoci, dunque, innanzi a Dio. Non rimaniamo nella soggezione della colpa. Vergognamoci al ricordo dei nostri peccati e non meniamone vanto quasi fossero bravura alla maniera di alcuni che si esaltano perché il pudore è stato da loro debellato e la giustizia soffocata. La nostra conversione sia tale che proprio noi che non conoscevamo Dio possiamo testimoniare agli altri e il Signore commosso da questo nostro mutamento d'animo, risponda: "Dalla mia giovinezza tu sei, o Efraim, il figlio mio caro, il figlio, per così dire, prediletto. Me ne ricorderò sempre più vivamente, giacché le mie parole sono impresse in lui. Perciò, ha detto il Signore, mi sono mostrato sempre sollecito nei suoi riguardi e avrò misericordia di lui".

Quale pietà ci promette, lo dice più innanzi: "Ho reso ebbra l'anima tutta che era sitibonda e ho saziato l'anima tutta che era affamata: perciò, mi sono destato e ho guardato; il mio sonno mi pare soave". Intendiamo chiaramente che il Signore garantisce a tutti i suoi sacramenti. Perciò, tutti facciamo ritorno a lui.