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LIBRO SECONDO

Capitolo 1

Nel libro precedente abbiamo trattato non pochi argomenti che incoraggiano a far penitenza. Poiché, tuttavia, è possibile aggiungerne ancora molti altri, è nostra intenzione proseguire nel banchetto cui è stato dato inizio, perché non sembri che abbiamo lasciato rosicchiati per metà i cibi apprestati dal nostro argomentare.

E' necessario esercitare la penitenza con zelo, ma anche con tempestività. Ciò, ad evitare che il padre di famiglia della parabola evangelica, il quale piantò l'albero di fico nella sua vigna, non venga a ricercare su di esso il frutto e, non trovandolo, dica al vignaiolo: "Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?". L'albero verrebbe abbattuto, se non lo impedisse il vignaiolo che dice: "O padrone, lascialo ancora quest'anno, finché io gli zappi attorno e vi metta il concime"; soltanto nel caso che il rimedio riesca inutile, il fico venga allora reciso.

Spargiamo, perciò, anche noi il concime su questo campo di cui siamo i proprietari. Seguiamo l'esempio degli agricoltori operosi, i quali senza vergogna nutrono la terra con grassa fanghiglia e cospargono i campi di sporca cenere allo scopo di raccogliere più abbondanti i frutti.

L'Apostolo insegna come concimare, quando dice: "Stimo spazzatura tutti i beni del mondo, al fine di guadagnare Cristo". Egli "sia nella cattiva che nella buona fama" si è guadagnato di riuscire a lui gradito. Aveva infatti letto che Abramo, mentre ammetteva di essere polvere e cenere, si procurò con la sublime umiltà la grazia di Dio; così anche che Giobbe, sedendo in mezzo alla cenere, ottenne di nuovo tutto ciò che aveva perduto. Ancora, aveva letto il vaticinio di David: Dio solleva "l'indigente dalla polvere" e rialza "il povero dall'immondizia".

Confessiamo, dunque, anche noi al Signore i nostri peccati senza rossore. Certamente, incute vergogna il mettere a nudo le colpe, ma questa vergogna, appunto, ara il suo podere, recide le spine eterne, toglie via i pruni, fa prosperare i frutti che ritenevi morti per sempre. Segui le orme di chi arando convenientemente il suo terreno si procacciò frutti eterni. L'Apostolo dice: "Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, preghiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo". Anche tu, se arerai in questo modo, spargerai semi spirituali. Ara, per stroncare il peccato, per procurarti il frutto. L'Apostolo ha arato per recidere nel suo io lo stato d'animo del persecutore. Quale incoraggiamento più grande ci poteva essere dato da Cristo perché aspirassimo al nostro miglioramento, quanto il convertire e assegnarci come maestro chi era stato persecutore?

Capitolo 2

Tuttavia, anche se confutati dal manifesto esempio di Paolo e dei suoi scritti, i Novaziani si ostinano a muovere cavilli. L'autorità della parola dell'Apostolo, affermano, è loro di garanzia. A prova, adducono il passo della lettera agli Ebrei: "Quelli che furono una volta illuminati, gustarono il dono celeste, diventarono partecipi dello Spirito Santo e gustarono la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro, è impossibile che, caduti, si rinnovino una seconda volta, di nuovo crocifiggendo il Figlio di Dio e pubblicamente trionfando".

Sarebbe forse in Paolo incoerenza tra parola e azione? Egli ha rimesso la colpa al peccatore di Corinto in virtù della penitenza: come avrebbe poi potuto ripudiare la sua decisione? Ovviamente, giacché mai avrebbe potuto demolire il suo edificante insegnamento, dobbiamo ritenere che non ha espresso un concetto antitetico, ma soltanto diverso. Noi diciamo antitetico un pensiero che è in contrasto con se stesso; diverso, invece, un pensiero che ha una sua ragione di essere. Non è, dunque, da considerare antitetico un concetto che non è in opposizione bensì a sostegno di un altro. Una volta trattato il tema relativo alla necessità di perdonare chi esercitasse la penitenza, l'Apostolo non poteva tacere di chi ritiene che il battesimo debba ripetersi. Prima, quindi, è stato necessario rassicurarci che, se alcuni cadessero in colpa postbattesimale, sarebbe stato loro perdonato, affinché, disperando essi nell'indulgenza, la stolida illusione di ripetere il battesimo non li conducesse fuori di strada. Successivamente, ha creduto necessario convincerci con logica argomentazione che il battesimo non deve essere rinnovato.

L'Apostolo si è riferito, dunque, al battesimo. Lo desumiamo agevolmente dalle parole con cui ha espresso l'impossibilità "che, caduti, si rinnovino in forza della penitenza". Ci rinnoviamo, infatti, in virtù del battesimo. Mediante questo sacramento nasciamo una seconda volta, come asserisce lo stesso Paolo: "Siamo stati sepolti con lui nella morte mediante il battesimo, perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova". In altro passo: "Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo creato secondo Dio". Ancora: "La tua gioventù sarà rinnovata come quella dell'aquila". L'aquila, infatti, dopo la morte rinasce dalle sue ceneri, così come noi, una volta morti al peccato, di nuovo, in virtù del sacramento del battesimo, nasciamo a Dio, di nuovo siamo creati. Uno solo, perciò egli insegna, è il battesimo. Appunto, in altro luogo afferma: "Una sola fede, un solo battesimo".

E' evidente, in chi viene battezzato è crocifisso il Figlio di Dio. Mai la nostra carne avrebbe potuto cancellare il peccato, se non fosse stata crocifissa in Cristo. Perciò, sta scritto: "Tutti noi che siamo stati battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte". Più avanti: "Se, infatti, siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione; sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui". Dice ai Colossesi: "Siete stati sepolti con lui nel battesimo, in lui siete anche stati risuscitati". Così sta scritto, affinché crediamo che Cristo medesimo viene crocifisso in noi, perché in virtù sua i nostri peccati siano mondati ed egli, che è il solo a poter rimettere le colpe, affigga alla croce il documento scritto del nostro debito. Trionfa in noi sui Principati e Potestà, giacché sta scritto: "Ha fatto pubblico spettacolo dei Principati e Potestà, trionfando su di loro in se medesimo".

Dunque, ciò che afferma nella lettera agli Ebrei: "E' impossibile che, caduti, si rinnovino in forza della penitenza, una seconda volta crocifiggendo il Figlio di Dio e trionfando pubblicamente", bisogna credere che è stato detto a proposito del battesimo in cui crocifiggiamo in noi il Figlio di Dio, affinché per opera sua il mondo sia crocifisso a noi. E meniamo, in certo senso, un trionfo mentre assumiamo una morte simile alla sua. Infatti "ha fatto pubblico spettacolo" sulla croce "dei principati e Potestà" e ha su di loro trionfato, affinché anche noi, a somiglianza della sua morte, trionfassimo sui Principati, con il sottrarci per sempre al loro giogo. Una sola volta Cristo è stato crocifisso, una sola volta "è morto al peccato": non ci sono, dunque, più battesimi, ma uno soltanto.

Che dire poi a proposito di questo insegnamento relativo ai battesimi, del quale Paolo ha parlato nel passo che precede quello in esame? Poiché nella legge ne erano consentite varie forme, a ragione biasima coloro che indagano le verità elementari del Verbo e trascurano ciò che è perfetto. Ci ammaestra che sono state completamente distrutte tutte le specie di battesimi della legge e che uno è il battesimo nei sacramenti della Chiesa. Pertanto, ci esorta ad abbandonare le verità elementari del Verbo e a mirare al perfetto. Dice: "Questo intendiamo fare, se Dio lo permette". Senza l'aiuto del Signore, nessuno può raggiungere la perfezione.

Potrei ancora dire a chi sostiene che il passo si riferisce alla penitenza: "le cose impossibili all'uomo, non lo sono a Dio". Quando vuole, il Signore può perdonare i peccati, anche quelli che disperiamo possano essere rimessi. Dunque, Dio può rimettere ciò che appare a noi impossibile ad ottenersi. Sembrava anche cosa assurda che il peccato fosse cancellato con il lavacro. Naaman Siro, appunto, non credette che in questo modo potesse essere sanata la lebbra che lo tormentava. Dio, però, che ci ha fatto dono di una così grande grazia, diede concretezza a ciò che appariva irrealizzabile. Parimenti, sembrava impossibile che venissero rimessi i peccati ad opera della penitenza. Eppure Cristo concesse questa potestà agli Apostoli ed essi la trasmisero all'ufficio sacerdotale. L'impossibile è diventato realtà. L'Apostolo, tuttavia, ci fa comprendere con il suo veritiero argomentare che egli ha inteso parlare del battesimo, perché nessuno avesse in animo di ripetere il sacramento.

Capitolo 3

Né, d'altra parte, l'Apostolo si sarebbe schierato contro l'insegnamento così limpido di Cristo, il quale a proposito del peccatore che fa penitenza si è valso di una similitudine. Infatti, il giovane "partito alla volta di un paese straniero", dilapidò l'intero patrimonio ricevuto dal padre, menando vita dissipata. Poi, costretto a nutrirsi di ghiande, sentì vivo il rimpianto dei pani del genitore. Eppure fu ritenuto degno dell'anello, dei calzari e, per giunta, del sacrificio di un vitello, sacrificio simbolo della passione del Signore mediante la quale ci è stato elargito il sacramento celeste.

Bene a proposito è detto "partito alla volta di un paese straniero", giacché si era tenuto lontano dai sacri altari. Il che significa, vivere segregato dalla Gerusalemme celeste, dall'abitazione civica, per così dire, e familiare dei santi. Perciò l'Apostolo afferma: "Dunque, non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio".

Sta scritto: "Dilapidò il suo patrimonio". A proposito, è detto lo "dilapidò", giacché la fede del giovane vacillava nelle opere. La "fede" è "fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono". E' la solida base su cui poggia interamente la nostra speranza.

Né appaia strano che languisse per fame chi sentiva mancanza del cibo divino. Sentendone, appunto, privazione, disse: "Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre ho peccato contro il cielo e contro di te". Non comprendete forse che ci è detto con chiarezza che se siamo esortati a pregare, è, appunto, per renderci meritevoli del sacramento? Voi, Novaziani, vorreste, invece, privarci del frutto della penitenza? Togli al timoniere la speranza dell'approdo: si aggirerà senza meta nel mezzo delle onde. Nega la corona al lottatore: neghittoso se ne starà sdraiato nell'arena. Priva il pescatore del provento della pesca: subito smette di gettare le reti. Pertanto, chi soffre la fame della sua anima, come potrebbe con devozione pregare Dio, se non avesse fede nel divino nutrimento?

Il figliol prodigo dice: "Ho peccato contro il cielo e contro di te". Confessa il peccato che cagiona morte, affinché non crediate che sia a ragione ripudiato chi fa penitenza di una qualsiasi colpa. Ha peccato "contro il cielo", cioè, contro il regno celeste o contro l'anima sua; ha commesso peccato mortale, e al cospetto di Dio al quale è detto: "Ho peccato contro te solo e ho fatto ciò che è male innanzi a te".

Eppure così prontamente si guadagna il perdono, che , al suo ritorno, quando si trovava "ancora lontano", il padre muove a lui incontro e "lo bacia" con il bacio simbolo della santa pace. Comanda che "si porti la lunga veste", l'abito, cioè, nuziale, senza il quale si è scacciati dal banchetto. Gli "pone al dito l'anello", il pegno della fede, il contrassegno dello Spirito Santo. Ordina che siano portati "i calzari". Infatti, chi è sul punto di celebrare la Pasqua del Signore e sta per mangiare l'agnello deve necessariamente avere il piede al riparo dagli assalti degli spiriti del male e dai morsi del serpente. Comanda che sia sacrificato "il vitello", poiché "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato". Ogni volta che assumiamo il sangue di Cristo, annunciamo la morte del Signore. Come egli si è immolato per tutti una sola volta, così, ogni volta che ci sono rimessi i peccati, assumiamo il sacramento del suo corpo, per riscattarci dalle colpe mediante il suo sangue.

La parola del Signore ha stabilito senza possibilità di equivoco che la grazia del sacramento deve essere restituita alle persone che si sono macchiate di colpe quanto vuoi infamanti, purché ne facciano ammenda con cuore contrito e con confessione sincera. E' ovvio, dunque, che voi Novaziani non avete possibilità di legittimare la vostra condotta.