00 25/02/2014 23:29
c) La personalità di Dario il Medo. - II libro di Daniele ricorda varie volte un re molto enimmatico, Dario il Medo che, secondo Dn. 5, 30-31, sembra impadronirsi del potere in Babilonia nel 539, all'età di sessantadue anni, succedendo a Baltasar. Quest'affermazione risponde alla linea storica del libro di Daniele, che fa occupare Babilonia prima dai Medi e poi dai Persiani. Dn. 11, 1 precisa il problema presentando Dario come figlio di Serse. Ma la storia si svolse in modo del tutto diverso:a) Se c'è priorità dei Medi sui Persiani, essa risale al 612 e non al 53°, quando cioè, assieme agli Sciti, soggiogarono Ninive e l'Assiria; b) Babilonia fu presa per opera di Ciro e tra il suo regno e quello di Baltasar non c'è posto per un regno intermedio di Dario il Medo; e) la storia persiana conosce Dario I, figlio d'Istaspe (521-485) e padre di Serse (485465), ma ignora completamente un Dario figlio di Serse; d) dopo il 539 nessun re medo regnò su Babilonia, mentre il Dario in questione viene varie volte qualificato come medo.

Risposta. - La difficoltà è seria e all'autore dell'ultima monografia sul sog-_ getto pare insolubile (H. H. Rowley, Darius thè Mede and thè Four Empires ' in thè Book of Daniel, Cardiff, 1935). Rowley conclude che Dario il Medo non può venir identificato né con Cambise, successore di Ciro e, in alcuni testi, associato con lui; né con Astiage, figlio di Ciassare I conquistatore di Ninive; né con Ciassare II, figlio d'Astiage e ultimo re dei Medi, che venne detronizzato da Ciro; né con Gobrias, un ufficiale di Ciro. Del resto riguardo all'ultimo personaggio la maggior parte degli autori, come aveva già fatto Senofonte, confonde Ugbaru, l'ufficiale di Ciro che conquistò Babilonia, con uno chiamato Gubaru, posto da Ciro come governatore della città e, a quanto sembra, vissuto sotto il regno di Cambise e di Serse. Però né in Ugbaru, né in Gubaru si verificano i dati riportati dall'agiografo riguardo all'enimmatico Dario. In queste condizioni occorre o rassegnarsi a ignorare finché non faccia nuova luce qualche scoperta di nuovi documenti cuneiformi, oppure a dire con Göttesberger che anche qui l'inesattezza è imputabile non all'autore sacro, ma al testo tramandato che, servendosi d'elementi disparati, inventò la persona di Darfo il Medo, confondendolo con Dario I d'Istaspe. Anche Rowley si attiene a simile spiegazione. Una terza e più radicale soluzione, già proposta nel 1904 dal P. Lagrange e ripresa nel 1932 da H. Junker (Untersuckungen uber Meralische und exegetische Probleme des Buches Daniel, Bonn, 1932, p. 28, nota 1) afferma che le sezioni storiche del libro di Daniele derivano dal genere delle tradizioni popolari e quindi non si può esigere un'esattezza rigorosamente "torica (30).

(30) Chi vuole può documentarsi sulle posizioni recenti dell'esegesi protestante sul libro di Daniele con l'eccellente opuscolo di M. W. Baumoartner, Dos Buch Daniel una seine Botschaft von don letzen Dingen, Basilea 1944, secondo il quale bisogna distinguere i racconti dagli oracoli propriamente detti : i primi sviluppano in modo originale e veramente religioso una serie di temi leggendari, che si ritrovano sbriciolati nella letteratura dell'antico Oriente; gli oracoli riguardano tutta l'epoca maccabea e si potrebbero datare quasi perfino nel mese; tutti conterrebbero una sezione di storia sotto forma di profezia! vatùinium ex eventu; poi una previsione dell'avvenire propriamente detta. Quindi per fissare la data della composizione basterebbe determinare dove finisca la visione della storia e dove cominci l'aspettativa del futuro. Alcuni oracoli avrebbero anche subito correzioni cronologiche, ispirate dal desiderio di mettere a punto le profezìe, a mano a mano che gli eventi le smentivano. Per l'esegesi cattolica: G. Rinauji, Daniele, 3 ed., Marietti, Torino

14. Difficoltà generale contro l'antica storia d'Israele.

- a) Ultima obiezione d'ordine generale. Si obietta che la storia antica d'Israele, specialmente le narrazioni dell'Esodo e quelle della conquista di Canaan (supposto che siano ammesse come storiche le grandi linee) ha molti dati, come quello che concerne te circostanze di luogo e di tempo, le cifre, le statistiche, gl'itinerari, ecc, di cui pare difficile poter ammettere il valore. Un solo esempio: la cifra di seicentomila fanti, che l'Esodo attribuisce alle tribù d'Israele quando escono dall'Egitto, è fantastica. L. Dennefeld (Histoire d'Israel et de l'ancien Orient, Parigi, 1935) osserva a questo riguardo: "Una tale massa avrebbe formato una fila di centocinquanta chilometri, il che corrisponde a trenta giorni di marcia d'una carovana ". A proposito di Es. 12, 37-41 già Maurizio Vernes scriveva nel suo Précis d'histoire juive (Parigi, 1889, p. 95): " Cifre ridicolmente gonfiate, che tolgono ogni verosimiglianza alla storia successiva " (31).

b) Risposta. - Ammettiamo la difficoltà di spiegare molte sezioni dei libri storici e che non c'è una risposta generale da dare come valida per tutte le difficoltà; quindi ogni caso si deve esaminare a parte. Però, in quanto alle cifre, le località, le indicazioni cronologiche e geografiche e altri particolari delle narrazioni, pare possibile e doveroso tener conto di certe modifiche subite dal testo sacro per opera dei copisti e dei glossatori. Tutti gli esegeti ammettono concordi che certi elementi del testo sono alterati (v. A. Loisy, Histoire du texte et des versions de la Bible, 1.1, Amiens, 1892).

Ultimamente Paolo Heinisch ha richiamato l'attenzione degli esegeti sul fatto di queste alterazioni testuali e se ne servi per spiegare passabilmente tratti difficili della Genesi, dell'Esodo, del Levitico, dei Numeri. Si veda per esempio Numeri (Bonn, 1936, pp. 12-13). Quest'autore volle giustificare criticamente il suo metodo di lavoro e armonizzarlo con la dottrina cattolica sull'ispirazione (v. p. es. il commento a Gn. 43, ed Es. 13).

Non converrebbe certamente postulare un'alterazione testuale dei libri sacri ogni qualvolta si sia davanti a un passo difficile, perché sarebbe un metodo esegetico arbitrario, inventato per il bisogno della causa. In ogni caso particolare solo ragioni oggettive e desunte dal testo possono autorizzare l'esegeta a considerare un passo difficile come effetto d'un'alterazione testuale per via d'addizione, di glossa, di correzione fallace, ecc. Mancando queste ragioni bisognerà risolversi a confessare la propria ignoranza (come potremmo pretendere di cogliere sempre e ovunque il senso completo dei testi antichi?), o cercare di capire i passi difficili alla luce della storiografia antica, come abbiamo spiegato.

(31) Molte difficoltà d'ordine storico sorgono, ad esempio, per la conquista di Canaan da parte degli Ebrei. Gios. X e Giud. I sembrano contraddirsi : da una parte le città di Debir e di Hebron sono prese da Giosuè; dall'altra pare che esse siano cadute in potere degl'Israeliti solo al tempo dei Giudici. Il saccheggio di Ai viene attribuito alle truppe di Giosuè; invece gli scavi fatti sul posto sembrano contraddire questa tradizione e invitarci ad attribuire agl'Israeliti il sacco di Bethel, cosa di cui la Bibbia non parla. Cosi Gerico, secondo gli archeologi venne distrutta prima della venuta degl'Israeliti, anche qui contrariamente ai dati biblici. Si potrebbe dare una soluzione radicale dicendo che l'agiografia non seppe né volle scrivere una storia perfettamente esatta e che s'accontentò, conforme ai generi letterali allora in uso, di scrivere una relazione più 0 meno approssimativa, presentando ora allineate l'una all'altra, ora combinate più o meno felicemente, tradizioni tal volta contrarie, talora già deformate. Ma questa soluzione, giustificabile forse albume della teoria dei generi letterari, e anche abbastanza conciliabile con la dottrina dell'ispirazione e dell'inerranza, è certo larga e facile. Importa che l'esegeta cattolico, e anche l'esegeta in genere, non si scoraggi troppo presto davanti a una contraddizione apparente, e nemmeno voglia, cadendo nell'altro estremo, tutto armonizzare, spesso a costo delle combinazioni più artificiose. Anziché salvare le Sacre Scritture, tale metodo riuscirebbe solo a screditarle di fronte a quelli che non condividono la nostra fede e che d'altronde vogliono studiare la Scrittura onestamente e senza partito preso contro la religione. Nulla delude di più l'incredulo quanto il vedere che lo si vuole circuire a forza di sottigliezze. E' infinitamente meglio riconoscere lealmente le difficoltà, quando ci sono, far intravvedere soluzione più larga come estrema e intanto continuare a studiare sempre più da vicino i dati apparentemente contraddittori, ricordando che molto spesso il progresso degli studi le ha dissipate. Basta ricordare i successi ottenuti dalla scienza dell'Oriente antico in questi ultimi cinquantanni per essere modesti e prudenti, non solo nella soluzione dei problemi, ma anche, e più ancora, nel proporre le difficoltà che ex eathedra verrebbero dichiarate tali da rovesciare per sempre le posizioni della teologia cattolica in fatto d'ispirazione biblica. Cosi, ad es., per il problema di Ai vedi il P. H. Vincent, Les fouilles d'Et-Tell = Ai, in Reaue biblique, 1937, t. xlvx, pp. 230-266, soprattutto pp. 258-266. Per tutti i problemi si veda D. Baldi, Giosuè, Marietti, Torino 1952.