L'IDENTITA' DI GESU' FU ESAMINATA ATTENTAMENTE DAL SINEDRIO
Consideriamo ora un passaggio decisivo nella disamina sulla reale identità di Gesù, e cioè quando Gesù venne portato davanti al Sinedrio per essere giudicato inequivocabilmente sulla sua persona e in particolare su CHI Egli affermava di essere.
Matteo 26,63 riferisce che "il sommo sacerdote gli domandò in maniera perentoria ed inequivocabile:
«Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio».
Caifa conosceva perfettamente il salmo 82,6 che dice: “io ho detto, voi siete dei, siete tutti figli dell’Altissimo” per cui non poteva condannare Gesù sulla base di una generica figliolanza divina che la Scrittura stessa attribuiva a tutti indistintamente.
Se Caifa avesse ritenuto che il termine Figlio di Dio, che l’accusato non rifiutava di farsi dare, avesse per l'Imputato un valore generico e che non pretendesse di essere della stessa natura del Padre, non avrebbe fatto crocifiggere Gesù.
Neanche avrebbe potuto condannarlo soltanto sulla pretesa da parte di Gesù di essere il Cristo, cioè il Messia che pure rivendicava di essere, perchè molti altri avevano avuto questa stessa pretesa e nessuno di essi fu mai condannato a morte.
Per questo Mt 26,63 riferisce due distinte domande da parte dei sinedristi:
la prima voleva accertare se Gesù ritenesse di essere davvero il Cristo, ed egli lo confermò dicendo: “d’ora in avanti il Figlio dell’uomo sarà seduto alla destra della potenza di Dio”, attribuendo a se stesso il testo messianico di Daniele 7,13 che i rabbini attribuivano all’atteso liberatore e sgominatore di tutti i nemici d’Israele per incarico di Dio. Questa risposta poteva lasciare al massimo indignati gli accusatori i quali potevano ritenere che Gesù fosse un millantatore, ma non un bestemmiatore reo di morte.
Inoltre la figura dell’atteso Messia non era associata all’idea che egli fosse vero Figlio di Dio. Questa era la voce popolare che circolava su Gesù e i sinedristi la sfruttarono vantaggiosamente per trovare il capo d’accusa.
Fu infatti allora che, come risulta da Lc 22,70, il sinedrio rivolse a Gesù la più specifica domanda: “sei tu dunque il Figlio di Dio?”
Ed egli confermò rispondendo: “IO SONO” (Mc.14,62).
Tale risposta non lasciava dubbi sulla identità che Gesù affermava di avere.
Egli confermava di essere realmente il vero Figlio di Dio, la cui natura era insita nella stessa risposta IO SONO, senza aggiungere alcun altra precisazione .
In tal modo Gesù appariva come usurpatore della natura divina, ed Egli non fece nulla per rettificare questa idea dei suoi giudici, a conferma che era proprio quella la idea giusta che essi dovevano avere nei suoi confronti, che voleva rendere TESTIMONIANZA ALLA VERITA' DI SE STESSO, fino alla estrema conseguenza.
Se egli fosse stato una creatura di qualsiasi rango e posizione, avrebbe dovuto senz'altro, in questa decisiva occasione, precisare che quel titolo era da considerare in maniera diversa da come appariva ai giudici, in modo che 1) non usurpasse la natura divina,
2) che venisse attestata la verità su se stesso
3) che evitasse la passione e morte.
Ma Gesù non rettificò quella opinione dei sinedristi ritenendola corretta anche se portava come conseguenza la sua condanna.
Ecco allora perché a quel punto, Caifa si stracciò le vesti e lo accusò di essere reo di bestemmia: perché riteneva appunto che Gesù osasse usurpare l’assoluta unicità di Dio, dichiarandosi suo Figlio e quindi della sua stessa natura divina, mettendo quindi in discussione il comandamento ricevuto da Mosè: “ NON AVRAI ALTRI DEI DI FRONTE A ME” e “IL SIGNORE E’ UNO.”
Ricapitolando e precisando:
Secondo il monoteismo male inteso degli ebrei, appariva inconciliabile con la loro fede, inaccettabile e meritevole di morte il solo affermare di essere vero Figlio di Dio.
Infatti Gv.19,7 riferisce che i Giudei dissero: “noi abbiamo una Legge e secondo questa legge egli deve morire perché si è fatto figlio di Dio.”
Quindi il punto che occorre rimarcare è che i giudei attribuivano a Gesù la pretesa di essere figlio di Dio in senso reale, vero e non simbolico, proprio come riferisce Gv. 5,18 e 10,33: " I giudei cercavano di ucciderlo perchè chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio".
Questo dunque è quanto i giudei pensavano esprimendo la condanna, ma quello che maggiormente ci interessa è la posizione e la reazione di Gesù di fronte alla loro opinione:
Gesù non negò l’interpretazione dei giudici sulla sua reale figliolanza divina.
Se il termine Figlio di Dio stava ad indicare una natura creata, cioè come quella di tutte le altre creature, diversa dalla natura divina del Padre, avrebbe dovuto rettificare il loro pensiero e precisare chi egli fosse veramente, per non mettere in discussione la divinità del Padre, per non usurpare la sua Assoluta Unicità e soprattutto per non privarlo della Sua Gloria assoluta così come era stata rivendicata ad esempio in Isaia 42,8, il che gli stava a cuore più di ogni altra cosa e di cui in pratica veniva accusato.
Ma Gesù non modificò il loro concetto a suo riguardo, come opportunamente fece davanti a Pilato quando gli mosse l’accusa di essersi fatto Re dei giudei: Gesù precisò in quel caso che “il suo regno non era di questo mondo” (Gv.18,36) e questo significava che non pretendeva di usurpare il regno di Cesare. Per questo Pilato, ritenendolo al massimo un vaneggiatore, un esaltato, voleva scagionarlo.
Sarebbe ben strano se Gesù si fosse preoccupato di salvaguardare la gloria di Cesare e non quella di Dio, mentre egli invece intendeva rendere testimonianza assoluta alla Verità. Davanti al Sinedrio, il supremo tribunale religioso ebraico, veniva perciò ufficialmente resa nota l’identità che Egli era il vero Figlio di Dio.
La wt equivocando e non comprendendo nulla di questo cruciale processo il cui scopo era proprio quello di stabilire CHI FOSSE GESU', continuano a pensare che Egli fosse "figlio" ma solo in senso metaforico, non nel significato reale del termine, per cui subì la condanna alla morte di croce.
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Gesù in mt 26,64 rispose a Caifa: «Tu l'hai detto; anzi vi dico che da ora in poi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo». ..: Questa risposta di Gesù evoca due specifici brani del Vecchio Testamento e precisamente :
Salmo 109
1 Di Davide. Salmo.
Oracolo del Signore al mio Signore:
«Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
2 Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
«Domina in mezzo ai tuoi nemici.
3 A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, IO TI HO GENERATO».
e poi Daniele 7,13-14:
13 Guardando ancora nelle visioni notturne,
ecco apparire, sulle nubi del cielo,
uno, simile ad un figlio di uomo;
giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui,
14 che gli diede potere, gloria e regno;
tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano;
il suo potere è un potere eterno,
che non tramonta mai, e il suo regno è tale
che non sarà mai distrutto." -------------------------------------------
Tali brani avrebbero dovuto ricordare ai sinedristi che Dio ha un vero Figlio che si sarebbe seduto alla Sua destra e che sarebbe venuto dal cielo per regnare con Lui. Su tali brani a cui Gesù fece opportuno riferimento, avrebbero dovuto riflettere i sinedristi per non commettere il fatale errore e il grave peccato della morte di quell'Imputato.
Ma anzichè riflettere su Chi avevano davanti, scatenarono la sdegnata condanna per bestemmia contro Dio, non riconoscendo a Gesù tanto umiliato e inerme, una tale divina grandezza.