00 27/01/2014 15:49

CAPITOLO VII. - L'ETÀ' MODERNA


§ 1. - I grandi Ordini del secolo XVII.


Così vengono precisate le condizioni in cui la Chiesa eserciterà il suo ministero per due secoli. L'Europa è divisa in due confessioni religiose, che dopo la metà del secolo XVII sembrano avere definitivamente stabiliti i rispettivi confini. Nei paesi dov'è rimasto, il cattolicesimo romano si dedica alla necessaria ricostruzione e riforma, le cui grandi linee furono fissate dal Concilio di Trento. Fu una nuova primavera della fede, priva della freschezza e della grazia ingenua del Medioevo, ma caratterizzata dalla serietà e dalla profondità. Dopo i lavori indimenticabili d'Enrico Bremond più nessuno può ignorare che cosa fu la fioritura mistica nella Francia del secolo XVII; lo stesso dobbiamo dire degli altri paesi cattolici. Sorgono un po' ovunque nuove congregazioni, sull'esempio dei Gesuiti, e le antiche ritornano alle loro prime e più austere tradizioni, con un moto analogo a quello che ha sollevato la cristianità del Medioevo, tra la fondazione di Cluny e quella degli Ordini mendicanti.


Tra tutte le famiglie religiose che è impossibile enumerare, meritano un posto particolare i preti dell'Oratorio, che si propongono soprattutto la formazione del clero, ma che ben presto sono tratti a seguire i Gesuiti nel campo dell'insegnamento. Assai differenti dai loro emuli e quasi altrettanto accetti, gli Oratoriani nei loro collegi diedero più importanza all'insegnamento scientifico e, aggiungendo la loro tradizione a quella dei Gesuiti, nell'insegnamento secondario attuale si troverà ben poco che non sia dovuto agli uni o agli altri. Infine, col Padre Malebranche, l'Oratorio tentò una sintesi tra cristianesimo e cartesianesimo, sintesi forse imperfetta, ma d'importanza capitale nella storia delle idee.


Benché gli sforzi degli Oratoriani e dei Gesuiti fossero rivolti soprattutto alla formazione della nobiltà e della borghesia, la Chiesa non si disinteressò dell'istruzione popolare. Lo Stato lasciava ad essa completamente i campi dell'educazione e dell'assistenza. Nuove Congregazioni religiose sorsero tra i secoli XVI e xvii, per l'istruzione e la formazione dei figli del popolo. Giova ricordare, oltre i Somaschi, i Barnabitì, le Orsoline, due congregazioni che si specializzarono nel campo dell'insegnamento: i Padri delle Scuole Pie e i Fratelli delle Scuole cristiane. I fondatori di queste due famiglie religiose, S. Giuseppe Calasanzio e S. Giovanni B. de la Salle, si dedicarono espressamente a risanare la piaga della miseria intellettuale degli umili, con animo di educatori e di apostoli. I metodi da essi sperimentati ed elaborati dai loro collaboratori, hanno nella storia dell'insegnamento primario importanza grande quanto quelli dei Gesuiti e degli Oratoriani nel campo dell'insegnamento secondario.


L'assistenza agl'infelici fu sempre compito essenziale della Chiesa, ma in quei tempi di guerre, carestie, epidemie, divenne provvidenziale ed urgente. Ad alleviare tante miserie, Iddio suscitò eroi della carità e famiglie religiose consecrate all'assistenza dei poveri e degl'infermi: S. Giovanni di Dio coi Fratelli Ospedalieri, S. Camillo de Lellis coi Ministri infermieri, e, grande fra tutti, S. Vincenzo de' Paoli. Non s'era visto da tempo un prodigio di carità universale, come quello del signor Vincenzo. Egli si dedica alle missioni nelle campagne, si china sugli orfani e gli abbandonati, sui poveri e i sofferenti d'ogni genere, sui condannati alle galere. E attorno a lui si levano legioni di anime generose, dalle Dame e le Figlie della Carità, ai Padri della Missione, a quanti oggi ancora sul suo esempio e nel suo nome si dedicano per soccorrere i miseri.


§ 2. - L'epopea missionaria.


Nel Nuovo Mondo. - Infine, per quanto splendidi siano i servizi resi dalla Chiesa in questo tempo alla civiltà nei vecchi paesi cristiani d'Europa, forse sono superati dalla straordinaria epopea missionaria che si sviluppò dopo le grandi scoperte. Abbiamo visto che in America gli Spagnoli piantano la croce assieme alla bandiera di Sua Maestra cattolica. Lo so che innumerevoli eccessi vengono rimproverati, non senza ragione, ai conquistatori avidi di potenza e di lucro; però bisogna prima constatare che mentre le colonie inglesi eliminano rapidamente l'elemento indigeno, questo si mantenne nell'America latina, dove forma tuttora parte notevole della popolazione. A questo non è estranea l'azione della Chiesa. Occorre ricordare il vescovo domenicano Bartolomeo de Las Casas, soprannominato il Padre degl'Indi, che traversò l'oceano almeno tredici volte per difendere alla corte di Spagna la causa degl'Indigeni. È vero che per la maggior parte degli Spagnoli gl'Indi erano un materiale umano da sfruttare, ma per i religiosi che sbarcarono in America, quasi contemporaneamente ai coloni, erano anime da salvare. I missionari, assai più dei conquistadores, formarono l'America latina, pur commettendo qualche errore, per esempio nel non organizzare un clero indigeno conforme alla volontà dei primi e più grandi di essi, per cui la religione non avrebbe mai corso il rischio di sembrare un'importazione straniera. Se si devono deplorare queste lacune, bisogna anche riconoscere che esse erano allora quasi inevitabili. La Chiesa non dev'essere fatta responsabile nemmeno dell'orribile tratta dei Negri, che fu organizzata dopo i viaggi pressanti di Bartolomeo de Las Casas in favore degl'Indiani.


Dobbiamo citare anche l'opera straordinaria dei Gesuiti nel Paraguay. I dettagli di quella specie di Città di Dio esigono varie riserve, e la vita quasi conventuale imposta ai selvaggi convertiti forse non era la più adatta, però furono gettati semi fecondi, non completamente soffocati dalle rivoluzioni e dalle guerre successive; fu dato un esempio che poteva benissimo essere ripreso con nuova forma. All'altro estremo dell'America, sulle sponde del San Lorenzo che Emanuele Champlain aveva dato alla Francia, gli stessi Gesuiti spiegarono un eroismo soprannaturale per la conversione degli Uroni e degl'Irochesi. In quel paese poco popolato era molto difficile fondare vere cristianità indigene. Almeno il sangue dei martiri, per esempio d'un uomo come il P. Jogues, non doveva scorrere invano. La Francia cattolica del secolo xvn impiantò sulle sponde del San Lorenzo una delle cristianità più feconde e più vive.


In Asia. - Ma il campo d'apostolato più fecondo e difficile furono le immense regioni che i navigatori portoghesi avevano aperto all'Europa, cioè la Cina e l'India. Qui un grande nome domina su tutti gli altri: quello di San Francesco Saverio. Dall'India al Giappone, attraverso le più lontane isole delle Molucche, ovunque portò instancabile il Vangelo, ponendo l'assedio, come dice P. Claudel, di fronte alla vecchia Asia. È là che si deciderà forse il dramma più acuto della storia del mondo, perché là formicolano più le numerose masse umane, che non hanno ancora ricevuto l'annuncio della buona Novella; là si svilupparono e fiorirono civiltà che per molti titoli meritano d'essere paragonate a quella dell'Occidente. San Francesco Saverio fu l'intrepido pioniere che, sorretto dall'amore e dalla fede, leva dinanzi alle generazioni future la carta delle terre da conquistare.


Gli ostacoli venivano non solo dalla parte degli indigeni, ma anche dalla nazione portoghese, che pretendeva il monopolio sull'immenso dominio, sproporzionato alle sue forze. In virtù d'un diritto di patronato, i Portoghesi avrebbero voluto che la Chiesa fosse strettamente sottomessa alla loro azione politica; e invece per riuscire occorreva assolutamente separare la politica dalla religione, cosa che i Papi del secolo xvn ebbero il merito di capire. La persecuzione e la distruzione della Chiesa giapponese, che cominciò nel 1614 col falso pretesto che i cristiani fomentavano complotti nell'impero, apri gli occhi del pontefice di Roma sui pericoli che presentava una solidarietà prolungata più oltre, anche se solo apparente, con le potenze europee, tutte occupate ne) commercio e nella politica. A questo risponde la fondazione della Sacra Congregazione di Propaganda (1622) e l'istituzione dei vicari apostolici (1658) che dipenderanno unicamente dalla Santa Sede e saranno liberi tanto dalle potenze temporali come dagli Ordini religiosi, che troppo spesso avevano tendenze al particolarismo e all'esclusività.


I Gesuiti per primi compresero che l'evangelizzazione dei popoli orientali era possibile soltanto se il cattolicesimo si presentava separato non solo dagli interessi politici dell'Europa, ma anche da tutte le forme di civiltà europee che non siano specificamente cristiane. Per convenire i bramini e perché i cristiani


 


dell'India sfuggissero al disprezzo generale cui si tenevano i Pranguis (cioè gl'indigeni convertiti dai Portoghesi e ai quali assieme al battesimo veniva imposta una vera snazionalizzazione), il P. de Nobili adottò i costumi della casta superiore e divenne bramino sannyasi. Attaccato a Roma, egli ottenne l'approvazione del papa Gregorioxv (1628), lo stesso che l'anno precedente aveva istituito la Propaganda. I suoi illustri confratelli, il P. Ricci e il P. Schall, adottarono lo stesso atteggiamento in Cina, e seppero farsi apprezzare dagli ultimi imperatori Ming e dal fondatore della dinastia mancese; ottennero importanti posti ufficiali, specialmente all'osservatorio di Pechino, editti di tolleranza e, in alcuni anni, la cristianità cinese si sviluppò rapidamente.


Qui sorge la famosa controversia delle cerimonie cinesi. In un certo senso, può apparire solo come un episodio di rivalità tra le diverse congregazioni missionarie; od anche una manifestazione dell'ostilità che in vari ambienti incontrava la Compagnia di Gesù sulla fine del secolo XVII, quando la lotta tra i giansenisti e i molinisti era più accesa; però è qualcosa di molto più profondo, trattandosi in realtà di sapere se era possibile dare un senso ragionevolmente cristiano alle cerimonie cinesi. Roma si pronunciò contro l'interpretazione troppo benevola dei Gesuiti; e non è questo il luogo di compendiare la decisione e le sue conseguenze. Lo stesso fatto di aver posta tale questione dimostra già, in ogni caso, fino a che punto la Chiesa abbia favorito nell'universo il contatto tra civiltà diverse, che è uno dei caratteri più notevoli del mondo moderno. E furono pure i libri dei Gesuiti sulla Cina a far conoscere questo grande paese all'Occidente e suscitare presso i filosofi del secolo xviii un entusiasmo spesso eccessivo, che talvolta fu cambiato in astiosi attacchi contro la Chiesa.


§ 3. - L'anticristianesimo del secolo XVIII.


Nel " secolo dei lumi " assistiamo alla decomposizione dell’Anrien Regime. Non solo i " filosofi " non distinguono tra ordine politico sociale e la società religiosa che ad esso potè appoggiarsi senza confondersi, ma si scagliano soprattutto e talvolta quasi esclusivamente contro la Chiesa, quasi fosse responsabile di tutte le iniquità e fosse il principale ostacolo al trionfo della "ragione". Comincia allora il grande malinteso, che in molti non è ancor finito. Madre della civiltà e dei popoli, la Chiesa si vede accusata d'opprimere questi e di soffocare quella. In realtà si tratta di sapere se l'uomo è capace di salvare se stesso, senza Dio o contro Dio; oppure se si debba attendere la sua salvezza eterna e anche temporale solo da una divina mediazione. L'esaltazione dell'uomo fatta dal Rinascimento, perfettamente ammissibile se l'uomo resta subordinato a Dio, condusse a questo tragico dibattito, in seguito ad una serie di deviazioni, di cui il razionalismo cartesiano e il laicismo d'ispirazione massonica sono le forme più appariscenti.