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CAPITOLO III. - INTERPRETAZIONE APOLOGETICA

Dal nostro punto di vista, qual è il significato esatto delle dottrine di cui abbiamo parlato e delle constatazioni che abbiamo fatto?

Insufficienza delle dottrine esaminate.

- L'apologetica, ordinariamente, si occupa di queste dottrine per trionfare, con più o meno comprensione o severità, sulle loro insufficienze teoriche o pratiche, da una parte indicandone le incoerenze e le contraddizioni, parlando per esempio dei " valori n ai quali esse si riferiscono (il dovere, la giustizia, ecc), alle volte come di realtà che trascendono l'universo sensibile, alle volte come di forze immanenti all'universo, senza giungere a dare loro una forma di esistenza ben definita e precisa; dall'altra parte, dimostrandole moralmente e socialmente affatto o troppo poco efficaci e impotenti, eccetto in qualche caso privilegiato e grazie alle sopravvivenze cristiane, a muovere la sensibilità e a vincere le volontà, incapaci di assolvere la funzione che a questo riguardo fu sempre svolta dalla religione.

Queste considerazioni non sono certo indifferenti. La coerenza interna e la fecondità non bastano a definire la verità, ma valgono almeno come segno e criterio che ce la possono far conoscere, poiché la dottrina che non riesce affatto a concordare con se stessa e che lascia continuamente trasparire una contraddizione mascherata, ma non superata, che impegna l'azione in un vicolo cieco e non riesce a uscirne, è perlomeno incompleta e troppo sistematica, non risponde alle esigenze della verità, adeguamento del pensiero con l'oggetto e anche, anzi prima ancora, (per noi) adeguamento dell'essere con se stesso nell'insieme delle sue condizioni d'esistenza. Se si trattasse di abbatterla o di metterla da parte, basterebbe questa constatazione.

Ma l'apologetica non è l'arte del massacrare e nemmeno una battaglia, poiché non vogliamo la morte del peccatore, ma la conversione e la vita; e quindi, non basta snidarlo dalle posizioni dov'è rifugiato con la sua debolezza e miseria, ma dobbiamo impegnarlo nelle vie della liberazione, dove alla fine troverà tutta la forza e la luce. Avremmo il miglior pegno della vittoria decisiva se riuscissimo a dimostrargli che egli, pur senza saperlo e senza osare spingersi molto lontano, è già impegnato in questa via, che deve vincere la timidita e non abbandonare l'orientamento; che in definitiva gli chiediamo soltanto di accettare integralmente proprio quelle conseguenze delle esigenze e aspirazioni che l'hanno messo in cammino, facendogliene prendere intera coscienza.

È certo possibile trarre un grande vantaggio dall'analisi, dalla meditazione, dalle nozioni d'assenza o di vuoto, purché in esse si veda non un puro e semplice nulla, e si lasci nel mondo dei fantasmi la pseudo-idea del nulla. In questa logica concreta e viva, che Blondel, per distinguerla dalla logica astratta e formale del pensiero puro, proponeva di chiamare a normativa ", la negazione è privazione, e a questo titolo, comporta degli effetti positivi; l'assenza è assenza d'una presenza che può rimanere irraggiungibile e inattingibile, ma non per questo cessa di esercitare un'azione effettiva, e lascia un vuoto di forma e dimensioni indefinite, te il cui fondo è certamente indeterminabile, ma i suoi margini e contorni intanto prefigurano le virtualità d'un'eventuale soluzione " (M. Blondel, La Pensée, II, p. 327). La ragione ha il compito assai più di scavarlo che di colmarlo, sia pure nel solo campo ideale e ipotetico, e inoltre, di fronte a quest'Ignoto che per noi non sarà mai più come se non esistesse, essa non è condannata alla completa ignoranza e ridotta al silenzio.

Perciò, non è sacrilegio temerario cercare di scorgere almeno qualcosa dell'autentico Dio e della vera religione in questi idoli più o meno grossolani, in questi surrogati di religione, nei quali hanno tuttavia lasciato il loro segno come nella cera molle e fluida l'immagine incavata del rilievo del sigillo. Non possiamo dirci soddisfattti quando li abbiamo costretti a confessare la loro insufficienza; ma proprio in quest'insufficienza, dobbiamo cercare l'unica cosa che può bastare; e proprio nel fondo di queste idee ìnadegute, conservando tutta la riverenza verso i dati propri della rivelazione e della grazia, dobbiamo seguire attentamente l'anima di verità che fa vivere questi surrogati, anima che tuttavia essi mutilano e ripudiano.