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'L'a-teismo, escludendo una Ragione eterna e creatrice, fonda tutto ciò che esiste su una totale assenza di logica e razionalità, compresa la razionalità umana. Su una natura che è "nessuno", che si muove in modo cieco, senza nessun senso e scopo. Ebbene su questo modo di intendere la natura si baserebbe costantemente la logica e la razionalità umana.

L'ateismo è, logicamente, una contraddizione in termini, una posizione razionalmente insostenibile."

Potrebbe essere un'immagine raffigurante il seguente testo "έν άρχη ήν ό λόγος (Gv1,1) 1) 1,1"
 
 
 
In questo scritto cerco di spiegare perché l'a-teismo, declinazione diretta del naturalismo, anche dal punto di vista razionale è una posizione logicamente contraddittoria e insostenibile.
Si tratta di una riflessione rivolta soprattutto a chi è abitato e interessato a riflettere, porsi domande, approfondire il significato della propria esperienza di vita.
"IN PRINCIPIO ERA IL LOGOS" (Gv 1, 1)
Natura e ragione,
naturale e soprannaturale.
1. Il naturalismo è inconciliabile con la razionalità.
2. Il naturalismo è inconciliabile con la coerenza logica.
3. Il naturalismo è inconciliabile con la conoscenza della realtà.
4. Il naturalismo è inconciliabile con la conoscenza scientifica.
5. Il naturalismo è inconciliabile con il concetto di progresso.
6. Il naturalismo è inconciliabile con il giudizio morale.
7. Il naturalismo è inconciliabile con la libera scelta.
Conclusione.
1. Il naturalismo è inconciliabile con la razionalità.
Il termine "naturale" è un'espressione il cui significato non si riferisce soltanto alla natura in sé, ma anche al suo movimento. Il "naturale" è ciò che semplicemente accade, che procede spontaneamente, senza che qualcuno, oltre il medesimo processo naturale, intervenisse consapevolmente per modificarlo. Anche nel linguaggio comune si esprime questo significato, ad esempio quando si dice: "natura incontaminata", "sii naturale", "è naturale (cioè spontaneo) comportarsi così", ecc. Per questo occorre distinguere tra natura e ragione", tra naturale e razionale, ovvero tra la gran massa degli eventi naturali i quali procedono spontaneamente, e ciò che è distinto e non riducibile a questo genere di movimento: ragionare, ordinare, capire, ecc. Queste facoltà umane interagiscono con la natura ma, come osservato, non ne sono totalmente immedesimate. In questo senso si può dire che la ragione umana si comporta in modo "innaturale", cioè in modo diverso rispetto a tutto il resto dell'universo fisico conosciuto.
La natura infatti non ha una mente, è priva di ragione: non conosce, non pensa, non riflette, non sceglie, non ha senso critico, non progetta, non ha la coscieza dello scopo. Esattamente il contrario della ragione e della logica, proprietà assolutamente eterogenee rispetto al movimento spontaneo e involontario della natura.
(Cè una sola motivazione in base alla quale si può logicamente affermare che la natura si muova razionalmente, ovvero che sia mossa da una "Ragione" che la trascende).
2. Il naturalismo è inconciliabile con la coerenza logica.
Secondo la concezione naturalistica quella stessa ragione umana che dovrebbe stabilire ciò è razionalmente attendibile oppure no, sarebbe scaturita da una totale assenza di razionalità (vedi punto 1). Questa posizione però contraddice la base stessa che rende valido o no qualsiasi ragionamento, che si fonda invece su una cosciente coerenza logica. Se qualcuno affermasse qualsiasi cosa come conseguenza di un ragionamento a caso, insensato e senza cognizione di causa, è ovvio che subito quell'affermazione perderebbe di validità per chi l'ascolta.
In altri termini, da una parte non si riconosce attendibile una singola affermazione, qualora fosse emersa da un ragionamento illogico e irrazionale, ma nello stesso tempo si ritiene che la ragione umana nel suo insieme, dalla quale deriva ogni affermazione, sia figlia dell'irrazionalità, il risultato finale di un insensato divenire. Si adotta il criterio della razionalità per poter giudicare qualsiasi affermazione, non accorgendosi che quello stesso criterio scredita lo "strumento" (la ragione umana) che sta giudicando. La misura che si utilizza invalida il metro che sta misurando.
Come rileva giustamente C.S. Lewis: "Nessun ragionamento può essere valido se non lo si può interamente spiegare come risultante di un processo razionale". La questione quindi riguarda lo statuto stesso della razionalita, e quindi della coerenza logica, la quale non può prevedere alcuna soluzione di continuità.
In sintesi, la palese contraddittorietà del naturalismo, è ritenere che la ragione umana, da cui deriva ogni valida affermazione logica, non faccia parte di un percorso logico, essendo considerata l'epifenomeno emerso a sua insaputa all'interno di un accadere cieco e insensato, totalmente privo di razionalità.
3. Il naturalismo è inconciliabile con la conoscenza della realtà.
Se la ragione umana fosse totalmente immedesimata al divenire della natura, anche la sua capacità conoscitiva sarebbe soggetta, come tutta la natura, ad un continuo e imprevedibile cambiamento, non solo riferito all'oggetto che si conosce, ma anche alla stessa ragione che conosce. Il funzionameto cognitivo umano (inclusi gli strumenti epistemologoci adottati) dovrebbe essere del tutto estemporaneo e sempre condizionato da possibili e casuali mutazioni. È chiaro però che, modificandosi il funzionamento conoscitivo umano (che per il naturalista è collegato solo al meccanicismo naturale degli atomi del cervello), cambierà anche la percezione di ciò che si conosce. Ne risulta che anche la conoscenza non potrà mai essere in rapporto con la verità, ma solo con una sua provvisoria e variabile rappresentazione soggettiva.
Eppure constatiamo che non è cosi, l'uomo si pone domande e acquisisce conoscenze che oltrepassano il qui e ora; conosce quello che è accaduto molto tempo prima e fa previsioni su ciò che accadrà molto tempo dopo. La conoscenza umana con le sue domande non è diacronica, confinata nel momentaneo e nel particolare, ma sincronica e olistica: la comprensione del singolo avvenimento avviene all’interno di un ampio orizzonte conoscitivo spazio-temporale, che può interessare addirittura miliardi di anni luce. Ebbene, Questo fatto mostra come la conoscenza umana trascende, nel tempo e nello spazio, l'accadere meccanicistico e contingente che invece, per il naturalista, caratterizza la natura.
4. Il naturalismo è inconciliabile con la conoscenza scientifica.
Il conoscere scientifico attribuisce alla natura lo stesso schema logico corrispondente a quello della ragione umana, mediante il quale la natura è conosciuta. E non potrebbe essere altrimenti, perché tutto ciò che si conosce, passa inevitabilmente per le categorie mentali umane.
Ma questo presuppone che la ragione umana sia un "assoluto", cioè capace di "contenere" nella sua struttura conoscitiva la natura e le sue leggi, altrimenti non le potrebbe né conoscere né spiegare. In questo senso si può dire che la mente umana "contiene" l'universo, ma l'universo non "contiene" la mente umana.
C.S. Lewis osserva se non abbiamo le prove sicure che la realtà della più lontana nebulosa nella parte più remota dell'universo obbedisce alle leggi dello scienziato umano che le formula in questo momento e in questo luogo nel suo laboratorio, in altre parole se la ragione non è un assoluto, tutto cade in rovina. Però quelli che mi chiedono di prestar fede a questa concezione del mondo, mi chiedono nello stesso tempo di credere che la ragione unana sia semplicemente il prodotto repentino e involontario della materia inanimata in una fase particolare del suo interminabile e insensato divenire. Qui siamo chiaramente in contraddizione. Mi chiedono di accettare la conclusione e nello stesso tempo di screditare la sola prova sulla quale si può basare quella conclusione.
In sintesi la contraddizione che Lewis evidenzia è che da una parte il naturalismo non può fare a meno di applicare una corrispondenza assoluta, logico-razionale, tra il conoscente e tutto l'universo conosciuto, e nel medesimo tempo la nega, considerando la ragione umana un estemporaneo prodotto della natura irrazionale, sorto in una infinitesimale e insignificante regione dell'universo.
5. Il naturalismo è inconciliabile con il concetto di progresso.
Dal punto di vista naturalistico ciò che si definisce "progresso" è sia un'illusione sia un concetto filosoficamente insensato.
Un'illusione poiché in realtà, naturalisticamente parlando, da quando si nasce, ciascuno di noi e l'intera umanità non sta procedendo verso il miglioramento della vita, ma al contrario verso il disfacimento e la morte. Giorno dopo giorno. Quindi, se l'andamento di fondo come anche il risultato finale del proprio divenire coincide (oggi come ieri) con la propria distruzione e quella dei propri cari, dove sarebbe il progresso?
Solo per il fatto che che oggi si resta vecchi qualche anno in più (tra l'altro non tutti), per poi comunque sparire per sempre? O perché possiamo utilizzare una nuovo ritrovato tecnologico? È chiaro che questa visione di progresso "a scadenza", è una tragicomica sciocchezza.
Un concetto filosoficamente insensato, poiché il termine progresso implica che vi sia un riferimento oggettivo in vista del quale si possa dire di progredire o regredire. Ma il naturalismo nega proprio questo, sostenendo che la natura nel suo complesso procede senza scopo e senza riferimenti. Quindi, se il divenire è privo di riferimento verso il quale ci si dirige, anche il concetto di progresso non ha alcun senso.
6. Il naturalismo è inconciliabile con il giudizio morale.
Il naturalismo non riconosce nessuna finalità morale al processo della natura. Vige solo la legge della contingenza, determinata da una varietà di fattori genetici e ambientali. Ne deriva che secondo il naturalismo non può esistere un principio morale di riferimento oltre il mero accadimento, in base al quale si possa stabilire ciò che è bene o male, giusto o ingiusto. I sistemi morali di una società non sarebbero altro che convenzioni per regolare il vivere civile, che si possono mettere o togliere, come il codice della strada regola la circolazione delle auto. Se fosse così però, se non esistesse alcun riferimento oggettivo cui tendere, di conseguenza nessuna civiltà (o singola persona) potrebbe essere considerata moralmente "migliore" o "più avanzata" di un' altra. Eppure anche il naturalista, subito dopo che ha sostenuto questo, si mette a giudicare le idee e i comportamenti che ritiene non solo diversi, ma "peggiori" dei suoi. Anche lui, contraddicendosi, si mette a fare "la morale" agli altri, accusando la cultura nazista o comunista, statalista o liberista, nazionalista o mondialista e, sottolineo, non solo contrastando, ma dando giudizi morali su ogni cosa: religione, politica e leggi statali.
7. Il naturalismo è inconciliabile con la libertà di scelta.
La libertà di scelta non si riferisce tanto al numero di scelte che l'uomo è in grado di fare o non fare, ma alla facoltà dell'io di poter scegliere tra più opzioni possibili. Significa avere la capacità di agire in un modo piuttostosto che in un altro, di poter decidere di obbedire o disobbedire ad un determinato stimolo. Ciò è realizzabile soltanto se nell'uomo esiste una dimensione che trascenda e non sia totalmente soggetta (sottolineo totalmente) al determinismo della natura e al condizionamento della cultura in cui vive. Affinché ci possa essere la scelta, l'io deve poter trascendere e governare le opzioni di scelta, poche o molte che siano, e non identificarsi totalmente con nessuna di esse. Se non fosse così, l'atto della persona non sarebbe una scelta ma una necessità, determinata da una varietà di combinazioni genetiche e culturali. La persona non sarebbe altro che il prodotto degli input che si ritrova ad eseguire. Di fatto un automa.
Se fosse così però, se cioè non esistesse la libertà di scelta, allora bisognerebbe cancellare anche la responsabilità morale (morale non causale), perché qualsiasi atto che la persona compie sarebbe determinata a compierlo, e non potrebbe scegliere di non compierlo. Eppure anche gli stessi naturalisti, non solo giudicano gli atti, ma anche la persona che li esegue. Anche loro elogiano e accusano, premiano e puniscono, come se quella persona avesse potuto compiere una scelta diversa da quella che ha compiuto. Quindi da una parte il naturalista coerente sostiene che la libera scelta non esiste e che è solo un'illusione, ma nello stesso tempo si rapporta con le persone come se questa capacita ce l'avessero.
Conclusione.
Per questi motivi (e non solo) si può arrivare a capire che la ragione e la conoscenza umana, come anche l'agire morale e la libera scelta, non possono essere considerati il mero prodotto di un cieco e insensato divenire naturale, ma solo frutto di un "Principio" razionale, riflessi di una "Ragione" creatrice che trascende il tempo, la contingenza e la causalità fisica della natura. "Se la Ragione viene "prima" della materia e se la luce di quella Ragione originaria illumina le menti finite, posso capire come gli uomini siano giunti, tramite l'osservazione e la deduzione a conoscere molte cose riguardo all'universo in cui vivono. Se invece le intelligenze dipendono solo dai cervelli, e i cervelli dalla biochimica, e la biochimica (alla lunga) dal divenire insensato degli atomi, non riesco a capire come il pensiero di quelle menti abbia più significato del frusciare del vento fra gli alberi". (C.S.Lewis)
Ne risulta che concezioni come naturalismo, positivismo, ateismo, panteismo, e ogni qualsivoglia posizione filosofica o religiosa che consideri la ragione umana come mero epifenomeno della natura, e che quindi la faccia derivare da un processo privo di razionalità, è logicamente insensata.
"In Principio era il Logos" (Gv 1,1). Scartata l'ipotesi naturalistica, questa espressione racchiude l'unica verità, non solo di fede, ma anche razionalmente e logicamente sostenibile. A mio avviso, non possono esistere altre possibilità.