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ant' Emilia Maria Guglielma de Rodat

19 settembre


Druelle (Rodez, Francia), 6 settembre 1787 - Villefranche-de-Rouergue, 19 settembre 1852



Maria Guglielma Emilia de Rodat è la fondatrice delle suore della Sacra Famiglia, che si dedicano a diverse categorie di persone in difficoltà: ragazze, bimbi, carcerati, malati. Nata nel 1787 a St. Martin de Limouze, in Francia, la sua giovinezza trascorse nel clima della Rivoluzione. Diede vita alla congregazione a Villefranche nel 1815. I carismi mistici di cui era dotata furono da lei vissuti nel nascondimento. Morì a Villefranche nel 1852. Papa Pio XII l'ha elevata agli onori degli altari come beata nel 1940 e poi, dieci anni dopo, l'ha proclamata santa. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Villefranche nel territorio di Rodez in Francia, santa Maria Guglielma Emilia de Rodat, vergine, che fondò la Congregazione delle Suore della Santa Famiglia per la formazione della gioventù femminile e l’assistenza ai poveri.








Nel bel castello di Druelle (vicino a Rodez, nel sud della Francia) il 6 settembre 1787 nacque Maria Guglielma Emilia, primogenita di Gian Luigi de Rodat e di Enrichetta de Pomeyrols, entrambi appartenenti ad antica nobiltà. Aveva appena due anni quando venne affidata alla nonna materna che viveva nell’appartato castello di Ginals, nei pressi di Villefranche de Rouergue, lontana dagli sconvolgimenti della Rivoluzione Francese prima e napoleonica poi. Era con loro anche una zia monaca visitandina, secolarizzata a causa delle soppressioni religiose. Dal carattere vivace, crebbe agiatamente mantenendo profondi sentimenti religiosi. A undici anni fece la prima comunione, in modo semiclandestino visti i tempi difficili. All’ingresso in società, a sedici anni, sentì una certa insofferenza verso lo stile di vita austero in cui era cresciuta. Cambiò confessore, scontrandosi inevitabilmente con la nonna. Fece ritorno dai genitori, ma anche qui dovette adeguarsi alle abitudini monotone della casa. I principi religiosi di Emilia avevano radici profonde e la festa del Corpus Domini del 1804 segnò la sua maturazione spirituale: decise che avrebbe speso a gloria di Dio tutta la vita. Compiuti i diciotto anni, iniziò a collaborare con le suore di Saint Cyr di Villefranche, presso cui aveva studiato. Il desiderio di unirsi alla comunità era però di difficile attuazione in quanto, in realtà, quell’istituto era gestito da religiose di differenti congregazioni, soppresse durante la Rivoluzione. Non seguivano un’unica Regola e per l’età già avanzata erano poco propense ad accettare le idee innovative di Emilia. Iniziò invece un ottimo rapporto con l’abate Antonio Marty, cappellano della scuola, che per tre volte le suggerì di realizzare la propria vocazione altrove. Andò dalle Dame di Nevers a Figeac, poi a Cahor e infine dalle Suore della Carità di Moissac, ma inutilmente. Ogni volta tornava a Villefranche con molta incertezza e una profonda pena nel cuore. La svolta arrivò nella primavera del 1815, durante la visita ad un’ammalata. Comprese il reale disagio economico e morale in cui vivevano i poveri dei paesi circostanti e che il modo duraturo per migliorare le condizioni dei loro figli era istruirli: divenne lo scopo della sua vita. Importante fu l’incoraggiamento dell’abate Marty.
I primi bambini (quaranta!) furono ospitati in una piccola stanza dell’Istituto St. Cyr. Tre giovani donne, seguendo il suo esempio, costituirono il nucleo della futura Congregazione delle Suore della Santa Famiglia, dette di Villefranche. L’iniziativa suscitò molta ammirazione, ma pure i malumori di alcune religiose della casa e di parte del clero locale. Emilia, con l’aiuto del Marty, non si scoraggiò e l’anno successivo aprì una scuola gratuita in un locale preso in affitto. Poco dopo le religiose della casa di St. Cyr lasciarono i locali alla Rodat che, con otto compagne, aveva intanto pronunciato pubblicamente i voti religiosi. I bambini accolti erano diventati cento. Nel 1819 Madre Emilia acquistò anche un monastero abbandonato, ma la morte prematura di alcune suore e di alcune orfanelle, a causa di un’epidemia, fece scandalo. Si sentì indegna di portare avanti un progetto tanto ambizioso e pensò di porre fine al nascente istituto, confluendo nell’Ordine delle Figlie di Maria, da poco fondato. Furono proprio le compagne a convincerla a portare avanti un’opera tanto necessaria. Iniziarono per Emilia, in quegli anni, alcuni disturbi di salute che durarono poi tutta la vita: un tumore al naso e un ronzio permanente all’udito. Le sue suore, nel frattempo, erano richieste anche in altre città. La Madre, come ormai era chiamata, aprì una casa ad Aubin dove si era recata per farsi curare, portando avanti il progetto nonostante il dissenso dell’abate Marty che, chiamato ad altri incarichi (Vicario Generale della diocesi di Rodez), interruppe la collaborazione. Il numero delle case crebbe e le suore si dedicarono, oltre che all’insegnamento, anche all’assistenza ospedaliera e carceraria. Emilia amava però, soprattutto, la preghiera contemplativa ed ebbe l’ispirazione di fondare anche alcune comunità di claustrali che divennero il motore silenzioso di tutta l’opera.
Madre Rodat era per tutti un punto di riferimento anche se il carattere forte e a tratti austero, alle volte, causava malumori. Con cortesia e arguzia trovava la soluzione ad ogni problema. Temendo tuttavia di peccare d’orgoglio, visse gli ultimi anni in modo forse eccessivamente dimesso.
Nell’aprile del 1852 il tumore che da tanti anni la tormentava attaccò l’occhio sinistro. Consapevole della gravità della malattia lasciò l’incarico di Superiora Generale. La salute peggiorò costantemente fino al 19 settembre, giorno in cui finalmente fu accolta tra le braccia del Padre Celeste. Molti, con la sua intercessione, ottenevano grazie e la tomba divenne meta di pellegrinaggi. Beatificata nel 1940, fu canonizzata nell’Anno Santo 1950 (il 23 aprile) da Papa Pio XII.
L’opera di S. Emilia, attraverso la Congregazione delle Suore della Santa Famiglia, è oggi presente in varie parti del mondo.

Autore: Daniele Bolognini