CREDENTI

CREDENTI DA IMITARE (Eb.13,7)

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    00 10/02/2016 07:35

    Santa Austreberta Badessa di Pavilly

    10 febbraio


    630 - 704

    Badessa benedettina. Nasce nel 630 dal conte palatino Badefrido e da santa Frameilde, vicino a Therouanne, nell'antica regione di Artois, oggi nel dipartimento di Pas-de-Calais. Destinata dalla famiglia a un matrimonio da lei avversato, Austreberta si reca da sant'Omero (595 - 670), che le impone il velo da vergine consacrata. In quegli anni il santo, il cui nome latino era Audomarus, era vescovo di Therouanne, dopo aver vissuto per vent'anni nel convento benedettino di Luxeuil. Tornata alla famiglia Austreberta riesce a convincere i genitori della bellezza della strada scelta. Decide così di vivere la propria vocazione entrando nel convento di Abbeville, detto Port-sur-Somme. In poco tempo fu eletta badessa e appoggiò la riforma del convento di Pavilly, dove una leggenda vuole che la santa riesca a domare un lupo affamato e dove tutt'ora esiste una chiesa a lei dedicata. Diventa famosa per le sue visioni e per i miracoli operati. Muore nel 704. (Avvenire)

    Martirologio Romano: Nel territorio di Rouen in Neustria, oggi in Francia, sant’Austreberta, vergine e badessa, che resse santamente il monastero di Pavilly da poco fondato da sant’Audoeno vescovo.








    Nata verso il 630 a Marconne, presso Hesdin, nella diocesi di Thérouanne, da genitori illustri (Badefrido, addetto alla corte di Dagoberto, e Frameilde o Framosa, che fu onorata come santa), Austreberta ricevette il velo dalle mani di sant'Audomaro e, dopo aver vissuto come vergine cristiana nella casa dei suoi genitori, entrò nel monastero di Fort, sulla Somma. E là, dopo quattordici anni, san Filiberto, il fondatore di Jumièges, andò a cercarla per porla a capo di un monastero fondato a Pavilly nel paese di Caux, presso Rouen. Sant'Audomaro continuò ad assisterla coi suoi consigli e benedisse la chiesa della nuova abbazia, senza dubbio con l'autorizzazione di sant'Audoeno, vescovo del luogo. Austreberta diresse per quarant'anni la nuova fondazione e morì un 10 febbraio, probabilmente nel 704. Le sue reliquie furono trasferite a Montreuil-sur-Mer al momento delle invasioni normanne ed oggi è patrona di Barentin presso Rouen, il cui fiume ha preso il nome di Austreberte.


    Autore: Henry Platelle

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    00 11/02/2016 09:41

    San Castrense (Castrese) di Sessa Vescovo e martire

    11 febbraio


    Sessa Aurunca, V secolo

    È molto venerato a Castel Volturno (Caserta), dove in agosto in suo onore si tiene una processione lungo il fiume. È ricordato nel «calendario marmoreo» di Napoli, ma poco si sa di lui. È incerto se sia stato vescovo di Castel Volturno o di Sessa Aurunca. Una «passio» lo annovera in un gruppo di dodici o tredici vescovi africani, che nel V secolo approdarono in Campania per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali. Castrense fu, poi, ritenuto martire poiché il suo nome è stato trovato con quello del martire Prisco in alcune pitture. Le reliquie passarono da Sessa a Capua (che lo festeggia il 29 dicembre e la seconda domenica di maggio, data della traslazione). Guglielmo II il Buono, ultimo re normanno di Sicilia, le portò a Monreale. (Avvenire)

    Patronato: Marano di Napoli, Castevolturno, Monreale


    Emblema: Bastone pastorale


    Martirologio Romano: A Volturno in Campania, san Castrese, martire.








    Santo molto venerato a Castel Volturno in provincia di Caserta, ancora oggi la sua statua viene portata in processione in agosto, sul fiume Volturno, per proseguire poi a piedi per la città fino alla chiesa principale.
    È ricordato l’11 febbraio nel celebre antichissimo ‘Calendario marmoreo’ di Napoli; ma le notizie che lo riguardano sono incerte.
    Secondo una tradizione Castrense o Castrese è detto vescovo di Castel Volturno, secondo un’altra egli fu vescovo di Sessa Aurunca (CE) e qui morì “in mezzo al suo popolo, dopo aver celebrato i misteri ed essere disceso da sé nella sepoltura”.
    Nel territorio della città ancora oggi esiste una frazione chiamata S. Castrense, infine una leggendaria ‘passio’ lo annovera in un gruppo di dodici o tredici vescovi africani, che nel secolo V approdarono in Campania per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali, comandati da Genserico (390-477) che sbarcati e stabilitasi in Africa, pirateggiavano lungo le coste del Mediterraneo.
    Il nome di s. Castrense è unito a quello di s. Prisco, nelle pitture scoperte verso il 1881, in una grotta presso Calvi (Caserta) risalenti al VII secolo, essi erano raffigurati insieme; poiché s. Prisco fu sicuramente un martire di Capua o di Nocera, anche s. Castrense o Castrese fu ritenuto martire.
    Quale sia la versione esatta è ancora motivo di discussione e ricerca da parte degli studiosi. Le reliquie del santo, furono trasferite, prima del secolo XII, da Sessa Aurunca a Capua e successivamente ad opera di Guglielmo II il Buono (1166-89) ultimo re normanno di Sicilia, furono portate a Monreale, città in cui la devozione al santo è molto sentita.
    In Campania sono rimaste numerose chiese a lui dedicate, sia come Castrense che come Castrese; a Capua viene anche celebrato il 29 dicembre e la seconda domenica di maggio, data delle traslazioni delle reliquie.


    Autore: Antonio Borrelli

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    00 12/02/2016 07:37

    San Damiano d'Africa Martire

    12 febbraio




    Etimologia: Damiano = domatore, o del popolo, dal greco


    Emblema: Palma








    Nel Martirologio Romano è commemorato il 12 febbraio con la generica indicazione "in Africa" che ricorre anche in alcuni codd. del Geronimiano (Bernense, Wissemburgense), mentre in altri (Eptèrnacense) il luogo del martirio è, più precisamente, Alessandria. Ovunque è detto "soldato" e in alcuni codd. gli sono affiancati come compagni due bambini, Modesto e Ammonio, probabilmente secondo le indicazioni di una perduta passio. Nulla di sicuro è possibile dire sulla figura di Damiano, sconosciuta alle altre fonti agiografiche. Il Delehaye pensa a un'identificazione col noto compagno di Cosma: la commemorazione del 12 febbraio ricorderebbe la dedicazione della basilica di Cosma e Damiano edificata ad Attalia in Panfilia a cura di Giustiniano.


    Autore: Agostino Amore

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    00 13/02/2016 08:19

    Beato Berengario di Assisi Mercedario

    13 febbraio




    Predicatore nella città di Granada, Valenza e Murcia, il Beato Berengario di Assisi, spesso visitò gli ergastolani portando loro conforto e la parola del Signore. Liberò dalle mani dei saraceni 358 schiavi ed infine con tante opere e pieno di meriti nel convento di Santa Maria Guardia Pratorum, raggiunse la corona della gloria.
    L’Ordine lo festeggia il 13 febbraio.

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    00 14/02/2016 07:46

    Beati 20 Mercedari di Palermo Confessori, vittime della carità

    14 febbraio




    A Palermo, i Beati: Stefano Marchesi, lettore di filosofia; Pietro Nolasco e Giovanni Battista Mansa commendatori; Gaspare de Ortega, Giovanni Zorita, Giuseppe Latona, Vincenzo Calderon e Giovanni Battista de Sartis, sacerdoti; Gaspare Fajolo, Adriano Calabrò, Bonaventura Palmerio, Giovanni Ruiz, Vincenzo Bonello, Pietro Salanitro, Pietro Salino, Vincenzo Carrenzo, Andrea Schiafino e Vincenzo Salanitro, coristi; Batilani Marsalio e Michele de la Rosa, conversi, furono vittime della carità durante la peste che devastava la città. Questi mercedari spontaneamente si offrirono ad aiutaregli ammalati e venendo contagiati loro stessi divennero così martiri della carità.
    L’Ordine li festeggia il 14 febbraio.

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    00 15/02/2016 07:17

    Beato Antonio Marini Mercedario

    15 febbraio




    Dottore in Sacra Teologia e nella stessa facoltà lettore nell’Università di Parigi, il Beato Antonio Marini fu molto celebre nella dottrina e santità. Nel monastero di Santa Eulalia in Montpellier (Francia), ricco di meriti morì nella pace del Signore.
    L’Ordine lo festeggia il 15 febbraio.

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    00 16/02/2016 07:20

    Beata Filippa Mareri Vergine

    16 febbraio


    Mareri, Petrella Salto, Rieti, 1190/1200 - 16 febbraio 1236



    Nasce dalla nobile famiglia dei Mareri sul finire del XII secolo, nel castello di loro proprietà, in provincia di Rieti. Avviata da san Francesco alla vita di perfezione negli anni 1221-1225, prende la decisione di consacrarsi a Dio con tale determinazione che né le pressioni dei parenti, né le minacce del fratello Tommaso, né le richieste dei pretendenti riescono a rimuovere. Fugge da casa insieme ad alcune compagne e si ritira in una grotta nei pressi di Mareri, oggi detta «Grotta di Santa Filippa» e vi rimane fino al 1228, quando i due fratelli le donano il Castello di loro proprietà con annessa la Chiesa di San Pietro de Molito. La Beata vi si trasferisce con le sue seguaci e vi organizza la vita claustrale secondo il programma di San Francesco per le Clarisse di San Damiano. La cura spirituale del monastero viene affidata al beato Ruggero da Todi dallo stesso san Francesco. Filippa muore nel 1236. (Avvenire)




    Martirologio Romano: A Borgo San Pietro in Abruzzo, beata Filippa Mareri, vergine, che, rigettate le ricchezze e i fasti del mondo, abbracciò all’interno di una proprietà della sua famiglia il modello di vita di santa Chiara da poco introdotto.








    S. Filippa trasse i natali dalla nobile famiglia dei Mareri sul finire dei sec. XII, nel castello di loro proprietà, in provincia di Rieti. Avviata da S. Francesco alla vita di perfezione negli anni 1221-1225, prese la risoluzione di consacrarsi a Dio con tale determinazione che ne le pressioni dei parenti, ne le minacce del fratello Tommaso, ne le richieste dei pretendenti riuscirono a rimuovere. Come Chiara di Assisi, fuggì da casa insieme ad alcune compagne e si rifugiò in una grotta nei pressi di Mareri, oggi detta "Grotta di S. Filippa" e vi rimase fino al 1228, quando i due fratelli Tommaso e Gentile con strumento notarile del 18 settembre 1228, le donarono il Castello di loro proprietà con annessa la Chiesa di S. Pietro de Molito, oggi Borgo S. Pietro. La Santa vi si trasferì con le sue seguaci e nella nuova dimora organizzò e diresse la vita claustrale secondo il programma tracciato da S. Francesco per le Clarisse di S. Damiano. La cura spirituale del Monastero venne affidata al Beato Ruggero da Todi dallo stesso S. Francesco. Sotto la sua guida il Monastero, fondato da S. Filippa, diventò scuola di santità e la Fondatrice maestra di vita spirituale. L'occupazione principale della comunità era il culto e la lode di Dio, la vita liturgica, la lettura e lo studio della Bibbia. Accanto all'attività spirituale il lavoro era tenuto in grande considerazione unitamente al servizio dei poveri e all'apostolato. Nel monastero venivano preparate medicine da distribuire gratuitamente ai malati. Con la parola ma soprattutto con il fervore della sua carità e lo stile di vita, modellato alla scuola del Santo di Assisi, fece rivivere alcune pagine del Vangelo in un mondo che le aveva dimenticate.S. Filippa morì il 16 febbraio 1236. La sua tomba divenne presto meta di pellegrinaggi e si cominciarono a registrare grazie e favori celesti elargiti da Dio per intercessione della sua serva. Nel 1706 venne fatta la ricognizione delle sue spoglie mortali e venne ritrovato il suo cuore incorrotto, conservato oggi in un reliquiario di argento.
    S. Filippa Mareri è la prima santa del Secondo Ordine Francescano, quello delle Clarisse. Il titolo di Santa compare la prima volta in una Bolla di Innocenzo IV emanata nel 1247, quando erano trascorsi appena dieci anni dal suo transito. Sono passati 750 anni dalla sua morte e la devozione per la Santa è andata crescendo non solo nella sua terra ma in numerosi altri paesi e in altri continenti per iniziativa degli emigranti; che nella protezione di Santa Filippa trovarono sostegno e conforto nelle difficoltà e la fecero conoscere ad altre popolazioni. Non di rado oggi ritornano davanti all'altare dove è collocata la sua tomba per esprimerle riconoscenza e gratitudine.

    Nonostante sia ufficialmente indicata come "Beata", la devozione popolare e le sue suore le hanno sempre assegnato l'appellativo di Santa.





    Fonte:

    Sito Suore Francescane di Santa Filippa Mareri


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    00 17/02/2016 07:23

    San Benedetto di Dolia Vescovo

    17 febbraio


    † Cagliari, 17 febbraio 1120 ?







    Sebbene vi siano poche notizie che lo riguardano, esse sono però abbastanza precise visto la lontananza del tempo. Benedetto era monaco nel celebre monastero benedettino di Montecassino; intorno al 1095 fu consacrato da papa Urbano II (1088-1099), vescovo di Dolia in Sardegna (oggi Dolianova, in provincia di Cagliari), centro posto tra il Campidano e il Gerrei e formato dall’unione di Sicci san Biagio con San Pantaleo.
    Si sa che nel 1112 donò la chiesa di S. Maria dell’Arco con le annesse terre e vigneti, al monastero cagliaritano di S. Saturnino, in cui due mesi dopo la donazione si ritirò, rinunziando alla sede vescovile.
    Benedetto morì il 17 febbraio di un anno imprecisato, forse il 1120 e fu sepolto nel suddetto monastero di Cagliari.
    Lo storico benedettino Pietro Diacono (1107-1159) ne ha raccontato i miracoli, da lui operati, nella sua “Cronica S. Benedicti Casinensis”.


    Autore: Antonio Borrelli

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    00 18/02/2016 07:31

    Sant' Elladio di Toledo Vescovo

    18 febbraio


    † 633

    Martirologio Romano: A Toledo in Spagna, sant’Elladio, che, dapprima amministratore della corte regia e dello stato, divenne poi abate di Agalia e, elevato infine alla sede episcopale di Toledo, diede eccellente esempio della sua carità.







    La vita di Sant’Elladio ci è stata trasmessa dal racconto stilatone da Sant’Ildefonso di Toledo, che proprio da lui avrebbe ricevuto l’ordinazione diaconale. Ufficiale presso la corte visigota, ne fu rappresentante al concilio di Toledo del 589, designato per i suoi particolari meriti, la sua abilità e la sua erudizione. Già a quel tempo, secondo la narrazione di Ildefonso, Elladio si dimostrava attratto dalla vita religiosa ed era solito aiutare nel lavoro manuale i monaci di Agalai, monastero sulla sponda del fiume Tagus. Vi entrò infine come monaco e nel 605 fu eletto abate, ma nonostante il prestigioso incarico continuò a svolgere tutti i servizi come un semplice religioso, anche il pesante compito di trasportare la legna per la stufa. Per l’estrema carità che il santo sempre dimostrò verso i poveri “era come se il suo calore e la sua vitalità fluissero direttamente nelle loro membra e nelle loro anime”. Nel 615, rimasta vacante la sede episcopale di Toledo, Elladio accettò l’elezione a nuovo arcivescovo, seppur riluttante ad abbandonare il monastero. Poco sappiamo però dei suoi diciotto anni di episcopato, al di là della generosità nei confronti dei più bisognosi. Talvolta è stata avanzata l’ipotesi che il santo vescovo abbia influenzato il re Sisebuto nella decisione di espellere dal regno gli ebrei, anche se in realtà non esistono prove al riguardo.


    Autore: Fabio Arduino

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    00 19/02/2016 08:00

    Beato Bonifacio di Losanna Vescovo

    19 febbraio


    Bruxelles, 1180/1181 - La Chambre, 19 febbraio 1260

    Etimologia: Bonifacio = che ha buona fortuna, dal latino


    Emblema: Bastone pastorale


    Martirologio Romano: A La Chambre nei pressi di Bruxelles nel Brabante, nell’odierno Belgio, deposizione del beato Bonifacio, già vescovo di Losanna, che condusse vita ascetica tra i monaci cistercensi del luogo.







    Nato a Bruxelles nel 1181, o nel 1182, Bonifacio, dal 1222 al 1229 insegnò teologia all'università di Parigi, presso la quale si era laureato nella stessa disciplina. In seguito allo sciopero dei suoi alunni, che protestavano perché alcuni di loro erano stati uccisi dalla polizia, Bonifacio abbandonò Parigi e si recò a Colonia per insegnarvi ancora teologia. L' 11 marzo 1231 fu nominato vescovo di Losanna, e lo zelo da lui posto nella riforma dei costumi dei fedeli e del clero, ma, specialmente, la fortezza con cui difese i diritti della Chiesa gli valsero le persecuzioni dei potenti. L'imperatore Federico II mandò soldati a Losanna con l'ordine di ucciderlo e il beato, ferito, si salvò miracolosamente. Gonsiderando, però, che non poteva più lavorare con frutto, il 15 luglio 1239 rinunziò alla diocesi e si ritirò a La Chambre, presso Bruxelles, fungendo da cappellano in un monastero di monache cistercensi. Non risulta, però che Bonifacio sia entrato nell'Ordine. Nel 1245 prese parte al concilio di Lione e il 19 febbraio 1260 morì a La Chambre. Il suo culto fu riconosciuto nel 1702 nell'Ordine cistercense, che ne celebra la festa il giorno anniversario della morte. Una confraternita, eretta in suo onore a La Chambre, ebbe delle indulgenze nel 1851, mentre le reliquie, già a Bruxelles, nel 1935 furono trasportate a La Chambre.


    Autore: Alfonso Codaghengo

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    00 20/02/2016 08:27

    Sant' Eleuterio di Tournai Vescovo

    20 febbraio


    456 - 531

    La data di nascita di Eleuterio è presumibilmente il 456 e quella della morte il 531. È l'epoca in cui la Gallia, già meta di varie migrazioni barbariche, come quella dei Burgundi e dei Visigoti, divenne terra di conquista dei Franchi di re Clodoveo. Alla conversione di questi contribuirono la moglie cristiana, Clotilde, venerata come santa, il vescovo di Reims, san Remigio, e anche sant'Eleuterio, eletto vescovo di Tournai nel 484, quando Clodoveo aveva fatto di questa città la capitale del suo regno, prima di muovere alla conquista della regione parigina. Benchè non possediamo alcun testo storicamente sicuro sull'attività di questo santo vescovo e sulla sua opera missionaria, molti aneddoti sulla sua vita e sui suoi contatti col re pagano Clodoveo ci sono riferiti in una biografia attribuita a san Medardo. Al vescovo di Tournai toccò il compito di gettare il seme della parola di Dio in mezzo a un popolo idolatra, i Franchi, che nel 506 riceveranno in massa il battesimo sull'esempio del loro re, dopo la vittoria sugli Alemanni a Tolbiac. (Avvenire)

    Emblema: Bastone pastorale


    Martirologio Romano: A Tournai nel territorio dell’odierno Belgio, sant’Eleuterio, vescovo.



    Ascolta da RadioMaria:




    Questo nome inconsueto ai nostri giorni fu assai comune nei primi secoli del cristianesimo appartenendo a ben quattordici santi, tra cui un papa che governò la Chiesa dal 175 al 189 e viene festeggiato il 26 maggio come martire, benché il suo martirio non sia comprovato da testimonianze storiche attendibili. Oggi il Martirologio Romano ricorda due vescovi con lo stesso nome: S. Eleuterio di Costantinopoli, che resse la Chiesa bizantina in un'epoca imprecisata (inizio del secondo secolo o addirittura fine del quinto secolo), e S. Eleuterio, vescovo di Tournai in Belgio, dov'è molto diffusa la sua devozione.
    Questo santo, popolare nel nord d'Europa, visse in un periodo assai travagliato nella storia della nazione francese: la data di nascita è presumibilmente il 456 e quella della morte il 531.
    E’ l'epoca in cui la Gallia, già meta di varie migrazioni barbariche, come quella dei Burgundi e dei Visigoti - convertitisi malamente al cristianesimo, essendo passati dall'idolatria all'eresia ariana - divenne terra di conquista dei Franchi di re Clodoveo. Alla conversione di questi contribuirono la moglie cristiana, Clotilde, venerata come santa, il vescovo di Reims, S. Remigio, e anche S. Eleuterio, eletto vescovo di Tournai nel 484, quando Clodoveo aveva fatto di questa città la capitale del suo regno, prima di muovere alla conquista della regione parigina.
    Benchè non possediamo alcun testo storicamente sicuro sull'attività di questo santo vescovo e sulla sua opera missionaria, molti aneddoti sulla sua vita e sui suoi contatti col re pagano Clodoveo ci sono riferiti in una biografia attribuita a S. Medardo, coetaneo e addirittura compagno di giochi, nella fanciullezza, di S. Eleuterio. Lo stesso Medardo gli predisse che un giorno sarebbe divenuto vescovo, ma quella profezia equivaleva a un augurio di vita difficile se non addirittura di martirio. I popoli barbari, che dalle regioni orientali si riversavano nelle verdi colline della Francia, non conoscevano altra autorità che quella del loro re. Al vescovo di Tournai toccò il compito di gettare il seme della parola di Dio in un rozzo popolo idolatra, i Franchi, che nel 506 riceveranno in massa il battesimo sull'esempio del loro re, dopo la vittoria sugli Alemanni a Tolbiac. Ma l'onore di questa abbondante messe toccherà a S. Remigio. Di S. Eleuterio umile e infaticabile operaio evangelico, che ebbe come campo di lavoro la nuova frontiera del cristianesimo, rappresentata dai popoli barbari, resta l'urna funeraria conservata nella cattedrale di Tournai, meta di continui pellegrinaggi.


    Autore: Piero Bargellini

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    00 21/02/2016 08:59

    Sant' Eleonora Regina d'Inghilterra

    21 febbraio


    1222 - Amesbury, 25 giugno 1291

    Nacque nel 1222 da Raimondo Berengario IV, conte di Provenza, e da Beatrice di Savoia. Donna di grande pietà ed amante delle lettere, il 14 gennaio 1236 sposò a Canterbury il re Enrico III d'Inghilterra. Nella sua nuova residenza inglese fu seguita da un gran numero di parenti e connazionali, che abbandonarono la Provenza in cerca di fortuna. Esercitò una grande influenza, sia durante il regno di Enrico, sia nei primi anni del regno di suo figlio Edoardo I. Ritiratasi nell'abbazia benedettina di Amesbury, vi prese il velo il 3 luglio 1276 e lì visse poi sempre sino alla morte, avvenuta il 25 giugno 1291 in concetto di santità.

    Etimologia: Eleonora = che ha pietà, dal greco; dimin. = Nora, Norina








    In duemila anni di cristianesimo non sono purtroppo molti i fedeli laici ascesi alla gloria degli altari e tra questi la gran parte sono teste coronate di tutta Europa. Molte sovrane sono state acclamate sante dal loro popolo e la Chiesa ha ratificato il culto loro tributato. Esempi significativi sono le sante regine francesi Clotilde, Radegonda, Bianca, Giovanna e Batilde, nonchè Matilde di Germania, Elisabetta del Portogallo, Margherita di Scozia, Gladys del Galles, Berta del Kent ed Etelburga di Northumbria. Quali beate sono venerate Beatrice de Suabia, Gisella d’Ungheria, Caterina di Borsnia ed Ildegarda di Kempten, consorte di Carlo Magno. Già nell’Antico Testamento troviamo la Regina Ester, oggi commemorata anche dal Martyrologium Romanum. Giovanni Paolo II ha dichiarato “patrona d’Europa” la regina Brigida di Svezia ed ha dichiarato sante le regine polacche Kinga ed Edvige. “Venerabili” sono state riconosciute dalla Chiesa Maria Clotilde di Borbone e Maria Cristina di Savoia, rispettivamente sovrane del Regno di Sardegna e delle Due Sicilie. Recentemente sono state introdotte le cause di canonizzazione anche per Isabella “la Cattolica”, celeberrima regina di Castiglia, ed Elena del Montenegro, moglie di Vittorio Emanuele III di Savoia.
    Oggi è invece festeggiata Santa Eleonora, nelle cui vene per parte materna scorreva anche sangue sabaudo. Nata nel 1222, era infatti figlia di Beatrice di Savoia e Raimondo Berengario IV, conte di Provenza. Il nonno non era che il Beato Umberto III conte di Savoia, primo santo di Casa Savoia. Eleonora, donna di grande pietà ed amante delle lettere, il 14 gennaio 1236 a Canterbury convolò a nozze con il re Enrico III d’Inghilterra.
    Nella sua nuova residenza inglese fu seguita da numerosi suoi parenti e connazionali, che abbandonarono la Provenza in cerca di maggior fortuna. Molti di essi, infatti, riuscirono con la sua intercessione ad occupare vari importanti uffici pubblici, ma il favoritismo di Eleonora nei loro riguardi suscitò contro di lei una grande impopolarità da parte dei sudditi inglesi. Questi insorsero nel 1261, costringendala a rifugiarsi nella torre di Londra. Allorché Enrico III fu fatto loro prigioniero nel 1264, durante la battaglia di Lewes, ad Eleonora non restò che fuggire nel continente, ove riunì un esercito con cui riuscì a far liberare il marito.
    Tornata dunque in Inghilterra nel 1265, insieme al Legato Pontificio, Eleonora non mancò di esercitare una grande influenza, sia durante il regno di Enrico, sia nei primi anni del regno del figlio nato dalla loro unione, Edoardo I. Ritiratasi infine dalla vita pubblica, il 3 luglio 1276 prese il velo nell’abbazia benedettina di Amesbury, ove trascorse i suoi giorni sino alla morte, avvenuta il 25 giugno 1291 in concetto di santità.
    E’ facile comprendere come la venerazione nei suoi confronti sia nata in modo particolare all’interno dell’ordine religioso di cui fece parte e comunque il suo culto non è mai stato ufficializzato dalla Chiesa. Nonostante ciò la festa di Santa Eleonora viene localmente celebrata al 21 febbraio.


    Autore: Fabio Arduino

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    00 22/02/2016 08:16

    Beata Isabella di Francia Principessa

    22 febbraio


    1225 - 22 febbraio 1270

    Figlia del re Luigi VIII e di Santa Bianca di Castiglia, sorella di san Luigi IX. Educata dalla madre con una profonda e severa religiosità, fin dall'infanzia si distinse per la profonda pietà. Una lunga malattia fece maturare in lei la decisione di dedicarsi alle sue pratiche di pietà, alle pie letture e alla cura dei poveri. Si distinse in modo particolare per il culto alle reliquie dei santi e per il mantenimento dei crociati. Dopo aver rifiutato molte proposte di matrimonio e successivamente alla morte della madre, con l'aiuto del fratello, fonda un monastero a Longchamp presso Parigi, poi distrutto durante la Rivoluzione francese. Non adottò la regola di S. Chiara, ma per andare incontro alla comunità di religiose di nobile origine scrisse una regola che mitigava il voto di povertà. Tale regola fu approvata nel 1263 da papa Urbano IV e fu adottata da altri monasteri di Clarisse, specialmente in Francia. Visse santamente a Longchamp sino alla morte avvenuta dopo due anni di malattia. Sepolta inizialmente nella chiesa del convento, ora le sue reliquie sono a Parigi presso la tomba di San Luigi IX e in parte nella cattedrale di Meaux.

    Martirologio Romano: A Longchamp nella periferia di Parigi in Francia, beata Isabella, vergine, che, sorella del re san Luigi IX, avendo rinunciato a nozze regali e ai piaceri del mondo, fondò il convento delle Suore Minori, con le quali servì Dio in umiltà e povertà.







    La principessa Isabella, sorella minore del re San Luigi IX di Francia, nacque nel 1225 dal re Luigi VIII e dalla regina Santa Bianca di Castiglia. La principale fonte circa la vita di questa beata è la “Vita” scritta da Agnese di Harcourt, badessa del monastero di Longchamp fondato dalla stessa Isabella, che si occupò di lei negli ultimi dieci anni della sua vita. E’ difficile a distanza di così tanto tempo discernere se le sue scelte di vita quali il rifiuto del matrimonio e del cibo, comuni a numerose altre ragazze di un tempo, fossero dettate da convinzioni spirituali e da libere scelte, piuttosto che da elementi patologici, psicologici o politici. Sin dall’adolescenza Isabella nutrì una repulsione verso la sua condizione regale, disprezzando il lusso che la circondava e cadendo in una profonda anoressia, al punto che alla madre per tentare di aiutarla non restò che appellarsi ad una “donna santa”. Costeì si limitò però a fare una profezia, cioè che la giovane principessa sarebbe ancora vissuta come “morta al mondo”. In seguito rifiutà non pochi pretendenti ed al papa Innocenzo IV, che le aveva scritto affinchè accettasse la mano del re Corrado di Gerusalemme per il bene della cristianità, rispose con fermezza negativamente, chiedendo piuttosto con risolutezza ed ottenendo di poter emettere il voto perpetuo di verginità.
    Nel 1226 era asceso al trono suo fratello, che si rivelò per lei ispiratore della carità verso i poveri e del fervore religioso: quotidianamente infatti Isabella era solita invitare alla sua mensa numerosi mendicanti e visitava malati e poveri. Luigi prese parte a due crociate, risultate però inefficaci, e quando nella prima fu fatto prigioniero in Egitto, per Isabella fu un duro colpo, giàcche sovvenzionava il sostentamento di dieci cavalieri per contribuire al recupero dei luoghi santi. Altra figura influente nella sua vita fu Santa Chiara d’Assisi e nel 1252, alla morte della madre, Isabella decise di fondare a Longchamp un convento ove vivere secondo gli ideali delle clarisse: re Luigi approvò e finanziò tale progetto ed alcuni francescani, fra cui San Bonaventura, furono chiamati a collaborare alla formulazione della regola e delle costituzioni. Il nuovo monastero, sito nei sobborghi parigini, fu dedicato all’Umiltà della Beata Vergine Maria.
    Da allora Isabella profuse buona parte delle proprie sostanze a sostegno del convento e proseguì la sua attività di assistenza ai poveri. Assai probabilmente, ella però non emise mai i voti perpetui, forse a motivo delle sue precarie condizioni di salute: la stessa sua decisione di vivere in un luogo separato dell’edificio, non a stretto contatto con le celle delle suore, fu dovuta a quanto pare a motivi di umiltà uniti al desiderio di scongiurare l’eventuale elezione a badessa. Per dieci ani condusse in monastero una vita di digiuno, penitenza, contemplazione e preghiera. Prima della sua morte, avvenuta il 22 febbraio 1270, il suo cappellano, il confessore e suor Agnese, suo futura biografa, furono testimoni di un suo rapimento estatico. Pochi mesi dopo morì a Tunisi il suo santo fratello, di ritorno dalla seconda crociata.
    Papa Leone X, con bolla pontificia del 3 gennaio 1521, dichiarò “beata” la principessa Isabella di Francia, una delle prime sante clarisse. Un tempo la sua festa era celebrata dall’ordine francescano all’8 giugno insieme alle consorelle Agnese di Boemia e Camilla Battista da Varano. Luigi IX fu invece uno dei primi terziari francescani ad essere riconosciuto santo.


    Autore: Fabio Arduino

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    00 23/02/2016 07:26

    Beata Giovannina Franchi Fondatrice

    23 febbraio


    Como, 24 giugno 1807 - 23 febbraio 1872



    Giovanna Franchi, detta Giovannina, fu una delle figlie di Giuseppe Franchi e Giuseppa Mazza. Ebbe sei fratelli: Carolina, Antonio, Giuseppa, Angela, Luigi e Pietro. Il padre, di nobile famiglia, fece carriera nella magistratura del Regno Lombardo Veneto. Com'era uso tra le giovani del suo ceto sociale, a sette anni, venne affidata al prestigioso educandato della Visitazione. L'educazione dell'Educandato prevedeva che Giovanna, per dieci anni, non potesse vedere la famiglia, se non di rado attraverso una grata. Nel 1840, ormai trentatreenne, ricevette una proposta di matrimonio da un uomo più anziano di lei ma, a causa di una malattia, l'uomo morirà prima di sposarla. Nel 1853, a seguito della morte di entrambi i genitori, ereditò lasciato un ingente patrimonio. Rimasta sola la donna decise quindi di dedicarsi alla cura dei poveri. In seguito acquistò, intestandolo all'arcipretura della Cattedrale, un edificio nella città di Como, nel povero quartiere di Cortesella dove fonda la congregazione delle Suore Infermiere dell'Addolorata. L'istituto assumerà sempre più la fisionomia di un ospizio di carità. Morì il 26 febbraio 1873 durante un'epidemia di Vaiolo forse infettata proprio da uno dei suoi assistiti. Papa Benedetto XVI l'ha dichiarata Venerabile il 20 dicembre 2012. Papa Francesco il 9 dicembre 2013 ha approvato il miracolo che apre la strada alla sua beatificazione.








    La Serva di Dio Giovannina Franchi nacque a Como il 24 giugno 1807, secondogenita di 7 figli (5 sorelle e due fratelli) dei coniugi Giuseppe, magistrato del Tribunale cittadino e Giuseppina Mazza di famiglia nobile, benestanti e molto religiosi. Battezzata il giorno dopo la nascita, ricevette il Sacramento della Cresima soltanto all'età di 11 anni, come usava a quei tempi. Passò l'infanzia tra le pareti domestiche (1807-1814) e l'adolescenza nell'educandato del monastero di S. Carlo delle Visitandine di Como per 10 anni (1814-1824). Rientrata in famiglia si dedicò alla cura dei genitori, all'insegnamento del catechismo in parrocchia e partecipò ad associazioni cattoliche. Dopo una breve esperienza di fidanzamento, conclusasi con la morte del fidanzato nel 1840 quando Giovannina aveva 33 anni, decise di consacrarsi totalmente al Signore. Dal 1846 si pose sotto la direzione spirituale del pio e dotto canonico penitenziere della Cattedrale di Como don G. Abbondio Crotti, il quale svolgeva apostolato anche tra gli ammalati e i carcerati. Sopraggiunta anche la morte dei genitori, la madre nel 1849, il padre nel 1852, la Serva di Dio intensificò l'assistenza dei malati a domicilio.
    Il 27 settembre del 1853, con altre tre compagne, Nina Luigia Allegri, Lucrezia Schiavetti e Anna Maria Poletti, fondò la Pia Unione delle Sorelle Infermiere di Carità. Il gruppo, guidato dal canonico Giovanni Abbondio Crotti, faceva vita comune in un immobile acquistato dalla Serva di Dio in via Vitani. Per concessione di Pio IX ottennero anche di poter avere un oratorio privato. Nel 1858 Giovannina indossò per prima l'abito religioso e il 21 novembre fu seguita dalle compagne.
    Le Pie Infermiere, secondo il progetto originario di s. Francesco di Sales per le Visitandine, assistevano gli ammalati a domicilio e le donne nel carcere di S. Donnino. La Serva di Dio compose per sé e le Sorelle il Metodo di vita, approvato il 16 luglio 1862 dal vescovo di Como mons. Marzorati. Una Regola di vita molto semplice, ma basata su alcuni principi fondamentali prediligere i malati gravi e moribondi, perché più soli e più vicini all’incontro con Dio; considerare la viva presenza di Cristo nell’Eucaristia e nella persona sofferente; mostrarsi “coraggiose ed umili nel tempo stesso, pazienti e cortesi nelle maniere, amanti del silenzio e della fatica, ben disposte all’assistenza degli infermi ed a qualunque opera di carità senza eccezione di alcun ufficio comeché faticoso e ributtante”. La Serva di Dio arriva a raccomandare alle Sorelle”non lascino di esercitarsi nell’officio al quale vengono indistintamente chiamate, fosse pure quello di scopare le stanze, lavar le scodelle, ripulire le malate, mostrando in quello una santa allegrezza e consolazione, cortissime di compiere un’azione molto nobile e preziosa agli occhi di Dio”. Tutto il carisma della Serva di Dio si può riassumere in una sua espressione «La carità del prossimo sia nelle Sorelle un amore universale che tutti abbraccia nel Signore e non esclude nessuno» (Metodo di vita, n. 1).
    Nell'estate del 1871, mentre a Como il vaiolo nero (secondo alcuni il colera) seminava morte, la Serva di Dio si prodigava nell'assistenza a persone colpite dal male. Contagiata dal vaiolo (o dal colera) si avviò rapidamente verso la conclusione della sua vita morì alle ore 5,30 del 23 febbraio 1872, 4 mesi prima di compiere 65 anni di età in concetto di santità. I funerali si svolsero la mattina del 24 febbraio ma furono umili e silenziosi, cioè senza concorso di popolo per precauzione a causa della temuta diffusione dell'epidemia in atto. Il 27 settembre 1994 mons. Alessandro Maggiolini, Vescovo di Como, aprì il processo diocesano, conclusosi il 27 settembre 1995.
    Il 20 dicembre 2012 il Santo Padre Benedtto XVI ha riconosciuto l'eroicità della sue virtù, dichiarandola Venerabile.

    Autore: Francesco Antonelli

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    00 25/02/2016 08:12

    Beato Avertano di Lucca

    25 febbraio




    Martirologio Romano: A Lucca, beato Avertano, pellegrino e religioso dell’Ordine dei Carmelitani.








    Secondo il Catalogus Sanctorum dei Carmelitani, la cui attuale redazione è databile tra la fine del XIV e l'inizio del XV sec., Avertano nacque nella diocesi di Limoges, in un luogo che non si è potuto identificare.
    Entrato nell'Ordine dei Carmelitani come converso, si fece subito notare per le sue eccezionali virtù. Venuto in Italia in pellegrinaggio ai vari santuari della penisola, vi compì numerosi miracoli e, mentre tornava in patria, morì a Lucca e fu sepolto nella vecchia chiesa dell'ospizio di San Pietro fuori le mura. Sulla sua tomba avvennero miracoli, attestati da pitture esistenti nella chiesa di San Pietro e nella cattedrale di Lucca. L'anno di morte di Avertano sembra da collocarsi nel sec. XIII, per l'antichità di queste pitture, asserita dal Grossi, per l'esistenza di un'iscrizione (s. V[e]rtanus) giudicata non anteriore al sec. XII e non posteriore al XIII, e infine perché nel 1325 esisteva un ospedale intitolato ad Avertano. Per di più, l'esser stato sepolto nell'ospizio di San Pietro, e non presso i carmelitani di Lucca, retrocederebbe la morte di Avertano a una data anteriore al 1284, anno in cui i religiosi ottennero la chiesa di Santa Maria del Corso, fuori porta San Donato, presso l'ospizio. Altro problema è costituito dall'elevazione del corpo. L'iscrizione che ne parla, di schietto sapore umanistico, fu incisa sul sepolcro marmoreo, attribuito a Matteo Civitali (1436-1501). Vi si dice che la elevazione avvenne ad opera di «Graecus Joannes Lucensis origine», che fece anche porre nella stessa tomba di Avertano il corpo del beato Romeo. Ora, l'unico vescovo di Lucca di nome Giovanni, nel periodo che va dal 1100 al 1646, fu il francescano, già vescovo di Betlem, Giovanni di Fucecchio, prima ausiliare e poi, dal 1383 al 1393, vescovo. Il corpo di Avertano fu traslato in cattedrale nel 1513, poi nel 1646 restituito alla chiesa di San Pietro, ricostruita dentro le mura, e infine nel 1806 deposto nella chiesa dei SS. Paolino e Donato, dove ancor oggi è conservato. Il suo nome fu introdotto nel calendario carmelitano nel 1514, al 25 febbraio; l'Ufficio ne fu reso obbligatorio dal capitolo generale dell'Ordine (1564), e sanzionato dalla Santa Sede (1609); le lezioni proprie furono approvate dalla Sacra Congregazione dei Riti il 12 maggio 1672; il 16 luglio 1828 l'Ufficio e la Messa furono estesi a tutta l'arcidiocesi di Lucca. La Vita di Avertano scritta in epoca tarda dal carmelitano Segero Pauli e pubblicata anche dai Bollandisti, è una composizione di fantasia. Circa il beato Romeo, sepolto assieme ad Avertano, manca ogni notizia attendibile. Sarebbe morto pochi giorni dopo Avertano, un 4 marzo, e sepolto accanto al suo amico. E' festeggiato con lui a Lucca il 25 febbraio, mentre presso i Carmelitani il 4 marzo.


    Autore: Ludovico Saggi

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    00 26/02/2016 06:13

    Sant' Alessandro di Alessandria Patriarca

    26 febbraio


    250 - 328

    Eletto patriarca d’Alessandria d’Egitto, rinnovò il clero scegliendo uomini di provata rettitudine e costruì la grande Chiesa di S. Theonas. Lottò contro Ario dopo aver tentato di convincerlo paternamente. La sua vita e la fermezza con cui condusse la lotta contro l’arianesimo sono tuttora testimonianza del suo senso di giustizia, della sua forza spirituale e della sua integrità morale.

    Etimologia: Alessandro = protettore di uomini, dal greco


    Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Alessandro, vescovo: anziano glorioso e dal fervido zelo per la fede, divenuto dopo san Pietro capo della Chiesa di Alessandria, separò dalla comunione ecclesiale il suo sacerdote Ario, pervertito dalla sua insana eresia e confutato dalla verità divina, che egli poi condannò quando entrò a far parte dei trecentodiciotto Padri del Concilio di Nicea I.



    Ascolta da RadioRai:
    Ascolta da RadioMaria:





    Tra i numerosi santi con questo nome, il patriarca Alessandro, nato verso il 250, merita un posto di primissimo piano nell'elenco dei grandi campioni della fede, essendo stato uno dei protagonisti nella lotta all'eresia ariana. Uomo di profonda cultura unita a zelo e bontà, Alessandro fu eletto nel 313 alla importante sede patriarcale di Alessandria d'Egitto. Pare che lo stesso Ario, ordinato sacerdote dal predecessore S. Achilla forse dietro indicazione di Alessandro, sia stato tra i promotori della sua elezione.
    Il sessantenne patriarca rivolse le prime cure alla formazione e alla scelta dei chierici tra uomini di comprovata virtù e diede inizio alla costruzione della chiesa di S. Theonas, la più grande della città. Ma il suo nome resterà legato alla edificazione di quel grande baluardo della ortodossia, costruito per sua iniziativa, al primo concilio ecumenico di Nicea, contro il dilagare di un concentrato di eresie propagate da uno dei suoi sacerdoti, Ario, un vero precursore dei moderni metodi pubblicitari. Per diffondere le sue teorie (l'incomunicabilità di Dio alle creature, la posizione subordinata e intermediaria di Cristo tra Dio e il mondo, quindi la negazione della consustanzialità del Figlio col Padre), Ario ricorse infatti perfino alle canzoni, che il popolo cantava senza rendersi conto degli errori dottrinali che vi si celavano. Alessandro cercò di riportarlo all'ovile con dolcezza e paternamente, ma, visto inutile ogni tentativo, il santo patriarca convocò un sinodo di vescovi, durante il quale le tesi di Ario vennero esaminate e respinte. Ario non si sottomise e riparò in Palestina, dove ebbe modo di farsi accogliere come perseguitato e cercò di screditare Alessandro. Nella controversia si inserì lo stesso imperatore Costantino, il quale, poco esperto in questioni teologiche, finì per dare un colpo alla botte e uno al cerchio: Alessandro e Ario ebbero in uguale misura severi richiami all'ordine. La disputa non poteva finire così e allora Costantino, per le stesse insistenza di Alessandro, convocò il concilio a Nicea di Bitinia.
    In questa prima grande assise ecumenica troviamo accanto all'anziano e malato Alessandro il suo battagliero diacono Atanasio, che gli succederà nella sede episcopale e porterà a fondo la lotta all'eresia ariana. Alessandro venne accolto trionfalmente al suo ritorno ad Alessandria, dove si rimise al lavoro per sanare le ferite prodotte dallo scisma. La morte lo colse cinque mesi più tardi. La data è incerta: quella del 26 febbraio del 328 è suffragata da maggiori testimonianze.


    Autore: Piero Bargellini

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    00 27/02/2016 06:50

    San Baldomero Suddiacono, monaco

    27 febbraio


    Lugduni (Forez - Gallia) VII secolo – Lione, 24 febbraio 630

    Lavoratore manuale nelle vicinanze di Lione in Francia, suscitava l'ammirazione di tutti, per la sua pietà e carità verso i poveri. Si dedicò intensamente all'orazione nel monastero di San Giusto.

    Martirologio Romano: A Lione in Francia, san Baldomero, suddiacono, uomo consacrato a Dio.







    Baldomero (Waldimer), nativo di Lugduni nel Forez in Gallia, visse qualche anno a Lione facendo il mestiere di fabbro. Fu conosciuto da tutti, destando l’ammirazione generale per la sua pietà e per la carità verso i poveri.
    Lasciato tutto, entrò nel monastero di S. Giusto, dove l’abate Vivenzo gli fece conferire il suddiaconato da Gaudrico, vescovo di Lione.
    Per umiltà Baldomero non volle mai essere ordinato sacerdote; condusse vita monastica come vero uomo di Dio, morì un 24 febbraio intorno al 630.
    Il suo nome compare in tutti i Martirologi successivi al secolo VII; le sue reliquie furono conservate con venerazione nel monastero lionese di S. Giusto, finché non furono disperse nel secolo XVI dagli Ugonotti.
    Solo nella chiesa di S. Galmier (Loire) sono conservate ancora oggi le ossa di un suo braccio. Nei documenti e fonti agiografiche francesi, il suo nome compare anche nelle varianti Galmier, Garmier, Germier, Gaumier.
    Il ‘Martirologio Romano’ lo riporta al 27 febbraio.

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    00 28/02/2016 07:32

    Sante Marana e Cira Vergini

    28 febbraio


    † Siria, 450 circa

    Martirologio Romano: Commemorazione delle sante Marana e Cira, vergini, che presso Beréa in Siria vissero in un luogo angusto e recintato, esposte alle intemperie, senza neppure un modesto riparo, osservando il silenzio e ricevendo da una finestrella il vitto loro necessario.

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    00 29/02/2016 06:45

    Sant' Ilaro Papa

    28 febbraio (negli anni bisestili: 29 febbraio)


    Cagliari? - Sardegna, V secolo - Roma, 29 febbraio 468



    (Papa dal 19/11/461 al 29/02/468)
    Nativo della Sardegna, nel 465 tenne a Roma un sinodo, i cui atti ci sono stati trasmessi integralmente.
    Abbellì la Basilica lateranense.

    Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina, deposizione di sant’Ilario, papa, che scrisse lettere sulla fede cattolica, con cui confermò i Concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, mettendo in luce il primato della sede Romana.



    Ascolta da RadioRai:





    Il ‘Liber Pontificalis’ lo riporta come originario della Sardegna, si dice di Cagliari, figlio di un certo Crispino e della sua infanzia, giovinezza e venuta a Roma, non si sa niente.
    Si comincia a parlare di lui quando nella città eterna era già diacono, al tempo della controversia cristologica provocata da Eutiche (378-454 ca.) monaco di Costantinopoli, fautore dell’eresia monofisita.
    L’eresia monofisita (V-VI sec.) negava la natura umana di Cristo, affermandone l’unica natura divina; condannata determinò il distacco della Chiesa Copta, Giacobita e Armena; l’eresia fu condannata nel Concilio di Calcedonia del 451; dove si affermò il dogma che in Gesù Cristo vi è una sola persona con due nature, umana e divina.
    Si ritiene che godesse di una notevole considerazione, perché papa s. Leone I Magno (440-461) lo inviò nel 449 al Concilio di Efeso a fianco del vescovo di Pozzuoli Giulio, del prete Renato e del notaio Dulcizio.
    I Legati pontifici partirono per la celebre città cristiana della Lidia, antica provincia romana dell’Asia, verso la metà di giugno del 449, ma durante il viaggio il prete Renato morì nell’isola di Delo; gli altri raggiunsero Efeso verso la fine di luglio o gli inizi di agosto, accolti da Flaviano patriarca di Costantinopoli; nel contempo il patriarca di Alessandria Dioscoro, che aveva l’incarico dall’imperatore d’Oriente Teodoro II (401-450), di presiedere il Concilio, stava predisponendo i lavori conciliari per una solenne riabilitazione di Eutiche e per la deposizione dei suoi avversari, fra cui il patriarca Flaviano.
    Il Concilio ebbe uno svolgimento tempestoso per la brutale e tirannica conduzione di Dioscoro, che abilmente eluse sempre la lettura delle lettere papali, di cui la delegazione pontificia era portatrice.
    Il vescovo Giulio, il diacono Ilaro e il notaio si trovarono soli contro una maggioranza ostile, di cui non parlavano la lingua, malvisti dal presidente e dalla legazione imperiale; ne scaturì la riabilitazione di Eutiche, che era stato in precedenza scomunicato dal patriarca Flaviano di Costantinopoli; poi si passò alla condanna dello stesso Flaviano e qui successe una serie di violenze verbali e l’Assemblea si tramutò in una bolgia; Dioscoro fingendo di essere aggredito, fece entrare i commissari imperiali con armigeri armati di spade, per riportare l’ordine, ma insieme entrarono anche tanti monaci eutichiani, marinai alessandrini e teppisti vari, tutti armati di bastoni.
    Flaviano fu aggredito e malmenato, finché riuscì a rifugiarsi in un angolo della basilica, guardato dalle guardie e protetto da pochi suoi fedeli. Dioscoro intanto, minacciando le sanzioni più gravi, raccolse le 113 firme dei vescovi presenti, contro di lui.
    Dei Legati romani, persi nella indegna gazzarra, non si seppe più niente di certo, si pensa che almeno Ilaro fosse con Flaviano da cui raccolse l’accorato appello scritto per il papa; la lettera poi giunta al papa Leone I però è motivo di disaccordo da parte degli studiosi, su come fosse pervenutagli.
    Dopo la burrascosa prima Sessione del Concilio, passato alla storia come il ‘latrocinio di Efeso’ per la pesante ingerenza della corte bizantina tramite il suo incaricato Dioscoro; si aprì una seconda Sessione a cui inutilmente furono invitati a partecipare i Legati pontifici dallo stesso Dioscoro, i quali avventurosamente ritornarono a Roma, patendo ogni sorta di privazioni.
    Ilaro giunse alla fine di settembre; gli antichi testi mettono in risalto la forza d’animo, lo sprezzo del pericolo, la combattività del diacono a confronto del comportamento più debole e cauto degli altri membri della legazione romana.
    Molte lettere di vescovi orientali coinvolti nella controversia religiosa e che furono deposti, in conseguenza del risultato del Concilio di Efeso, furono a lui indirizzate, come autorevole esponente della difesa dell’ortodossia e di intercessione presso il papa Leone I, il quale aveva già elogiato il comportamento di Ilaro e che lo eleverà al grado di arcidiacono in una data prima del 455-56, associandolo in una posizione primaria nel governo della Chiesa.
    Papa Leone I lo incaricò anche nel 456 di interpellare qualche valente astronomo del tempo, per definire l’ennesima controversia fra Roma e l’Oriente, sulla celebrazione della Pasqua; il lavoro con l’apporto determinante del suo amico Vittorio di Limoges, terminò nella primavera del 457 stabilendo una data fissa per 532 anni a partire dal 29 d.C.; comunque questo computo fu accolto solo in Italia e nella Gallia e non da altre Nazioni dell’epoca.
    Il 10 novembre 461 morì il papa san Leone I Magno e dopo nove giorni, il 19 novembre, gli successe acclamato da tutti, l’arcidiacono Ilaro, compito non facile dopo un grande pontificato come quello di papa Leone I, ma Ilaro che s’era formato alla sua scuola e ne era stato collaboratore stimato, seppe mostrarsi all’altezza della situazione; tanto che gli studiosi concordano nel dire, che il suo pontificato fu la pura e semplice continuazione del precedente.
    Si preoccupò, con lettere andate perse, della spinosa situazione delle Chiese Orientali nei loro rapporti con Roma; ma soprattutto, alla luce di documenti recuperati e del verbale del Concilio di Roma del 19 novembre 465, intervenne nelle controversie delle Chiese della Gallia e della Spagna, che coinvolsero il metropolita di Arles Leonzio, il metropolita di Vienne s. Mamerto, il metropolita di Embrum Ingenuo, il metropolita di Aix Ansanio, i vescovi della provincia di Tarragona contro Silvano di Calahorra, ecc.
    Nel sopra citato Concilio del 465 fece discutere ed approvare i divieti di ammettere agli Ordini sacri i vedovi ammogliati, mariti di vedove, ignoranti, penitenti e mutilati; riprovò l’ereditarietà delle cariche vescovili, raccomandò la celebrazione annuale di Concili provinciali; difese la dignità del sacerdozio, tenne alto il prestigio della Sede Apostolica.
    Riguardo Roma si oppose alla costruzione di chiese eretiche, chiedendone con fermezza l’attuazione all’imperatore Antemio († 482); proseguì l’opera restauratrice del suo grande predecessore dopo la tempesta dei Vandali, che saccheggiarono Roma nel 455.
    L’opera maggiore fatta eseguire a Roma da papa Ilaro, furono i notevoli e dispendiosi lavori compiuti al battistero Lateranense; ci fu una profusione di opere d’arte massicce, con lampadari d’oro, tre cervi d’argento pieno, fontane artistiche per l’acqua battesimale.
    Ai fianchi del Battistero fece erigere tre oratori dedicati ciascuno a S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e alla Santa Croce, dove fu deposta una reliquia della Croce e il cui insieme era di aspetto regale.
    Eresse due monasteri, eseguì lavori a S. Lorenzo fuori le Mura, abbinandovi due bagni e alloggi per i pellegrini, e due famose biblioteche con antichi codici del Vecchio e Nuovo Testamento.
    Provvide di arredi sacri preziosi, le 25 basiliche o chiese abilitate alle liturgie stazionali con le relative processioni. Consacrò numerosi sacerdoti, diaconi e vescovi; quest’inesauribile papa concluse il suo pontificato, durato appena sei anni e tre mesi, il 29 febbraio dell’anno bisestile 468.
    Il suo corpo fu sepolto nella basilica di S. Lorenzo al Verano, accanto ai papi Zosimo e Sisto III. Inizialmente venne menzionato come santo al 10 settembre nei vari ‘Martirologi’ compreso il Geronimiano e a tale data fu inserito nel ‘Martirologio Romano’; nelle edizioni più recenti però la sua celebrazione è stata portata al 28 febbraio e negli anni bisestili al 29 febbraio.


    Autore: Antonio Borrelli

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    00 01/03/2016 06:51

    Sant' Albino di Vercelli Vescovo

    1 marzo


    Vercelli, V secolo

    Albino, visse verso la fine del V secolo. Divenne vescovo di Vercelli nel 452, l’anno in cui il generale Ezio sconfisse gli Unni e i Goti che avevano ovunque devastato. Sulle rovine della Basilica edificata da S. Eusebio e sulla tomba del martire S. Teofrasto, Albino ricostruì la nuova chiesa della città.

    Etimologia: Albino = bianco, dal latino


    Emblema: Bastone pastorale




    Ascolta da RadioMaria:




    Vi sono ben tredici santi che portano questo nome, ma quello che stupisce che tre di essi sono celebrati lo stesso giorno, il 1° marzo: S. Albino martire venerato a Colonia, s. Albino vescovo di Angers e s. Albino vescovo di Vercelli di cui parliamo.
    Egli figura nel catalogo episcopale della città di Vercelli al quinto posto dopo s. Eusebio, fondatore della diocesi. Albino divenne vescovo nel 452, anno in cui le orde barbariche dei Goti di Alarico e degli Unni di Attila, attraversarono e devastarono la città, venendo poi sconfitti dal generale Ezio.
    A lui toccò di ricostruire la cattedrale, che era stata edificata per iniziativa dell’imperatore Teodosio il Grande (379-393), che aveva sostituito a sua volta la piccola basilica nella zona cimiteriale, fondata da s. Eusebio, sulla tomba del martire s. Teonesto, presso la quale il protovescovo volle essere sepolto.
    La celebrazione della dedicazione a s. Eusebio della cattedrale, ricostruita e restaurata, avvenne con un rito così grandioso che ne rimase a lungo il ricordo; le lezioni storiche della diocesi vercellese ricordano al 31 agosto questa celebrazione, con un episodio straordinario avvenuto in tale circostanza.
    Albino temporeggiava a celebrare la dedicazione della cattedrale, perché desiderava la visita per l’occasione di qualche insigne vescovo, la sua attesa fu premiata dal passaggio per Vercelli del santo vescovo d’Auxerre, Germano; all’invito di Albino, s. Germano che era diretto con urgenza a Ravenna, promise che al ritorno si sarebbe fermato per presenziare il rito.
    Ma s. Germano, morì durante il suo soggiorno a Ravenna e a Vercelli tornò la sua salma, nel suo viaggio di ritorno in Francia. La leggenda racconta che una volta entrato il feretro nella cattedrale, fra il grande concorso di clero e popolo, le numerose candele, necessarie per illuminare il vasto ambiente, si accesero improvvisamente senza l’intervento di alcuno, quando nei giorni precedenti, inspiegabilmente non si era riuscito a farlo; il santo vescovo adempiva così la sua promessa, con questo prodigio.
    Comunque è una leggenda, perché le date non concordano, infatti s. Germano morì a Ravenna il 13 luglio 448 quando vescovo di Vercelli era s. Giustiniano e non s. Albino che lo divenne nel 452.
    Di lui non si sa altro, il suo culto è antichissimo.

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    00 03/03/2016 08:30

    San Caluppano Eremita in Alvernia

    3 marzo


    526 circa – 3 marzo 576

    Nato verso il 526, sarebbe stato ricevuto giovinetto nel monastero di Melitum. Di salute malferma, non potendo svolgere le normali mansioni, decise di abbandonare l’abbazia e di vivere da eremita. Si ritirò, pertanto, in una caverna, su una roccia non molto lontana, dove si nutrì del pane che gli portavano i suoi precedenti confratelli, dei pesci che Dio gli faceva apparire nella grotta e dell’acqua che sgorgava miracolosamente da una sorgente. Fu molto tentato dal demonio, di cui riuscì sempre a liberarsi. Visitato dal vescovo di Clermont, S. Avito, per la sua cultura fu ordinato diacono e poi prete. Morì un 3 marzo, forse del 576.
    L’Ordine Benedettino lo festeggia il 3 marzo.







    Secondo s. Gregorio di Tours, che lo conobbe personalmente, Caluppano sarebbe nato verso il 526 e sarebbe stato ricevuto giovinetto nel mona­stero di Melitum (forse l'attuale Méallet, nel can­tone di Mauriac). Di salute malferma, Caluppano non po­teva attendere al lavoro come gli altri religiosi, e, poiché questi si lamentavano di lui, decise di ab­bandonare l'abbazia e di vivere da eremita. Si ri­tirò, pertanto, in una caverna, su una roccia non molto lontana, dove si nutrì del pane che gli por­tavano i suoi antichi confratelli, dei pesci che Dio faceva apparire nella sua grotta e dell'acqua di una sorgente che aveva fatto scaturire miracolosa­mente. I serpenti vivevano in tanta familiarità con lui da andarglisi ad attorcigliare intorno al capo.
    L'eremita soffrì a lungo orribili tentazioni e il demonio gli apparve sotto forma di un drago : pre­gando e facendosi il segno di croce egli riuscì, però, a liberarsene. Fu visitato dal vescovo di Clermont} s. Avito, che, trovandolo colto e istruito, lo ordinò diacono e poi prete. Caluppano morì verso il 576, il 3 mar­zo, giorno in cui se ne celebra la festa : attualmente non restano tracce del suo culto.


    Autore: Gilbert Bataille

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    00 04/03/2016 07:19

    San Casimiro Principe polacco

    4 marzo - Memoria Facoltativa


    Cracovia, Polonia, 3 ottobre 1458 – Grodno, Lituania, 4 marzo 1484

    Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni, di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe, minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere. Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania. (Avvenire)

    Patronato: Polonia e Lituania


    Etimologia: Casimiro = che vuole la pace, dal polacco


    Emblema: Corona, Giglio, Pergamena


    Martirologio Romano: San Casimiro, figlio del re di Polonia, che, principe, rifulse per lo zelo nella fede, la castità, la penitenza, la generosità verso i poveri e la devozione verso l’Eucaristia e la beata Vergine Maria e ancora giovane, consunto dalla tisi, nella città di Grodno presso Vilnius in Lituania si addormentò nella grazia del Signore.



    Ascolta da RadioVaticana:
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    Il principe Casimiro, soprannominato dai suoi compatrioti “uomo di pace”, nacque a Cracovia il 3 ottobre 1458, terzo dei tredici figli di Casimiro IV, re di Polonia, e di Elisabetta d’Austria, figlia dell’imperatore Alberto II. Il matrimonio tra i due, rivelatasi un’unione felice oltre che fertile, era stato combinato con l’aiuto di Giovanni Dlugosz, storiografo e canonico di Cracovia, religioso schivo ma di grande erudizione e santità. Proprio a lui fu dunque affidata l’educazione di Casimiro quando questi raggiunse l’età di nove anni ed il sacerdote si rivelò un ottimo insegnante, severo al punto giusto, quasi un secondo padre per il piccolo principe.
    Non ancora quindicenne, in seguito alla richiesta da parte della nobiltà ungherese, il padre inviò Casimiro a guidare un esercitò contro il sovrano ungherese, Mattia Corvino. Quando però Casimiro venne a sapere che Mattia disponeva di truppe ben più numerose delle sue e si rese conto di essere stato abbandonato sia dalla nobiltà ungherese che in un primo tempo aveva richiesto il suo intervento, ma anche dalle proprie truppe in diserzione, accolse favorevolmente il consiglio dei suoi ufficiali ed interruppe la spedizione.
    Intanto il pontefice Sisto IV, temendo forse che la guerra rischiasse solo di favorire la causa turca, aveva inoltrato un appello di desistenza al sovrano polacco. Il re, dimostratosi disponibile ad un colloquio di pace, inviò un messaggero al figlio, che però con sua grande vergogna scoprì già ritiratosi. Per castigo fu vietato a Casimiro di fare ritorno a Cracovia e venne rinchiuso per tre mesi nel castello di Dobzki. Nonostante le pressioni del padre e le nuove richieste da parte dei nobili magiari, Casimiro non si lasciò mai più persuadere ad abbracciare le armi.
    Pare che il giovane principe non ambisse a posizioni di governo e preferiva piuttosto attivarsi in favore dei poveri, degli oppressi, dei pellegrini e dei prigionieri. Era solito infatti denunciare al re suo padre tutte le ingiustizie nei confronti dei poveri ed ogni loro necessità di cui veniva a conoscenza. Grande gioia provò quando decise di dovare tutti i suoi beni ai bisognosi, che presero a definirlo “difensore dei poveri”.
    La sua vita fu da allora più monastica che principesca, il suo carattere mite ed umile lo spinse ad occuparsi più della Chiesa che della vita di corte. Trascorreva infatti gran parte del suo tempo in chiesa, tra preghiera personale e funzioni liturgiche, spesso dimenticandosi addirittura di mangiare, e di notte tornava a pregare dinnanzi ai portoni chiusi della chiesa. Solitamente gentile con tutti, fu però duro contro gli sismatici: proprio dietro sua insistenza il padre vietò il restauro delle chiese ove essi erano soliti riunirsi. Grande devoto della Madonna, nella sua bara fu posta una copia del suo inno preferito: “Omni die dic Marie”.
    Nessuno riuscì a convincerlo a convolare a nozze con la promessa sposa, una figlia di San Ferdinando III di Castiglia. Egli sosteneva di non conoscere altra salvezza se non in Cristo e profetizzava la sua vicina scomparsa per stare con Lui in eterno. Casimiro morì infatti di tubercolosi, a soli ventisei anni, il 4 marzo 1484 a Grodno. Le sue spoglie trovarono sepoltura nella cattedrale di Vilnius, odierna capitale lituana, ove ancora oggi sono venerate.
    Sulla sua tomba si verificarono moltissimi miracoli ed il re Sigismondo decise di inoltrare al papa Leone X una petizione per richiedere la canonizzazione del principe polacco. Nel 1521 tale papa dichiarò San Casimiro patrono della Polonia e della Lituania, ma fu ufficialmente canonizzato solo nel 1602 dal pontefice Clemente VIII e nel 1621 la sua festa venne estesa alla Chiesa universale. Il clto del santo è rimasto assai vivo anche tra i polacchi ed i lituani emigrati in America.
    Vasta è l’iconografia di questo santo polacco: celebre è il suo ritratto eseguito da Carlo Dolci e molti altri dipinti lo raffigurano con in mano una pergamena, riportante alcune parole del suo inno mariano prediletto, ed un giglio, simbolo di castità. San Casimiro è infatti particolarmente invocato contro le tentazioni carnali.


    Dalla "Vita di san Casimiro", scritta da un autore quasi contemporaneo.

    La carità quasi incredibile, certamente non simulata ma sincera, di cui ardeva verso Dio onnipotente per opera di quello Spirito divino, era talmente diffusa nel cuore di Casimiro, tanto traboccava e dalle profondità del cuore tanto si riversava sul prossimo, che nulla gli era più gradito, nulla più desiderato che donare ai poveri di Cristo, ai pellegrini, ai malati, ai prigionieri, ai perseguitati non solo i propri beni, ma tutto se stesso.
    Per le vedove, gli orfani, gli oppressi fu non solo un protettore, non solo un difensore, ma un padre, un figlio, un fratello. E qui sarebbe necessario scrivere una lunga storia se si volessero descrivere i singoli atti di carità e di grande amore che in lui fiorirono verso Dio e verso gli uomini. In che misura poi egli praticò la giustizia e abbracciò la temperanza, di quanta prudenza fu dotato e da quale fortezza e costanza d'animo fu sostenuto, soprattutto in quell'età più libera nella quale gli uomini di solito sono più sconsiderati e per natura più inclini al male, é difficile dire o pensare.
    Ogni giorno persuadeva il padre a praticare la giustizia nel governo del regno e dei popoli a lui sottomessi. E mai tralasciò di riprendere con umiltà il re se talvolta, per incuria o per debolezza umana, qualcosa veniva trascurato nel governo. Difendeva ed abbracciava come sue le cause dei poveri e dei miserabili, per cui dal popolo veniva chiamato difensore dei poveri. E benché fosse figlio del re e nobile per la dignità della nascita, mai si mostrava superiore nel tratto e nella conversazione con qualsiasi persona, per quanto umile e di bassa condizione. Volle sempre essere considerato fra i miti ed i poveri di spirito, ai quali appartiene il regno dei cieli, piuttosto che fra i potenti e i grandi di questo secolo. Non desiderò il supremo potere, né mai lo volle accettare quando gli fu offerto dal padre, temendo che il suo animo fosse ferito dagli stimoli delle ricchezze, che il nostro Signore Gesù Cristo ha chiamato spine, o fosse contaminato dal contagio delle cose terrene.
    Tutti i suoi domestici e segretari, uomini insigni e ottimi, dei quali alcuni sono ancora viventi e che lo conobbero intimamente, asseriscono e testimoniano che egli visse vergine fino alla fine e vergine chiuse il suo ultimo giorno.(Cap. 2-3; Acta Sanctorum Martii 1, 347-348)

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    00 05/03/2016 07:45

    San Conone l'ortolano Martire in Panfilia

    5 marzo


    m. c. 250

    Martire in Panfilia o, secondo altri, a Cipro, vittima della persecuzione di Decio. Rispose al prefetto romano che era originario di Nazaret e apparteneva alla famiglia di Cristo. Gli fu dato il soprannome di Ortolano perchè, conducendo forse una vita di eremita, coltivava per il suo sostentamento un campicello di legumi.



    Martirologio Romano: In Panfilia, nell’odierna Turchia, san Conone, martire, che, giardiniere, sotto l’imperatore Decio, fu costretto a correre, con i piedi trafitti da chiodi, davanti ad un carro e, caduto in ginocchio, pregando rese lo spirito a Dio.








    San CONONE l'Ortolano, detto il Taumaturgo

    Il Martirologio Romano commemora al 6 marzo il martirio a Cipro di Conone, vittima della persecuzione di Decio (249-251). Con i piedi trapassati da chiodi fu costretto a correre davanti a un carro; infine, estenuato, cadde in ginocchio e, mentre levava a Dio un'ultima preghiera, rese lo spirito.
    Questa breve notizia non è altro che il riassunto dell'elogio dedicato al martire Conone l'Ortolano nei sinassari bizantini, in cui è festeggiato il 5 marzo. Oriundo di Nazareth, in Galilea, Conone si sarebbe trasferito in Panfilia nelle vicinanze di Magydos, dove condusse una vita molto semplice, forse di eremita. Coltivava un orto e si nutriva dei legumi che vi crescevano. Poi nei sinassari sono descritti il supplizio e il martirio ordinati dal prefetto Publio o Pollione).
    E' assai probabile che per una corruzione del testo il nome greco "ortolano" sia stato malamente inteso come "cipriota". Si può, inoltre, sollevare un dubbio sulla sua origine palestinese: questa, infatti, può essere fondata esclusivamente su una risposta di Conone al prefetto, in cui il martire afferma: «Sono di Nazareth, la mia famiglia è quella di Cristo». Questa risposta non può essere considerata indicativa del luogo di origine del martire, così come attesta invece la sua intrepida fede.
    I sinassari bizantini commemorano al 5 marzo (alcuni al 6) un altro Conone, martire in Isauria, provincia situata tra la Panfilia e la Cilicia. Questo Conone era oriundo della città di Binada, distante solo diciotto stadi da Seleucia e, figlio di Nestore e Nada, visse al tempo degli Apostoli.
    Costretto dai genitori a sposarsi, sebbene fosse suo proposito conservare il celibato, riuscì a far condividere il suo parere alla sposa Anna e i coniugi vissero nello stato di perfetta castità. Conone fu celebrato soprattutto per il suo potere sui demoni, da cui gli venne l'appellativo di «taumaturgo». Tradotto davanti al prefetto Magnus, fu flagellato crudelmente perché non aveva cessato di predicare la sua fede, ottemperando agli editti imperiali. Secondo la stessa fonte, anche il padre di Conone, Nestore, morì martire.
    È importante notare che nei sinassari bizantini, alla data del 28 febbraio, è celebrato Nestore, vescovo di Magydos, martirizzato proprio a Perge in Panfilia durante la persecuzione di Decio e sotto il prefetto Publio (o Pollione). Tutti questi particolari storici e geografici ci ricordano quelli del martirio di Conone l'Ortolano; ma qualche perplessità nasce dal fatto che i dati cronologici non coincidono con il «tempo degli Apostoli».
    Nel Martirologio Romano troviamo alla data del 26 febbraio la commemorazione a Perge di Nestore, vescovo e martire e, sempre nella stessa città, il ricordo di un gruppo di quattro martiri: Papias, Diodoro, Conone e Claudiano, morti (dice la notizia) prima del vescovo Nestore.
    Per quanto sia molto difficile darne una dimostrazione apodittica, non sembra tuttavia improbabile che nel Conone di Binada, figlio del martire Nestore, si possa vedere lo stesso martire Conone l'Ortolano, che testimoniò la sua fede in Panfilia (verisimilmente a Perge), ad una distanza di tempo non eccessiva da quella in cui subì il martirio il vescovo Nestore.
    Notiamo, infine, che il Calendario palestinogeorgiano del Sinaiticus 34 (sec. X) commemora, ma senza nessuna precisazione, Conone al 6 marzo.


    Autore: Jaoseph-Marie Sauget

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    00 06/03/2016 08:46

    Sant' Evagrio di Costantinopoli Vescovo

    6 marzo




    Martirologio Romano: Commemorazione di sant’Evagrio, vescovo di Costantinopoli, che, mandato in esilio dall’imperatore Valente, tornò al Signore come insigne testimone della fede.

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    00 07/03/2016 07:16

    Beato Enrico d’Austria Mercedario

    7 marzo




    Cavaliere laico, il Beato Enrico d’Austria, fu chiamato all’Ordine Mercedario dalla Beata Vergine. A Tunisi dove si trovava per redenzione fu flagellato per la grande testimonianza che mostrava alla fede in Cristo e con amore sopportò ogni tormento. Famoso per la preghiera, illibato nella castità, forte nella penitenza e amabile nella conversazione. Dopo aver preannunziato l’ora della morte, spirò in queste parole: tu sei o Signore la mia speranza, restituisco la mia anima a Dio; dalla sua cella si udiva un coro di angeli. E’ sepolto nella chiesa della Mercede di Barcellona.
    L’Ordine lo festeggia il 7 marzo.

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    Coordin.
    00 08/03/2016 05:46

    San Botmaele Monaco in Bretagna

    8 marzo


    VI secolo







    In una Vita del sec. XI, di scarsissimo valore storico, riguardante l'aba­te s. Maudeto, vissuto in Bretagna nel sec. VI, viene menzionato come suo discepolo un certo Botmaele. La narrazione leggendaria non si discosta dai so­liti schemi : il monaco avrebbe condotto una vita molto austera, intessuta di aspre penitenze e di continue ferventi preghiere. Dio avrebbe manife­stato di compiacersi col servo fedele, concedendogli il dono di prodigi strepitosi. La festa di Botmaele ricorre l'8 marzo.


    Autore: Gian Domenico Gordini

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    00 09/03/2016 06:03

    Santa Caterina (Vigri) da Bologna Vergine

    9 marzo


    Bologna, 8 settembre 1413 - ivi, 9 marzo 1463



    Nata a Bologna l'8 settembre 1413 dal ferrarese Giovanni de' Vigri e Benvenuta Mammolini, Caterina viene educata alla corte Estense, che in quel tempo toccava l'apogeo del suo splendore. Ma proprio qui germoglia in lei la vocazione alla vita consacrata: giovanissima entra tra le Clarisse nel monasero del Corpus Domini di Ferrara. Nel 1456 è chiamata a Bolgona a fondare anche qui un monastero intitolato al Corpus Domini. Anima profondamente francescana, vive con gioia interiore l'imitazione di Cristo crocifisso, la contemplazione del Bambino di Betlemme, l'amore per Gesù vivo nell'Eucaristia, con un temperamento vivace, artistico, portato al canto e alla danza. Muore il 9 marzo 1463. Le sue spoglie sono venerate a Bologna nel santuario del Corpus Domini. (Avvenire)

    Etimologia: Caterina = donna pura, dal greco


    Emblema: Giglio


    Martirologio Romano: A Bologna, santa Caterina, vergine dell’Ordine di Santa Chiara, che, insigne nelle arti liberali, ma ancor più illustre per le virtù mistiche e il cammino di perfezione nella penitenza e nell’umiltà, fu maestra delle sacre vergini.








    Figlia di uno stimato giurista bolognese, sui 9 anni deve trasferirsi con la famiglia a Ferrara: suo padre va al servizio di Niccolò III d’Este, che sta costruendo il ducato di Ferrara, Modena e Reggio. E lei è nominata damina d’onore di Margherita, figlia di Niccolò. La città di Ferrara sta diventando una meraviglia, chiama artisti da ogni parte, vengono illustri pittori e architetti italiani (e uno addirittura vi è nato: Cosmé Tura), e letterati francesi, e artisti fiamminghi dell’arazzo...
    Caterina va agli studi, si appassiona di musica e pittura, di poesia (anche latina, presto). Ma d’un colpo tutto finisce, sui suoi 14 anni: le muore il padre, la madre si risposa, e riecco lei a Bologna, sola, abbattuta, in cerca di pace nella comunità fondata dalla gentildonna Lucia Mascheroni. Ma presto il rifugio diventa luogo di sofferenza e travaglio, per una sua gravissima crisi interiore: una “notte dello spirito” che dura cinque anni.
    E allora torna a Ferrara, ma non più a corte: nel monastero detto del Corpus Domini. Qui la damina si fa lavandaia, cucitrice, fornaia. Preghiera e lavoro, mai perdere tempo, dice la Regola delle Clarisse che qui si osserva. E a lei va bene: lava i piatti, dipinge, fa le pulizie, scrive versi in italiano e in latino, insegna preghiere nuove, canti nuovi.
    Con lei il monastero è un mondo di preghiera e gioia, silenzio e gioia, fatica e gioia. Diventa famoso, tanto che ne vogliono uno così anche a Bologna, dove va a fondarlo appunto Caterina, come badessa.
    Porta con sé la madre, rimasta ancora vedova. Siamo nel 1456: anche questo monastero s’intitola al Corpus Domini. Caterina compone testi di formazione e di devozione, e poi un racconto in latino della Passione (cinquemila versi), un breviario bilingue. Si dice che abbia apparizioni e rivelazioni, e intorno a lei comincia a formarsi un clima di continuo miracolo. Ma anche restando con i piedi per terra, è straordinario quel suo dono di trasformare la penitenza in gioia, l’obbedienza in scelta. C’è in lei una capacità di convincimento enorme. Garantisce lei che la perfezione è per tutti: alla portata di chiunque la voglia davvero.
    Già in vita l’hanno chiamata santa. E questa voce si diffonde sempre più dopo la sua morte, tra moltissimi che non l’hanno mai vista, e la conoscono solo dai racconti di prodigi suoi in vita e in morte. A quattro mesi dal decesso, dice una relazione dell’epoca, durante un’esumazione, sul suo viso riapparvero per un po’ i colori naturali. Santa da subito per tutti, dunque, anche se la canonizzazione avverrà solo nel 1712, con Clemente XI. Il suo corpo non è sepolto. Si trova collocato tuttora sopra un seggio, come quello di persona viva, in una cella accanto alla chiesa che a Bologna è chiamata ancora oggi “della santa”.


    Autore: Domenico Agasso

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    00 10/03/2016 07:30

    San Drottoveo Abate a Parigi

    10 marzo


    m. 580 circa

    Martirologio Romano: A Parigi in Francia, san Droctoveo, abate, che san Germano di Autun, suo maestro, pose a capo di un cenobio di monaci istituito in questa città.

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    00 11/03/2016 18:16

    Sant' Eulogio di Cordoba Sacerdote e martire

    11 marzo


    † Cordoba, Spagna, 11 marzo 859

    Eulogio è il più importante dei «Martiri di Cordoba» assieme a Rodrigo e Salomone. Strappata ai Visigoti dagli Arabi nel 771, Cordoba raggiunse il suo apogeo culturale nel X secolo, prima di essere "riconquistata" nel 1236 da Ferdinando III di Castiglia. I musulmani non si mostrarono sempre feroci persecutori dei cristiani, cui talvolta si limitavano a imporre di non testimoniare la loro fede e di versare un cospicuo tributo periodico: se ciò provocava lo spirito d'indipendenza dei cristiani, i più sensibili, non potevano tollerare una specie di ibernazione religiosa. Di qui sporadiche reazioni alla dominazione, che venivano soffocate con sporadiche persecuzioni. Di una di queste reazioni furono protagonisti Rodrigo, Salomone ed Eulogio. Questo era prete; non potendo accettare la passività dei cristiani, parlò apertamente contro il Corano. Imprigionato una prima volta, venne rilasciato, ma, nominato vescovo di Toledo, non poté essere ordinato, perché venne decapitato l'11 marzo 859. (Avvenire)

    Emblema: Palma


    Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, sant’Eulogio, sacerdote e martire, decapitato con la spada per avere proclamato apertamente la fede in Cristo.

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    Coordin.
    00 12/03/2016 08:11

    San Brian Bòruimhe Re d'Irlanda, martire

    12 marzo


    † 1014







    Brian Bòruimhe è il più ben noto re d'Irlanda menzionato in tutti i libri di storia del suo paese. Egli fu ucciso dai Dani nel 1014 nella Battagli di Clontarf. La sua reputazione di santo non sembra essere di origine irlandese e in Irlanda non esiste alcuna prova certa di culto. I Bollandisti menzionano Brian Bòruimhe, tra i praetermissi, al 12 marzo.


    Autore: Cuthbert McGrath

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