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EPILOGO: LE TRE VIE E IL CICLO LITURGICO 1579-1.

1579. Percorse le tre vie o le tre tappe che conducono alla
perfezione, non sara` inutile vedere come ogni anno la Chiesa ci inviti
nella liturgia a ricominciare e a perfezionare l'opera della nostra
santificazione coi suoi tre gradi, la purificazione, l'illuminazione e
l'unione con Dio. La vita spirituale e` infatti una serie di continui
ricominciamenti e il ciclo liturgico viene ogni anno a spronarci a
sforzi novelli.

Nella liturgia tutto si riferisce al Verbo Incarnato, mediatore cosi`
di religione come di redenzione, che ci viene presentato non solo come
modello da imitare, ma anche come capo di un corpo mistico che viene a
vivere nelle membra onde far praticare le virtu` di cui diede
l'esempio. Ogni festa quindi e ogni periodo liturgico ci richiama
qualcuna delle virtu` di Gesu`, recandoci le grazie da lui meritate onde
colla sua collaborazione le ricopiamo in noi.

1580. L'anno liturgico, che corrisponde alle quattro stagioni
dell'anno, armonizza pur bene con le quattro principali fasi della
vita spirituale 1580-1. L'Avvento corrisponde alla via purgativa;
il tempo di Natale e dell'Epifania e` in relazione colla via
illuminativa in cui seguiamo Gesu` imitandone le virtu`; il tempo della
Settuagesima e della Quaresima adduce una seconda purificazione
dell'anima piu` profonda della prima, il tempo pasquale e` la via
unitiva, con l'unione a Gesu` risuscitato, unione che si perfezione
coll'Ascensione e colla discesa dello Spirito Santo. -- Spieghiamo
brevemente questo ciclo liturgico.

1581. 1^ L'Avvento, che significa venuta, e` una preparazione alla
venuta del Salvatore e quindi un periodo di purificazione e di
penitenza.

La Chiesa ci invita a meditare sulla triplice venuta di Gesu`: la
venuta sulla terra con l'incarnazione, l'ingresso nelle anime con la
grazia, e la comparsa alla fine dei secoli a giudicar gli uomini. Vole
pero` richiamar la nostra attenzione principalmente sulla prima venuta;
onde ci rammenta i sospiri dei patriarchi e dei profeti per farci
desiderar con loro la venuta del promesso Liberatore e lo stabilimento
o il rassodamento del suo regno nell'anime nostre. E` quindi tempo di
santi desideri e di ardenti suppliche con cui chiediamo a Dio di far
discendere su di noi la rugiada della grazia e soprattutto lo stesso
Redentore: Rorate, caeli, desuper, et nubes pluant justum! La preghiera
si fa piu` premurosa colle antifone maggiori, O Emmanuel, o Rex gloriae,
o Oriens, etc., che, richiamandoci i gloriosi titoli dati dai profeti
al Messia e i tratti principali della sua missione, ci fanno
desiderare la venuta de Colui che solo puo` alleviare le nostre
miserie.

1582. Ma e` pur tempo di penitenza. La Chiesa ci rammenta il giudizio
universale a cui dobbiamo prepararci con l'espiazione dei peccati; e
la predicazione di S. Giovanni Battista c'invita a far penitenza per
preparare la via al Salvatore: "Parate viam Domini, rectas facite
semitas ejus" 1582-1. Anticamente si digiunava tre volte la
settimana, come si fa ancora in certi Ordini religiosi, e se ora la
Chiesa non impone piu` il digiuno ai suoi figli, li esorta pero` a
supplirvi con altre mortificazioni, adoprando a tal fine nelle Messe
del tempo il colore violaceo, che e` simbolo di duolo.

E` chiaro che questi santi desideri e queste pratiche di penitenza
tendono a purificar l'anima, preparandola cosi` al regno di Gesu`.

1583. 2^ Ed eccoci al tempo di Natale: il Verbo ci si presenta
nell'infermita` della carne, colle grazie ma anche colle debolezze
dell'infanzia, invitandoci ad aprirgli il cuore onde potervi regnar da
padrone e comunicarci le sue disposizioni e le sue virtu`. Comincia
cosi` la via illuminativa: purificati dalle colpe, distaccati dal
peccato e dalle cause che vi ci potrebbero far ricadere,
c'incorporiamo sempre piu` a Gesu` onde partecipare ai suoi
annientamenti, all'umilta`, all'obbedienza, alla poverta`, si` bene da
lui praticate nella nativita` e nelle circostanze che la seguirono. Ad
accoglierlo sulla terra, che viene a riscattare, ci sono appena pochi
pastori e pochi savi dell'Oriente che gli porgono i loro ossequi; i
Giudei che egli elesse per suo popolo non si degnano di riceverlo: "in
propria venit et sui eum non receperunt" 1583-1. E` costretto a
fuggire in Egitto, e, tornatone, si va a seppellire in un paesucolo
della Galilea, ove passa trent'anni, crescendo in sapienza e in
scienza insieme coll'eta`, lavorando manualmente come un povero operaio
e obbedendo in tutto a Maria e a Giuseppe: tal e` lo spettacolo
offertoci dalla liturgia nel tempo del Natale e dell'Epifania, per
metterci sott'occhio gli esempi che dobbiamo imitare. E nello stesso
tempo c'invita ad adorare il Figlio di Dio tanto piu` profondamente
quanto piu` si volle per noi annientare, a ringraziarlo ed amarlo: "sic
nos amantem quis non redamaret?"

1584. 3^ Ma, prima di potere assaporare i gaudii dell'unione divina,
ci vuole una nuova purificazione, piu` dura e piu` profonda della prima,
della quale il tempo della Settuagesima e della Quaresima ci porge
proprizia occasione.

La Settuagesima e` come il preludio della Quaresima. La Chiesa,
mettendoci sott'occhio nella assegnata lezione della S. Scrittura il
racconto della caduta dell'uomo, dei peccati che gli tennero dietro,
del diluvio che ne fu il castigo, della vita santa dei Patriarchi che
ne fu l'espiazione, c'invita a riandare nell'amarezza dell'anima tutti
i nostri peccati, a detestarli sinceramente, ad espiarli con generosa
penitenza. i mezzi da lei propostici sono: 1) il lavoro o il fedele
adempimento dei doveri del proprio stato per amor di Dio: "ite et vos
in vineam meam"; 2) la lotta contro le passioni: nell'Epistola ci
paragona ad atleti che corrono o che combattono per ottener la corona
e c'invita a castigare il corpo e a ridurlo in servitu`; 3) la
volontaria accettazione dei patimenti e delle prove a cui siamo
giustamente condannati, e l'umile preghiera onde trarne profitto:
"Circumdederunt me gemitus mortis... et in tribulatione mea^ invocavi
Dominum" 1584-1.

1585. A questi mezzi la Quaresima aggiunge il digiuno, l'astinenza e
l'elemosina, per lottar vittoriosamente contro le tentazioni; e noi li
praticheremo in unione con Gesu`, che si ritira quaranta giorni nel
deserto a farvi penitenza per noi e acconsente ad essere tentato per
insegnarci il modo di resistere al demonio. Il prefazio della Messa ci
dira` che il digiuno rintuzza i vizi, innalza i cuori e ottiene aumento
di virtu` e di meriti.

La scena del Tabor, narrata nella domenica seconda, ci mostrera` che la
penitenza ha le sue delizie quando e` associata alla preghiera e si
leva lo sguardo s Dio a chiedergli soccorso: "Oculi mei semper ad
Dominum, quia ipse evellet de laqueo pedes meos" 1585-1.
L'Introito della domenica quarte c'infondera` nuovo coraggio, facendoci
intravvedere i gaudi del paradiso "Laetare Jerusalem", di cui la santa
comunione, simboleggiata nella moltiplicazione dei pani, ci da` gia` un
saggio.

1586. Colla domenica di Passione s'inalbera il vesillo della Croce:
"Vexilla Regis prodeunt"; la nuda croce, perche` l'immagine del divin
Crocifisso viene velata in segno di duolo e di tristezza, ad
insegnarci che ci sono momenti in cui non vediamo che tribolazioni
senza sentire alcuna consolazione. Ma l'Epistola della Messa ci
confortera` presentandoci il nostro Pontefice che coll'effusione del
sangue entra nel Santo dei Santi, e ripetendoci che la Croce, simbolo
di morte, divenne per lui fonte di vita "ut unde mors oriebatur inde
vita resurgeret".

La domenica della Palme, seguita subito dai dolorosi misteri di
Cristo, c'insegnera` quanto effimeri siano anche i piu` ben meritati
trionfi della terra e come vi succedano spesso le piu` profonde
umiliazioni. L'anima angosciata leva allora un grido di dolore: Deus,
Deus meus, respice in me: quare me dereliquisti 1586-1"; e` il
grido di Gesu` nel giardino degli Ulivi e sul Calvario; e` il grido
dell'anima cristiana visitata da pene interiori o in preda alla
calunnia. Ma l'Epistola viene a riconfortarci, stimolandoci ad unirci
agli interni sentimenti di Gesu`, che obbedisce sino alla morte e morte
di croce e che viene presto ricompensato con tale esultazione che ogni
ginocchio si piega dinanzi a lui; onde, se ne partecipiamo i
patimenti, avremo pur parte ai suoi trionfi, come dice S. Paolo: "Si
tamen compatimur ut et conglorificemur" 1586-2.

1587. 4^ La Resurrezione e il ciclo pasquale ci richiamano la vita
gloriosa di Gesu`, immagine della vita unitiva. Vita piu` celeste che
terrestre: Gesu`, nel corso del suo ministero, era sempre vissuto sulla
terra, lavorando, conversando con gli uomini, esercitando
l'apostolato; dopo la risurrezione vive piu` separato che mai da tutte
le cose esterne, facendo solo rare apparizioni agli apostoli a dare
gli ultimi insegnamenti, e poi ritorna al padre: "apparens eis et
loquens de regno Dei" 1587-1.

E` immagine delle anime che, giunte alla via unitiva, cercano ormai la
solitudine per conversare intimamente con Dio; e se i doveri del loro
stato le obbligano a trattar cogli uomini, lo fanno solo per
santificarli; studiandosi di accostarsi all'ideale proposto da
S. Paolo: 1587-2 "Se dunque risorgeste con Cristo, cercate le cose
di lassu`, dove Cristo e` assiso alla destra di Dio; alle cose di lassu`
aspirate, non a quelle della terra; moriste infatti e la vostra vita e`
ascosa [sic] con Cristo in Dio".

Coll'Ascensione un nuovo gradino: Gesu` vive ormai in cielo alla destra
del Padre e prega continuamente per noi; il suo apostolato si fa anche
piu` fecondo, perche` ci invia lo Spirito Santo, lo Spirito
santificatore, che trasforma gli Apostoli e per mezzo loro milioni di
anime. Parimenti i contemplativi, che colla mente e col cuore abitano
gia` in cielo, non cessano di pregare e di sacrificarsi per la salute
dei fratelli, esercitando cosi` apostolato anche piu` fecondo.

1588. La Pentecoste e` la discesa dello Spirito Santo nelle singole
anime, ad operarvi in modo piu` lento e piu` nascosto la mirabile
trasformazione effettuata negli Apostoli. Il mistero della Santissima
Trinita` viene a rimetterci sott'occhio il grande oggetto della fede e
della religione, la causa efficiente ed esemplare della nostra
santificazione; e le feste del Santissimo Sacramento e del Sacro Cuore
ci ripetono che Gesu`, nell'Eucarestia ove palesa i tesori del Sacro
suo Cuore, merita le nostre adorazioni e il nostro amore e che e` nello
stesso tempo il gran Religioso di Dio, per cui e in cui possiamo
rendere all'adorabile Trinita` gli ossequi che le sono dovuti.

Le varie domeniche che seguono la Pentecoste rappresentano l'intiero
svolgimento dell'opera dello Spirito Santo non solo nella Chiesa ma
anche in ogni anima cristiana, e ci invitano quindi a produrre, sotto
l'azione dello Spirito Santo, copiosi frutti di salute fino a quel
giorno in cui andremo a raggiungere in cielo Colui che vi ci ha
preceduti a prepararci il posto.

1589. Stanno in questo ciclo liturgico le feste dei Santi. Possente
stimolo per noi gli esempi di costoro che, membri di Cristo come noi,
ne imitarono le virtu` non ostante tutte le tentazioni e tutti gli
ostacoli. Ci dicono con S. Paolo: "Siate imitatori miei come io di
Cristo: imitatores mei estote sicut et ego Christi" 1589-1; e
leggendo nel Breviario il racconto delle eroiche loro virtu`, ripetiamo
la parola di Agostino: "Tu non poteris quod isti, quod istae?".

Rammenteremo poi in modo particolare che la Regina degli Angeli e dei
Santi, la Madre del Salvatore, e` nella liturgia costantemente
associata al Figlio e che non possiamo onorare il Figlio senza
onorarne, amarne, imitarne pure la Madre.

A questo modo, sorretti e aiutati dalla Vergine Santissima e dai Santi
e incorporati al Verbo Incarnato, ci accostiamo a Dio percorrendo ogni
anno il ciclo liturgico.

1590. Ma, a trar veramente profitto dai copiosi mezzi di
santificazione offertici dalla Chiesa, conviene che attiriamo in noi
le interne disposizioni di Gesu`. Ora c'e` una bellissima ed
efficacissima preghiera che serve a ritrarre in noi questi sentimenti:
e` la preghiera O Jesu vivens in Maria; e una sua breve spiegazione ci
pare la miglior chiusa di questo Compendio.