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COMPENDIO DI TEOLOGIA SPIRITUALE

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    I. La levitazione 1517-1.

    1517. La levitazione e` un fenomeno onde il corpo viene sollevato in
    aria e vi rimane pendulo senza alcun naturale appoggio: e` l'estasi
    ascensiva o salita estatica; talora il corpo viene rapito a grandi
    altezze: e` il volo estatico; altre volte pare che corra rapidamente
    rasente il suolo: e` la corsa estatica.

    Molti fatti di levitazione si leggono nella vita di parecchi santi,
    cosi` nei Bollandisti come nel Breviario; per esempio: S. Paolo della
    Croce, 28 aprile; S. Filippo Neri, 26 maggio; S. Stefano d'Ungheria, 2
    settembre; S. Giuseppe da Copertino, 18 settembre; S. Pietro
    d'Alcantara, 19 ottobre; S. Francesco Saverio, 3 dicembre; ecc. Uno
    dei piu` celebri e` S. Giuseppe da Copertino, il quale, vedendo un
    giorno certi operai in grave difficolta` per erigere una pesantissima
    croce di missione, preso l'aereo suo volo, afferra la croce e
    agevolmente la pianta nella buca preparata.

    Si collega a questo fenomeno quello di una pesantezza straordinaria,
    onde il corpo non puo` essere smosso neppure da forza
    potentissima 1517-2.

    1518. I razionalisti tentarono di questo fenomeno una spiegazione
    naturale recando in mezzo non so quale aspirazione profonda dell'aria
    nei polmoni o un'ignota forza psichica o l'intervento di spiriti o di
    anime separate; come a dire che non trovano alcuna spiegazione seria.
    Ben piu` savio e` Benedetto XIV! Egli vuole prima di tutto che, a scanso
    di inganni, il fatto sia bene accertato. Poi dichiara: 1) che la
    levitazione bene accertata non puo` spiegarsi naturalmente; 2) ma che
    non supera le forze dell'angelo e del demonio, i quali hanno potere di
    sollevare i corpi; 3) che nei Santi questo fenomeno e` un'anticipazione
    della dote dell'agilita` propria dei corpi gloriosi 1518-1.
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    II. Le irradiazioni luminose 1519-1.

    1519. L'estasi e` talora accompagnata da fenomeni luminosi; ora e`
    un'aureola di luce che cinge la fronte, ora e` tutto il corpo che
    diventa luminoso.

    Compendieremo anche qui la dottrina di Benedetto XIV 1519-2.
    Bisogna prima di tutto studiar bene il fatto in tutte le sue
    circostanze, per vedere se la luce non possa spiegarsi naturalmente.

    Si badi specialmente: 1) se il fenomeno accade di pieno giorno o
    durante la notte, e, in quest'ultimo caso, se la luce e` piu` brillante
    d'ogni altra; 2) se si tratta di semplice scintilla simile alla
    scintilla elettrica, oppure se il fenomeno luminoso dura un tempo
    notevole e si rinnova piu` volte; 3) se avviene durante un atto di
    religione, un'estasi, una predica, una preghiera; 4) se produce frutti
    di grazia, conversioni costanti, ecc.; 5) se virtuosa e santa e` la
    persona da cui parte questa irradiazione.

    Solo dopo aver maturatamente esaminate tutte queste particolarita` si
    potra` concludere che si tratta veramente di fatti soprannaturali.
    Anche qui si ha un'anticipazione della dote dello splendore onde
    brilleranno i corpi gloriosi.

    III. Gli effluvi odorosi.

    1520. Dio fa che talora dai corpi dei santi, in vita o dopo morte,
    esalino olezzi, a simbolo del buon odore delle virtu` da loro
    praticate.

    Cosi` dalle stimate di S. Francesco d'Assisi emanavano alcune volte
    soavi odori. Alla morte di S. Teresa, l'acqua onde ne fu lavato il
    corpo, rimase profumata; per nove mesi continui un'arcana fragranza
    esalo` dalla sua tomba; e, quando ne fu esumato il corpo, ne flui` olio
    odoroso 1520-1. E si hanno molti altri fatti simili.

    Benedetto XIV insegna come si deve procedere per accertare il
    miracolo; si esaminera`: 1) se il soave odore e` persistente; 2) se non
    c'e` nulla nel corpo o nel suolo che ne possa dar spiegazione; 3) se ci
    sono miracoli prodotti dall'uso dell'acqua o dell'olio provenienti dal
    corpo del santo 1520-2.

    IV. L'astinenza prolungata.

    1521. Vi sono Santi, massime fra gli stimatizzati, che vissero
    parecchi anni senz'altro cibo che la santa comunione.

    Il Dr. Imbert-Goubeyre cita in particolare alcuni casi
    mirabili 1521-1: "La B. Angela da Foligno rimase dodici anni senza
    prender cibo; S. Caterina da Siena circa otto anni; la B. Elisabetta
    di Rente piu` di quindici anni; S. Liduina ventotto anni; La
    B. Caterina da Racconigi dieci anni... ai nostri giorni, Rosa Andriani
    ventotto anni... e Luigia Lateau quattordici anni".

    La Chiesa si mostra severissima nell'inchiesta di tali fatti ed esige
    vigilanza lunga ed assidua di testimoni numerosi ed abili a scoprir le
    frodi 1521-2. Devono esaminare se l'astinenza e` totale che
    comprende bevande e cibi solidi, se e` costante, e se la persona
    continua ad attendere alle proprie occupazioni.

    E` pur da collegare con questo fenomeno l'astinenza del sonno: cosi`
    S. Pietro d'Alcantara per quarant'anni non dormi` che on'ora e mezzo
    per notte; S. Caterina de' Ricci non dormiva che un'ora per settimana.

    V. Le stimate.

    1522. 1^ Natura ed origine. Questo fenomeno consiste in una specie
    d'impressione delle sacre piaghe del Salvatore sui piede, sulle mani,
    sul costato e sulla fronte, che compaiono spontaneamente senza essere
    provocate da esterna ferita ed emettono periodicamente vivo sangue.

    Il primo stimatizzato che si conosca e` S. Francesco d'Assisi: stando,
    il 17 settembre del 1222, sul monte Alvernia, vide in una mirabile
    estasi un serafino che gli presentava l'immagine di Gesu` Crocifisso e
    che gl'impresse le sacre stimate; piaghe che conservo` sino alla morte,
    onde fluiva sangue vermiglio. Studiossi di tener nascosto il miracolo
    ma non vi pote` ben riuscire; e alla morte, che avvenne l'11 ottobre
    del 1226, il prodigio divento` pubblico. D'allora in poi questi casi si
    moltiplicarono. Il Dr. Imbert ne conta trecentoventuno, di cui
    quarantuno di uomini; e degli stimatizzati sessantadue vennero
    canonizzati.

    1523. Pare accertato che le stimate non avvengono che negli estatici
    e che sono precedute e accompagnate da vivissimi patimenti fisici e
    morali, che rendono cosi` la persona conforme a Gesu` sofferente.
    L'assenza di tali patimenti sarebbe cattivo segni; perche` le stimate
    non sono che il simbolo dell'unione col divin Crocifisso e della
    partecipazione al suo martirio.

    Il fatto delle stimate e` provato da testimonianze cosi` numerose che
    anche gli increduli generalmente l'ammettono, cercando pero` di darne
    una spiegazione naturale. Dicono che in certe persone dotate di
    singolare sensibilita` si puo`, sovraeccitando la fantasia, provocar
    sudori di sangue che assomigliano alle stimate. Ma veramente i pochi
    risultati cosi` ottenuti sono tutt'altra cosa da cio` che avviene negli
    stimatizzati.

    1524. 2^ Segni per discernere le vere stimate. Bisogna dunque, per
    ben distinguere le stimate dai fenomeni artificiali provocati in certi
    individui, badar bene a tutte le circostanze che qualificano le vere
    stimate.

    1) Le stimate sono circoscritte a quelle parti ove Nostro Signore
    ricevette le cinque piaghe, mentre l'essudazione sanguigna degli
    ipnotizzati non e` circoscritta a questo modo.

    2) Ordinariamente la rinnovazione delle piaghe e dei dolori degli
    stimatizzati avviene nei giorni o nei tempi che ricordano la Passione
    del Salvatore, come il venerdi` o qualche festa di Nostro Signore.

    3) Queste piaghe non fanno suppurazione: il sangue che ne esce e` puro,
    mentre che ogni minima lesione naturale su altre parti del corpo fa
    suppurazione, anche negli stimatizzati. E non guariscono, per quanti
    rimedi ordinari vi si adoprino, persistendo talora trenta e
    quarant'anni.

    4) Producono copiose emorragie: cosa che si capisce nel giorno in cui
    compaiono, ma diventa inesplicabile nei giorni seguenti. Inesplicata
    pure rimane la copia di sangue versato; benche` le stimate siano
    ordinariamente alla superficie, lontane dai grossi vasi sanguigni,
    pure emettono copioso sangue.

    5) Da ultimo, ed e` la cosa precipua, le stimate non si riscontrano se
    non in persone che praticano le piu` eroiche virtu` e che specialmente
    hanno grande amore alla croce.

    Lo studio di tutte queste circostanze chiaramente dimostra che non
    siamo qui dinanzi a un caso patologico ordinario, ma che c'e`
    l'intervento di una causa intelligente e libera, la quale opera sugli
    stimatizzati per renderli piu` conformi al divin Crocifisso.

    CONCLUSIONE : DIFFERENZE TRA QUESTI FENOMENI E I FENOMENI MORBOSI.

    1525. I fenomeni che si connettono coll'estasi sono cosi` ben provati
    che i positivisti non possono negarli; si sforzano pero` di
    agguagliarli a certi fenomeni morbosi prodotti da psiconevrosi e
    specialmente dall'isterismo; alcuni anzi ci vedono una forma di
    pazzia. -- I Santi vanno certamente soggetti anch'essi alla malattie
    come gli altri uomini, ma non di questo ora si tratta, bensi` di sapere
    se, non ostante le malattie, abbiano le facolta` mentali sane ed
    assestate. Ora su questo punto corrono tra i fenomeni mistici e le
    psiconevrosi differenze cosi` sostanziali, che nessuna persona di buona
    fede puo` ricusare di riconoscerle e conchiudere che non c'e` tra loro
    alcuna possibile parita` 1525-1. Tali differenze si desumono
    specialmente: 1^ dalle persone; 2^ dalla diversita` dei
    fenomeni; 3^ dagli effetti.

    1526. 1^ Differenze da parte delle persone. Paragonando i colpiti da
    psiconevrosi cogli estatici, si vede che i primi sono fisicamente e
    moralmente squilibrati, mentre i secondi sono, almeno sotto l'aspetto
    morale, perfettamente sani.

    A) I primi sono squilibrati cosi` nelle facolta` mentali come nel
    fisico.

    Si nota in loro una diminuzione dell'attivita` intellettuale e della
    potenza della volonta`; alterata o sospesa e` la coscienza, l'attenzione
    diminuita, immiserita l'intelligenza, la memoria sconvolta per guisa
    che si crede a uno sdoppiamento della personalita`; presto non restano
    piu` nella mente che poche idee fisse; onde un certo monoideismo che
    s'accosta alla pazzia. Si indebolisce nello stesso tempo la volonta`;
    le emozioni prendono il sopravvento; si diventa lo zimbello dei propri
    capricci o delle suggestioni altrui; e non si e` piu` capaci di
    governarsi. C'e` dunque un infiacchimento e una diminuzione della
    personalita` e delle forze intellettuali e morali 1526-1.

    1527. B) Nei mistici avviene tutto il contrario: l'intelligenza
    s'allarga, la volonta` s'invigorisce, e diventano capaci di concepire e
    compiere le piu` grandi imprese. Acquistano infatti, come abbiamo
    veduto, cognizioni nuove su Dio, sui suoi attributi, sui dommi della
    fede, su se stessi. Non possono, e` vero, esprimere tutto cio` che
    vedono, ma dichiarano con tutta sincerita` di aver imparato piu` in
    pochi istanti di contemplazione che in lunghe letture; convinzione che
    produce un vero progresso nella pratica delle piu` eroiche virtu`. Si
    vedono infatti piu` umili, piu` caritatevoli, piu` sottomessi alla
    volonta` di Dio, anche in mezzo ai piu` duri patimenti, dotati di calma,
    di pace, di serenita` inalterabili. Che differenza dalle agitazioni e
    dagli appassionati movimenti degli isterici!

    1528. 2^ Differenze da parte dei fenomeni. Non ci sono minori
    differenze da parte del modo con cui si producono o fenomeni negli uni
    e negli altri.

    A) Nulla di piu` triste e di piu` nauseante delle crisi isteriche:

    1) La prima fase assomiglia a un leggiero attacco d'epilessia, ma se
    ne distingue per la sensazione d'una palla che sale alla gola, la
    quale non e` in sostanza che un gonfiamento della gola con impressione
    di soffocazione; e per una specie di zufoli`o sentito dall'orecchio.
    2) La seconda consiste in gesti disordinati, in contorsioni di tutto
    il corpo, e specialmente nell'arcuar la persona all'indietro. 3) La
    terza e` quella degli atteggiamenti passionali di terrore, di gelosia,
    di lubricita`, dettati dall'immagine o dall'idea che li domina.
    4) Finiscono con accessi di pianto o di riso, con cui la crisi si
    risolve. E la persona ne esce stanca e spossata con sequela di vari
    incomodi.

    B) Anche qui qual differenza! Negli estatici non convulsioni, non
    violente agitazioni, ma calma e dolce rapimento dell'anima intimamente
    unita a Dio; tanto che chi assiste all'estasi, come per esempio quelli
    che vedevano la Bernardina nel momento delle visioni alla grotta di
    Massabielle, non puo` trattenere l'ammirazione. Anzi, come dichiara
    S. Teresa, n. 1456, il corpo, in cambio di rimanere spossato,
    riprende nell'estasi novelle forze.

    1529. 3^ Differenze da parte degli effetti. Ben diversi sono gli
    effetti nei due casi.

    A) Negli isterici quanto piu` le scene descritte si moltiplicano, tanto
    piu` cresce lo squilibrio delle facolta`; dissimulazione, menzogna,
    abbrutimento, lubricita`: tal e` il risultato delle esperienze fatte su
    queste sventurate vittime.

    B) Nei mistici invece e` un costante aumento di intelligenza, di amor
    di Dio, di dedizione al bene del prossimo. Quando devono metter mano a
    opere e fondazioni, danno prova di buon senso, di mente aperta e
    sicura, di energica volonta`, coronati dalla buona riuscita.

    S. Teresa, prima di morire, non ostante le molteplici opposizioni,
    aveva fondato sedici conventi di donne e quattordici di uomini.
    S. Coletta fondo` tredici monasteri e rimise in vigore la disciplina in
    gran numero d'altri. La Signora Acarie, estatica fin dall'eta` di
    sedici anni, visse trent'anni nel matrimonio, allevo` sei figli, rifece
    il domestico patrimonio compromesso dalle imprudenze del marito, e,
    rimasta vedova, contribui` alla fondazione del Carmelo in Francia.
    S. Caterina da Siena, morta a trentadue anni, senza sapere per molto
    tempo ne` leggere ne` scrivere, ebbe parte cosi` importante negli
    avvenimenti contemporanei, e specialmente nel ritorno dei Papi a Roma,
    che uno storico recente la disse uomo di Stato e grande uomo di
    Stato 1529-1.

    Come si vede, vi sono dunque tra gl'isterici e gli stimatizzati tali
    differenze che il volerli agguagliare e` un calpestar tutte le regole
    dell'osservazione scientifica.

    1530. 4^ Obiezione. Resta pero` un'ultima difficolta` da risolvere: ci
    son di quelli che pretendono col Ribot che l'estasi sia un progressivo
    restringimento del campo della coscienza, che finisce in un
    monoideismo affettivo; perche` i mistici piu` non pensano e non parlano
    che di intima unione con Dio. -- Per rispondere a questa speciosa
    difficolta`, si puo` distinguere un doppio monoideismo: l'uno e`
    disorganizzatore e disgrega a poco a poco la personalita` falsando il
    giudizio; tal e` l'idea fissa del suicida che cerca il nulla come bene
    supremo; l'altro invece e` un monoideismo coordinatore, che fa, e` vero,
    predominare nell'anima un'idea principale, a questa richiamando tutte
    le altre, ma senza falsarle. Quest'ultimo non solo non disgrega la
    personalita` ma anzi la fortifica; non e` forse per il fatto di avere
    un'idea fissa, a cui collegano tutti i loro disegni, che i grandi
    politici riescono a far cose grandi, quando per altro si tratti di
    idea giusta?

    Tal e` il caso dei mistici. Hanno un'idea predominante, un'idea fissa,
    quella di attendere soprattutto al loro ultimo fine, vale a dire
    all'intima unione con Dio, fonte di ogni felicita` e di ogni
    perfezione: a lei coordinano tutti gli altri pensieri, tutti gli
    affetti, tutte le energie. Ed e` idea intieramente giusta; che non
    disgrega ma coordina tutti i pensieri e tutte le azioni, orientandole
    verso quell'unico fine che solo puo` darci la perfezione e la felicita`.
    Ecco perche` i Santi, anche umanamente considerati, sono persone di
    grande operosita`, pieni di buon senso, d'energia, di costanza, che
    concepiscono e conducono a buon fine grandi imprese. E` cosa notata
    dagli increduli stessi, come abbiamo gia` detto al n. 43.

    Siamo dunque giusti e confessiamo che i mistici sono nello stesso
    tempo Santi e uomini superiori.

    ART. II. FENOMENI DIABOLICI 1531-1.

    1531. Spinto dalla gelosia ad imitare l'azione divina nelle anime
    dei Santi, il demonio si sforza di esercitare anche lui il suo impero
    o piuttosto la sua tirannia sugli uomini. Ora vessa l'anima dal di
    fuori suscitando in lei orribili tentazioni; ora si fissa nel corpo e
    lo muove a suo grado come ne fosse il padrone per riuscire a turbar
    l'anima. Nel primo caso si ha l'infestazione, nel secondo
    l'ossessione 1531-2.

    Quanto all'azione del demonio bisogna schivare i due eccessi: vi sono
    di quelli che gli attribuiscono tutti i mali che ci accadono,
    dimenticando che ci sono in noi stati morbosi che non suppongono alcun
    immediato intervento diabolico e inclinazioni cattive che provengono
    dalla triplice concupiscenza: cause naturali certo biasimevoli a
    spiegare molte tentazioni. Ci sono altri invece che, dimenticando
    quanto la S. Scrittura e la Tradizione ci dicono dell'azione del
    demonio, non vogliono in nessun caso ammettere l'intervento. A tener
    la retta via, la regola da seguire e` questa: non accettare come
    fenomeni diabolici se non quelli che o per il carattere straordinario
    o per un complesso di circostanze dinotano l'azione dello spirito
    maligno.

    Tratteremo prima dell'infestazione e poi dell'ossessione.
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    sez. I. Dell'infestazione.

    1532. I. Natura. L'infestazione e` in sostanza una serie di
    tentazioni ordinarie. E` esterna quando opera sui sensi esterni con
    apparizioni; interna, quando produce interne impressioni. Trattandosi
    non di luoghi ma di persone infestate dal demonio, e` raro che
    l'infestazione sia puramente esterna, perche` il demonio non opera sui
    sensi se non per turbare piu` facilmente l'anima. Vi sono pero` dei
    Santi, che, pur essendo esteriormente infestati da ogni sorta di
    fantasmi, conservano nell'anima inalterabile pace.

    1533. 1^ Il demonio puo` operare su tutti i sensi esterni:

    a) Sulla vista, apparendo ora sotto forme ributtanti, per atterire le
    persone e distoglierle dalla pratica della virtu`, come fece con la
    V. Madre Agnese de Langeac 1533-1 e con molti altri; ora sotto
    forme seducenti, per attirare al male, come avvenne spesso a
    S. Alfonso Rodriguez 1533-2.

    b) Sull'udito, facendo sentire parole o canti blasfemi od osceni, come
    si legge nella vita di S. Margherita da Cortona 1533-3; o
    cagionando rumori per spaventare, come qualche volta accadeva a
    S. Maddalena de' Pazzi e al S. Curato d'Ars 1533-4.

    c) Sul tatto, in doppio modo: ora con percosse e ferite, come si legge
    nelle bolle di canonizzazione di S. Caterina da Siena e di
    S. Francesco Saverio e nella vita di S. Teresa 1533-5; ora con
    amplessi provocanti al male, come narra di se` S.Alfonso
    Rodriguez 1533-6.

    Vi sono dei casi, come osserva il P. Schram 1533-7, in cui queste
    apparizioni sono semplici allucinazioni prodotte da soverchia
    eccitazione nervosa; ma sono anche allora terribili tentazioni.

    1534. 2^ Il demonio opera pure sui sensi interni, la fantasia e la
    memoria, e sulle passioni, per eccitarle. Uno si sente, quasi a suo
    dispetto, invaso da fantasie importune, noiose, che persistono non
    ostante i vigorosi sforzi di cacciarle via; si trova in preda a
    fremiti d'ira, ad angosce di disperazione, a moti istintivi
    d'antipatia; o prova invece pericolose tenerezze senza ragione alcuna
    che le giutifichi. E` difficile, e` vero, molte volte determinare se si
    tratti di vera infestazione diabolica, ma quando tali tentazioni sono
    nello stesso tempo repentine, violente, tenaci, e difficili a spiegare
    con cause naturali, vi si puo` vedere una speciale azione del demonio.
    Nei casi dubbi, e` bene consultare un medico cristiano, che esamini se
    tali fenomeni dipendano da stato morbosa che possa essere da buona
    igiene attenuato.

    1535. II. Condotta del direttore. Deve associare la piu` oculata
    prudenza alla piu` paterna bonta`.

    a) Non prestera` certamente fede, se non ne abbia prove serie, a una
    vera infestazione. Ma, infestazione o no, deve usar compassione coi
    penitenti assaliti da tentazioni violente e tenaci e aiutarli con savi
    consigli. Ricordera` loro in particolare quanto dicemmo sulla
    tentazione, sul modo di resistervi, n. 902-918, e sui rimedi
    speciali contro la tentazione diabolica, n. 223-224.

    b) Se, sotto la violenza della tentazione, avvenissero disordini senza
    alcun consenso della volonta`, rammenti che non si da` peccato senza
    consenso. Nel dubbio, giudichera` che non ci sia stata colpa, almeno
    grave, quando si tratti di persona abitualmente ben disposta.

    c) Trattandosi di persone fervorose, il direttore esaminera` se queste
    persistenti tentazioni non entrino forse nel novero delle prove
    passive che abbiamo piu` sopra descritte, al n. 1426; e allora dara`
    a queste persone consigli adatti al loro stato interiore.

    1536. d) Se l'infestazione diabolica e` moralmente certa o molto
    probabile, si possono adoperare, in forma privata, gli esorcismi
    prescritti dal Rituale Romano o altre formole piu` brevi; e` bene in
    questo caso non avvertire la persona che si sta per esorcizzarla, ove
    si temesse che questo avviso possa turbarne o esaltarne la fantasia;
    basta dirle che le si recita una preghiera approvata dalla Chiesa. Per
    gli esorcismi solenni occorre la licenza dell'Ordinario e le
    precauzioni che indicheremo parlando dell'ossessione.
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    sez. II. Dell'ossessione 1537-1.

    Ne spiegheremo:
    * 1^ la natura;
    * 2^ i rimedi prescritti dal Rituale.

    I. Natura dell'ossessione.

    1537. 1^ Gli elementi costitutivi. L'ossessione e` costituita da due
    elementi: dalla presenza del demonio nel corpo dell'ossesso e dal
    dominio che esercita su questo corpo e per esso sull'anima.
    Quest'ultimo punto ha bisogno di essere spiegato. Il demonio non e`
    unito al corpo come vi e` unita l'anima; non e` rispetto all'anima che
    un motore esterno, e, se opera su di lei, lo fa solo per mezzo del
    corpo in cui abita. Puo` operare direttamente sulle membra del corpo
    facendo fare ogni sorta di movimenti; e opera indirettamente sulle
    facolta` per quel tanto che nell'operare dipendono dal corpo.

    Negli ossessi si possono rilevare due stati distinti: lo stato di
    crisi e lo stato di calma. La crisi e` come una specie d'accesso
    violento, in cui il demonio esercita il suo tirannico dominio
    imprimendo al corpo un'agitazione febbrile che si palesa in
    contorsioni, scoppi di rabbia, parole empie e blasfeme. I pazienti
    perdono allora, a quanto pare, ogni coscienza di cio` che avviene in
    loro e, tornati in se`, non serbano memoria di quanto dissero o fecero,
    o piuttosto di cio` che disse o fece il demonio per mezzo loro.
    L'irruzione del demonio sentono solo a principio, poi pare che perdano
    la coscienza.

    1538. Vi sono pero` eccezioni a questa regola generale. Il P. Surin
    che, esorcizzando le Orsoline di Loudun, divento` ossesso egli pure,
    serbava coscienza di cio` che dentro gli accadeva 1538-1. Descrive
    in che modo si sentiva l'anima come divisa, aperta per un verso alle
    impressioni diaboliche e per l'altro abbandonata all'azione di Dio; e
    come pregava mentre il corpo andava ruzzolando per terra. Aggiunge:
    "Il mio stato e` tale che mi restano ben poche azioni in cui io sia
    libero. Se voglio parlare, la lingua mi si ribella; nella Messa, sono
    costretto tutto a un tratto a fermarmi; a tavola, non mi posso
    accostare i bocconi in bocca. Se mi confesso, i peccati mi sfuggono; e
    sento che il demonio e` in me come in casa sua ed entra ed esce come
    gli piace".

    1539. Negli intervalli di calma, nulla scopre la presenza dello
    spirito maligno e si direbbe che si sia ritirato. Qualche volta pero`
    questa presenza si palesa con una specie di malattia cronica che
    resiste a ogni arte medica.

    Ci sono spesso parecchi demonii in un solo ossesso; il che mostra la
    loro debolezza.

    L'ossessione ordinariamente non avviene che in peccatori; ma vi sono
    eccezioni, come nel caso del P. Surin.

    1540. 2^ I segni dell'ossessione. Essendovi malattie nervose e
    monomanie o casi d'alienazione mentale che s'accostano nelle esterne
    manifestazioni all'ossessione diabolica, e` opportuno dare dei segni
    onde poterla distinguere da questi fenomeni morbosi.

    Stando al Rituale Romano 1540-1, ci sono tre segni principali che
    possono far riconoscere l'ossessione: "parlare una lingua ignota
    adoprandone parecchie parole, o capire chi la parla; scoprire cose
    lontane ed occulte; dar prova di forze superiori all'eta` o alla
    condizione della persona. -- Questi ed altri simili segni, quando
    siano in molti in una stessa persona, sono i piu` forti indizi
    dell'ossessione". Diciamone una parola di spiegazione.

    a) L'uso di lingue ignote. Occorre, per accertarlo, un profondo esame
    della persone, vedere se non ebbe occasione in passato d'imparare
    alcuni vocaboli di queste lingue, se non dice solo qualche frase
    imparata a memoria ma parla e capisce una lingua che prima le era
    veramente ignota 1540-2.

    b) La rivelazione di cose occulte inesplicabile con mezzi naturali.
    Qui pure e` necessaria un'accurata inquisizione: trattandosi, per
    esempio, di cosa lontana, bisogna assicurarsi che la persona non
    l'abbia conosciuta per lettera, per telegramma o per altro mezzo
    naturale; trattandosi di cose future, bisogna aspettarne
    l'avveramento, per vedere se avvengono proprio come furono predette, e
    se sono cosi` ben determinate da non prestarsi ad equivoci. Non si deve
    quindi tener conto di certe vaghe predizioni di grandi sventure,
    seguite da lieti eventi: sarebbe modo assai facile per acquistarsi
    fama di profeti! Debitamente accertato il fatto, resta a vedere,
    applicando le regole sul discernimento degli spiriti, se questa
    preternaturale conoscenza provenga da spirito buono o da cattivo; e da
    uno spirito cattivo attualmente presente nell'ossesso.

    c) La prova di forze notevolmente superiori alle forze naturali della
    persona, tenendo conto dell'eta`, delle abitudini, dello stato di
    salute, ecc.; vi sono infatti casi di sovreccitazione in cui le forze
    si raddoppiano. Abbiamo gia` detto che il fenomeno della levitazione,
    quando e` ben accertato, e` cosa preternaturale; ora vi sono dei casi in
    cui le circostanze non permettono di attribuirlo a Dio o agli angeli
    suoi, onde vi si deve riconoscere un segno di intervento diabolico.

    1541. Si possono a questi segni aggiungere quelli che vengono dagli
    effetti prodotti dall'uso degli esorcismi o di oggetti sacri,
    specialmente quando quest'uso si fa senza che il supposto ossesso lo
    sappia. Vi sono infatti di quelli che, al contatto d'un oggetto sacro,
    o quando si recitano su di loro preghiere liturgiche, montano in
    indicibile furore e bestemmiano orribilmente. Ma tal segno non e` certo
    se non quando la cosa si fa senza che lo sappiano, altrimenti, se se
    ne accorgono, possono dare in ismanie o per avversione che abbiano a
    cio` che e` religioso o per simulazione.

    Non e` dunque facile riconoscere la vera ossessione, e non sara` mai
    troppo il riserbo prima di darne giudizio.

    1542. 3^ Differenze tra l'ossessione e i disturbi nervosi.
    Esperienze fatte su persone colpite da malattie nervose mostrarono una
    certa analogia tra questi stati morbosi e gli atteggiamenti esterni
    degli ossessi 1542-1. Ne` c'e` da meravigliarne: il demonio puo`
    produrre e malattie nervose e fenomeni esterni simili a quelli delle
    nevrosi. Nuova ragione per essere molto riserbati nei giudizi su
    pretesi casi di ossessione.

    Queste analogie pero` riguardano unicamente i gesti esterni, che non
    bastano da soli a provare l'ossessione. Non s'incontrano mai colpiti
    da nevrosi che parlino lingue ignote i rivelino i segreti dei cuori o
    predicano l'avvenire con precisione e certezza. Ora sono questi, come
    dicemmo, i veri segni dell'ossessione; ove manchino tutti, si puo`
    credere a una semplice nevrosi. Se vi furono qualche volta esorcisti
    che s'ingannarono, lo dovettero al non essersi attenuti alle regole
    fissate dal Rituale. A scanso di errori, e` opportuno far esaminare il
    caso non solo da sacerdoti ma anche da medici cristiani.

    1543. Cosi` il P. Debreyne, che prima di farsi Trappista, era stato
    medico, narra di aver dovuto curare una comunita` di donne, il cui
    stato presentava grandi somiglianze con quello delle Orsoline di
    Loudun. Ed egli in breve le guari` adoprando mezzi igienici e
    specialmente un assiduo e vario lavoro manuale 1543-1.

    Bisogna diffidare specialmente delle ossessioni epidemiche: puo` darsi
    che un vero caso di ossessione cagioni in chi vi assiste uno stato
    nervoso esteriormente simile all'ossessione. Il miglior mezzo per
    schivare questa specie di contagio e` di disperdere le persone cosi`
    colpite e allontanarle dal luogo ove contrassero questa nervosita`.
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    II. Rimedi contro l'ossessione.

    I rimedi generali sono tutti quelli che possono indebolire l'azione
    del demonio sull'uomo, purificar l'anima e fortificar la volonta`
    contro i diabolici assalti; gli speciali sono gli esorcismi.

    1544. 1^ Rimedi generali. Si adopreranno tutti quelli che abbiamo
    indicati parlando della tentazione diabolica, n. 223-224.

    A) Uno dei piu` efficaci e` la purificazione dell'anima con una buona
    confessione, massime con una confessione generale, che, umiliandoci e
    santificandoci, mette in fuga il demonio, spirito superbo ed impuro.
    Il Rituale consiglia di aggiungervi il digiuno, la preghiera e la
    santa comunione 1544-1. Quanto piu` si e` puri e mortificati tanto
    minor presa ha su di noi il demonio. La santa comunione poi ci mette
    dentro Colui che trionfo` di Satana; ma non dev'essere ricevuta
    dall'ossesso che nei momenti di calma.

    B) I sacramenti e gli oggetti benedetti hanno pure grande efficacia
    per le preghiere fatte dalla Chiesa nel benedirli. S. Teresa aveva
    speciale fiducia nell'acqua benedetta, fiducia ben fondata, perche` la
    Chiesa vi annette la virtu` di cacciare il demonio 1544-2. Ma
    bisogna usarne con grande spirito di fede, di umilta` e di confidenza.

    C) Il crocifisso, il segno della croce, principalmente le autentiche
    reliquie della vera croce sono terribili al demonio che con la croce
    fu vinto: "et qui in ligno vincebat, in ligno quoque
    vinceretur" 1544-3. Per la stessa ragione lo spirito maligno teme
    assai l'invocazione del santo nome di Gesu`, che, secondo la promessa
    stessa del divino Maestro, ha mirabile potere a mettere in fuga il
    demonio 1544-4.

    1545. 2^ Esorcismi. La Chiesa, avendole Gesu` Cristo lasciato il
    potere di cacciare i demoni, istitui` presto l'ordine degli Esorcisti,
    conferendo loro il potere d'imporre le mani sugli ossessi, catecumeni
    o battezzati; e compose piu` tardi formule di preghiera di cui dovevano
    servirsi. L'ufficio di esorcista e` pero` difficile nella pratica,
    perche` richiede molta scienza, virtu` e prudenza; onde questo potere
    oggi rimane in essi legato e non puo` in forma solenne esercitarsi se
    non da sacerdoti scelti a tal fine dall'Ordinario. Ma possono i
    sacerdoti fare esorcismi privati, giovandosi delle preghiere della
    Chiesa o di altre formule; anzi anche i laici possono recitare queste
    preghiere sebbene non in nome della Chiesa 1545-1.

    1546. Il Rituale indica il modo di procedere a da` agli esorcisti
    saviissimi consigli, di cui toccheremo solo i principali. Accertata
    l'ossessione e ricevuta la debita delegazione per gli esorcismi:

    1) Conviene prepararsi a questo terribile ufficio con un'umile e
    sincera confessione, affinche` il demonio non possa rinfacciare agli
    esorcisti le loro colpe; e col digiuno e colla preghiera, perche` ci
    sono certi demoni che non cedono se non a questi mezzi 1546-1.

    2) Gli esorcismi devono ordinariamente farsi in una chiesa o cappella,
    tranne che, per gravi ragioni, non si giudichi opportuno farli in casa
    privata. In ogni caso l'esorcista non dev'essere mai solo
    coll'ossesso, ma accompagnato da testimoni gravi e pii e abbastanza
    robusti da dominare il paziente nelle sue crisi. Trattandosi di donna,
    a frenarla vi saranno donne di prudenza e virtu` provata; e il
    sacerdote vi si terra` in grande riserbo e modestia.

    1547. 3) Recitate le preci prescritte, l'esorcista procedera` alle
    interrogazioni. Deve far le domande con autorita`, attenendosi solo
    alle utili e consigliate dal Rituale: sul numero e sul nome degli
    spiriti inabitanti l'ossesso; sul tempo e sui motivi dell'ossessione;
    si inti`ma al demonio di dire quando uscira` e a quale segno se ne
    conoscera` la fuga, minacciandolo, ove si ostini, di aumentarne i
    tormenti a proporzione della resistenza. A questo fine si ripeteranno
    gli scongiuri che paiono piu` efficaci ad irritarlo, le invocazioni dei
    Santi Nomi di Gesu` e di Maria, i segni di croce e la aspersioni di
    acqua benedetta; obbligandolo a prostrarsi dinanzi alla SS. Eucarestia
    o al Crocifisso o alle sacre reliquie. -- Si badi bene a schivare la
    loquacita`, le facezie, le domande oziose; se lo spirito maligno da`
    risposte mordaci o ridicole o corre a digressioni, gli s'impone con
    autorita` e dignita` il silenzio.

    1548. 4) Non si ha da permettere ai testimoni, -- che devono per
    altro esser pochi 1548-1 -- di far domande; ma stiano silenziosi
    e raccolti, pregando in unione coll'esorcizzante.

    5) Non deve l'esorcista, non ostante l'autorita` di cui e` rivestito,
    rilegare il demonio piu` in un luogo che in un altro; badi solo ad
    espellere lo spirito maligno, lasciandone la sorte alla divina
    giustizia. Bisogna continuare gli esorcismi per parecchie ore e anche
    per parecchi giorni, con intervalli di riposo, finche` il demonio esca
    o almeno si dichiari pronto al uscire.

    6) Certa che sia la liberazione, l'esorcista prega Dio di interdire al
    demonio di mai piu` rientrare nel corpo da lui forzatamente
    abbandonato; ringrazia il Signore e invita la persona liberata a
    benedirlo e a diligentemente schivare ogni peccato per non ricadere
    sotto l'impero del demonio.
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    Conclusione.

    1549. Questi fenomeni straordinari, divini o diabolici, mostrano da
    un lato la misericordiosa bonta` di Dio per i privilegiati suoi amici,
    a cui concede, associati a ineffabili patimenti come nel caso delle
    stimate, insigni favori che sono quasi presagio e preludio della
    gloria che largira` loro in paradiso; e dall'altro la gelosia e l'odio
    del demonio, che vuole egli pure esercitare il tirannico suo potere
    sugli uomini, sollecitandoli al male in modo straordinario,
    perseguitandoli quando resistono ed estendono il regno di Dio, e
    torturando coll'ossessione talune delle sue vittime.

    Vi sono dunque sulla terra le due citta` cosi` ben descritte da
    S. Agostino, e i due campi e le due bandiere di cui parla S. Ignazio.
    I veri cristiani non possono restar dubbiosi: quanto piu` si danno a
    Dio, tanto piu` sfuggono alla tirannia del demonio; se Dio permette che
    siano tentati, lo fa per loro bene, e anche fra le angoscie possono
    con ogni fiducia ripetere: "Si Deus pro nobis, quis contra
    nos? 1549-1 ... Quis ut Deus?"
    _________________________________________________________________
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    1490-1 S. Teresa, Vita, c. XXV-XXX; Castello, Mansione sesta, et
    alibi passim; S. Giovanni della Croce, Salita, l. II, c. XXI-XXX, et
    alibi passim; Alvarez de Paz, op. cit., t. III, l. V, p. IV, De
    discretione spirituum; M. Godinez, Praxis theol. myst., l. X;
    Benedetto XIV, De beatificat, l. IV, p. I; Ribet, La mystique divine,
    t. II; A. Poulain, Delle Grazie d'Orazione, c. XX-XXIII, (Marietti,
    Torino); A. Saudreau, L'Etat mystique, ed. 1921, c. XVII-XXI;
    P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation, t. II, p. 536-562;
    Mgr A. Farges, Phe'nom. mystiques,
    P. IIa..

    1490-2 De serv. Dei beat., l. II, c. 32, n. 11: "Siquidem hisce
    revelationibus taliter approbatis, licet non debeatur nec possit
    adhiberi assensus fidei catholicae, debetur tamen assensus fidei
    humanae, juxta prudentiae regulas, juxta quas nempe tales revelatione
    sunt probabiles pieque credibiles"

    1490-3 Decreto di Urbano VIII, 13 marzo 1625; di Clemente IX, 23
    maggio 1668.

    1491-1 Sum. theol., III, q. 76, a. 8. -- Il che risulta pure
    dalla testimonianza di S. Teresa, Relat. XIII, t. II, dell'edizione
    critica spagnuola: "Capi`i, da certe cose che mi disse, che, dopo
    essere salito al cielo, non ne discese mai sulla terra per comunicarsi
    agli uomini, tranne nel SS. Sacramento.

    1492-1 Vita, c. XXVIII.

    1492-2 Vita, c. XXIX.

    1493-1 Vita, c. XXVII, n. 2 e segg.; (edizione italiana, p.
    88-89).

    1493-2 Castello, Mansione sesta, c. X, n. 2; (versione italiana,
    p. 308).

    1494-1 S. Giovanni della Croce tratta a lungo di tre sorte di
    locuzioni o parole soprannaturali: successive, formali, sostanziali.
    "Chiamo successive certe parole e ragioni che lo spirito, quando sta
    raccolto in se`, suole seco andar formando e ragionando... Quantunque
    sia il medesimo spirito che cio` fa come strumento, lo Spirito Santo lo
    aiuta bene spesso a formar quei concetti, parole e ragioni vere...
    Parole formali sono certe parole distinte e formali che lo spirito
    riceve non da se`, ma da una terza persona, talora stando raccolto e
    talora no. Parole sostanziali sono altre parole che si fanno pure
    formalmente nello spirito, talora raccolto e talora no. Le quali fanno
    e causano nella sostanza dell'anima quella sostanza e virtu` che
    significano". Salita del Monte Carmelo, c. XXVI, n. 2 e c. XXVII, n.
    1. Il che spiega poi piu` ampiamente nei capi XXVII-XXIX (alias
    XXVIII-XXXI).

    1495-1 S. Tom., Ia. IIae, q. 113, a. 8; De veritate, q. 28, a. 3;
    cfr. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. 560.

    1496-1 La Salita al Carmelo, l. II, c. XVI, n. 2, 3, 5. (alias
    XVIII).

    1500-1 Tale fu soprattutto Maddalena della Croce, francescana di
    Cordova, del secolo XVI^, che, dopo essersi data al demonio fin
    dall'infanzia, a diciassette anni entro` in convento e vi fu tre volte
    badessa. Aiutata dal demonio, simulo` tutti i fenomeni mistici, estasi,
    levitazione, stimate, rivelazioni, profezie piu` volte avverate.
    Credendosi in punto di morte, confesso` la cosa, ma poi la ritratto`, fu
    esorcizzata e rinchiusa in un altro convento dell'ordine. Cfr.
    Poulain, Delle Grazie d'orazione,
    c. XXI, n. 36 (Marietti, Torino).

    1500-2 S. Teresa ne parla piu` volte: "Accade a certe persone (e
    so che e` vero, avendomelo esse comunicato, e non tre o quattro ma
    molte) di aver la fantasia cosi` debole o l'intelletto cosi` efficace o
    non so che altro, che si fissano talmente nell'immaginazione da
    credere di veder veramente tutto cio` che pensano". Castello, Mansione
    sesta, c. IX, n. 9 (versione italiana, p. 305).

    1501-1 Galat., I, 8.

    1502-1 Cosi`, verso la meta` del secolo XIX, una visionaria,
    chiamata Canzianilla, carpi` la fiducia d'un pio vescovo che pubblico`
    una pretesa rivelazione contenente una pittura orribile dei costumi
    dei sacerdoti della sua diocesi; onde fu presto obbligato a dimettersi
    (Poulain, op. cit., c. XXII). E questa forse fu la ragione per
    cui venne proibita la pubblicazione del Segreto di Melania.

    1502-2 Sulla tomba del diacono giansenista Paris, morto nel 1727
    e sepolto nel cimitero di S. Medardo a Parigi, avvenivano dei pretesi
    miracoli, consistenti in convulsioni accompagnate da gesti poco
    modesti, con cui si pretendeva di accreditare il Giansenismo
    (N. d. T.)

    1502-3 Cosi` si legge nella vita di S. Caterina da Bologna che il
    demonio le appariva talora in forma di Cristo crocifisso, ordinandole
    sotto pretesto di perfezione cose impossibili, nell'intento di
    gettarla nella disperazione. (Vita altera, c. II, 10-13, nei
    Bollandisti, 9 marzo).

    1504-1 Castello, Mansione sesta, c. VIII, n. 4, 3; (versione
    italiana, p.302-303).

    1506-1 Mistica citta` di Dio, p. II, n. 128; p. I, n. 122.

    1506-2 Bollandisti, 25 maggio, p. 247.

    1506-3 Benedetto XIV (De beat.,
    l. III, c. LIII, n. 16) discute un'estasi di S. Caterina da Siena, in
    cui la SS. Vergine le avrebbe detto di non essere immacolata.

    1506-4 Bollandisti, 13 gennaio, prefazione alla vita della
    B. Veronica di Binasco; S. A. de' Liguori, Orologio della Passione.

    1507-1 S. Bernardo, Lettere, LVI.

    1507-2 Il P. Fages, O. P., nell'Histoire de S. V. Ferrier, spiega
    che si trattava di profezia condizionata, come quella di Giona su
    Ninive e che il mondo fu appunto salvato per le numerose conversioni
    operate dal Santo.

    1508-1 Rivelazioni supplementari, c. XLIX.

    1508-2 Nei libri di Maria Lataste si rinvennero, tra le
    rivelazioni, passi presi alla lettera dalla Somma di S. Tommaso.

    1511-1 Castello, Mansione sesta, c. III, n. 3 (versione italiana,
    p. 286).

    1511-2 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. X, n. 10 (alias c.
    XI); tutto il capitolo e` da leggersi attentamente.

    1512-1 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XX, n. 18 (alias c.
    XXII).

    1513-1 Storia di S. Teresa, scritta da una Carmelitana di Caen
    (Libreria Lega Eucaristica, Milano).

    1514-1 F. Prat, La Teologia di S. Paolo, T. I, pp. 120-123;
    405-498 (Salesiana, Torino); P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t.
    II, p. 536-538.

    1515-1 Bella ed utile lettura e` quella dell'articolo della Somma
    in cui S. Tommaso compendia queste varie grazie (Ia. IIae, q. III, art.
    4), mostrando quanto siano utili al predicatore della fede: 1) per
    dargli una piena conoscenza delle cose divine; 2) per confermare con
    miracoli cio` che dice; 3) per predicare la parola di Dio con maggiore
    efficacia.

    1517-1 Questo termine, ormai tecnico, non e` poi cosi` barbaro come
    a prima vista potrebbe parere, avendo per radicale il latino levitas,
    leggerezza, privazione di peso, agilita`. (N. d. T.)

    1517-2 E` il miracolo di certe martiri che, condannate al
    lupanare, non poterono per nessuna forza umana essere smosse dal luogo
    in cui stavano (N. d. T.).

    1518-1 De beatificat., l. III, c. XLIX.

    1519-1 Ribet, La mystique, P. IIa., c. XXIX; Mgr Farges, op.
    cit., P. IIa., c. III, a. 3.

    1519-2 De beatificat., l. IV, P. Ia., c. XXVI, n. 8-30.

    1520-1 Questo miracolo fu accuratamente esaminato nel processo di
    canonizzazione, e gli esaminatori conchiusero che non v'era
    spiegazione naturale. (Bollandisti, 15 ottobre, t. LV, p. 368, n.
    1132).

    1520-2 De beatificat., l. IV, P. I, c. XXXI, n. 19-28.

    1521-1 La stigmatisation, t. II, p. 183.

    1521-2 Benedetto XIV, op. cit., l. IV, P. I, c. XXVII.

    1525-1 Questa differenza e` messa in luce anche da increduli come
    il Signor De Montmorand, Psychologie des Mystiques, 1920, benche` poi
    attribuisca questi fenomeni all'allucinazione. -- Per la confutazione
    di tali teorie, cfr. A. Huc, Ne'vrose et mysticisme, Rev. de
    Philosophie (P. Peillaube), luglio-agosto 1912, pp. 5, 128;
    Mgr. A. Farges, op. cit., p. 522-585.

    1526-1 Tale e` il compendio dei caratteri indicati da P. Janet,
    L'automatisme psychologique, P. IIa., c. III-IV.

    1529-1 Em. Gebhart, Rev. hebdomadaire, 16 marzo 1907.

    1531-1 Del Rio, Disquisitiones magicae, 1600; Thyraeus, De locis
    infestis; De spirituum apparitionibus; De Daemoniacis, 1699; Ribet,
    Mystique divine, t. III; A. Poulain, op. cit., c. XXIV, sez. 6-8;
    A. Saudreau, L'e'tat mystique, c. XXII-XXIII.

    1531-2 Gli scrittori francesi sogliono chiamare ossessione
    diabolica quella che per noi e` infestazione diabolica; e possessione
    quella che noi diciamo ossessione. La terminologia italiana puo`
    giustificarsi coll'uso nostro e coll'autorita` del linguaggio ufficiale
    ecclesiastico, per esempio del Rituale Romano, che, nel titolo De
    exorcizandis obsessis a daemone, denomina evidentemente ossessi quelli
    che per i Francesi sono posseduti; e la terminologia francese puo`
    giustificarsi coll'uso loro e coll'etimologia. (N. d. T.)

    1533-1 M. de Lantages, Vie de la Ve'n. M. Agne`s, 1863, P. Ia., c.
    X.

    1533-2 P. Poulain, op. cit., c. XXIV, n. 94.

    1533-3 Bollandisti, 22 febbraio, t. VI, p. 340, n. 178.

    1533-4 A. Monnin, Il Curato d'Ars, l. III, c. II, (Marietti,
    Torino).

    1533-5 Storia di S. Teresa, t. II, c. XXVIII, (Lega Eucaristica,
    Milano).

    1533-6 P. Poulain, l. cit.

    1533-7 Inst. theol. mysticae, sez. 219.

    1537-1 Oltre gli autori citati, si confronti Mgr Waffelaert, al
    vocabolo possessione nel Dict. d'Apologe'tique.

    1538-1 Lettera del 3 maggio 1635 al P. d'Attichy.

    1540-1 De exorcizandis obsessis a daemonio. [sic]

    1540-2 Si citano infatti casi di esaltazione morbosa, che
    risveglia nella memoria lingue dimenticate, o almeno frammenti
    sentiti: cosi` una domestica di un ministro protestante recitava passi
    greci ed ebraici sentiti leggere dal padrone. -- Prudente quindi e` il
    Rituale che dice: ignota^ lingua^ loqui pluribus verbis vel loquentem
    intelligere".

    1542-1 J. M. Charcot et Richer, Les de'moniaques dans l'art;
    Bourneville et Regnard, L'iconographie de la Salpe^trie`re; Richer,
    Etudes cliniques sur la grande hyste'rie.

    1543-1 Essai de the'ol. morale, c. IV, ed. rifusa dal Dr Ferrand,
    1884, p. IV, c. III, sez. 2.

    1544-1 "Admoneatur obsessus, si mente et corpore valeat, ut pro
    se oret Deum ac jejunet et sacra confessione et communione saepius ad
    arbitrium sacerdotis se communiat". (Rituale, De exorciz. obsessis).

    1544-2 "Ut fias aqua exorcizata ad effugandam omnem potestatem
    inimici, et ipsum inimicum eradicare et explantare valeas cum angelis
    suis apostaticis"... (Rituale, Ordo ad fac. aquam benedictam).

    1544-3 Prefazio della Croce.

    1544-4 Marc., XVI, 17. -- S. Alfonso Rodriguez aveva costume di
    far un gran segno di croce nel momento dell'infestazione e di
    comandare al tentatore di prostrarsi e adorare Gesu`, in virtu` del
    testo di S. Paolo: "Nel nome di Gesu` si pieghi ogni ginocchio in
    cielo, in terra e nell'inferno". (Phil., II, 10); il che, dice il
    Santo, lo metteva in fuga.

    1545-1 Lehmkuhl, Theol. moralis, t. II, n. 574, ed. 1910.

    1546-1 Marc., IX, 28.

    1548-1 "Circumstantes, qui pauci esse debent, admoneat ne... ipsi
    interrogent obsessum, sed potius humiliter et enixe Deum pro eo
    precentur (Rituale, l. c.). -- Forse per aver trasgredito una tal
    regola, si dovettero gli esorcismi di Loudun cosi` lungamente ripetere,
    accompagnati da incresciosi episodi.

    1549-1 Rom., VIII, 31.
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    PARTE SECONDA
    Le Tre Vie

    LIBRO III
    La via unitiva
    _________________________________________________________________

    CAPITOLO IV.

    Questioni controverse 1550-1.

    1550. Abbiamo fin qui esposta la dottrina comunemente accettata
    nelle varie scuole di spiritualita`; e il lettore si sara` accorto che e`
    pienamente sufficiente a guidare e innalzare le anime alla piu` alta
    perfezione, non avendo Dio voluto legare il progresso nella santita`
    alla soluzione di questioni liberamente disputate. Ora pero` crediamo
    opportuno di esporre brevemente i principali punti controversi; e lo
    faremo con la maggiore imparzialita` possibile, non gia` col pensiero di
    conciliare le discordi opinioni (cosa impossibile), ma per tentare un
    ravvicinamento fra i moderati delle varie scuole.

    1551. Cause di questi dispareri. Diciamo prima una parola sulle
    principali cagioni di questa diversita` d'opinioni.

    1) La prima viene certamente dalla stessa difficolta` ed oscurita` di
    cosiffatte questioni. Non e` infatti cosa facile penetrare gli arcani
    disegni di Dio sulla universale vocazione dei battezzati alla
    contemplazione infusa e determinar la natura di quest'atto misterioso
    in cui Dio ha la parte principale e l'anima e` piu` passiva che attiva e
    dove riceve luce e amore senza perdere la liberta`. Non e` quindi da
    stupire se gli autori che si studiano di darsi ragione di queste
    mirabili cose non giungano sempre a uguali spiegazioni.

    2) Altra causa e` la diversita` dei metodi. Come dicemmo al n. 28,
    tutte le scuole si studiano di conciliare insieme i due metodi
    sperimentale e deduttivo; ma mentre gli uni si attengono
    principalmente all'esperienza, gli altri si fondano di piu` sul metodo
    deduttivo. Onde conclusioni diverse: gli uni, colpiti dal piccolo
    numero dei contemplativi, spiegheranno la cosa dicendo che non tutti
    sono chiamati alla contemplazione; gli altri, considerando che abbiamo
    tutti un organismo soprannaturale sufficiente per giungere alla
    contemplazione, ne conchiuderanno che, se i contemplativi sono pochi,
    n'e` causa l'esser poche le anime cosi` generose da fare i sacrifici
    necessari alla contemplazione.

    1552. 3) Il contrasto cresce a cagione del temperamento,
    dell'educazione, del genere di vita che si conduce: vi sono persone
    naturalmente piu` di altre atte alla contemplazione, e quando questa
    attitudine venga fomentata dall'educazione e dal modo di vivere, si e`
    spontaneamente inclinati a pensare che la contemplazione sia qualche
    cosa di normale; altri invece, d'indole piu` attiva, trovando nel
    temperamento e nelle occupazioni maggiori ostacoli alla
    contemplazione, facilmente ne conchiudono che si tratti di uno stato
    straordinario.

    4) Non bisogna infine dimenticare che i sistemi filosofici e teologici
    che uno segue sulla conoscenza e sull'amore, sulla grazia efficace e
    sulla sufficiente, hanno il contraccolpo sulla teologia mistica; chi,
    per esempio, ammette coi Tomisti che la grazia e` efficace per se
    stessa, e` piu` disposto a vedere nello stato passivo la continuazione
    dello stato attivo, perche` anche in quest'ultimo si opera gia` sotto la
    efficace mozione della grazia.

    Nessuno quindi si ha da stupire che su punti cosi` ardui vi siano
    dispareri, ed e` libero di scegliere quel sistema che gli pare piu`
    sodo.

    A tre si possono ridurre le questioni oggi controverse:
    * 1^ la natura della contemplazione infusa;
    * 2^ la vocazione universale a questa contemplazione;
    * 3^ il momento normale in cui comincia.
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    sez. I. Controversia sulla natura della contemplazione.

    1553. Tutti ammettono che la contemplazione infusa o mistica e`
    gratuito dono di Dio, che ci mette nello stato passivo e ci da` di Dio
    tal conoscenza ed amore che noi non abbiamo che da ricevere. Ma in che
    propriamente consiste questa conoscenza? Ella e` certo distinta da
    quella che acquistiamo col lume della fede; e`, a comune parere,
    sperimentale o quasi sperimentale, n. 1394. Ma e` poi immediata,
    senza intermedio, oppure mediata, con specie o acquisite od infuse?
    Ecco quindi due sistemi.

    1554. 1^ Teoria della conoscenza immediata. Questa teoria che
    s'appoggia sull'autorita` del Pseudo Dionigi, della scuola di
    S. Vittore e della scuola mistica fiamminga, afferma che la
    contemplazione infusa e` una percezione o intuizione o visione
    immediata, benche` oscura e confusa, di Dio; essendo immediata, si
    distingue dalla ordinaria conoscenza della fede; essendo oscura,
    differisce dalla visione beatifica. Vi sono poi piccole sfumature nel
    modo di esporla.

    Cosi` il P. Poulain 1554-1, fondandosi sulla teoria del sensi
    spirituali, pensa che l'anima contemplativa senta direttamente la
    presenza da [sic] Dio: "Durante quest'unione, quando non e` troppo
    alta, siamo come chi sta presso un amico ma in luogo intieramente
    oscuro e in silenzio. Non si vede, non si ascolta l'amico, si sente
    soltanto che c'e` per mezzo del tatto, perche` lo teniamo per mano. E si
    sta cosi` pensando a lui e amandolo".

    1555. Il P. Mare'chal, avendo rilevato che i mistici affermano, nello
    stato di alta contemplazione, di avere un'intuizione intellettiva di
    Dio e dell'indivisibile Trinita`, pensa che l'alta contemplazione
    inchiuda un elemento nuovo, qualitativamente distinto dalle attivita`
    normali e dalla grazia ordinaria... la presentazione attiva, non
    simbolica, di Dio all'anima, con cio` che psicologicamente le
    corrisponde, l'intuizione immediata di Dio da parte
    dell'anima" 1555-1. Il che, aggiunge, non deve parere poi troppo
    strano, chi ammetta (come dissi piu` sopra) che l'intuizione
    dell'essere e`, a cosi` dire, il centro di prospettiva dell'umana
    psicologia.

    Questa teoria e` perfezionata dal P. Picard 1555-2. Dopo aver detto
    che, sotto l'aspetto naturale, un afferramento o intuizione immediata,
    ma confusa ed oscura, di Dio non e` impossibile, dimostrata che ne sia
    con le classiche prove l'esistenza, fa l'applicazione della teoria
    alla contemplazione mistica. Questo Dio, la cui presenza si e` fatta
    sentire nell'intimo dell'anima, "ora se ne impossessa traendola per le
    facolta` conoscitive che concentra su di se`, nel silenzio,
    nell'ammirazione e nella pace; ora l'afferra da padrone per la volonta`
    e per le potenze affettive... quando cotesta presa da parte di Dio si
    fa sentire all'anima piuttosto per le facolta` conoscitive, abbiamo
    l'orazione di raccoglimento; quando invece l'anima si sente afferrata
    per le potenze volitive ed affettive, e` allora nell'orazione di
    quiete". L'autore poi mostra che, a mano a mano che Dio accresce il
    vigore della sua stretta e le da` piu` assoluto, piu` esclusivo, piu`
    profondo impero, l'anima va progredendo nei gradi superiori della
    contemplazione.

    Osserva infine che questa teoria e` cosa ben distinta dall'ontologismo;
    perche` afferma che il concetto di essere nasce dalla percezione
    dell'essere finito, che e` concetto analogo, e che non puo` essere
    applicato a Dio se non dopo dimostratane l'esistenza. E rigetta pure
    la visione in Dio; perche` e` la nostra mente finita ed imperfetta, che,
    con le sue sole idee ed atti finiti ed imperfetti, afferra tutte le
    verita` che viene a conoscere; ma poi cotesta intuizione e`
    essenzialmente confusa ed oscura.

    1556. 2^ Conoscenza mediata. L'opinione pero` comunemente ammessa e`
    che la conoscenza del contemplativo, per quando perfetta, sia mediata
    e insieme confusa ed oscura, benche` quasi sperimentale. Nei primi
    gradi Dio si contenta di irradiar la sua luce, la luce dei doni, su
    concetti che gia` abbiamo, sia con l'attirar vivamente la nostra
    attenzione su una data idea sia col farci trarre da due premesse una
    conclusione che ci fa viva impressione, n. 1390; negli stati
    superiori poi, come nell'unione estatica, ci infonde nuove specie
    intelligibili che rappresentano le divine verita` assai piu` vivamente
    che non facciano i nostri concetti; e avviene allora il ratto
    dell'anima percependo verita` che le erano finallora sconosciute. E
    poiche` gusta e assapora queste verita`, ne ha una conoscenza quasi
    sperimentale. E quindi sempre conoscenza di fede, ma molto piu` viva e
    soprattutto molto piu` affettuosa della conoscenza ordinaria; la
    differenza sta in questo che e` conoscenza ricevuta da Dio, perche`
    l'anima riceve nello stesso tempo conoscenza ed amore e non ha che da
    acconsentire all'azione divina che produce in lei questi cosi` preziosi
    doni.

    1557. Teniamo anche noi questa dottrina, gia` esposta nel capitolo
    secondo, parendoci che salvi meglio la differenza essenziale che deve
    correre tra la contemplazione, che resta mediata ed oscura, per
    speculum et in aenigmate, e la visione beatifica, che e` immediata e
    chiara. Ma siamo ben lontani dall'accusare di ontologismo coloro che
    tengono per probabile l'opinione d'una intuizione immediata, dal
    momento che la dicono confusa ed oscura e rigettano il principio
    fondamentale dell'ontologismo affermando che la mente si innalza a Dio
    dalle creature 1557-1.

    Certo alcuni mistici usano espressioni ardite che, a prima vista,
    paiono supporre che siano in immediato contatto con la sostanza divina
    e che vedano Dio; ma, quando se ne esamina il contesto, si vede che
    sono espressioni da riferirsi piuttosto agli effetti che l'azione
    divina produce nell'anima 1557-2. Col dono della sapienza noi
    gustiamo l'amore, il gaudio, la pace spirituale, che Dio ci mette
    nell'anima; onde il nome di gusti divini dato da S. Teresa
    all'orazione di quiete. Coi tocchi divini pare ai mistici che sia
    investita la stessa sostanza dell'anima loro, tanto profonda e`
    l'mpressione dell'amor di Dio! Ma quando si fanno a specificar le
    proprie impressioni, le descrizioni che ne danno si riducono ai vari
    effetti d'un amore ardente e generoso. Si puo` quindi arguire che, se
    adoprano espressioni cosi` forti, ne e` causa la poverta` dell'umano
    linguaggio nel descrivere le impressioni della grazia nell'anima.

    sez. II. La vocazione universale alla contemplazione.

    1558. Non si tratta qui della vocazione individuale e prossima alla
    contemplazione infusa, di cui dicemmo al n. 1406; su questo punto
    si e` tutti d'accordo e si accetta da tutti la dottrina del Taulero e
    di S. Giovanni della Croce. Ma si tratta della vocazione remota
    sufficiente e generale; in altre parole si chiede: se tutte le anime
    in stato di grazia siano, in modo generale, remoto e sufficiente,
    chiamate alla contemplazione infusa. Su questo determinato punto ci
    sono due opposte soluzioni, che derivano, almeno in gran parte, dal
    diverso concetto che uno si fa della contemplazione.

    1559. 1^ La vocazione universale, remota e sufficiente, e` oggi, con
    sfumature diverse, ammessa da gran numero di autori appartenenti a
    vari Ordini Religiosi, come Domenicani 1559-1 e
    Benedettini 1559-2; da alcuni pure tra i Francescani 1559-3,
    Carmelitani 1559-4, Gesuiti 1559-5, Eudisti 1559-6 e da
    sacerdoti del clero secolare 1559-7; si fondarono Riviste,
    specialmente la Vie Spirituelle, per propugnare e propagare questa
    opinione. -- Il P. Garrigou-Lagrange espone vigorosamente questa tesi,
    studiandosi di provare che la vita mistica e` lo sviluppo normale della
    vita interiore e che quindi tutte le anime in stato di grazia vi sono
    chiamate. Ecco in breve i suoi argomenti:

    a) Il principio radicale della vita mistica e` lo stesso di quello
    della vita interiore comune: la grazia santificante o la grazia delle
    virtu` e dei doni. Ora questi doni crescono con la carita`, e giunti che
    siano al pieno sviluppo, operano in noi secondo il loro modo
    sovrumano, mettendoci nello stato passivo o mistico. Onde il principio
    della vita interiore contiene in germe la vita mistica, che e` quaggiu`
    come il fiore della vita soprannaturale.

    1560. b) Nel progresso della vita interiore, la purificazione
    dell'anima non diventa intiera che con le purificazioni passive. Ora
    queste purificazioni sono di ordine mistico. Quindi la vita interiore
    non puo` conseguire l'intiero suo progressivo sviluppo che con la vita
    mistica.

    c) Il fine della vita interiore e` lo stesso che quello della vita
    mistica, cioe` una perfettissima disposizione a ricevere il lume della
    gloria subito dopo morte, senza passare per il purgatorio. "Ora la
    disposizione perfetta a ricevere la visione beatifica subito dopo
    l'ultimo respiro, non puo` essere che l'intensa carita` di un'anima
    pienamente purificata, e l'ardente desiderio di veder Dio, quale si ha
    nell'unione mistica e specialmente nell'unione trasformativa. Questa
    dunque e` veramente quaggiu` l'ultimo grado di sviluppo della vita della
    grazia" 1560-1.

    1561. 2^ Teoria d'una vocazione speciale e limitata. Non tutti pero`
    sono convinti di questi argomenti: un gran numero d'autori spirituali,
    Gesuiti, come il Card. Billot, i PP. de Maumigny, Poulain, Bainvel,
    G. de Guilbert; Carmelitani Scalzi, come il P. Maria-Giuseppe del
    Sacro Cuore; e altri fuori di queste scuole, come Monsignor Lejeune e
    Monsignor Farges, pensano che la contemplazione infusa sia un dono
    gratuito che non viene dato a tutti, e che del resto non e` necessario
    per giungere alla santita`. Ne compendiamo qui gli
    argomenti 1561-1.

    a) La precedente teoria e` una magnifica costruzione teologica, non c'e`
    che dire; pero` le pietre di quest'edifizio non paiono tutte ugualmente
    solide. Cosi` non e` dimostrato "che i sette doni corrispondano a sette
    distinti abiti infusi anziche` a sette ordini di grazie diverse al cui
    ricevimento le facolta` dell'intelletto e della volonta` vengano
    preparate ognuna da un solo abito. E poi, quand'anche cio` fosse
    dimostrato, bisognerebbe ancora provare che i doni della Sapienza e
    dell'Intelletto non possano esercitar pienamente il loro ufficio se
    non nella contemplazione e non anche nel ricevimento delle grazie di
    luce che non inchiudono necessariamente questa particolar forma
    d'orazione; cosa anche questa che non e` fuori di
    controversia 1561-2.

    Parimente non e` dimostrato che i doni operino sempre nel modo
    sovrumano; il Card. Billot 1561-3 pensa che questi doni operino in
    doppio modo, ora in modo ordinario, adattandosi al nostro modo umano
    di operare, e ora in modo straordinario, producendo in noi la
    contemplazione infusa.

    1562. b) Pare, e` vero, che le prove passive siano il piu` potente
    mezzo a purificare un'anima, facendola passare per un vero purgatorio;
    ma non e` forse possibile che, in questa valle di lagrime dove tante
    sono le occasioni di soffrire e di mortificarsi, si giunga, con la
    dolce rassegnazione alla volonta` di Dio e con mortificazioni positive
    fatte sotto la guida dello Spirito Santo e d'un savio direttore, a
    fare il proprio Purgatorio su questa terra? E` forse dimostrato che le
    grazie della contemplazione siano la sola forma di grazie
    privilegiate? Tutti ammettono che vi sono anime, non ancora innalzate
    alla contemplazione infusa, che pure sono piu` perfette di altre che
    Dio, per sua libera scelta, innalza alla contemplazione appunto per
    renderle migliori, n. 1407; ora se sono piu` perfette, ne viene che
    siano anche piu` purificate. Potrebbe quindi accadere che, al punto
    della morte, la loro purificazione fosse completa.

    c) E` vero che il fine della vita interiore come della vita mistica e`
    di prepararci alla visione beatifica, e che l'unione trasformativa e`,
    per certe anime, la preparazione migliore. Ma e` poi l'unica? Vi sono
    anime che restano nell'orazione discorsiva ed affettiva e che pure
    sono modelli di virtu` eroiche, comparendo sia esternamente come agli
    occhi di chi le conosce a fondo, anche piu` virtuose di altre che sono
    contemplative. E` forse provato che i doni dello Spirito Santo non
    intervengano in modo eminente in quelle migliaia di giaculatorie,
    fatte da certe persone ogni giorno mentre attendono alle loro
    occupazioni, e nell'esercizio costante e soprannaturale dei doveri
    professionali, che per la loro continuita` richiedono un coraggio
    eroico? Eppure, interrogando queste persone, non si trova vestigio di
    contemplazione propriamente detta, almeno abituale. -- Non si dovra`
    quindi confessare che Dio, il quale sa adattare le sue grazie al
    carattere, all'educazione, alla posizione provvidenziale di ognuno,
    non guida tutte le anime per le stesse vie, e che, pur volendo da
    ciascuna perfetta docilita` alle ispirazioni dello Spirito Santo, si
    riserva di santificarle con mezzi diversi?

    1563. 3^ Tentativo di avvicinamento. Riflettendo sulle ragioni
    recate da una parte e dall'altra, ci pare che le due opinioni possano
    avvicinarsi.

    A) Rileviamo prima di tutto i punti comuni sui quali i moderati delle
    due opinioni convengono.

    a) Ci furono e ci possono essere contemplativi di ogni temperamento e
    di ogni condizione; ma nel fatto ci sono temperamenti e generi di vita
    piu` atti di altri alla contemplazione infusa. La ragione e` che,
    quantunque la contemplazione sia un dono gratuito e Dio la conceda a
    chi vuole e quando vuole, n. 1387, Dio per altro suole adattare le
    grazie all'indole e ai doveri professionali di ciascuno.

    b) La contemplazione non e` la santita` ma uno dei mezzi piu` efficaci
    per giungervi; la santita` infatti consiste nella carita`, nell'intima e
    abituale unione con Dio. Ora la contemplazione e` certo in se` la via
    piu` corta per arrivare a quest'unione, ma non l'unica, e vi sono anime
    non contemplative "che possono essere piu` progredite nella virtu`,
    nella vera carita`, di altre che ricevettero piu` presto la
    contemplazione infusa" 1563-1.

    c) Abbiamo tutti ricevuto nel battesimo un'organismo soprannaturale
    (grazia abituale, virtu` e doni) che, giunto al pieno suo sviluppo,
    conduce normalmente alla contemplazione, nel senso che ci da` quella
    pieghevolezza e quella docilita` onde Dio puo` metterci nello stato
    passivo quando e come vuole. Ma in pratica, vi sono anime che, senza
    lor colpa, non giungono quaggiu` alla contemplazione 1563-2.

    1564. B) Non ostante l'accordo su questi punti importanti, rimangono
    disparita` provenienti, a nostro parere, da tendenze piu` o meno
    favorevoli allo stato mistico e dal carattere piu` o meno ordinario o
    straordinario che si attribuisce a questo stato. Esporremo
    modestamente la nostra soluzione che comprende due affermazioni: a) la
    contemplazione infusa e` in se` una normale continuazione della vita
    cristiana; b) nel fatto pero` non pare che tutte le anime in stato di
    grazia siano chiamate a questa contemplazione, compresa l'unione
    trasformativa.

    a) La contemplazione infusa, considerata indipendentemente dai
    fenomeni mistici straordinari che talvolta l'accompagnano, non e`
    qualche cosa di miracoloso e di anormale, ma risulta da due cause:
    dalla coltura del nostro organismo soprannaturale, massime del doni
    dello Spirito Santo, n. 1355, e da una grazia operante che in se`
    non ha nulla di miracoloso. S'e` detto infatti che l'infusione di nuove
    specie intellettive non e` necessaria nei primi gradi di
    contemplazione, n. 1390. Si puo` pure aggiungere, con Congresso
    Carmelitano di Madrid, che la contemplazione e` in se` il piu` perfetto
    stato di unione tra Dio e l'anima che si possa conseguire in questa
    vita; e` l'ideale piu` alto e come l'ultima tappa della vita cristiana
    in questo mondo nelle anime chiamate alla mistica unione con Dio; e` la
    via ordinaria della santita` e della virtu` abitualmente
    eroica 1564-1. Questa pare la dottrina tradizionale quale si trova
    negli autori mistici da Clemente Alessandrino a san Francesco di
    Sales.

    1565. b) Pero` da tali premesse non ne viene necessariamente che
    tutte le anime in stato di grazia siano veramente chiamate, sia pur
    remotamente, all'unione trasformativa. Come vi sono in paradiso
    diversissimi gradi di gloria, "stella enim a stella differt in
    claritate" 1565-1, cosi` vi sono sulla terra diversi gradi di
    santita` a cui le anime sono fin da questa vita chiamate. Ora Dio,
    sempre libero nella distribuzione dei suoi doni, e che sa adattare la
    sua azione al temperamento, all'educazione e al genere di vita di
    ciascuno, puo` per vie diverse elevare le anime al grado di santita` a
    cui le destina.

    A quelle che, per l'indole piu` attiva e per le occupazioni piu` gravi,
    paiono fatte piu` per l'azione che per la contemplazione, largira`
    grazie per esercitare principalmente i doni attivi: tali anime
    vivranno nell'intima e abituale unione con Dio, qualche volta anzi
    moltiplicheranno le giaculatorie oltre quanto parrebbe umanamente
    fattibile; e soprattutto adempiranno, alla presenza di Dio e per suo
    amore e con eroica assiduita`, i mille piccoli doveri quotidiani,
    costantemente docili alle ispirazioni della grazia. Onde conseguiranno
    il grado di santita` a cui Dio le destina anche senza l'aiuto, almeno
    abituale, della contemplazione infusa. Vivranno nella via unitiva
    semplice, quale abbiamo descritta al n. 1303 ss.

    Si dice, e` vero, che queste sono eccezioni e cha la via normale della
    santita` e` la contemplazione 1565-2. Ma quando tali eccezioni sono
    numerose, non se ne ha forse da tener conto nel problema della
    vocazione remota, dacche` il temperamento e i doveri del proprio stato
    sono elementi che aiutano a sciogliere la questione della vocazione?

    In fondo si e` piu` d'accordo che non paia al vario modo di parlare. Gli
    uni, guardando la cosa sotto l'aspetto astratto e formale, ammettono
    numerose eccezioni alla vocazione universale, tenendo pero` fermo il
    principio dell'universalita`; gli altri, stando piuttosto ai fatti,
    preferiscono dire senz'altro che la vocazione non e` universale,
    quantunque la contemplazione sia normale continuazione della vita
    cristiana.

    1566. c) La soluzione da noi proposta ci pare consona alla dottrina
    tradizionale. 1) Per un verso quasi tutti gli autori spirituali, da
    Clemente Alessandrino a S. Francesco di Sales, trattano della
    contemplazione come di normale coronamento della vita
    spirituale 1566-1. 2) Per altro verso sono pochi fra costoro
    quelli che esaminino esplicitamente la questione della vocazione
    universale alla contemplazione; chi lo fa, si rivolge per lo piu` ad
    anime elette, viventi in comunita` contemplative o almeno molto
    fervorose. Quindi, quando asseriscono che tutti o quasi tutti possono
    arrivare alla fonte d'acqua viva (la contemplazione), intendono dei
    membri della loro comunita` e non di tutte le anime in stato di grazia.
    Del resto, a partire dal secolo XVII, che e` il tempo in cui
    s'incomincia a determinar meglio le cose, un gran numero d'autori
    richiedono per la contemplazione infusa una vocazione speciale, e
    molti esplicitamente affermano che si puo` arrivare alla santita` senza
    questa contemplazione 1566-2.

    Onde s'hanno da tener distinte le due questioni; e si puo` ammettere
    che la contemplazione sia la normale continuazione della vita
    spirituale senza asserire che tutte le anime in stato di grazia siano
    chiamate all'unione trasformativa.

    1567. Aggiungiamo che l'acquisto della santita` e la direzione delle
    anime che vi tendono, non dipendono dalla soluzione di questo cosi`
    arduo problema. Insistendo sulla cultura dei doni dello Spirito Santo
    e sul perfetto distacco da se` e dalle creature, guidandole a poco a
    poco all'orazione di semplicita`, ammaestrandole ad ascoltare la voce
    di Dio e a seguirne le ispirazioni, si pongono le anime sulla via
    della contemplazione; il resto spetta a Dio, che solo puo` afferrar
    queste anime e, secondo il grazioso paragone di S. Teresa, collocarle
    nel nido, cioe` nel riposo contemplativo.
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    00 24/10/2013 13:35
    sez. III. Del momento in cui principia la contemplazione.

    1568. Col comune degli autori pensiamo che la contemplazione infusa
    appartenga alla via unitiva. Vi sono, e` vero, casi eccezionali in cui
    Dio innalza alla contemplazione anime meno perfette, appunto
    nell'intento di perfezionarle piu` efficacemente, n. 1407; ma non e`
    questo l'abituale suo costume.

    Vi sono pero` gravi autori, come il P. Garrigou-Lagrange, che collocano
    nella via illuminativa la purificazione dei sensi e l'orazione di
    quiete. Si fondano sopra S. Giovanni della Croce, che nella Notte
    oscura scrive 1568-1: "La notte o purificazione sensitiva e`
    comune, e accade a molti e questi sono i principianti... Usci` l'anima
    a principiare il cammino e la via dello spirito, che e` quello dei
    proficienti e progrediti, e che con altro nome chiamano la via
    illuminativa o di contemplazione infusa, con cui Dio da se` va pascendo
    e ristorando l'anima, senza discorso ne` aiuto attivo con industria
    della stessa anima". E` testo che conosciamo da molto tempo, ma
    coll'Hoornaert 1568-2, traduttore del grande mistico, ne diamo
    interpretazione diversa. S. Giovanni della Croce non parla nelle varie
    sue opere che della contemplazione infusa, distinguendovi i
    principianti e i perfetti: i principianti sono per lui quelli che
    stanno per entrare nella purificazione passiva dei sensi; ecco perche`
    ne parla fin dal primo capitolo della Notte oscura; i progrediti sono
    quelli che entrarono nella contemplazione infusa, la quiete e l'unione
    piena; i perfetti sono quelli che passarono per la notte dello spirito
    e si trovano nell'unione estatica o nella trasformativa. E` quindi un
    diverso aspetto.

    1569. Del resto, la ragione didattica, che deve dominare in un
    Compendio, vuole che si raggruppi insieme tutto cio` che riguarda i
    vari generi di contemplazione, onde farne spiccar meglio la natura e i
    vari gradi. Ecco perche` ci parve bene di conservare il disegno
    comunemente tenuto. Noto pero` subito che Dio, le cui vie sono
    molteplici e mirabili, non si attiene sempre ai quadri logici che noi
    andiamo tracciando; l'importante per il direttore e` di assecondare i
    movimenti della grazia e non di precederli.

    1570. Ecco perche` terminando diremo coll'Ami du Clerge' 1570-1
    che: "queste vive discussioni teoriche sulla Mistica non impediscono
    che si sia sicuri sopra molte regole pratiche essenziali... Come per
    giovarsi delle virtu` medicinali d'una pianta non e` assolutamente
    indispensabile il conoscerne la famiglia e il nome scientifico, cosi` e`
    della contemplazione. Non si e` pienamente d'accordo ne` sulla
    definizione ne` sul posto che le conviene nelle classificazioni
    teologiche... Ma i sacerdoti nostri confratelli, senza aspettare i
    risultati tecnici e teorici di queste discussioni, ne sanno abbastanza
    per conoscere la meta a cui sono avviate le anime generose e
    predestinate e per aiutarle a conseguirla". Il che si vedra` anche
    meglio dalle conclusioni che ora trarremo.
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    00 24/10/2013 13:36
    CONCLUSIONI DEL LIBRO TERZO:
    DIREZIONE DEL CONTEMPLATIVI.

    Abbiamo gia` nel corso del libro toccato piu` volte delle regole da
    tenere in questa direzione; conviene ora darvi uno sguardo complessivo
    indicando quale debba essere la condotta del direttore per preparare
    le anime alla contemplazione, per guidarle fra gli scogli che vi
    s'incontrano, per rialzarle se avessero la disgrazia di cadere.

    1571. 1^ E` dovere pel direttore che dirige anime generose, il
    prepararle a poco a poco alla via unitiva e alla contemplazione. Qui
    pero` si devono schivare due eccessi: quello di volere indistintamente
    e sveltamente spingere tutte le anime pie alla contemplazione, e
    quello di credere cosa inutile l'occuparsene.

    1572. A) A schivare il primo scoglio: a) il direttore rammenti che
    normalmente non si puo` pensare alla contemplazione se non quando si
    siano lungamente praticate l'orazione e le virtu` cristiane, la purita`
    di cuore, il distacco da se` e dalle creature, l'umilta`, l'obbedienza,
    la conformita` alla volonta` di Dio, lo spirito di fede, di confidenza e
    di amore.

    Ripensera` all'insegnamento di S. Bernardo 1572-1: "Se vi sono tra
    i monaci dei contemplativi, non sono certo i novizi nella virtu` che,
    morti di recente al peccato, lavorano tra i gemiti e il timore del
    giudizio a guarirsi le ancor fresche piaghe. Ma sono coloro che, dopo
    lunga cooperazione alla grazia, fecero veri progressi nella virtu`, non
    hanno piu` da volgere e rivolgere nella mente la triste immagine dei
    loro peccati, ma si dilettano ormai di meditare giorno e notte e
    praticare la legge di Dio.

    b) Se notasse desideri troppo solleciti e presuntuosi per la
    contemplazione, dovrebbe cercare di calmarli, facendo osservare che
    nessuno vi si puo` ingerire da se` e che del resto le dolcezze
    dell'orazione sono ordinariamente precedute da dure prove.

    c) Badera` bene di non confondere le consolazioni sensibili
    degl'incipienti o anche le spirituali dei proficienti coi gusti
    divini, n. 1439, e aspettera`, per dichiarare che si e` entrati
    nello stato passivo, di scorgere i tre segni distintivi esposti ai
    nn. 1413-1416.

    1573. B) A schivare il secondo scoglio, rammenti che Dio, sempre
    liberale dei suoi doni, si comunica generosamente alle anime fervorose
    e docili.

    a) Senza parlar direttamente di contemplazione, formera` le anime buone
    non solo alle virtu`, ma anche alla devozione allo Spirito Santo;
    parlera` sovente dell'abituazione di questo divino Spirito nell'anima,
    del dovere di pensare spesso a lui, di adorarlo, di seguirne le
    ispirazioni, di coltivarne i doni.

    b) Le aiutera` a poco a poco a renderne l'orazione piu` affettiva, a
    prolungare gli atti di religione, di amore, di dono di se`, di
    abbandono alla volonta` di Dio, atti che spesso ripeteranno nella
    giornata con semplice elevazione di cuore, senza trascurare i doveri
    del proprio stato e la pratica delle virtu`. -- Ove notasse che sono
    portate a starsene silenziosamente alla presenza di Dio per ascoltarlo
    e farne la volonta`, ve le animera` dicendo che e` ottima e
    fruttuosissima orazione.

    1574. 2^ Entrata che l'anima sia nelle vie mistiche, fa d'uopo al
    direttore di somma prudenza per guidarla fra le aridita` e le divine
    dolcezze.

    A) Nelle prove passive bisogna confortar l'anima contro lo
    scoraggiamento e le altre tentazioni, come abbiamo indicato nei
    nn. 1432-1434.

    B) Nella contemplazione soave si puo` essere esposti alla ghiottoneria
    spirituale o alla vana compiacenza.

    a) A schivare il primo difetto, conviene rammentar continuamente che
    non i gusti divini ma Dio solo bisogna amare, che le consolazioni sono
    soltanto mezzo per unirci a lui, e che si deve essere pronti a
    rinunziarvi di cuore non appena gli piaccia di privarcene: Dio solo
    basta!

    b) Qualche volta pensa Dio stesso ad impedire i sentimenti d'orgoglio,
    imprimendo vivissimo nell'anima il sentimento del proprio nulla e
    delle proprie miserie e mostrandole chiaramente che questi favori sono
    un puro dono di cui non si puo` in alcun modo prevalere. Ma quando le
    anime non furono intieramente purificate dalla notte dello spirito,
    hanno bisogno, come dice S. Teresa, di esercitarsi continuamente
    nell'umilta` e nella conformita` alla volonta` di Dio, nn. 1447,
    1474. Converra` premunirle specialmente contro il desiderio di
    visioni, di rivelazioni e altri fenomeni straordinari: cose che non e`
    mai permesso desiderare e che i santi per umilta` premurosamente
    respingono, n. 1496.

    1575. C) Non dimentichera` che l'estasi e` illusione quando non sia
    accompagnata dall'estasi della vita, secondo l'espressione di
    S. Francesco di Sales, vale a dire dalla pratica delle virtu` eroiche,
    n. 1461. Grave illusione sarebbe il trascurare i doveri del
    proprio stato per aver piu` campo di attendere alla contemplazione; il
    P. Baldassarre Alvarez, che era stato confessore di S. Teresa,
    dichiara nettamente che bisogna lasciare la contemplazione per
    adempiere il proprio ufficio o soccorrere il prossimo nei suoi
    bisogni; e aggiunge che Dio da` a chi sa cosi` mortificarsi maggior lume
    ed amore in un'ora d'orazione che ad altri in piu` ore 1575-1.

    1576. Illusione anche piu` grave sarebbe il credere che la
    contemplazione conferisca il privilegio dell'impeccabilita`. La storia
    mostra che i falsi mistici i quali, come i Begardi e i Quietisti, si
    credevano impeccabili, caddero nei piu` grossolani vizi. S. Teresa
    insiste sempre sulla necessita` della vigilanza a schivare il peccato,
    anche quando si sia giunti ai piu` alti gradi della contemplazione; e
    S. Filippo Neri soleva dire: "O mio Dio, non vi fidate di Filippo, che`
    altrimenti vi tradira`". Non possiamo infatti perseverare a lungo senza
    una grazia speciale; grazia che e` concessa agli umili, i quali
    diffidano di se` e pongono tutta la loro fiducia in Dio.

    1577. 3^ Bisogna quindi prevedere il caso di anime contemplative che
    cadessero in peccato. Tali cadute possono provenire da parecchie
    cause:

    a) L'anima era stata innalzata alla contemplazione prima di avere
    sufficientemente signoreggiate le passioni; e, in cambio di continuar
    vigorosamente la lotta, si addormento` in dolce riposo; insorsero
    violenti tentazioni e, troppo fidente di se`, la poveretta e`
    miseramente caduta. -- Il rimedio e` la compunzione, e` il ritorno a Dio
    con cuore contrito ed umiliato, e` una lunga e laboriosa penitenza;
    quanto piu` si e` caduti dall'alto e tanto piu` umili e costanti devono
    essere gli sforzi per risalire il pendi`o e riguadagnar la vetta. Sta
    al diretore il rammentarle sempre con bonta` e fermezza questo dovere.

    b) Vi sono contemplativi che, dopo aver lottato vigorosamente a
    dominar le cattive inclinazioni ed esservi riusciti, pensando che la
    lotta sia ormai finita, rallentano gli sforzi, mancano di generosita`
    nell'adempimento di certi doveri considerati come meno importanti, e
    cadono in una specie di progressivo rilassamento che potrebbe generar
    la tiepidezza. -- Si deve por freno a questo retrogrado movimento,
    facendo osservare che quanto piu` il Signore si mostra generoso con
    loro, tanto piu` devono essi raddoppiar di fervore; e che le minime
    negligenze degli amici di Dio feriscono sul vivo Colui che prodiga
    loro i suoi favori. Si leggano nell'autobiografia di S. Margherita
    Maria i severi rimproveri che Nostro Signore le rivolgeva per
    correggerla delle minime infedelta`, delle mancanze di rispetto e di
    attenzione nel tempo dell'ufficio e dell'orazione, dei difetti di
    rettitudine e di purita` d'intenzione, della vana curiosita`, delle
    piccole infrazioni d'ubbidienza, anche che si trattasse di imporsi
    maggiori austerita`; e se ne prenda lezione per ricondurre queste anime
    al fervore.

    1578. c) Altri poi s'aspettavano di trovar nella contemplazione,
    passate le prime prove passive, soltanto soavita` e gusti divini; e Dio
    invece continua ad alternare le desolazioni e le consolazioni a fine
    di piu` efficacemente santificarli; onde, disanimandosi, sono in
    pericolo di cadere nel rilassamento e nelle funeste sue conseguenze.
    -- Il gran rimedio e` d'inculcare continuamente l'amor della croce, non
    perche` la croce sia amabile in se stessa ma perche` ci rende piu`
    conformi a Gesu` crocifisso.

    Del resto, diceva il S. Curato d'Ars 1578-1, "la croce e` il dono
    che Dio fa ai suoi amici. Bisogna chiedere l'amor delle croci e allora
    le croci diventano dolci. Ne ho fatto l'esperienza... Avevo molte
    croci io, ne avevo tante che quasi non le potevo portare! Mi diedi a
    chiedere l'amor delle croci e diventai felice... E veramente la
    felicita` sta soltanto li`".

    Per dir tutto in breve, il direttore delle anime contemplative deve
    studiare le opere e le biografie dei mistici, e chiedere a Dio il dono
    del consiglio per non dir nulla a queste anime se non dopo aver
    consultato lo Spirito Santo.
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    00 24/10/2013 13:36
    EPILOGO: LE TRE VIE E IL CICLO LITURGICO 1579-1.

    1579. Percorse le tre vie o le tre tappe che conducono alla
    perfezione, non sara` inutile vedere come ogni anno la Chiesa ci inviti
    nella liturgia a ricominciare e a perfezionare l'opera della nostra
    santificazione coi suoi tre gradi, la purificazione, l'illuminazione e
    l'unione con Dio. La vita spirituale e` infatti una serie di continui
    ricominciamenti e il ciclo liturgico viene ogni anno a spronarci a
    sforzi novelli.

    Nella liturgia tutto si riferisce al Verbo Incarnato, mediatore cosi`
    di religione come di redenzione, che ci viene presentato non solo come
    modello da imitare, ma anche come capo di un corpo mistico che viene a
    vivere nelle membra onde far praticare le virtu` di cui diede
    l'esempio. Ogni festa quindi e ogni periodo liturgico ci richiama
    qualcuna delle virtu` di Gesu`, recandoci le grazie da lui meritate onde
    colla sua collaborazione le ricopiamo in noi.

    1580. L'anno liturgico, che corrisponde alle quattro stagioni
    dell'anno, armonizza pur bene con le quattro principali fasi della
    vita spirituale 1580-1. L'Avvento corrisponde alla via purgativa;
    il tempo di Natale e dell'Epifania e` in relazione colla via
    illuminativa in cui seguiamo Gesu` imitandone le virtu`; il tempo della
    Settuagesima e della Quaresima adduce una seconda purificazione
    dell'anima piu` profonda della prima, il tempo pasquale e` la via
    unitiva, con l'unione a Gesu` risuscitato, unione che si perfezione
    coll'Ascensione e colla discesa dello Spirito Santo. -- Spieghiamo
    brevemente questo ciclo liturgico.

    1581. 1^ L'Avvento, che significa venuta, e` una preparazione alla
    venuta del Salvatore e quindi un periodo di purificazione e di
    penitenza.

    La Chiesa ci invita a meditare sulla triplice venuta di Gesu`: la
    venuta sulla terra con l'incarnazione, l'ingresso nelle anime con la
    grazia, e la comparsa alla fine dei secoli a giudicar gli uomini. Vole
    pero` richiamar la nostra attenzione principalmente sulla prima venuta;
    onde ci rammenta i sospiri dei patriarchi e dei profeti per farci
    desiderar con loro la venuta del promesso Liberatore e lo stabilimento
    o il rassodamento del suo regno nell'anime nostre. E` quindi tempo di
    santi desideri e di ardenti suppliche con cui chiediamo a Dio di far
    discendere su di noi la rugiada della grazia e soprattutto lo stesso
    Redentore: Rorate, caeli, desuper, et nubes pluant justum! La preghiera
    si fa piu` premurosa colle antifone maggiori, O Emmanuel, o Rex gloriae,
    o Oriens, etc., che, richiamandoci i gloriosi titoli dati dai profeti
    al Messia e i tratti principali della sua missione, ci fanno
    desiderare la venuta de Colui che solo puo` alleviare le nostre
    miserie.

    1582. Ma e` pur tempo di penitenza. La Chiesa ci rammenta il giudizio
    universale a cui dobbiamo prepararci con l'espiazione dei peccati; e
    la predicazione di S. Giovanni Battista c'invita a far penitenza per
    preparare la via al Salvatore: "Parate viam Domini, rectas facite
    semitas ejus" 1582-1. Anticamente si digiunava tre volte la
    settimana, come si fa ancora in certi Ordini religiosi, e se ora la
    Chiesa non impone piu` il digiuno ai suoi figli, li esorta pero` a
    supplirvi con altre mortificazioni, adoprando a tal fine nelle Messe
    del tempo il colore violaceo, che e` simbolo di duolo.

    E` chiaro che questi santi desideri e queste pratiche di penitenza
    tendono a purificar l'anima, preparandola cosi` al regno di Gesu`.

    1583. 2^ Ed eccoci al tempo di Natale: il Verbo ci si presenta
    nell'infermita` della carne, colle grazie ma anche colle debolezze
    dell'infanzia, invitandoci ad aprirgli il cuore onde potervi regnar da
    padrone e comunicarci le sue disposizioni e le sue virtu`. Comincia
    cosi` la via illuminativa: purificati dalle colpe, distaccati dal
    peccato e dalle cause che vi ci potrebbero far ricadere,
    c'incorporiamo sempre piu` a Gesu` onde partecipare ai suoi
    annientamenti, all'umilta`, all'obbedienza, alla poverta`, si` bene da
    lui praticate nella nativita` e nelle circostanze che la seguirono. Ad
    accoglierlo sulla terra, che viene a riscattare, ci sono appena pochi
    pastori e pochi savi dell'Oriente che gli porgono i loro ossequi; i
    Giudei che egli elesse per suo popolo non si degnano di riceverlo: "in
    propria venit et sui eum non receperunt" 1583-1. E` costretto a
    fuggire in Egitto, e, tornatone, si va a seppellire in un paesucolo
    della Galilea, ove passa trent'anni, crescendo in sapienza e in
    scienza insieme coll'eta`, lavorando manualmente come un povero operaio
    e obbedendo in tutto a Maria e a Giuseppe: tal e` lo spettacolo
    offertoci dalla liturgia nel tempo del Natale e dell'Epifania, per
    metterci sott'occhio gli esempi che dobbiamo imitare. E nello stesso
    tempo c'invita ad adorare il Figlio di Dio tanto piu` profondamente
    quanto piu` si volle per noi annientare, a ringraziarlo ed amarlo: "sic
    nos amantem quis non redamaret?"

    1584. 3^ Ma, prima di potere assaporare i gaudii dell'unione divina,
    ci vuole una nuova purificazione, piu` dura e piu` profonda della prima,
    della quale il tempo della Settuagesima e della Quaresima ci porge
    proprizia occasione.

    La Settuagesima e` come il preludio della Quaresima. La Chiesa,
    mettendoci sott'occhio nella assegnata lezione della S. Scrittura il
    racconto della caduta dell'uomo, dei peccati che gli tennero dietro,
    del diluvio che ne fu il castigo, della vita santa dei Patriarchi che
    ne fu l'espiazione, c'invita a riandare nell'amarezza dell'anima tutti
    i nostri peccati, a detestarli sinceramente, ad espiarli con generosa
    penitenza. i mezzi da lei propostici sono: 1) il lavoro o il fedele
    adempimento dei doveri del proprio stato per amor di Dio: "ite et vos
    in vineam meam"; 2) la lotta contro le passioni: nell'Epistola ci
    paragona ad atleti che corrono o che combattono per ottener la corona
    e c'invita a castigare il corpo e a ridurlo in servitu`; 3) la
    volontaria accettazione dei patimenti e delle prove a cui siamo
    giustamente condannati, e l'umile preghiera onde trarne profitto:
    "Circumdederunt me gemitus mortis... et in tribulatione mea^ invocavi
    Dominum" 1584-1.

    1585. A questi mezzi la Quaresima aggiunge il digiuno, l'astinenza e
    l'elemosina, per lottar vittoriosamente contro le tentazioni; e noi li
    praticheremo in unione con Gesu`, che si ritira quaranta giorni nel
    deserto a farvi penitenza per noi e acconsente ad essere tentato per
    insegnarci il modo di resistere al demonio. Il prefazio della Messa ci
    dira` che il digiuno rintuzza i vizi, innalza i cuori e ottiene aumento
    di virtu` e di meriti.

    La scena del Tabor, narrata nella domenica seconda, ci mostrera` che la
    penitenza ha le sue delizie quando e` associata alla preghiera e si
    leva lo sguardo s Dio a chiedergli soccorso: "Oculi mei semper ad
    Dominum, quia ipse evellet de laqueo pedes meos" 1585-1.
    L'Introito della domenica quarte c'infondera` nuovo coraggio, facendoci
    intravvedere i gaudi del paradiso "Laetare Jerusalem", di cui la santa
    comunione, simboleggiata nella moltiplicazione dei pani, ci da` gia` un
    saggio.

    1586. Colla domenica di Passione s'inalbera il vesillo della Croce:
    "Vexilla Regis prodeunt"; la nuda croce, perche` l'immagine del divin
    Crocifisso viene velata in segno di duolo e di tristezza, ad
    insegnarci che ci sono momenti in cui non vediamo che tribolazioni
    senza sentire alcuna consolazione. Ma l'Epistola della Messa ci
    confortera` presentandoci il nostro Pontefice che coll'effusione del
    sangue entra nel Santo dei Santi, e ripetendoci che la Croce, simbolo
    di morte, divenne per lui fonte di vita "ut unde mors oriebatur inde
    vita resurgeret".

    La domenica della Palme, seguita subito dai dolorosi misteri di
    Cristo, c'insegnera` quanto effimeri siano anche i piu` ben meritati
    trionfi della terra e come vi succedano spesso le piu` profonde
    umiliazioni. L'anima angosciata leva allora un grido di dolore: Deus,
    Deus meus, respice in me: quare me dereliquisti 1586-1"; e` il
    grido di Gesu` nel giardino degli Ulivi e sul Calvario; e` il grido
    dell'anima cristiana visitata da pene interiori o in preda alla
    calunnia. Ma l'Epistola viene a riconfortarci, stimolandoci ad unirci
    agli interni sentimenti di Gesu`, che obbedisce sino alla morte e morte
    di croce e che viene presto ricompensato con tale esultazione che ogni
    ginocchio si piega dinanzi a lui; onde, se ne partecipiamo i
    patimenti, avremo pur parte ai suoi trionfi, come dice S. Paolo: "Si
    tamen compatimur ut et conglorificemur" 1586-2.

    1587. 4^ La Resurrezione e il ciclo pasquale ci richiamano la vita
    gloriosa di Gesu`, immagine della vita unitiva. Vita piu` celeste che
    terrestre: Gesu`, nel corso del suo ministero, era sempre vissuto sulla
    terra, lavorando, conversando con gli uomini, esercitando
    l'apostolato; dopo la risurrezione vive piu` separato che mai da tutte
    le cose esterne, facendo solo rare apparizioni agli apostoli a dare
    gli ultimi insegnamenti, e poi ritorna al padre: "apparens eis et
    loquens de regno Dei" 1587-1.

    E` immagine delle anime che, giunte alla via unitiva, cercano ormai la
    solitudine per conversare intimamente con Dio; e se i doveri del loro
    stato le obbligano a trattar cogli uomini, lo fanno solo per
    santificarli; studiandosi di accostarsi all'ideale proposto da
    S. Paolo: 1587-2 "Se dunque risorgeste con Cristo, cercate le cose
    di lassu`, dove Cristo e` assiso alla destra di Dio; alle cose di lassu`
    aspirate, non a quelle della terra; moriste infatti e la vostra vita e`
    ascosa [sic] con Cristo in Dio".

    Coll'Ascensione un nuovo gradino: Gesu` vive ormai in cielo alla destra
    del Padre e prega continuamente per noi; il suo apostolato si fa anche
    piu` fecondo, perche` ci invia lo Spirito Santo, lo Spirito
    santificatore, che trasforma gli Apostoli e per mezzo loro milioni di
    anime. Parimenti i contemplativi, che colla mente e col cuore abitano
    gia` in cielo, non cessano di pregare e di sacrificarsi per la salute
    dei fratelli, esercitando cosi` apostolato anche piu` fecondo.

    1588. La Pentecoste e` la discesa dello Spirito Santo nelle singole
    anime, ad operarvi in modo piu` lento e piu` nascosto la mirabile
    trasformazione effettuata negli Apostoli. Il mistero della Santissima
    Trinita` viene a rimetterci sott'occhio il grande oggetto della fede e
    della religione, la causa efficiente ed esemplare della nostra
    santificazione; e le feste del Santissimo Sacramento e del Sacro Cuore
    ci ripetono che Gesu`, nell'Eucarestia ove palesa i tesori del Sacro
    suo Cuore, merita le nostre adorazioni e il nostro amore e che e` nello
    stesso tempo il gran Religioso di Dio, per cui e in cui possiamo
    rendere all'adorabile Trinita` gli ossequi che le sono dovuti.

    Le varie domeniche che seguono la Pentecoste rappresentano l'intiero
    svolgimento dell'opera dello Spirito Santo non solo nella Chiesa ma
    anche in ogni anima cristiana, e ci invitano quindi a produrre, sotto
    l'azione dello Spirito Santo, copiosi frutti di salute fino a quel
    giorno in cui andremo a raggiungere in cielo Colui che vi ci ha
    preceduti a prepararci il posto.

    1589. Stanno in questo ciclo liturgico le feste dei Santi. Possente
    stimolo per noi gli esempi di costoro che, membri di Cristo come noi,
    ne imitarono le virtu` non ostante tutte le tentazioni e tutti gli
    ostacoli. Ci dicono con S. Paolo: "Siate imitatori miei come io di
    Cristo: imitatores mei estote sicut et ego Christi" 1589-1; e
    leggendo nel Breviario il racconto delle eroiche loro virtu`, ripetiamo
    la parola di Agostino: "Tu non poteris quod isti, quod istae?".

    Rammenteremo poi in modo particolare che la Regina degli Angeli e dei
    Santi, la Madre del Salvatore, e` nella liturgia costantemente
    associata al Figlio e che non possiamo onorare il Figlio senza
    onorarne, amarne, imitarne pure la Madre.

    A questo modo, sorretti e aiutati dalla Vergine Santissima e dai Santi
    e incorporati al Verbo Incarnato, ci accostiamo a Dio percorrendo ogni
    anno il ciclo liturgico.

    1590. Ma, a trar veramente profitto dai copiosi mezzi di
    santificazione offertici dalla Chiesa, conviene che attiriamo in noi
    le interne disposizioni di Gesu`. Ora c'e` una bellissima ed
    efficacissima preghiera che serve a ritrarre in noi questi sentimenti:
    e` la preghiera O Jesu vivens in Maria; e una sua breve spiegazione ci
    pare la miglior chiusa di questo Compendio.
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    00 24/10/2013 13:37
    PREGHIERA: O JESU VIVENS IN MARIA 1590-1.
    O Jesu vivens in Maria^, O Gesu` vivente in Maria,
    veni et vive in famulis tuis, vieni e vivi nei tuoi servi,
    in spiritu sanctitatis tuae, nello spirito della tua santita`,
    in plenitudine virtutis tuae, nella pienezza della tua virtu`,
    in perfectione viarum tuarum, nella perfezione delle tue vie,
    in veritate virtutum tuarum, nella verita` delle tue virtu`,
    in communione mysteriorum tuorum, nella comunione dei tuoi misteri,
    dominare omni adversae potestati, domina ogni nemico potere,
    in Spiritu tuo ad gloriam Patris. nel tuo Spirito a gloria del Padre.

    In questa preghiera si possono distinguere tre parti di inuguale
    lunghezza: nella prima si dice a chi si rivolge; nella seconda
    l'oggetto; nella terza lo scopo finale.

    1591. 1^ A chi si rivolge questa preghiera? A Gesu` vivente in Maria,
    cioe` al Verbo Incarnato, all'Uomo-Dio, che nell'unita` di persona
    possiede insieme la natura divina e la natura umana, e che e` per noi
    causa meritoria, esemplare e vitale di santificazione, n. 132. Ci
    rivolgiamo a lui in quanto vive in Maria. Visse una sola volta
    fisicamente per nove mesi nel virginale suo seno, ma non si tratta qui
    di questa vita che cesso` colla nascita` di Gesu` Bambino. Visse
    sacramentalmente in lei colla santa comunione; presenza che ebbe fine
    coll'ultima comunione di presenza che ebbe fine coll'ultima comunione
    di Maria sulla terra. Visse e vive tuttora misticamente in lei, come
    capo del corpo mistico di cui tutti i cristiani sono membri, ma in
    grado assai superiore, perche` Maria occupa in questo corpo il posto
    piu` onorevole, n. 155-162. Vive in lei col divino suo Spirito,
    vale a dire con lo Spirito Santo che comunica alla santa sua Madre
    perche` operi in lei disposizioni simili a quelle che opera nell'anima
    sua. In virtu` dei meriti e delle preghiere del Salvatore, lo Spirito
    Santo viene dunque a santificare e a glorificare Maria, a renderla
    quanto piu` e` possibile simile a Gesu`, cosicche` ella ne diviene la piu`
    perfetta copia vivente: "haec est imago Christi perfectissima quam ad
    vivum depinxit Spiritus Sanctus".

    La qual cosa viene bene spiegata dall'Olier 1591-1: "Cio` che
    Nostro Signore e` per la Chiesa, lo e` per eccellenza per la santissima
    sua Madre. Ne e` quindi la interna e divina pienezza; ed essendosi
    sacrificato piu` specialmente per lei che per tutta la Chiesa, a lei
    piu` che a tutta la Chiesa comunica la vita di Dio; gliela comunica
    pure per gratitudine e in riconoscimento della vita che ricevette da
    lei, perche`, avendo promesso a tutti i suoi membri di rendere
    centuplicatamente cio` che avra` ricevuto dalla loro carita` sulla terra,
    vuole rendere pure alla Madre il centuplo della vita umana che
    ricevette dal suo amore e dalla sua pieta`; e questo centuplo e` la
    infinitamente preziosa e stimabile vita divina... Bisogna quindi
    considerare Gesu` Cristo nostro Tutto come vivente nella Vergine
    Santissima nella pienezza della vita di Dio, tanto di quella che
    ricevette dal Padre quanto di quella che acquisto` e merito` agli uomini
    col ministero della vita ricevuta dalla Madre. In Maria fa pompa di
    tutti i tesori delle sue richezze, dello splendore della sua bellezza
    e delle delizie della vita divina... Abita in lei con pienezza; opera
    in lei nell'estensione del divino suo Spirito; fa un cuore, un'anima,
    una vita sola con lei". Questa vita diffonde continuamente in lei,
    "amando in lei, lodando in lei, adorando in lei Dio Padre, come in
    degno supplemento del suo cuore, in cui deliziosamente si dilata e si
    moltiplica" 1591-2.

    1592. Gesu` vive in Maria con pienezza non solo per santificar lei,
    ma per santificar per lei gli altri membri del suo corpo mistico:
    Maria e` infatti, come dice S. Bernardo, il canale per cui ci
    pervengono tutte le grazie meritate da suo Figlio: "totum nos habere
    voluit per Mariam", n. 161.

    Onde e` cosa insieme gratissima a Gesu` e utilissima all'anima il
    rivolgerci a Gesu` vivente in Maria. "che vi puo` essere di piu` dolce e
    piu` accetto a Gesu`, dell'andarlo a cercare nel luogo delle sue
    delizie, su questo trono di grazia, in mezzo a quest'adorabile fornace
    di sant'amore per il bene di tutti gli uomini? Qual piu` copiosa vena
    di grazia e di vita di questo luogo in cui abita Gesu` come in fonte di
    vita agli uomini e in madre e nutrice della Chiesa"?

    Abbiamo quindi il diritto di essere pieni di fiducia quando preghiamo
    cosi` Gesu` vivente in Maria.

    1593. 2^ Qual e` l'oggetto di questa preghiera? E` la vita interiore
    con tutti gli elementi che la costituiscono; vita interiore che non e`
    se non una partecipazione della vita che Gesu` comunica alla Madre e
    che lo supplichiamo di voler benignamente comunicare anche a noi.

    A) Essendo Gesu` vivente in Maria la fonte di questa vita, noi
    umilmente gli chiediamo di venire in noi e di viverci, promettendo di
    docilmente sottomettere alla sua azione: "VENI ET VIVE IN FAMULIS
    TUIS".

    a) Viene in noi come viene in Maria col divino suo Spirito, colla
    grazia abituale: sempre che questa cresce in noi, vi cresce pure lo
    Spirito di Gesu`; onde ogni volta che facciamo un atto soprannaturale e
    meritorio, questo divino Spirito viene in noi e ci rende l'anima
    sempre piu` simile a quella di Gesu` e a quella di Maria. Qual possente
    motivo per moltiplicare e intensificare gli atti meritori,
    informandoli della divina carita`! (n. 236-248).

    b) Opera in noi con la grazia attuale che ci merito` e che ci
    distribuisce per mezzo del divino suo Spirito: opera in noi il volere
    e il fare "operatur in nobis velle et perficere", si fa principio di
    tutti i nostri moti e delle interne disposizioni, cosi` che i nostri
    atti non provengono che da Gesu` che ci comunica la sua vita, i suoi
    sentimenti, i suoi affetti, i suoi desideri. Onde possiamo dir con
    S. Paolo: "Vivo non piu` io, ma vive in me Gesu`".

    c) Perche` sia cosi`, e` necessario che come servi fedeli, in famulis
    tuis, ci lasciamo guidare da lui e cooperiamo all'azione sua in noi;
    dobbiamo, come l'umile Vergine, dire con tutta sincerita`: "Ecco
    l'ancella del Signore, sia fatto a me seconda la tua parola: ecce
    ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum". Consapevoli della
    nostra miseria e della nostra incapacita`, non abbiamo che da obbedire
    prontamente alle minime ispirazioni della grazia. Onorevole servitu`
    per noi, "cui servire regnare est", servitu` di amore che ci assoggetta
    a Colui che ci e` Padrone, e` vero, ma anche Padre, e amico, e che nulla
    ci comanda che non ci sia utile al bene dell'anima. Apriamo, apriamo
    dunque il cuore a Gesu` e al divino suo Spirito, perche` vi regni come
    regno` nel cuore della Madre nostra Maria!

    1594. B) Essendo Gesu` fonte di ogni santita`, gli chiediamo di vivere
    e di operare in noi "in spiritu sanctitatis tuae", per comunicarci
    l'interna sua santita`.

    C'e` una doppia santita` in Gesu`: una santita` sostanziale che deriva
    dall'unione ipostatica, e una santita` partecipata che altro non e` se
    non la grazia creata: n. 105, questa lo preghiamo di comunicarci.
    Santita`, che e` prima di tutto orrore del peccato e separazione da
    tutto cio` che vi ci puo` condurre; sommo distacco dalle creature e da
    ogni egoismo; ma anche partecipazione della vita divina, intima unione
    con le tre divine persone, amor di Dio che signoreggia ogni altro
    affetto, insomma positiva santita`.

    1595. Ma essendo incapaci di acquistar da soli tale santita`, lo
    supplichiamo di venire in noi con la pienezza della sua forza o della
    sua grazia "in plenitudine virtutis tuae". E trepidi di possibili
    ribellioni da parte nostra, aggiungiamo pure colla Chiesa che si degni
    di assoggettare al suo impero le ribelli nostre facolta`: "etiam
    rebelles ad te propitius compelle voluntates".

    Una grazia efficace dunque invochiamo, quella grazia che, pur
    rispettando la liberta`, sa operare sui segreti congegni della volonta`
    per ottenere il consenso; una grazia che non si arrestera` dinanzi alle
    istintive nostre ripugnanze o alle pazze nostre resistenze, ma operera`
    dolcemente e fortemente in noi il volere ed il fare.

    1596. C) E poiche` la santita` non puo` acquistarsi senza l'imitazione
    del nostro divino Modello, lo supplichiamo di farci camminare nella
    perfezione delle sue vie "in perfectione viarum tuarum", vale a dire
    di farci imitare la sua condotta, il suo modo d'agire, i suoi atti
    esterni ed interni in tutti cio` che hanno di piu` perfetto. Chiediamo
    insomma di diventare viventi copie di Gesu`, altri Cristi, onde poter
    dire ai nostri discepoli come S. Paolo: siate imitatori miei, come
    anch'io di Cristo: "imitatores mei estote sicut et ego Christi".
    Ideale cosi` perfetto che da noi non possiamo attuarlo! Ma Gesu` si fa
    nostra via: "ego sum via", fulgida e vivente via, via, a cosi` dire,
    ambulante che ci trae dietro a se`: "Et ego cum exaltatus fuero a
    terra^, omnia traham ad me ipsum" 1596-1. Da te, o divino Modello,
    ci lasceremo dunque trarre e ci studieremo di imitare le tue virtu`.

    1597. D) Per questo aggiungiamo: "in veritate virtutum tuarum". Le
    virtu` che chiediamo sono virtu` reali e non virtu` apparenti. Ci sono di
    quelli che, sotto la vernice di virtu` puramente esterne, nascondono un
    animo pagano, sensuale e superbo. Non sta qui la santita`. Virtu`
    interne ci porta Gesu`, virtu` penose, l'umilta`, la poverta`, la
    mortificazione, la perfetta castita` di mente, di cuore, di corpo;
    virtu` unificative, lo spirito di fede, di confidenza e di amore. Ecco
    cio` che fa il cristiano e lo trasforma in un altro Cristo.

    1598. E) Queste virtu` Gesu` pratico` specialmente nei suoi misteri,
    onde lo preghiamo di farci partecipare alla grazia dei suoi misteri
    "in communione mysteriorum tuorum". Misteri sono certamente tutte le
    principali azioni di Nostro Signore, ma specialmente i sei grandi
    misteri descritti dall'Olier nel suo Catechismo cristiano:
    l'Incarnazione, che c'invita a spogliarci di ogni amor proprio per
    consacrarci totalmente al Padre in unione con Gesu`: "Ecce venio ut
    faciam, Deus, voluntatem tuam"; la crocifissione, la morte e la
    sepoltura, che esprimono i vari gradi di quella totale immolazione con
    cui crocifiggiamo la guasta natura studiandoci di farla morire e
    seppellirla per sempre; la risurrezione e l'ascensione, che
    significano il perfetto distacco dalle creature e la vita tutta
    celeste che bramiamo condurre per andare in paradiso.

    1599. F) E` chiaro che cosiffatta perfezione non possiamo conseguire
    se Gesu` non viene a dominare il noi su ogni potere nemico, la carne,
    il mondo e il demonio: "dominare omni adversae potestati". Questi tre
    nemici non desistono mai dai fieri loro assalti, e non potranno mai
    essere annientati finche` saremo sulla terra; ma Gesu`, che ne trionfo`,
    puo` infrenarli e soggiogarli, dandoci grazie efficaci per resistervi:
    questo umilmente gli chiediamo.

    3^ A piu` facilmente ottenere questa grazia, dichiariamo che non
    miriamo con lui se non a un solo scopo, la gloria del Padre che
    vogliamo procurare coll'opera dello Spirito Santo: "In spiritu tuo ad
    gloriam Patris". Essendo venuto sulla terra a glorificare il Padre
    "Ego honorifico Patrem", compia egli in noi l'opera sua e ci cominichi
    l'interna sua santita`, onde possiamo con lui e per lui glorificar
    questo Padre e fare che sia glorificato intorno a noi! Saremo allora
    veramente membri del suo corpo mistico e religioso di Dio: Gesu` vivra`
    e regnera` nei nostri cuori per la maggior gloria dell'adorabile
    Trinita`.

    Questa preghiera e` dunque una sintesi della vita spirituale e un
    riepilogo del nostro Compendio.

    Terminandolo non possiamo che benedire, e invitare i lettori a
    benedire con noi questo Dio d'amore, questo amantissimo Padre, che,
    facendoci partecipare alla sua vita, ci colmo` nel suo Figlio di tutte
    le benedizioni.

    BENEDICTUS DEUS ET PATER DOMINI NOSTRI JESU CHRISTI, QUI BENEDIXIT NOS
    IN OMNI BENEDICTIONE SPIRITUALI IN CAELESTIBUS IN CHRISTO.

    FINE.
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    00 24/10/2013 13:37
    1550-1 A. Saudreau, L'Etat mystique, c. IX, XI, XIV e le
    Appendici; A. Poulain, Delle grazie d'Orazione, 2a. ediz. ital. con
    introd. del P. De Guibert (Marietti, Torino); Mgr. Lejeune, art.
    Contemplation nel Dict. de The'ologie; Mgr. A. Farges, Phe'n. mystiques
    e Controv. de la Presse; P. Joret, La contemplation mystique;
    P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation.

    1554-1 Delle Grazie d'orazione, c. VI, n. 16, (Marietti, Torino).

    1555-1 La mystique chre'tienne, nella Revue de Philosophie, 1912,
    t. XXX, p. 478.

    1555-2 La saisie imme'diate de Dieu dans les e'tats mystiques, 1923.

    1557-1 Quest'accusa sarebbe particolarmente ingiusta rispetto a
    coloro che, come il Farges, (Phe'n. mystiq., p. 95 ss., e Re'ponses aux
    controverses, ch. V-XII), ammettono che la contemplazione avviene fin
    dal primo grado per mezzo di specie impresse infuse, e la chiamano
    immediata, perche` la specie impressa non e` id quod videtur e nemmeno
    id in quo videtur, ma id quo res ipsa videtur. Si puo` censurare questo
    modo di vedere ma non vi si puo` scorgere l'ontologismo.

    1557-2 A meglio giudicar di questo linguaggio, si leggeranno
    volentieri i passi raccolti dal P. Poulain, Delle Grazie d'orazione,
    c. V-VI, confrontando le interpretazioni date da lui con quelle che ne
    da` in senso contrario A. Saudreau, L'Etat mystique, Appendice II.

    1559-1 I PP. Arintero, Garrigou-Lagrange, Joret, Janvier, ecc.

    1559-2 Don Louismet, Don Huyben, ecc.

    1559-3 P. Ludovico di Besse.

    1559-4 P. Teodoro di S. Giuseppe, Essai sur l'oraison selon
    l'e'cole carme'litaine, 1923. -- Si vedano per altro le sue restrizioni,
    p. 128.

    1559-5 L. Peeters, Vers l'union divine per les Exercices de
    S. Ignace, 1924.

    1559-6 Il P. Lamballe, La contemplation.

    1559-7 M. A. Saudreau, L'Ami du Clerge', ecc.

    1560-1 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., p. 450.

    1561-1 Questi argomenti si troveranno esposti dal P. R. di
    Maumigny, Pratique de l'oraison mentale, t. II, P. Va.; Mgr Farges,
    Phe'nome`nes mystiques, P. Ia., c. IV; Contr. de la Presse, c. IV;
    G. de Guibert, Rev. d'Asce'tique et de Mystique,
    Gennaio 1924, p. 25-32.

    1561-2 G. de Guibert, l. cit., p. 26.

    1561-3 De virtutibus infusis, tesi VIIIa..

    1563-1 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. .

    1563-2 "Il che puo` provenire, dice il P. Garrigou, op. cit.,
    t. II, p. , non solo dal poco propizio ambiente e da mancanza di
    direzione, ma anche del temperamento fisico. Ed e` bene qui ricordare
    con G. Maritain, che, secondo molti Tomisti, come Bannez, Giovanni di
    S. Tommaso e i Carmelitani di Salamanca, anche le doti fisiche sono,
    nel predestinato, effetto in un certo senso della predestinazione.

    1564-1 Congre`s carme'litain, 1923, the`me V. -- Il Congresso non
    volle dichiararsi sulla questione della vocazione universale alla
    contemplazione, certo perche` la teneva come dubbia.

    1565-1 I Cor., XV, 41.

    1565-2 P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p. [71-79].

    1566-1 Molti documenti si possono trovare nelle opere seguenti:
    Onorato di Sta Maria, Tradition des Pe`res et des auteurs
    eccle'siastiques sur la Contemplation; A. Saudreau, La Vie d'union a`
    Dieu, 3a. ed. 1921; P. Garrigou-Lagrange, op. cit., t. II, p.
    662-740; P. Pourrat, La Spiritualite' chre'tienne. Rimane pero` da fare
    lo studio critico-storico di questi documenti sotto l'aspetto speciale
    della vocazione universale alla contemplazione.

    1566-2 Ci pare che sia questa la soluzione di Don V. Lehodey, Le
    vie dell'orazione, P. IIIa., c. XIII (Marietti, Torino), Le saint
    Abandon, P. IIIa., c. XIV; di Mgr Waffelaert, R. A. M., gennaio 1923,
    p. 31, e nelle varie sue opere; della Scuola Carmelitana e di quelli
    che ammettono uno stato di contemplazione acquisita sia pure di poca
    durata. S'accosta a quella del P. M. de la Taille, L'oraison
    contemplative, come pure alla soluzione proposta da G. Maritain, Vie
    spirituelle, marzo 1923, che si trova nell'opera del P. Garrigou, t.
    II, p. [58-71].

    1568-1 Notte oscura, l. I, c. VIII, n. 1, e c. XIII, n. 1 (alias
    c. XIV).

    1568-2 Note sulla Notte Oscura, p. 5-6.

    1570-1 Ami du Clerge', 8 dic. 1921, p. 697.

    1572-1 In Cantica sermo LVII, n. 11; compendiamo qui il pensiero
    del Santo.

    1575-1 Vita scritta dal P. Da Ponte, c. XIII, c. XLI, 5a.
    difficolta`.

    1578-1 Monnin, Vita del Curato d'Ars, l. III, c. III (Marietti,
    Torino).

    1579-1 Dom Gue'ranger, L'Anne'e liturgique; Dom Leduc et Dom
    Baudot, Cate'chisme liturgique; Dom Festugie`re, La liturgie catholique;
    F. Cavallera, Asce'tisme et Liturgie.

    1580-1 Sebbene non si distinguano che tre vie nella vita
    spirituale, vi e` tale differenza tra le purificazioni passive e la
    contemplazione soave da poterne fare due fasi nella via unitiva.

    1582-1 Luc., III, 4.

    1583-1 Joan., I, 11.

    1584-1 Introito della domenica di Settuagesima.

    1585-1 Introito della 3a. domenica di Quaresima.

    1586-1 Introito della domenica delle Palme.

    1586-2 Rom., VIII, 17.

    1587-1 Act., I, 3.

    1587-2 Col., III, 1-3.

    1589-1 I Cor., IV, 16.

    1590-1 Questa preghiera, composta dal P. de Condren e
    perfezionata dall'Olier, si recita ogni giorno nel Seminario di
    S.-Sulpizio dopo la meditazione. Il Ven. Libermann ne fece un pio
    commento, Lettres, t. II, p. 506-522.

    1591-1 G. G. Olier, Lettera CCCLXXXIII, t. I, p. 468, ed. 1885.

    1591-2 G. G. Olier, Journe'e chre't., p. 395-396.

    1596-1 Joan., XII, 32.
    _________________________________________________________________
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    00 24/10/2013 13:38

    APPENDICI
    * I. La spiritualita` del Nuovo Testamento.
    * II. Lo studio dei caratteri.
    _________________________________________________________________

    I. La spiritualita` del Nuovo Testamento A1-1.

    Perche` i nostri lettori possano cogliere meglio e ordinare i tesori
    spirituali chiusi nel Nuovo Testamento, diamo qui una breve sintesi
    della spiritualita` dei Sinottici, di S. Paolo e di S. Giovanni.

    1^ LA SPIRITUALITA` DEI SINOTTICI.

    L'idea centrale dell'insegnamento di Gesu` nei Sinottici e` quella del
    regno di Dio. A far capire la spiritualita` che vi e` annessa, ne
    esponiamo la natura, la costituzione e le condizioni per entrarvi.

    A) La natura. Il regno di Dio predicato da Gesu` Cristo nulla ha di
    terreno, contrariamente a cio` che nei loro pregiudizi pensavano i
    Giudei, ma e` tutto spirituale, opposto a quello di Satana, capo degli
    angeli ribelli. a) Si presenta sotto tre diverse forme: 1) ora e` il
    paradiso o il regno riserbato agli eletti: "Venite, benedicti Patris
    mei, possidete paratum vobis regnum a constitutione mundi" A1-2;
    2) ora e` il regno interno quale gia` si trova sulla terra, vale a dire
    la grazia, l'amicizia, la paternita` divina offerta da Dio e accettata
    dagli uomini di buona volonta`; 3) infine e` il regno esterno che Dio
    fonda a perpetuare l'opera sua sulla terra A1-3. b) Queste tre
    forme non costituiscono che un solo e medesimo regno; perche` la Chiesa
    esterna non e` fondata se non perche` il regno interno possa
    pacificamente svilupparsi, e questo e`, a cosi` dire, il complesso delle
    condizioni che schiudono il regno celeste.

    B) La costituzione. Questo regno interno ha un capo, che e` Dio
    stesso A1-4; ora questo Dio e` nello stesso tempo Padre dei suoi
    sudditi, non della comunita` soltanto come nell'Antica Legge, ma di
    ogni anima in particolare. La sua bonta` e` cosi` grande che si estende
    anche ai peccatori A1-5 finche` vivono sulla terra; ma la sua
    giustizia colpisce i peccatori ostinati che verranno condannati al
    fuoco dell'inferno A1-6.

    Questo regno fu fondato sulla terra da Gesu` Cristo, figlio dell'uomo e
    figlio di Dio, che e` egli pure nostro re: per diritto di nascita,
    perche` e` il figlio, l'erede naturale, il solo che conosce il Padre
    come il Padre conosce lui; e per diritto di conquista, perche` venne a
    salvare cio` che era perito e verso` il sangue a remissione dei nostri
    peccati A1-7. E` re pieno di premure, che ama i piccoli, i poveri, i
    derelitti, che corre dietro la pecorella smarrita per ricondurla
    all'ovile e che sulla croce perdona ai suoi carnefici A1-8. Ma e`
    pure giudice dei vivi e dei morti; e nell'ultimo giorno fara` la
    separazione dei buoni dai cattivi, i giusti amorosamente accogliendo
    nel suo regno definitivo, e i reprobi condannando all'eterno
    supplizio A1-9.

    Non v'e` dunque nulla sulla terra di piu` prezioso di questo regno; e` la
    perla preziosa e il tesoro nascosto che bisogna acquistare ad ogni
    costo.

    C) Condizioni per entrare in questo regno. Per entrarvi si deve far
    penitenza A1-10, ricevere il battesimo, credere al Vangelo e
    osservare i comandamenti A1-11.

    Ma a perfezionarvisi, l'ideale proposto ai discepoli e` di accostarsi
    quanto piu` e` possibile alla perfezione stessa di Dio. Essendo suoi
    figli, una tal nobilta` c'impone doveri, onde dobbiamo accostarci
    quanto piu` e` possibile alle divine perfezioni: "Estote ergo vos
    perfecti, sicut et Pater vester caelestis perfectus est" A1-12.

    A conseguire ideale cosi` perfetto occorrono due condizioni essenziali:
    la rinunzia a se stesso e alle creature, onde uno si distacca da tutto
    cio` che e` ostacolo all'unione con Dio; e l'amore, onde uno si da`
    intieramente a Dio seguendo Gesu` Cristo: "Si quis vult post me venire,
    abnegat semetipsum, et tollat crucem suam quotidie, et sequetur
    me" A1-13.

    a) La rinunzia ha vari gradi. Deve escludere per tutti quel
    disordinato amore di se` e delle creature che costituisce il peccato, e
    specialmente il peccato grave, ostacolo assoluto al nostro fine; il
    che e` tanto vero che, se l'occhio destro ci scandalizza, non dobbiamo
    esitare a strapparlo: "Quod si oculis tuus dexter scandalizat te, erue
    eum et projice abs te" A1-14. Ma per coloro che vogliono essere
    perfetti la rinunzia sara` assai piu` intiera e comprendera` la pratica
    dei consigli evangelici: la poverta` effettiva, il distacco dalla
    famiglia e la castita` perfetta o continenza A1-15. Chi poi non
    volesse o non potesse arrivare a tanto, si contentera` della interna
    rinunzia alla famiglia e ai beni di questo mondo; pratichera` lo
    spirito di poverta` e l'interno distacco da tutto cio` che si oppone al
    regno di Dio nell'anima; puo` cosi` assorgere ad alto grado di
    santita` A1-16.

    Questi vari gradi risultano dalla distinzione tra precetti e consigli:
    per entrar nella vita, basta osservare i comandamenti; ma per essere
    perfetti, bisogna vendere i propri beni e darli ai poveri: "Si autem
    vis ad vitam ingredi, serva mandata... Si vis perfectus esse, vade,
    vende quae habes et da pauperibus" A1-17.

    La perfetta rinuncia va sino all'amor della croce "tollat crucem
    suam"; si finisce con amar la croce, non per se stessa ma per ragione
    del divin Crocifisso che uno vuol seguire sino alla fine: "et sequatur
    me". Si riesce anzi a trovar la perfetta letizia nella croce: Beati
    pauperes spiritu... beati mites... beati qui persecutionem
    patiuntur... Beati estis cum maledixerint vobis" A1-18.

    b) Ma la rinunzia non e` che mezzo per giungere all'amor di Dio e del
    prossimo per Dio. L'amore infatti compendia tutta la legge: "In his
    duobus mandatis universa lex pendet et prophetae" A1-19; amore onde
    uno si da` a Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la
    mente: "Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo et in tota^ anima^
    tua^ et in tota^ mente tua^... Secundum autem simile est huic: Diliges
    proximum tuum sicut te ipsum" A1-20. E` il massimo dei
    comandamenti, quello che racchiude tutta la perfezione.

    1) Quest'amore dev'essere filiale: c'induce prima di tutto a
    glorificare il Padre celeste: "Pater noster... sanctificetur nomen
    tuum, adveniat regnum tuum" A1-21; e per meglio glorificarlo, a
    osservare i comandamenti: "fiat voluntas tua sicut in caelo et in
    terra^"... "non omnis qui dicit mihi Domine, Domine, intrabit in regnum
    caelorum, sed qui facit voluntatem Patris mei" A1-22.

    2) Dev'essere confidente: perche` il Padre celeste si prende cura dei
    suoi figli assai piu` che degli uccelli del cielo e dei gigli del
    campo: "Nonne vos magis pluris estis illis?... Scit enim Pater vester
    quia his omnibus indigetis" A1-23. Confidenza che si palesa colla
    preghiera, la quale, secondo le promesse del divin Mediatore, ottiene
    tutto cio` che chiede: "Petite et dabitur vobis; quaerite et invenietis;
    pulsate et aperietur vobis. Omnis enim qui petit, accipit, et qui
    quaerit invenit, et pulsanti aperietur" A1-24.

    3) Genera l'amor del prossimo: essendo tutti figli dello stesso Padre
    celeste, siamo tutti fratelli: "Unus est magister vester, omnes autem
    vos fratres estis" A1-25. A dare a questa virtu` il piu` efficace
    stimolo possibile, Nostro Signore dichiara che nel giorno del giudizio
    considerera` come fatto a se` ogni servizio reso al minimo dei suoi
    fratelli A1-26. Gesu` dunque si identifica coi suoi membri, onde,
    amando il prossimo, amiamo Lui. Amore che abbraccia anche i nemici,
    che dobbiamo sopportar con pazienza, pregar per loro e far loro del
    bene A1-27; accompagnato quindi da dolcezza e da umilta`, come
    quello del divino Modello: "Discite a me quia mitis sum et humilis
    corde" A1-28.

    Rinunzia ed amore: ecco dunque le due condizioni essenziali richieste
    a conquistare il regno di Dio e la perfezione; esse infatti, come
    abbiamo visto, racchiudono tutte le virtu` (n. 309 ss.).
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    2^ LA SPIRITUALITA` DI S. PAOLO A1-29.

    S. Paolo giunge alle medesime conclusioni ma per altra via. L'idea
    centrale non e` piu` quella del regno, ma il disegno santificatore di
    Dio, che vuol salvare e santificare tutti gli uomini, Giudei e
    Gentili, per mezzo del Figliuol suo Gesu` Cristo, costituito capo
    dell'umana stirpe, al quale tutti devono essere incorporati:
    "Benedetto Dio e Padre del Signor Nostro Gesu` Cristo, che ci benedisse
    con ogni benedizione spirituale, celeste, in Cristo... In cui abbiamo
    la redenzione pel sangue suo... E lo diede capo sopra tutta la Chiesa,
    che e` il corpo di lui e il complemento di lui che compie tutto in
    tutti: "Benedictus Deus et Pater Domini nostri Jesu Christi, qui
    benedixit nos in omni benedictione spirituali in caelestibus in
    Christo!... in quo habemus redemptionem per sanguinem ejus... et ipsum
    dedit caput supra omnem ecclesiam, quae est corpus ipsius et plenitudo
    ejus" A1-30.

    Dio dunque vuole da tutta l'eternita` santificarci e adottarci per
    figli. Ma c'e` un ostacolo, il peccato: peccato di origine, commesso da
    Adamo, primo capo dell'umanita`, e trasmesso ai discendenti colla
    concupiscenza, legge della carne che ci rende schiavi della legge del
    peccato. Ma Dio ha pieta` dell'uomo e gli manda un Redentore, un
    Salvatore, il proprio Figlio, Gesu` Cristo, che sara` il nuovo capo
    dell'umanita`, e ci riscattera` coll'ubbidienza spinta fino alla morte e
    morte di croce. Onde Gesu` diverra` il centro della nostra vita: "mihi
    vivere Christus est" A1-31.

    I suoi meriti e le sue sodisfazioni ci sono applicati specialmente col
    battesimo e con l'eucaristia. Il battesimo ci rigenera, c'incorpora a
    Gesu` Cristo, e ci rende uomini nuovi, che, sotto la direzione e
    l'azione dello Spirito Santo, devono incessantemente combattere contro
    la carne o l'uomo vecchio A1-32. L'Eucaristia ci fa partecipare
    piu` copiosamente alla morte e alla vita di Gesu` Cristo, agli interni
    suoi sentimenti e alle sue virtu` A1-33.

    Ma a fruttuosamente ricevere questi sacramenti, a coltivar la vita
    divina da essi comunicataci, bisogna vivere della vita di fede,
    "justus meus ex fide vivit" A1-34; riporre ogni confidenza in Dio
    e in Gesu`; e specialmente praticar la carita`, ottima fra le virtu`, che
    ci accompagnera` anche in cielo A1-35, ma che richiede sulla terra
    la crocifissione della guasta natura A1-36.

    Tutta quest'ascesi si compendia in una formola che ricorre spesso
    sotto la penna dell'Apostolo: incorporarsi ognor piu` a Cristo Gesu`, e
    quindi spogliarsi dell'uomo vecchio colle cattive sue inclinazioni e
    rivestirsi dell'uomo nuovo con le sue virtu`: "expoliantes vos veterem
    hominem cum actibus suis, et induentes novum, eum qui renovatur in
    agnitionem secundum imaginem ejus qui creavit illum" A1-37.

    A) Bisogna prima di tutto spogliarsi dell'uomo vecchio. a) L'uomo
    vecchio, detto pure la carne, e` la nostra natura, non in se stessa ma
    in quanto viziata dalla triplice concupiscenza. Onde opere della carne
    sono tutti i peccati, non solo i peccati di sensualita` e di lussuria,
    ma anche la superbia nelle varie sue forme A1-38.

    b) E` stretto obbligo per noi mortificare o crocifiggere la carne,
    fondato su due principali ragioni: 1) il pericolo di acconsentire al
    peccato e andar dannati; perche` la carne o la concupiscenza, che non
    viene distrutta dal battesimo, ci porta violentemente al male e ci
    rende schiavi della legge del peccato, se inesorabilmente non la
    combattiamo sorretti dalla grazia di Gesu` Cristo: "Quis me liberabit
    de corpore mortis hujus? Gratia Dei per Jesum Christum" A1-39;
    2) le promesse battesimali: morti e sepolti con Gesu` Cristo nel
    battesimo per vivere con lui vita novella, ci obbligammo a schivare il
    peccato e quindi a vigorosamente combattere contro la carne e contro
    il demonio A1-40; onde la vita sara` una lotta, la cui posta e` la
    corona di gloria tenutaci in serbo dal Dio d'ogni giustizia e d'ogni
    amore A1-41.

    c) A reggerci in questa lotta e renderci la vittoria relativamente
    facile, non ostante la nostra debolezza e la nostra incapacita`,
    soccorre la grazia di Dio meritataci da Cristo; cooperandovi, siamo
    sicuri della vittoria: "Fidelis autem Deus est, qui non patietur vos
    tentari supra id quod potestis; sed faciet etiam cum tentatione
    proventum A1-42... Omnia possum in eo qui me confortat".

    d) In questa mortificazione vi sono due gradi: 1) prima di tutto cio`
    che e` essenziale a schivare il peccato mortale e la dannazione:
    "Castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne forte cum aliis
    praedicaverim, ipse reprobus efficiar" A1-43; 2) poi cio` che e`
    utile alla perfezione come la verginita`, l'umilta` perfetta, l'assoluto
    disinteresse A1-44. -- Sotto un altro aspetto S. Paolo distingue
    tre gradi di mortificazione: la crocifissione della carne ancor
    ricalcitrante, poi una specie di morte spirituale, finalmente il
    seppellimento A1-45.

    B) Spogliandosi dell'uomo vecchio, il cristiano s'incorpora a Gesu`
    Cristo e si riveste dell'uomo nuovo; onde l'uomo nuovo e` il cristiano
    rigenerato col battesimo, unito allo Spirito Santo e incorporato a
    Cristo, che si studia sotto l'azione della grazia di trasformarsi in
    Gesu` Cristo. A ben capir questa dottrina, conviene spiegare qual e` la
    parte dello Spirito Santo nell'anima rigenerata, la parte di Cristo e
    la parte dell'anima.

    a) Lo Spirito Santo, vale a dire tutta la SS. Trinita`, abita
    nell'anima del giusto trasformandola in tempio santo: "templum enim
    Dei sanctum est: quod estis vos" A1-46. b) Opera in quest'anima,
    la muove con la grazia attuale, le da` una filiale confidenza nel Padre
    e la fa pregare con singolare efficacia: "Operatur in nobis velle et
    perficere... In quo clamamus: Abba, Pater. Spiritua est qui adjuvat
    infirmitatem nostram... postulat pro nobis gemitibus
    inenarrabilibus" A1-47.

    c) Gesu` e` capo d'un corpo mistico di cui noi siamo le membra e ci da`
    il movimento, la direzione, la vita. Col battesimo veniamo incorporati
    a lui; e colla comunione ci uniamo alla Passione sua che commemoriamo,
    al suo sacrifizio, alla sua vita risuscitata a cui ci fa partecipare,
    aspettando di salire con lui al cielo, dove gia` stiamo con la
    speranza: "spe enim salvi facti sumus" A1-48. Comunione che poi si
    prolunga con una specie di comunione spirituale onde, nel corso
    dell'intiera giornata, facciamo nostri i pensieri, gli affetti e i
    voleri di Gesu`: "Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo Jesu...
    Vivo autem, jam non ego, vivit vero in me Christus" A1-49.
    Cosicche` nulla ci puo` separare da Colui che e` il nostro tutto: "Quis
    ergo nos separabit a caritate Christi?" A1-50.

    d) Ci corre quindi il dovere di tenerci strettamente uniti a Gesu`,
    nostro capo, principio della nostra vita, perfetto modello che
    dobbiamo continuamente imitare fino a che non siamo trasformati in
    Lui. 1) Dobbiamo primieramente imitarne le disposizioni interne,
    l'umilta` e l'obbedienza: "Hoc enim sentite in vobis quod et in Christo
    Jesu, qui cum in forma^ Dei esset... exinanivit semetipsum... factus
    obediens usque ad mortem... A1-51; la carita` che lo mosse a
    sacrificarsi per noi: "dilexit nos et tradidit semetipsum pro
    nobis" A1-52; 2) poi il contegno esterno, praticando la modestia,
    la mortificazione corporale, la mortificazione dei vizi e delle
    passioni, coll'intento di sottometterci piu` intieramente a Gesu` e al
    suo Spirito: "Modestia vestra nota sit omnibus hominibus" A1-53...

    In quest a imitazione di Cristo ci sono parecchi gradi: si e` dapprima
    bambini, pensando, parlando, operando da bambini; poi si cresce e si
    diventa uomini perfetti "in virum perfectum, in mensuram aetatis
    plenitudinis Christi" A1-54; e finalmente uno si trasforma
    intieramente in Cristo: "Mihi vivere Christus est... vivit vero in me
    Christus" A1-55; si puo` allora dire ai fedeli: "Imitatores mei
    estote sicut et ego Christi" A1-56.

    La spiritualita` di S. Paolo non differisce dunque sostanzialmente da
    quella dei Sinottici: spogliarsi dell'uomo vecchio e` praticar
    l'abnegazione; rivestirsi dell'uomo nuovo e` unirsi a Gesu` Cristo e per
    lui a Dio, e` amar Dio ed il prossimo.
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    3^ LA SPIRITUALITA` DI S. GIOVANNI.

    Negli scritti di S. Giovanni non domina piu` l'idea del regno ne` quella
    del disegno santificatore di Dio sull'uomo; domina l'idea della vita
    spirituale. S. Giovanni ci fa conoscere la vita interiore di Dio, del
    Verbo Incarnato e oi del cristiano.

    A) Dio e` vita, vale a dire luce ed amore. E` Padre e da tutta
    l'eternita` genera un Figlio che e` il suo Verbo A1-57; e` con lui la
    fonte onde procede lo Spirito Santo, Spirito di verita` e d'amore, che
    verra` a dar compimento alla missione del Verbo Incarnato trasmessa
    agli Apostoli, coi quali rimarra` sino alla consumazione dei secoli a
    istruirli e fortificarli A1-58.

    B) Questa vita Dio vuol comunicare agli uomini; onde manda sulla terra
    il Figlio, che incarnandosi si fa uomo e, comunicandoci la sua vita,
    ci rende figli addottivi di Dio A1-59. Uguale al Padre per la
    natura divina, altamente proclama la sua inferiorita` come uomo e
    l'assoluta sua dipendenza dal Padre: non giudica, non parla, no opera
    da se`, ma i giudizi, le parole, le opere conforma al beneplacito di
    Dio, mostrandogli cosi` il suo amore A1-60; e si fa ubbidiente fino
    a dar la vita per glorificar Dio e salvare gli uomini A1-61.

    Rispetto a noi il Verbo Incarnato e`: 1) la luce che ci illumina e ci
    guida alla vita A1-62; 2) il Buon Pastore che pasce le pecorelle,
    le difende contro il lupo rapace e da` la vita per loro A1-63;
    3) il Mediatore necessario senza cui non si puo` andare al
    Padre A1-64; 4) la vite di cui noi siamo i tralci che ne ricevono
    la linfa o la vita soprannaturale A1-65.

    C) Da lui quindi fluira` la nostra vita interiore, consistente in
    un'intima e affettuosa unione con lui e per lui con Dio A1-66;
    perche` egli e` la via che conduce al Padre A1-67.

    a) Unione che si inizia nel battesimo, in cui riceviamo una seconda
    nascita, nascita tutta spirituale A1-68, che c'incorpora a Gesu`
    come il tralcio e` incorporato alla vite, facendoci produrre frutti di
    salute A1-69.

    b) Si accresce con la Santa Eucaristia, che spiritualmente ci alimenta
    col corpo e col sangue di Gesu` Cristo e quindi pure coll'anima sua,
    colla sua divinita`, collintiera sua persona, per guisa che noi viviamo
    della sua vita e viviamo per lui com'egli vive per il Padre A1-70.

    c) Si continua con una specie di comunione spirituale, onde Gesu`
    dimora in noi e noi in lui A1-71; unione cosi` stretta che Nostro
    Signore la paragona a quella che unisce lui al Padre: "Ego in eis et
    tu in me" A1-72.

    D) Unione che ci fa partecipare alle virtu` del divino Maestro e
    specialmente all'amor suo per Dio e pel prossimo spinto sino
    all'immolazione di se`.

    a) Dio ci ama come figli, noi l'amiamo come Padre, e perche` l'amiamo
    ne osserviamo i comandamenti A1-73. Onde le tre divine persone
    vengono ad abitare nell'anima nostra in modo permanente: "Ad eum
    veniemus et mansionem apud eum faciemus" A1-74. Dobbiamo amar Dio
    perche` e` amore, Deus caritas est, e perche` ci amo` per il primo,
    sacrificando per noi lo stesso suo Figlio A1-75.

    b) Dall'amor di Dio deriva l'amor fraterno; dobbiamo amare i fratelli
    non piu` solamente come noi stessi, ma come li amo` Gesu`, pronti quindi
    a sacrificarci per loro: "Mandatum novum do vobis ut diligatis invicem
    sicut dilexi vos" A1-76... "Quoniam ille animam suam pro nobis
    posuit, et nos debemus pro fratribus nostris animas ponere" A1-77.
    Non formiamo infatti che una sola famiglia spirituale di cui Dio e` il
    Padre e Gesu` il salvatore; cosi` stretta dev'essere la nostra unione,
    da venir paragonata a quella che corre fra le tre divine persone:
    "Sint unum sicut et nos unum sumus" A1-78. Cosi` necessaria e`
    questa virtu`, che pretendere d'amar Dio quando non si ama il prossimo
    e` menzogna A1-79; mentre invece la carita` fraterna e` il pegno piu`
    sicuro della vita eterna A1-80.

    S. Giovanni e` dunque l'apostolo della carita`, da lui del resto cosi`
    ben praticata. Carita` che e` fondata sulla fede, e soprattutto sulla
    fede in Cristo, nella sua divinita` e nella sua umanita`. Carita` che
    suppone pure la lotta contro la triplice concupiscenza e quindi la
    mortificazione. Onde S. Giovanni si ricollega ai Sinottici e a
    S. Paolo, pur insistendo piu` di loro sulla divina carita`.

    Cosicche`, secondo i Sinottici, la perfezione consiste nella rinunzia e
    nell'amore; secondo S. Paolo, nell'incorporazione a Cristo, che
    inchiude lo spogliamento dell'uomo vecchio e il rivestimento del
    nuovo; secondo S. Giovanni, nell'amore spinto fino al sacrifizio. E`
    quindi quanto al findo la stessa dottrina, ma con varianti e con
    aspetti diversi che meglio s'adattano all'indole e all'educazione
    delle varie categorie di anime.

    II. Lo studio dei caratteri A2-1.

    Parlando della conoscenza di se stesso al n. 452, dicemmo che a
    conoscersi meglio e` cosa utile studiare i temperamenti e i caratteri.

    Due vocaboli che spesso si confondono; ma chi li volesse distinguere,
    si puo` dire che il temperamento e` il complesso di tutte le profonde
    tendenze derivanti dalla costituzione fisiologica della persona; e il
    carattere e` il complesso di tutte le disposizioni psicologiche
    risultanti dal temperamento modificato dall'educazione e dagli sforzi
    della volonta` e fissato dall'abitudine.

    Giova quindi piu` studiare i caratteri che i temperamenti; perche`,
    sotto l'aspetto spirituale, il temperamento del corpo conta assai meno
    che il carattere dell'anima. Anche gli antichi se ne erano accorti,
    perche`, descrivendo i temperamenti, badavano piu` a rilevare le
    diffrenze psicologiche che le fisiologiche.

    Onde noi qui ci restringeremo alla trattazione dei caratteri,
    giovandoci specialmente dell'opera di P. Malapert, Les e'le'ments di
    Caracte`re, semplificandone pero` e qualche volta rettificandone le
    divisioni. Esporremo brevissimamente:
    * 1^ i fondamenti della nostra divisione;
    * 2^ i vari caratteri che si possono distinguere rispetto alle
    tre grandi facolta` dell'uomo.
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    Coordin.
    00 24/10/2013 13:39
    1^ FONDAMENTI DELLA DIVISIONE DEI CARATTERI.

    A) Volendo specificare le principali tendenze onde sorge la diversita`
    dei caratteri, il piu` sodo fondamento e` di attenersi all'ordine delle
    diverse facolta` dell'uomo, Lasciando da parte le facolta` della vita
    vegetativa, che hanno qui per noi poca importanza, vedremo quali sono
    i principali caratteri rispetto alla sensibilita`, rispetto alle
    facolta` spirituali, e rispetto alla vita di relazione. Un piccolo
    schema fara` capir meglio il nostro pensiero.
    * Rispetto alla sensibilita`.
    + Apatici
    o Indolenti.
    o Energici.
    + Affettivi
    o Emotivi.
    o Passionati.
    * Rispetto alle facolta` spirituali.
    + Cerebrali
    o Speculativi puri.
    o Intellettuali passionali.
    + Volontari
    o Padroni di se`.
    o Padroni degli altri.
    * Rispetto alla vita di relazione
    + Timidi o riserbati.
    + Attivi
    o Irrequieti.
    o Uomini d'azione.

    B) Prima di spiegar questa divisione si richiedono alcune osservazioni
    preliminari:

    a) I caratteri che ci facciamo a descrivere non si trovano allo stato
    puro: sono ordinariamente mescolati e in gradi assai vari. Cosi` gli
    apatici non sono puramente apatici, ma hanno una certa dose di
    sensibilita`, vengono pero` indicati da cio` che domina in loro. Vi sono
    poi molti gradi cosi` nell'apatia come nella sensibilita`, che la sola
    osservazione propria potra` rilevare.

    b) Inoltre ogni persona particolare dev'essere esaminata sotto il
    triplice aspetto da noi indicato. Cosi` un apatico puo` essere cerebrale
    o volontario, come un cerebrale puo` essere attivo o indolente. Bisogna
    quindi saper considerare tutti questi vari aspetti e poi farne la
    sintesi.

    c) I quadri qui tracciati anziche` quadri rigidi sono indici onde il
    direttore possa osservare meglio ogni penitente e studiarne le
    particolarita`: sarebbe doloroso che, dopo alcune conversazioni, si
    desse prematuramente un giudizio definitivo, bisognoso poi di riforma;
    solo adagino, con una serie di benevole osservazioni, si riesce a
    conoscere il carattere d'una persona. d) E poi non si dimentichi che
    alla conoscenza di se` e degli altri si richiedono i lumi dello Spirito
    Santo frequentemente e fervidamente invocati.
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    00 24/10/2013 13:40
    2^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLA SENSIBILITA`

    Tutti siamo dotati di sensibilita`, ma ci sono di quelli che ne hanno
    cosi` poca che son detti apatici, altri invece la possiedono in alto
    grado e sono gli affettivi.

    A) Gli apatici si distinguono per un a depressione anormale della
    sensibilita` e del sentimento; hanno pochi desideri, poco ardore, poca
    passione. Se ne possono fare due categorie: gli indolenti e gli
    energici.

    a) Gl'indolenti hanno andatura lenta e goffa. Sono egoisti ma non
    cattivi, incuranti, senza gran bisogno d'amare o d'essere amati. Hanno
    d'ordinario retto il giudizio, appunto perche` non sono appassionati.
    Il lavoro attivo li attira poco; piegandosi al lavoro, riescono meglio
    in lavori di pazienza che in quelli di immaginazione e di sentimento;
    in collegio fanno bella figura nella scuola.

    Sotto l'aspetto spirituale, non si sentono tratti ad alta virtu`, ma
    non hanno neppure violenti passioni. Virtuosi finche` non ci sia da
    lottare contro gravi tentazioni, non sanno gran resistere gran fatto
    alle occasioni pericolose che si presentano, ne` correggersi quando
    sciaguratamente abbiano contratto abiti viziosi. Accettano la
    direzione che viene lor data, a patto che non se ne richieda alta
    perfezione e non si stimolino troppo ad andare avanti.

    Non tra costoro si possono trovare le vocazioni religiose o
    sacerdotali; non sono fatti che per le professioni tranquille, poco
    faticose, compatibili cogli onesti e moderati piaceri.

    b) Gli apatici-energici, benche` lenti e pesanti, sono applicati al
    lavoro, costanti e metodici negli sforzi, e a furia di paziente
    lavoro, arrivano a grandi risultati. Spasseggiano tra i Fiamminghi e
    gli Olandesi, ma ce n'e` dappertutto, e l'americano Franklin puo` essere
    ascritto a questo tipo.

    Sotto l'aspetto intellettuale, hanno poca immaginazione e poco brio,
    ma riescono in lavori seri che esigano riflessione, pazienza, lunghe e
    metodiche investigazioni.

    Sotto l'aspetto morale, non hanno grande ardore ma operano per
    convinzione, con instancabile costanza, onde sono capaci di alta
    virtu`. Se ne puo` quindi trarre buon partito per lo stato sacerdotale o
    religioso, inculcando loro profonde convinzioni, l'amore del dovere
    per Dio, ed esigendo sforzi metodici e costanti verso la perfezione.
    Sebbene lentamente, andranno sicuramente: "labor improbus omnia
    vincit".

    B) Gli affettivi invece hanno per carattere il predominio della
    sensibilita`: sentono vivo bisogno di amare e di essere amati, in loro
    e` il signore il cuore.

    Se ne possono distinguere due tipi principali: gli emotivi e gli
    appassionati.

    a) Gli emotivi o sanguigni hanni, all'esterno, movimenti svelti e
    graziosi, sorriso amabile, fisionomia aperta; amano le belle arti, la
    musica, la danza. Cio` che interiormente li distingue e` la leggerezza e
    una grande instabilita`: si abbandonano facilmente alle piu` varie
    emozioni, operano sotto l'impressione del momento e sono quindi
    incostanti.

    Dotati di viva immaginazione e di cuore ardente, riescono nei lavori
    letterari, maneggiano la parola con facilita` ed esercitano sulle
    persone che li avvicinano una specie di seduzione.

    Sotto l'aspetto morale, si lasciano facilmente andare ai sensuali
    diletti, alla ghiottoneria e alla volutta`; ma si pentono presto e
    sinceramente delle loro colpe, ricadendovi per altro alla prima
    occasione. Buoni e amorevoli, si affezionano a chi li ama, sono
    franchi ed aperti in confessione e in direzione, si lasciano
    persuadere facilmente e prendono buone risoluzioni che poi presto
    dimenticano.

    Per la via del cuore bisogna prenderli e darli a Dio. Se si riesce a
    fare che amino ardentemente Nostro Signore, se ne puo` trar buon
    partito: faranno per amore molti sacrifici che a principio pareva
    ripugnassero alla loro natura; per amore s'applicheranno all'orazione,
    alla comunione frequente, alla visita al SS. Sacramento, alle opere di
    zelo. Ma bisognera` ammaestrarli ad amar Dio cosi` nell'aridita` e nel
    dolore come nella consolazione. A poco a poco le loro emozioni, con
    l'opera della riflessione e della grazia, si trasformano in
    convinzioni; e pur conservando lo slancio, si fanno piu` assidui e
    costanti negli sforzi.

    Ove non si riesca a infonder loro questa energia e questa costanza,
    non si puo` animarli a scegliere uno stato di vita che, come il
    sacerdozio, esige una soda virtu`.

    b) I passionati, in cui dominano passioni ardenti e profonde, possono
    ridursi a tre diversi tipi: i malinconici, gli irritabili, i grandi
    passionati.

    1) I malinconici sono naturalmente tratti a veder tutto nero, a
    fissarsi sul lato difficile e penoso delle cose e ad esagerarlo; sono
    quindi inclinati alla tristezza, alla diffidenza, a una specie di
    misantropia. Soffrono molto e, senza volerlo, fanno soffrire gli
    altri.

    Se non cercano consolazione in Dio, che solo puo` confortarli e
    attenuarne i tetri pensieri, cadono facilmente mella noia, nello
    scoraggiamento o negli scrupoli.

    Quindi S. Teresa A2-2 dice che, se la malinconia e` di forma
    veramente grave, le persone che ne soffrono non sono atte alla vita
    religiosa. Significa infatti uno spiccato predominio
    dell'immaginazione e della sensibilita` sulla ragione, onde piu` dopo
    qualche tempo degenerare in una specie di pazzia. In ogni caso, ad
    attenuare questa morbosa disposizione, bisogna certo trattare i
    malinconici con molta compassione ma anche con autorita` e fermezza,
    non permettendo che seguano i propri capricci ne` che si lascino
    dominar da sospetti; non avendo il giudizio abbastanza retto, e` d'uopo
    che si sottomettano ai consigli d'un direttore o d'un amico prudente.

    2) Gli emotivi irritabili o impulsivi si lasciano facilmente trarre
    alle prime vive impressioni. Coll'anima in continua vibrazione,
    passano rapidamente dall'allegria alla tristezza, dalla speranza
    all'inquietudine, dall'entusiasmo allo scoraggiamento. Se vengono
    contradetti od umiliato, prorompono in atti di collera, in parole e
    gesti violenti. Insomma avviene spesso che perdano la padronanza di se`
    e maltrattino chi sta loro d'attorno.

    A combattere questo difetto, si deve fare energico e costante uso del
    potere d'inibizione, infrenar subito i primi moti disordinati,
    riflettere prima di operare, riprendere insomma a poco a poco la
    padronanza di se stessi.

    Chi non riuscisse a dominare abbastanza i nervi e le emozioni, non
    pensi al sacerdozio, essendo la collera violenta, al dire di S. Paolo,
    vizio redibitorio: "oportet enim episcopum sine crimine esse,... non
    iracundum... non percussorem" A2-3.

    3) I grandi passionati sono coloro che hanno passioni insieme violente
    e durevoli, distinguendosi cosi` dagli emotivi: energici, longanimi,
    tenaci, sono ordinariamente ambiziosi e cupidi di potere e di gloria.
    Sono fatti per operar gran bene o gran male, secondo che volgono le
    passioni a servizio della propria ambizione o al servizio di Dio e
    delle anime. Sorgono fra costoro i conquistatori e gli apostoli. Il
    mezzo di trar buon partito da queste ricche nature e` di volgerle
    vigorosamente verso la gloria di Dio e la conquista delle anime, come
    fece Ignazio con Francesco Saverio.
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    3^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLE FACOLTA` SPIRITUALI

    Le persone in cui dominano le facolta` superiori, l'intelligenza e la
    volonta`, si dividono naturalmente in due gruppi, i cerebrali e i
    volontari, secondo che predomina l'intelletto o la volonta`.

    A) I cerebrali o intellettuali sono quelli la cui attivita` e`
    concentrata in lavori di mente, e possono essere i speculativi puri o
    intellettuali attivi.

    a) Gli speculativi puri passano la vita a costruire sistemi
    intellettuali; tali furono Kant, Cuvier, Ampe`re. Alcuni speculano pel
    solo piacere di speculare, onde cadono facilmente in una specie di
    pericoloso dilettantismo che finisce spesso in un certo scetticismo,
    come Montaigne e Bayle.

    b) Gli altri associano ai lavori mentali qualche ardente passione; vi
    sono infatti intellettuali passionati, che agitando idee, vogliono
    pure agitar gli uomini, e si appassionano pel trionfo di un'idea o
    d'un sistema.

    Sono in ambi i casi persone ricche di grandi espedienti. I primi pero`
    sono esposti a diventar troppo sistematici, troppo astratti, e a
    trascurare i doveri della vita ordinaria. Gli altri hanno bisogno,
    come gli emotivi passionati, di volgere la scienza e l'attivita` al
    servizio di Dio e della verita`; altrimenti cadono essi e fanno cadere
    gli altri in terribili eccessi.

    B) I volontari hanno volonta` ferma, tenace, indomabile, e vi
    subordinano tutto il resto. Si dividono in due categorie: i padroni di
    se` e gli uomini d'azione.

    a) I primi adoprano specialmente la propria energia a dominar se
    stessi e quindi a padroneggiar le passioni. Percio` lottano con
    costante energia a signoreggiar la sensibilita` e sentono lo sforzo e
    la premura di frenarsi; onde un certo riserbo e qualche volta pure un
    che di rigido accompagnato da diffidenza verso cio` che potrebbe far
    loro perdere questa padronanza di se`. Ma, conquistata che l'abbiano
    con sforzi costanti, mostrano una mirabile uguaglianza d'animo e sanno
    associare la forza colla dolcezza.

    Sotto l'aspetto spirituale la cosa piu` importante e` di assoggettare
    questa volonta` forte e disciplinata alla volonta` di Dio; cosi` uno
    s'accosta a quell'equilibrio delle facolta` che vigeva nello stato di
    giustizia originale.

    b) Altri poi piu` che a dominar se stessi mirano a dominar gli altri;
    vogliono imporre la propria volonta` e governare i propri simili.
    Coll'occhio costantemente fisso allo scopo a cui mirano, non si
    lasciano disanimar dagli ostacoli e non hanno requie finche` non sono
    riusciti a farsi obbedire.

    Sono uomini energici e costanti da cui si puo` trarre ottimo partito.
    Ma devono disciplinar se stessi prima di disciplinar gli altri;
    volgano la propria energia al servizio di Dio e delle anime e
    sappiano, nell'esercizio dell'autorita`, associare la dolcezza alla
    fermezza.
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    4^ I VARI CARATTERI RISPETTO ALLA VITA DI RELAZIONE

    Abbiamo qui due tipi ben distinti: i timidi e gli attivi.

    A) I timidi diffidano troppo di se`, sono poco intraprendenti, il
    timore di non riuscire nell'impresa li rende come inerti. Cosiffatte
    persone non riescono bene se non quando sono messi al loro posto,
    sorretti e enimati da superiori o da amici che ispirano loro
    confidenza e li aiutano ad acquistare una certa franchezza.

    Sotto l'aspetto soprannaturale, bisogna inculcare loro grande fiducia
    in Dio, ripetendo continuamente che Dio si serve degli strumenti piu`
    deboli, purche`, consci della propria impotenza, cerchino appoggio in
    Colui che solo puo` fortificarli: "infirma mundi elegit Deus ut
    confundat fortia A2-4... Omnia possum in co qui me
    confortat" A2-5.

    B) Gli attivi hanno naturale tendenza all'azione: intraprendenti,
    audaci, forti ed energici, hanno bisogno di effondere l'esuberante
    attivita` che si sentono dentro. Ve ne sono due diverse classi: gli
    irrequieti e gli uomini d'azione.

    a) Gli irrequieti sono talmente accesi di attivita` che non possono
    star fermi e vogliono fare ad ogni costo, anche prima d'aver concepito
    e maturato un disegno. Fantasticando sempre nuovi progetti, non hanno
    tempo di eseguirne neppure un solo; vanno a destra e a sinistra
    incapaci di quietare, si agitano, fanno rumore molto e bene poco.
    Pronti a rendere servizio a tutti, presto dimenticano cio` che hanno
    promesso e si mettono a disposizione di altri.

    Onde a correggerli bisogna indurli a riflettere prima di operare, a
    maturare i disegni prima di eseguirli, a consultare chi ha maggiore
    prudenza ed esperienza; e quando in un affare tutto sia pronto,
    dovranno applicarsi a mandarlo ad effetto, condannandosi in questo
    frattempo a non intraprendere nulla di nuovo: riflessione e costanza
    sono le condizioni necessarie al buon successo.

    b) Gli uomini d'azione studiano a lungo i disegni prima di porli ad
    esecuzione, discutono attentamente il pro ed il contro, pensano non
    solo ai mezzi ma anche agli ostacoli che incontreranno, e tutto
    dispongono nell'intento di giungere allo scopo voluto, non ostante le
    difficolta`.

    E` dote molto preziosa per gli addetti all'azione cattolica e per i
    sacerdoti, che conviene saper coltivare con costanza. Onde pero` le
    opere anche meglio concepite possano produrre buoni frutti, non
    bisogna dimenticare di propiziarsi il Signore con la preghiera e con
    la pratica della vita interiore: chi vuol essere cattolico d'azione
    cerchi di essere uomo d'orazione. La volonta` umana e la grazia in tal
    caso armoniosamente si uniscono a produrre ottimi effetti: "Dei enim
    sumus adjutores" A2-6.

    Rammentiamo terminando che la maggior parte dei caratteri sono
    veramente il risultato di varie combinazioni, e che solo studiandosi
    di acquistare le doti non avute da natura, uno riesce a perfezionare
    se stesso, ad assestarsi e a dare cosi` tutto il frutto di cui e`
    capace. Onde gli apatici debbono sforzarsi di acquistare un poco di
    sensibilita`; i cerebrali di coltivare la volonta` e l'azione; i
    volontari di riflettere prima di operare e di infondere un poco di
    dolcezza nell'esercizio della forza. Collo sforzo e colla grazia di
    Dio uno giunge a riformarsi, come si puo` vedere studiando le Vie
    spirituali.
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    00 24/10/2013 13:41
    A1-1 P. Pourrat, s. s., La spiritualite' chre'tienne, t. I, p. 1-15.

    A1-2 Matth., XXV, 34.

    A1-3 Ad. Tanquerey, Syn. Theol. fund., n. 608-611; ove si citano
    molti testi a sostegno di questa asserzione.

    A1-4 Matth., VI, 9-10; XXVI, 29.

    A1-5 Matth., V, 16-45.

    A1-6 Matth., XXV, 41.

    A1-7 Matth., XI, 27; XIV, 33; XVI, 16; XX, 28; XXV, 31, 34, 40;
    Luc., X, 22; XIX, 10; XXII, 20; XXIII, 2, 3.

    A1-8 Matth., IX, 13-36; X, 6; XVIII, 12-24; XIX, 14; Marc., II,
    16; Luc., XI, 12; ecc.

    A1-9 Matth., XXV, 31-46.

    A1-10 Matth., IV, 17; Marc., I, 15; Luc., V, 32.

    A1-11 Marc., XVI, 16; Matth., XXVIII, 19-20.

    A1-12 Matth., V, 48.

    A1-13 Luc., IX, 23.

    A1-14 Matth., V, 29.

    A1-15 Matth., XIX, 16-22; Luc., XIV, 25-27; Matth., XIX, 11-12.

    A1-16 Matth., V, 1-12.

    A1-17 Matth., XIX, 16-22.

    A1-18 Matth., V, 3-12.

    A1-19 Matth., XXII, 40.

    A1-20 Matth., XXII, 36-40.

    A1-21 Matth., VI, 9.

    A1-22 Matth., VII, 21.

    A1-23 Matth., VI, 26-33.

    A1-24 Matth., VII, 7-8.

    A1-25 Matth., XXIII, 8.

    A1-26 Matth., XXV, 40.

    A1-27 Matth., V, 44.

    A1-28 Matth., XI, 29.

    A1-29 F. Prat, S. J., La Teologia di S. Paolo, T. I, l. IV, c. II
    e III; T. II, l. II, c. II, a. II (Salesiana, Torino); Pourrat, s. s.,
    La spiritualite' chre'tienne, t. I, p. 25; J. Duperray, Le Christ dans
    la vie chre'tienne d'apre`s S. Paul, Lyon, 1922.

    A1-30 Ephes., I, 3, 7, 22. Legga tutto il capitolo chi voglia
    farsi un'idea dei fondamenti della spiritualita` di S. Paolo.

    A1-31 Phil., I, 21.

    A1-32 Rom., VI, 4; Ephes., VI, 11-17.

    A1-33 I Cor., X, 14-22; XI, 17-22.

    A1-34 Rom., I, 17.

    A1-35 I Cor., XIII, 1-13.

    A1-36 Galat., V, 24.

    A1-37 Coloss., III, 10.

    A1-38 Rom., VIII, 1-16; Gal., V, 16-25.

    A1-39 Rom., VII, 24-25.

    A1-40 Rom., VI, 1-23.

    A1-41 I Cor., II, 12; IX, 25; Ephes., VI, 11-17; II Tim., IV, 7;
    I Tim., VI, 12.

    A1-42 I Cor., X, 13; Phil., IV, 13.

    A1-43 I Cor., IX, 27.

    A1-44 I Cor., VII, 25-34; Phil., II, 5-11; I Tim., VI, 8.

    A1-45 "Qui sunt Christi, carnem suam cruxifixerunt... Mortui
    estis et vita vestra est abscondita cum Christo in Deo... Consepulti
    enim sumus cum illo per baptismum in mortem... (Galat., V, 24;
    Coloss., III, 3; Galat., III, 27). Il senso spirituale di questo testo
    e` assai bene spiegato dall'Olier, Cate'chisme chre'tien, P. Ia.,
    lez. XXI-XXIII.

    A1-46 I Cor., III, 17.

    A1-47 Philip., II, 13; Rom., VIII, 15-26.

    A1-48 Rom., VIII, 24.

    A1-49 Philip., II, 5; Galat., II, 20.

    A1-50 Rom., VIII, 35.

    A1-51 Phil., II, 5-11.

    A1-52 Ephes., V, 2.

    A1-53 Phil., IV, 5.

    A1-54 Ephes., IV, 13.

    A1-55 Phil., I. 21; Galat., II, 20.

    A1-56 I Cor., IV, 16.

    A1-57 Joan., I, 1-5.

    A1-58 Joan., XIV, 26; XV, 26; XVI, 7-15.

    A1-59 Joan., I, 9-14.

    A1-60 Joan., V, 19-30.

    A1-61 Joan., X, 18.

    A1-62 Joan., I, 9; VIII, 12.

    A1-63 Joan., X, 11.

    A1-64 Joan., XIV, 6.

    A1-65 Joan., XV, 1-5.

    A1-66 Joan., XV, 5-10.

    A1-67 Joan., XIV, 6.

    A1-68 Joan., III, 3.

    A1-69 Joan., XV, 1-10.

    A1-70 Joan., VI, 55-59.

    A1-71 Joan., VI, 57.

    A1-72 Joan., XVII, 23.

    A1-73 Joan., XIV, 21.

    A1-74 Joan., XIV, 23.

    A1-75 Joann., IV, 19.

    A1-76 Joan., XIII, 34.

    A1-77 I Joan., III, 16.

    A1-78 Joan., XVII, 22.

    A1-79 I Joan., IV, 20-21.

    A1-80 Joan., IV, 12-17.

    A2-1 Debreyne-Ferrand, La The'ologie Morale et les sciences
    me'dicales, Parigi, 1884, p. 9-46; Fouile'e, Tempe'rament et caracte`res,
    1895; Paulhan, Les caracte`res, Parigi, 1902; Malapert, Les e'le'ments du
    caracte`re et leurs lois de combinaison, 1897.

    A2-2 Fondazioni, c. VII, (Versione italiana, T. II, P. II,
    p. 23-26). Bene osserva il P. Silverio, in una nota apposta
    nell'edizione spagnuola a questo capitolo, che i malinconici dei tempi
    di S. Teresa sono i neurastenici o isterici dei nostri giorni
    (N. d. T.).

    A2-3 Tit., I, 7.

    A2-4 I Cor., I, 27.

    A2-5 Phil., IV, 13.

    A2-6 I Cor., III, 9.
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