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CAPITOLO 58
Non bisogna prendere come esempio s. Martino e s. Stefano,
per tendere fisicamente in alto la propria immaginazione durante la preghiera

In riferimento a quanto le suddette persone affermano di s. Martino e di s. Stefano, bisogna ricordare che, sebbene questi santi videro Dio con i loro occhi corporei, si trattò chiaramente di un miracolo per dimostrare una verità spirituale. Si sa benissimo che il mantello di s. Martino non ricopri mai il corpo di Cristo in maniera reale, poiché egli non aveva assolutamente bisogno di ripararsi dal freddo, ma solo in maniera miracolosa e simbolica. Ciò costituisce un esempio per tutti coloro che devono essere salvati e appartengono spiritualmente al corpo di Cristo. Chiunque veste un povero per amor di Dio o fa del bene corporale e spirituale a una persona bisognosa, costui può star certo che lo fa spiritualmente a Cristo stesso: e per tutto questo sarà ricompensato in modo cosa tangibile come se l’avesse fatto a Cristo in persona.
Lo dice egli stesso nel vangelo. Ma pensò che non era ancora abbastanza, e cosa in seguito lo confermò con un miracolo: è per questo motivo che si mostrò a s. Martino in una speciale rivelazione. Tutte le rivelazioni in forma corporea che gli uomini abbiano mai avuto qui su questa terra, possiedono un significato spirituale. E credo che se coloro che le hanno avute, fossero stati abbastanza spirituali o avessero potuto comprendere il loro significato in maniera spirituale, quelle rivelazioni non avrebbero mai preso una forma corporea. Togliamo perciò la dura scorza e nutriamoci della dolce mandorla.
Ma come? Non imitando questi eretici, i quali possono essere ben paragonati a quei pazzi che, dopo aver bevuto in una coppa splendida, hanno l’abitudine di gettarla contro il muro in modo da mandarla in frantumi.
No, non è così che noi dobbiamo comportarci, se vogliamo far bene. Noi non saremo così sazi del frutto da dover disprezzare l’albero, né cosi ebbri da mandar in frantumi le coppe in cui abbiamo bevuto.
L’albero e la coppa, cosi io chiamo i miracoli che possiamo costatare e tutti gli atteggiamenti esterni che non contrastano, anzi che ben si accordano all’opera dello spirito. Il frutto e il vino, cosi io chiamo il significato spirituale di quei miracoli visibili e degli atteggiamenti esterni appropriati, come l’elevare gli occhi e le mani al cielo. Se questi son compiuti seguendo l’impulso dello spirito, allora sono buoni; altrimenti sono soltanto ipocrisia, e quindi falsi. E se tali atteggiamenti sono veri e contengono il loro frutto spirituale, perché disprezzarli? Gli uomini, infatti, baciano la coppa se dentro c’è il vino.
E che importanza ha se nostro Signore, quando ascese al cielo con il corpo, fu visto dagli occhi corporei di sua madre e dei suoi discepoli salire verso l’alto tra le nubi? Forse che nel nostro lavoro spirituale dobbiamo allora guardare perennemente in alto con gli occhi corporei e cercare di vedere Cristo seduto in cielo in carne e ossa, o in piedi come lo vide s. Stefano? No, senz’altro! Egli si rivelò a s. Stefano sotto forma umana in cielo, non perché il primo martire ci desse l’esempio di come bisogna guardare in cielo materialmente durante la contemplazione, caso mai dovessimo vederlo anche noi, come lui, in piedi o seduto o disteso. Quale sia la posizione del suo corpo in cielo, se in piedi o seduto o disteso, nessuno lo sa. E non occorre nemmeno saperlo. Basta questo: Cristo è asceso al cielo anima e corpo, senza alcuna distinzione. Allo stesso modo, la sua umanità, costituita dall’anima e dal corpo, è unita in maniera indissolubile alla sua divinità. Non interessa affatto sapere se è seduto o in piedi o disteso, ma piuttosto che è là come gli è più gradito e che atteggia il suo corpo nella posizione più adeguata al suo essere. E se si mostra disteso o in piedi o seduto, in una delle rivelazioni corporee a qualche creatura di quaggiù, lo fa per qualche scopo spirituale, e non perché si trova effettivamente in quella posizione in cielo.
Un esempio te lo illustrerà meglio. L’espressione «stare in piedi» implica la prontezza nel soccorrere. Per questo motivo un amico usa dire all’altro, impegnato in un combattimento fisico: «Fatti coraggio, amico, battiti con vigore e non abbandonare il campo troppo facilmente. Io sono qui al tuo fianco». Ed egli non vuole intendere semplicemente lo stare in piedi, perché questa può anche essere una battaglia a cavallo e non in piedi, o ancora, di movimento e non di posizione. Ma quando dice che c’è lui al suo fianco, vuole intendere che è pronto a portargli aiuto.
Questo è il motivo per cui nostro Signore si rivelò a s. Stefano in posizione ritta su nel cielo, mentre lui subiva il martirio, e non per darci l’esempio di guardare in alto verso il cielo. E come se avesse detto a s. Stefano, modello di tutti coloro che soffrono persecuzioni per amor suo: «Guarda, Stefano! Come è vero che io dischiudo dinanzi a te questo firmamento materiale, che vien chiamato cielo, e com’è vero che tu mi puoi vedere qui in piedi, così devi credere con uguale certezza che io sono lì al suo fianco spiritualmente, per la potenza della mia divinità, e che sono pronto ad aiutarti. Perciò tieniti saldo nella fede, e sopporta con coraggio i colpi violenti di quelle dure pietre. Io ti darò la corona della beatitudine come ricompensa, e non solo a te, ma anche a tutti coloro che soffriranno persecuzioni di ogni sorta per causa mia».
Puoi in tal modo vedere come le apparizioni corporali avvengono per un preciso scopo spirituale.