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CAPITOLO 40
Nella contemplazione l’anima non presta particolare attenzione
a nessun tipo di vizio o di virtù

E tu, fa’ lo stesso: riempi il tuo spirito del significato profondo della semplice parola «peccato», senza analizzare di quale peccato si tratta, se veniale o mortale, di orgoglio, d’ira o d’invidia, di cupidigia, di accidia, di gola o di lussuria. Che importa al contemplativo il tipo e la gravità del peccato? Quando è impegnato nel lavoro contemplativo, tutti i peccati li considera ugualmente gravi in se stessi, dal momento che il più piccolo di essi lo separa da Dio e gli toglie la pace interiore.
Cerca di sentire il peccato nella sua totalità, come un blocco massiccio, di cui sai solo che è il tuo stesso io.
E allora emetti a più non posso nel tuo spirito quest’unico grido: «Peccato! Peccato! Peccato! Aiuto! Aiuto! Aiuto!». Questo grido spirituale lo si impara meglio da Dio per esperienza che non dalla bocca di un uomo. È meglio quando scaturisce esclusivamente dallo spirito, senza nemmeno essere pensato o espresso a parole. In rarissimi momenti può capitare, tuttavia, che l’anima e il corpo siano così oppressi dal dolore e dal peso del peccato, che lo spirito sopraffatto non può fare a meno di prorompere in parole.
Allo stesso modo devi comportarti con la breve parola «Dio». Riempi il tuo spirito del suo significato profondo, senza fare nessuna considerazione particolare su una qualsiasi delle opere di Dio: per esempio, se siano buone, migliori o ottime, se siano materiali o spirituali. E non devi cercare di far distinzione tra le varie virtù che possono essere suscitate nell’anima umana dalla grazia: umiltà o carità, pazienza o astinenza, speranza, fede o temperanza, castità o povertà volontaria. Che importa questo al contemplativo, dal momento che tutte le virtù le trova e le sperimenta in Dio? È Dio infatti che ha dato vita a tutte le cose e tutte sussistono in lui. Il contemplativo sa che se ha Dio, possiede ogni bene: per questo non brama nessun bene in particolare, ma l’unico vero bene, Dio. Fa’ anche tu così, per quanto ti sarà possibile con l’aiuto della grazia, e guarda esclusivamente a Dio, a Dio nella sua interezza, così che niente lavori nella tua mente e nella tua volontà, se non Dio solo.
E poiché per tutto il tempo che passi in questa valle di lacrime devi sempre far esperienza in qualche modo di questo blocco massiccio, orribile e puzzolente, qual è il peccato, come se fosse unito e fuso con la sostanza del tuo essere, allora devi continuamente far ricorso prima all’una e poi all’altra di queste due parole: «peccato» e «Dio». E non dimenticare che se tu avessi Dio, allora non avresti più il peccato, e se tu non avessi più il peccato, allora avresti Dio.