00 04/09/2013 19:57
2. Poiché dunque alcuni testi, riguardanti la distinzione del Padre e del Figlio, sono stati scritti in riferimento alla proprietà del Figlio e altri all’assunzione dell’umanità, per salvaguardare la divinità, l’unità e l’uguaglianza del Padre e del Figlio: è giusto domandarsi se l’Apostolo in questo testo aveva di mira le proprietà delle persone o l’assunzione dell’umanità: Allora anche il Figlio sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa 306. Di solito il contesto scritturistico chiarisce la sentenza quando le espressioni circostanti, che si riferiscono alla presente questione, vengono esaminate con un’analisi diligente. Troviamo infatti che l’Apostolo è giunto a questo testo dopo l’affermazione precedente: Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti 307. Trattava quindi della risurrezione dei morti: essa si è verificata nel Signore secondo l’umanità che ha assunto, come afferma con tutta chiarezza in seguito: Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dai morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta (parusiva), quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice: Ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti 308. È chiaro quindi che questo è stato detto in riferimento all’incarnazione dell’uomo

3. Ma in questo capitolo, di cui ho riportato tutto il testo, altri punti offrono di solito materia di discussione. Innanzitutto l’affermazione: Quando egli consegnerà il regno a Dio e Padre, come se il Padre ora non possedesse il regno. Quindi il passo: Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, come se dopo non dovesse più regnare. A questo sembra riferirsi l’affermazione precedente: Poi sarà la fine. Con sacrilega interpretazione essi l’intendono così, come se la parola fine indicasse la distruzione del suo regno, mentre nel Vangelo è scritto: E il suo regno non avrà fine 309. Da ultimo il testo: E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa; essi lo interpretano così come se ora qualcosa non fosse sottomessa al Figlio o egli stesso non fosse sottomesso al Padre.

4. La questione si scioglie considerando il modo di esprimersi. Spesso infatti la Scrittura, parlando di qualcosa che è da sempre, dice che comincia ad esistere in qualcuno, quando questi la conosce. Così nella preghiera del Signore noi diciamo: Sia santificato il tuo nome 310, quasi che in un certo tempo non fosse santo. Come dunque sia santificato sta per "sia riconosciuto come santo", così anche le parole: Quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, stanno per "quando avrà mostrato che il Padre regna", sicché per mezzo della visione e della manifestazione risulti chiaro ciò che ora i fedeli credono e gli infedeli rifiutano. Poi ridurrà al nulla ogni principato e potestà, manifestando senza dubbio il regno del Padre, affinché a tutti sia noto che nessun principato e potestà in cielo e in terra ha avuto da se stesso alcunché del suo potere e dominio, ma l’ha avuto da colui dal quale tutto procede, sia nel campo dell’esistenza che dell’ordinamento. In quella manifestazione nessuno infatti avrà più speranza in qualche principe o in qualche uomo. È quanto già sin d’ora viene cantato con voce profetica: È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo; è meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti 311. In questa meditazione l’anima si eleva fin d’ora al regno del Padre, senza fare affidamento sul potere di qualcuno al di fuori di lui, e tanto meno illudersi pericolosamente del proprio. Consegnerà dunque il regno a Dio Padre quando, grazie a lui, si conoscerà il Padre visibilmente. Suo regno sono infatti coloro nei quali ora regna per mezzo della fede. Invero in un modo si parla del regno di Cristo in rapporto al potere della divinità: in questo senso ogni creatura gli è sottomessa; in un altro si parla del suo regno che è la Chiesa, in rapporto alla fede che possiede; in questo senso prega colui che dice: Prendi possesso di noi 312. Nulla infatti è sottratto al suo possesso. In questo senso si dice anche: Quando eravate schiavi del peccato, eravate liberi riguardo alla giustizia 313. Ridurrà dunque al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza, sicché nessuno, che vede il Padre per mezzo del Figlio, abbia bisogno o si compiaccia di confidare nel potere personale o di qualche creatura.

5. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi 314. Bisogna, cioè, che il suo regno si manifesti così apertamente che tutti i suoi nemici ammettano che egli regna. Questo infatti vuol dire che i suoi nemici saranno sotto i suoi piedi. Se invece lo riferiamo ai giusti, la parola nemici è detta nel senso che da ingiusti diventano giusti e si sottomettono a lui con la fede. Quanto poi agli ingiusti, che non apparterranno alla beatitudine futura dei giusti, bisogna intenderlo nel senso che anch’essi, nella stessa manifestazione del suo regno, pieni di confusione riconosceranno che egli regna. Di conseguenza il testo: Bisogna che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, non significa che in seguito, dopo aver posto i nemici sotto i suoi piedi, non regnerà più, ma con la frase: Bisogna che egli regni finché non abbia posto tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, afferma che è necessario innalzare il suo regno a così grande splendore che i suoi nemici non oseranno in alcun modo negare che egli regna. Infatti sta scritto anche: I nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi 315. Questo non significa però che, dopo aver avuto pietà di noi, dobbiamo distogliere il nostro sguardo da lui, perché la nostra felicità è in rapporto alla gioia della sua contemplazione. Questo è dunque il senso del testo. L’attenzione dei nostri occhi è rivolta al Signore per ottenere la sua misericordia, non per distogliersi in seguito ma per non chiedere più nient’altro. Finché sta quindi al posto di nient’altro. Che c’è infatti di più, ossia con quale maggiore manifestazione si manifesterà il regno di Cristo se non al punto che tutti i nemici riconosceranno che egli regna? Dunque altro è non manifestarsi più, altro non essere più. Non manifestarsi più significa non rivelarsi più apertamente; non essere più vuol dire non durare ulteriormente. E quando mai il regno di Cristo apparirà più chiaramente di quando risplenderà davanti a tutti i nemici?

6. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte 316. Quando questo corpo mortale sarà rivestito d’immortalità non ci sarà più nient’altro da distruggere. Tutto ha posto sotto i suoi piedi: questo sta ad indicare anche la distruzione della morte. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta - l’ha detto effettivamente il Profeta nei Salmi 317 -, è chiaro che si deve eccettuare colui che gli ha sottomesso ogni cosa: vuol far capire che il Padre ha sottoposto ogni cosa al Figlio, come lo stesso Signore insegna e predica in molti passi del Vangelo, non solo a motivo della forma di servo, ma anche a motivo del principio da cui procede e per il quale è uguale a colui dal quale procede. Si compiace infatti di riferire tutto ad un unico principio, di cui è immagine 318 e in cui abita tutta la pienezza della divinità 319.

7. E quando tutto gli sarà sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa320. Non perché ora non sia così, ma perché allora sarà chiaro, secondo il modo di esprimersi spiegato sopra. Perché Dio sia tutto in tutti; egli è la fine, menzionata precedentemente, quando ha voluto inizialmente riassumere tutto sinteticamente e in seguito spiegarlo ed esporlo dettagliatamente. Parlava infatti della risurrezione: Prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine. Egli stesso è la fine, perché Dio sia tutto in tutti. In un senso si parla della fine che esprime compimento, in un altro quando esprime consunzione. Altro è finire un vestito tessendolo, altro finire il cibo, mangiandolo. Si dice poi che Dio è tutto in tutti nel senso che nessuno di coloro che aderiscono a lui, ami contro di lui la propria volontà e sia chiaro a tutti ciò che lo stesso Apostolo dice in un altro passo: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? 321

8. Vi sono poi alcuni che intendono questo testo: Bisogna che egli regni finché ponga tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, dicendo che qui il termine regnare è preso in un altro significato diverso da quello di regno nella frase: Quando avrà consegnato il regno a Dio e Padre. L’Apostolo avrebbe detto regno nel senso che Dio regge tutto il creato; e avrebbe detto regnare nel senso di condurre un esercito contro il nemico o difendere una città. Pertanto avrebbe detto:Bisogna che egli regni finché ponga tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, perché un regno, simile a quello che hanno i capi di esercito, non ha più ragione di essere quando il nemico è stato così assoggettato da non potersi più ribellare. Nel Vangelo si dice infatti: E il suo regno non avrà fine 322, nel senso che regnerà in eterno. Quanto poi alla lotta da condurre sotto di lui contro il diavolo, lotta che durerà certamente finché mai porrà tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi, dopo non ci sarà più, perché godremo una pace eterna.

9. Questo è stato detto per farci capire che bisogna riflettere con maggior diligenza anche su questo punto: qual è attualmente il regno del Signore nell’economia del suo mistero, secondo l’incarnazione e la passione. Poiché in quanto Verbo di Dio il suo regno come non ha fine, così non ha né inizio né interruzione. Ma in quanto Verbo fatto carne 323 ha cominciato a regnare nei credenti per mezzo della fede nella sua incarnazione. Come appare anche dal testo: Il Signore ha regnato dal legno 324. Qui ha ridotto al nulla ogni principato, ogni potere e potenza, poiché quelli che credono in lui vengono salvati non per la sua esaltazione ma per la sua umiltà. Questo è stato nascosto ai sapienti e agli intelligenti e rivelato ai piccoli 325; perché a Dio è piaciuto salvare i credenti con la stoltezza della predicazione326. E l’Apostolo afferma, in mezzo ai piccoli, di non sapere altro, se non Gesù Cristo e questi crocifisso 327. C’è bisogno di questa predicazione finché tutti i nemici saranno posti sotto i suoi piedi, finché tutta la superbia del mondo ceda e si sottometta alla sua umiltà, che mi sembra indicata col termine "piedi". In gran parte questa si è già realizzata e ogni giorno la vediamo realizzarsi. Ma perché ciò accade? Per consegnare il regno a Dio e Padre, per portare cioè alla visione della sua uguaglianza col Padre quelli che si sono nutriti, con fede, della sua incarnazione. Egli si rivolgeva infatti a quelli che già avevano creduto, quando diceva: Se rimanete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi 328. Consegnerà il regno al Padre, quando, mediante ciò, per cui è uguale al Padre, regnerà in quelli che contemplano la verità e in se stesso, che è l’Unigenito, farà vedere il Padre in visione. Ora regna infatti nei credenti mediante la sua umiliazione, con la quale spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo 329. Ma allora consegnerà il regno a Dio e Padre, quando avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e potenza. Come li annienterà se non con l’umiltà, la pazienza e la debolezza? Quale principato non sarà annullato, quando il Figlio di Dio regna sui credenti proprio perché i principi di questo mondo lo hanno giudicato? Quale potestà non sarà annullata quando colui, per cui tutto è stato fatto, regna sui credenti proprio perché si è talmente assoggettato alle potestà da dire a un uomo: Tu non avresti alcun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto 330? Quale potenza non sarà annullata quando colui, per mezzo del quale sono stati stabiliti i cieli, regna sui credenti proprio perché ha provato la debolezza sino alla croce e alla morte? Proprio in questo modo il Figlio regna nella fede dei credenti. Non si può infatti dire né credere che il Padre si è incarnato o è stato giudicato o crocifisso. Ma nella visione, per cui è uguale al Padre, regna insieme a lui in coloro che contemplano la verità. Poi consegnerà il regno a Dio e Padre, conducendo dalla fede nella sua incarnazione alla visione della divinità quanti ora credono in lui. Egli non lo perderà, ma entrambi si offriranno alla contemplazione come unico oggetto di godimento. È necessario che Cristo regni ancora a lungo negli uomini, ancora incapaci di vedere con mente chiara e luminosa l’uguaglianza del Padre e del Figlio, proprio perché tali uomini possano capire anche ciò che egli ha assunto in proprio, cioè l’umiltà dell’incarnazione, finché non ponga tutti i nemici sotto i suoi piedi, finché, in altre parole, tutta la superbia del mondo non venga sottomessa all’umiltà della sua incarnazione.


10. A ragione è stato detto: Allora anche il Figlio sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa 331, sebbene si riferisca all’assunzione dell’umanità, dato che la questione è sorta discutendo della risurrezione dei morti, è tuttavia giusto chiedersi se sia stato detto di lui solo, come capo della Chiesa 332, oppure del Cristo totale, che comprende insieme il corpo e le membra. Infatti quando dice ai Galati: La Scrittura non dice: E ai tuoi discendenti, come se si trattasse di molti ma: " alla tua discendenza ", come a uno solo, cioè Cristo, perché in questo passo non intendessimo soltanto Cristo, nato dalla vergine Maria, aggiunge: Tutti voi infatti siete uno in Cristo Gesù. E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo 333. E parlando ai Corinzi della carità, ricavando il paragone dalle membra del corpo, dice: Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo 334. Non ha detto: così anche di Cristo, ma: così anche Cristo, mostrando che si può giustamente parlare anche del Cristo totale, cioè il capo con il suo corpo, che è la Chiesa. In molti passi della Scrittura troviamo che si parla di Cristo in modo da intenderlo con tutte le sue membra, alle quali è stato detto: Voi siete corpo di Cristo e sue membra 335. Non è quindi assurdo intendere nel testo: Allora anche il Figlio sarà sottomesso a colui che gli ha sottomesso ogni cosa, che si tratta non solo del Figlio, capo della Chiesa, ma anche di tutti i santi insieme a lui, che sono uno in Cristo, una sola discendenza di Abramo. La sottomissione poi si riferisce alla contemplazione dell’eterna verità, senza che al conseguimento della beatitudine si opponga alcun movimento dell’animo o qualche membro del corpo: Perché, nella vita in cui nessuno ama il proprio potere, Dio sia tutto in tutti.

Testo desunto dal sito Augustinus.it