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DISCORSO 253

NEI GIORNI DI PASQUA

Pietro compensa le tre negazioni con una triplice protesta d'amore.

1. Abbiamo oggi terminato il Vangelo dell'apostolo San Giovanni (o, come si dice,secondo Giovanni) per quel che riguarda i racconti sul Signore che appare ai discepoli dopo la resurrezione. In una occasione apostrofò l'apostolo Pietro, colui che era stato presuntuoso e poi l'aveva rinnegato. Parlandogli, ritornato in vita dopo aver debellato la morte, gli disse: Simone di Giovanni (tale era il nome originario di Pietro) mi ami? (Gv 21, 15.) Pietro gli rispose come aveva in cuore. Ma se Pietro gli rispondeva secondo che aveva in cuore, che bisogno aveva il Signore di rivolgergli delle domande, dal momento che egli leggeva nei cuori? Tanto è vero che lo stesso Pietro rimase sorpreso e con una certa ambascia udiva quelle domande fatte da uno che sapeva essere al corrente di tutto. Gli fu chiesto una prima volta: Mi ami?, e la risposta fu: Tu lo sai, Signore; io ti amo. E di nuovo: Mi ami? Signore, tu sai tutto: io ti amo. E una terza volta: Mi ami? Pietro si rattristò (Gv 21, 17.). Perché ti rattristi, o Pietro, se per tre volte devi confermare l'amore? Hai dimenticato le tre volte che avesti timore? Lascia che il Signore ti interroghi! Chi ti interroga è un medico e, se ti interroga, è per guarirti. Non t'infastidire! Attendi. Si compia il numero delle dichiarazioni di amore, perché si cancelli il numero delle negazioni (Cf. Mt 26, 69 ss.).

A Pietro, amante di Cristo, si chiede d'offrirsi per il gregge di Cristo.

2. Ogni volta (e dicendo ogni volta mi riferisco alla triplice domanda) il Signore Gesù affida i propri agnelli a colui che gli rispondeva assicurandogli amore. Gli diceva:Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore (Gv 21, 15-17.)È come se gli dicesse: Qual vantaggio pensi di recare a me col fatto di amarmi? Mostra piuttosto l'amore riversandolo sulle mie pecore. Qual beneficio infatti potresti recare a me col tuo amore se sono stato io a donarti di amarmi? Ma hai dove mostrare, dove esercitare il tuo amore per me: Pasci i miei agnelliCome poi si sarebbero dovuti pascere gli agnelli del Signore, con quale amore si sarebbero dovute pascere le pecore comprate a un prezzo così alto lo indicò con quel che segue. Difatti, dopo che Pietro con la sua triplice risposta ebbe raggiunto il numero legalmente completo, dopo che s'era dichiarato amante del Signore e da lui gli era stata affidata la cura delle sue pecore, gli si fece udire l'annunzio del martirio che l'attendeva (Cf. Gv 21, 19).Con questo volle sottolineare il Signore che coloro ai quali egli affida le sue pecore le debbono amare in maniera tale da essere pronti a morire per esse. Così diceva Giovanni nella sua lettera: Come Cristo ha dato la sua vita per noi, così noi dobbiamo dare la nostra per i fratelli (1 Gv 3, 16.).

Pietro rincuorato dalla passione di Cristo lo seguirà fino alla morte.

3. Quando Pietro aveva detto al Signore: Son pronto a dare la vita per te (Gv 13, 37.),la sua risposta si basava su una superba presunzione. Non aveva ricevuto la forza che l'avrebbe reso capace di mantenere la promessa. Adesso viene riempito d'amore per cui sarà in grado di mantenerla. Gli dice pertanto il Signore: Mi ami? EPietro: Ti amo (Gv 21, 17.)Tale impegno infatti non lo si attua se non si possiede la carità. Ma cosa ti era successo, o Pietro? Quando rinnegasti, di che cosa avesti paura? Tutta la tua paura era di morire. Quello che vedesti morto ecco che ora vive e ti parla. Non temere più la morte: è stata vinta in colui che temevi morisse. Egli fu sospeso alla croce, confitto con chiodi, rese lo spirito, fu trafitto dalla lancia, giacque nel sepolcro. Tutto questo ti spaventò quando lo rinnegasti: avesti paura di dover soffrire tutte queste cose, e, temendo la morte, rinnegasti la Vita.Capisci almeno ora! Quando avesti paura della morte ti incolse la morte. Pietro infatti con la sua negazione si diede la morte ma, piangendo, tornò in vita (Cf. Mt 26, 75). E dopo ciò perché gli disse: Seguimi (Gv 21, 19.)? Ormai era maturo e Gesù lo sapeva. Voi infatti, se ben ricordate o, meglio, coloro che l'hanno letto si ricordano certamente e coloro che l'hanno letto ma non lo ricordano vogliano richiamarlo alla mente e chi non lo ha letto lo apprenda, che Pietro aveva detto: Ti seguirò dovunque andrai (Mt 8, 19; Lc 9, 57)e il Signore gli aveva replicato: Al presente non sei in grado di seguirmi, mi seguirai più tardi (Gv 13, 36.)Gli disse quindi: Al presente non sei in grado; tu prometti ma io conosco le tue forze; vedo il desiderio del tuo cuore ma, come a persona malata, debbo dirti la verità: Al presente non sei in grado di seguirmi. Questa sentenza del medico non suonava però disperazione, tant'è vero che aggiunse: Mi seguirai più tardi. Diverrai sano e mi seguirai. Adesso vede quel che passa nel cuore di lui e vede qual dono d'amore sia stato dato alla sua anima. Perciò gli dice: Seguimi. Io che con certezza ti avevo detto: Adesso non puoi, io stesso ti dico: Seguimi ora.

Il discepolo che non sarebbe mai morto.

4. Qui nasce un problema che non dobbiamo sorvolare. Il Signore aveva appena detto a Pietro: Seguimi, quando questi si voltò e vide il discepolo che Gesù amava, cioè lo stesso Giovanni, che ha scritto il Vangelo. Rivolto al Signore, gli disse:Signore, e di costui? So che tu lo ami; allora? Io ti seguirò e lui no? Il Signore rispose:Già, io voglio che lui rimanga finché io non tornerò; tu seguimiL'evangelista stesso che ci ha tramandato [l'episodio], proprio colui del quale il Signore aveva detto: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò, seguitando la narrazione aggiunge nella pagina evangelica delle parole sue proprie e riferisce che, a causa di quanto detto dal Signore, si divulgò tra i fratelli una diceria, secondo la quale quel discepolo non sarebbe mai morto. Per eliminare questa persuasione aggiunse: Ma non disse che egli non sarebbe mai morto ma soltanto: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò; tu seguimi (Gv 21, 19-23.). Lo stesso Giovanni quindi con le sue parole di predicazione s'incaricò di eliminare la convinzione di certuni che ritenevano che egli non sarebbe mai morto, e, perché non si pensasse cosi, precisò: Il Signore non disse questo ma quest'altro. Il motivo poi per cui il Signore disse tali parole Giovanni non l'ha esposto ma l'ha lasciato alle nostre ricerche, affinché bussiamo in attesa che ci venga aperto.

Il testo di Gv 21, 22 suscettibile di due interpretazioni.

5. Per quanto il Signore si degna donarmi, per quello che può essere la mia opinione (quella dei più intelligenti sarà senz'altro migliore), penso che il problema in esame si può risolvere in due modi, riferendo cioè le parole del Signore o al martirio di Pietro o al Vangelo di Giovanni. Riferendolo al martirio, quel Seguimi vorrebbe dire: soffri per me, soffri come ho sofferto io. Difatti, come Cristo fu crocifisso così fu crocifisso Pietro: sentì le trafitture dei chiodi, sentì vari tormenti. Giovanni, al contrario, niente di tutto questo. Per cui le parole: Già, io voglio che lui rimangasignificherebbero: Egli si addormenterà senza dover subire piaghe o tormenti, attendendo la mia venuta. Tu seguimi sarebbe lo stesso che soffri come me; come io ho sparso il sangue per te così tu spargilo per me. Questa è una delle maniere secondo cui si possono interpretare le parole: Già, io voglio che lui rimanga finché non tornerò, tu seguimi (Gv 21, 22.). Non voglio che lui passi per i tormenti, passaci invece tu. Riferita invece al Vangelo di Giovanni, io intenderei la frase in questo modo. È vero che anche Pietro ed altri scrissero sul Signore, ma il loro racconto si occupa prevalentemente della sua umiliazione (Cf. Fil 2, 8.)In effetti Cristo Signore è Dio e uomo. Che cos'è un uomo? Anima e carne. E allora Cristo cos'è? Verbo, anima e carne. Ma cos'è quest'anima?, poiché anche i bruti hanno l'anima. Verbo, ragione, anima e carne: ecco cos'è Cristo nella sua interezza. Orbene, di questa divinità di Cristo nelle lettere di Pietro c'è qualcosa (Cf. 1 Pt 5.), ma nel Vangelo di Giovanni c'è moltissimo (Cf. Gv 1.). Fu lui che disse: In principio era il Verbo. Si innalzò oltre le nubi e oltre le stelle, si innalzò oltre gli angeli e tutti gli esseri creati, e raggiunse il Verbo per opera del quale tutte le cose sono state fatte. In principio era il Verbo. Egli era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per opera dilui (Gv 1, 1-3.). Chi potrebbe penetrarlo con lo sguardo o riuscire a pensarlo? chi potrebbe comprenderlo adeguatamente e degnamente pronunziarlo? La perfetta comprensione la si avrà quando verrà Cristo. Giàio voglio che lui rimanga finché io non tornerò. Vi ho spiegato come meglio ho potuto; una spiegazione più esatta ve l'infonderà lui stesso nei vostri cuori.