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Matteo, 16, 16-19. 

Ebbene, anch'io ti dico che tu sei Roccia, e sopra questa roccia costruirò la mia chiesa, e porte d'inferi non prevarranno contro di essa. Darò a te le chiavi del regno dei cieli, e ciò che (tu) abbia legato sopra la terra sarà legato nei cieli, e ciò che (tu) abbia sciolto sopra la terra sarà sciolto nei cieli 

 

Dal commento ai Vangeli di G.Ricciotti

Già in precedenza Simone era stato da Gesù chiamato Roccia, in aramaico Kepha (§ 278), ma quella prima volta non era stata comunicata la ragione e la spiegazione dell'appellativo.

Adesso la spiegazione è comunicata, ed è tanto più chiara davanti alla visione della roccia materiale che sostiene il tempio dedicato al signore del Palatino. Il tempio spirituale che Gesù costruirà al Signore dei cieli, cioè la sua Chiesa, avrà per roccia di sostegno quel suo discepolo che per primo lo ha proclamato Messia e vero figlio di Dio. Anche le altre parole di Gesù sono chiare, alla luce delle circostanze in cui furono pronunziate.

Gli Inferi (in greco Ade) corrispondono alla ebraica Sheol , non però come generica dimora dei morti, bensì come dimora dei morti reprobi, ostili al bene e al regno di Dio; le porte di cotesta bolgia satanica, cioè tutte le sue massime forze, non prevarranno contro la costruzione di Gesù e contro la roccia che la sostiene.

 

Tipicamente semitici sono anche i simboli delle chiavi e del legare e sciogliere. Ancora oggi in paesi arabi girano per le strade uomini con un paio di grosse chiavi legate ad una funicella e pendenti ostentatamente di qua e di là della spalla: sono i padroni di case, che fanno pompa in quella maniera della propria autorità.

 

Il sirabolo del legare e sciogliere (cfr. Matteo, 18, 18) conserva qui il valore che aveva nella terminologia rabbinica contemporanea, ove si ritrova usato frequentemente: i rabbini “legavano” quando proibivano alcunché, “scioglievano” quando lo permettevano;

Rabbì Nechonja, fiorito verso l'anno 70 dopo Cr., usava premettere alle sue lezioni la seguente preghiera: “Ti piaccia, o Jahvè, Dio mio e Dio dei miei padri, che... noi non dichiariamo impuro ciò ch'è puro e puro ciò ch'è impuro; che noi non leghiamo ciò ch'e' sciolto e non sciogliamo ciò ch'e' legato”.

 

L’ufficio del discepolo Roccia è dunque ben definito. Egli sarà il fondamento che sosterrà la Chiesa, e la sosterrà così saldamente che le avverse potenze infernali non prevarranno contro di essa. Egli inoltre sarà il maggiordomo di quella casa, le cui chiavi saranno perciò affidate a lui. Egli infine detterà legge nell'interno di quella casa, proibendo oppure permettendo alcunché, e le sue sentenze pronunziate sulla terra saranno tali quali ratificate nei cieli.

 

§ 398. La replica di Gesù a Simone Pietro è di una chiarezza che si direbbe abbagliante; né minore è la sua sicurezza testuale, giacché tutti gli antichi documenti senza alcuna eccezione concordano nel trasmetterci con precisione sillabica il nostro testo. Eppure, com'è ben noto, questo testo ha fatto scorrere torrenti d'inchiostro, e si è recisamente negato che Gesù abbia conferito a Simone l'ufficio di essere roccia fondamentale della Chiesa, depositano delle sue chiavi e arbitro di legare e di sciogliere.

 

Come mai questa negazione?

 

Gli antichi protestanti ortodossi assicuravano che Gesù non ha parlato affatto di Simone Roccia, ma di se stesso, e per il resto si è riferito a tutti gli Apostoli collettivamente e alla loro fede. Quando dice sopra questa roccia costruirò la mia chiesa, ecc., Gesù allunga un dito e lo rivolge verso se stesso, sebbene stia a parlare con Simone e di Simone. Quel dito allungato risolve la questione: esso è chiarissimamente sottinteso dal contesto, e si accorda spontaneamente con le parole che seguono darò a te le chiavi del regno dei cieli e ciò che (tu) abbia legato, ecc.

Come si vede subito, il ragionamento è perfetto, purché si parta dal principio che bianco significa nero e nero significa bianco: lucus a non lucendo.

I negatori moderni dell'ufficio di Simone hanno preso la strada precisamente opposta. Essi hanno trovato che la spiegazione degli antichi protestanti è di una goffaggine tale da tradire subito la tendenziosità settaria che l'ispira. No, rispondono essi, le parole di Gesù hanno precisamente quel significato che la tradizione e il buon senso vi hanno sempre ritrovato; su ciò è inutile arzigogolare: - Uno di questi nuovi negatori si esprime così: Simone Pietro... vive ancora, agli occhi di Matteo, in una potenza che lega e scioglie, che detiene le chiavi del regno di Dio e che e' l'autorità della Chiesa stessa... Simone Pietro e' la prima autorità apostolica in ciò che riguarda la fede, perché il Padre gli ha rivelato a preferenza il mistero del Figlio; in ciò che riguarda il governo delle comunità, perché il Cristo gli ha confidato le chiavi del regno; in ciò che riguarda la disciplina ecclesiastica, perché egli ha il potere di legare e di sciogliere. Non e' senza motivo che la tradizione cattolica ha fondato su questo testo il dogma del primato romano (Loisy). Gesù dunque ha veramente conferito a Simone l'ufficio in questione, secondo i nuovi negatori? Mai più! La ragione è che Gesù non ha mai pronunziato quelle parole; quel testo è tutto, o quasi tutto, falso o inventato; esso fu interpolato tra la fine del secolo I e gl'inizi del II o a Roma, a servizio della chiesa romana, oppure in Palestina. E le prove di tutto ciò?

 

Non si è addotto nessun codice antico, nessuna versione, nessuna citazione, che mostrino indizi sia pur vaghi d'interpolazione: si sono addotti argomenti a silentio (che tutti sanno quanto valgano) per cui scrittori cristiani dei secoli II e III o non citano il passo o ne citano, solo una parte. Si potrebbe forse pensare che gli antichi protestanti, beffeggiati dai moderni negatori per avere scoperto il dito allungato di Gesù, siano in grado di vendicarsi trionfalmente applicando ai beffeggiatori le parole di Orazio: Quodcumque ostendis mihi sic, incredulus odi!

 

§ 399. Queste sono le ragioni, addotte da una parte e dall'altra, per negare l'ufficio di Simone. Ma la ragione vera e reale, eppure non addotta mai francamente ed esplicitamente, è la previa « impossibilità » che Gesù abbia conferito quell'ufficio. Questa “impossibilità” è assoluta, indiscutibile, trascendente, e vale ben più della chiarezza del senso e della sicurezza testuale. Soltanto da questa roccia sono scaturiti i torrenti d'inchiostro accennati sopra, e soltanto sopra questa roccia si adunano concordemente negatori antichi e moderni.

 

Scesi però dalla roccia e calati sul terreno esegetico-documentario, i concordi negatori discordano fra loro e si negano a vicenda. Secondo essi, dietro le spalle di chi si appella alla chiarezza del senso e alla sicurezza testuale s'erge l'ombra del papismo: papismo o no, i negatori alzerebbero tripudianti grida di trionfo se avessero a propria disposizione solo una metà degli argomenti strettamente “storici” di cui dispongono gli adombrati dal papismo. Ma hanno poi questi negatori pensato di riguardare qualche volta dietro le proprie spalle, per vedere se caso mai là si ergano le ombre di Lutero o di Hegel, e se unicamente quelle ombre suggeriscano ad essi i loro argomenti “storici”? 

 

[Modificato da Credente 28/09/2013 11:34]