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Perché i cristiani possono mangiare i frutti di mare?




Frutti di mareMolto spesso alcuni critici della Chiesa cercano di trovare qualche contraddizione sui suoi pronunciamenti morali sostenendo più o meno questo: «Sempre quando un religioso fervoroso afferma che l’omosessualità è peccato, esso cita Levitico 18:22: “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole”». Eppure, fanno notare, l’Antico Testamento, pone altri divieti oltre all’omosessualità che gli stessi cristiani non rispettano. E dunque si contraddicono.


Viene quindi solitamente elencata la lista delle varie privazioni contenute in particolare nel Levitico, come il divieto di mangiare carne di porco (Lv 11,7-8), i frutti di mare (11,9-12), non tagliarsi i capelli (Lv 19,27), non radere la barba (Lv 19,27) ecc. Dunque l’accusa si completa: «Siccome i cristiani amano mangiare i frutti di mare trovano una spiegazione per invalidare i loro peccati, che sono ammorbiditi a seconda della loro voglia contemporanea».


Per spiegare il senso di questi apparentemente bizzarri “divieti” e per rispondere a tale accusa si dovrebbe ricordare che il Levitico è un testo scritto in ebraico, composto da numerose prescrizioni rituali ad uso dei sacerdoti e dei leviti (i custodi del Tempio), che Mosè diede agli Ebrei durante il soggiorno nel deserto del Sinai.
 Come è stato ben spiegato, il Levitico fu scritto durante l’esperienza dell’esilio dove la comunità giudaica, a causa della sconfitta babilonese (586 a.C.), aveva perduto il re, il tempio, la terra. In questa situazione, si concepì nuovamente come comunità religiosa, guidata dai leviti, garanti della fedeltà e identità giudaica, in mezzo a popoli pagani, i cui usi e cultura potevano trascinare nell’idolatria. Il divieto di mangiare carne, ad esempio, serviva per evitare che gli uomini proseguissero nei sacrifici animali per “ingraziarsi” Dio, come appunto facevano i pagani. L’incessante appello alla santità e alla purità rituale era una scuola di formazione per una coscienza religiosa retta e crescere nel rapporto con Dio. E’ quello che fanno ancora oggi i cristiani durante il periodo di Quaresima: si pongono dei sacrifici per “costringersi” a far memoria di Dio, fortificare la capacità morale e il dominio di sé.

Oltre a questa premessa occorre aiutare a far comprendere cosa siano i patti biblici stipulati da Dio con l’uomo per aiutarlo a staccarsi dagli idoli e a raggiungere una fede certa, in un unico Signore. Ce ne sono diversi nell’Antico Testamento: nell’alleanza con Noè, ad esempio, le persone non avevano limiti nel mangiare: «Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutto questo, come l’erba verde» (Gn 9,3). Nella cosiddetta Vecchia alleanza, invece, come abbiamo visto, Dio chiede ad Israele dei piccoli sacrifici (presenti in Levitico e ne Deuteronomio 14,1-21). Israele però non fu in grado di mantenerla, l’idolatria si diffuse e ci fu bisogno della cosiddetta “Nuova Alleanza”.

E’ stata infatti predetta dal profeta Geremia«Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una alleanza nuova. Non come l’alleanza che ho conclusa con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dal paese d’Egitto, una alleanza che essi hanno violato, benché io fossi loro Signore […] Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore; poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato»(Geremia 31, 31-34). La nuova alleanza venne compiuta con Gesù Cristo, lui stesso disse di essere venuto per compiere la “Legge dei Profeti” (Mt 5,17; Lc 24,44). E durante l’ultima Cena disse: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per ilperdono dei peccati» (Mt 26,27, Mc 14,23, Lc 22,20). Ecco dunque la nuova legge che libera l’uomo dell’antica alleanza (e dalle prescrizioni rituali). L’apostolo Paolo lo esplicita meglio: «Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo» (1 Cor 9,21).

Lo stesso Gesù ribaltò le prescrizioni contenute nella Vecchia alleanza, tutte le volte che proclama i vari «avete inteso che fu detto…ma io vi dico…». Così come annullò le prescrizioni sul cibo«”non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo […]. Tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?” Dichiarava così mondi tutti gli alimenti» (Mc 7, 18-23). Negli Atti degli Apostoli si racconta anche di una visione di Pietro di vari quadrupedi, rettili e uccelli. «Allora risuonò una voce che gli diceva: “Alzati, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano”»(Atti 10: 13-15). Similmente poi ne parlò anche San Paolo (1 Tim 4, 2-5).

La visione della Chiesa sull’etica e sulla morale (anche sessuale), dunque, si appoggia anche all’Antico Testamento, ma sopratutto si basa sul Nuovo Testamento (per quanto riguarda l’omosessualità: Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10) e, sopratutto, sulla Tradizione della Chiesa. Non siamo infatti una “religione del Libro”, la Bibbia va sempre interpretata e, come ha spiegato Papa Francesco, «la sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano, in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti, la Sacra Scrittura è Parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l’ispirazione dello Spirito Santo; invece la sacra Tradizione trasmette integralmente la Parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano. In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l’una e l’altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza».