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Trasfigurazione. (inizio)

L'episodio nella vita di Cristo in cui salì su un monte (probabilmente il monte Tabor vicino a Nazaret) con Pietro, Giacomo e Giovanni e fu visto da essi radiante di gloria e in compagnia di Mosè ed Elia (Mt 17,1‑9; Mc 9,2‑10; Lc 9,28‑36; 2 Pt 1,16‑19). Mosè ed Elia rappresentavano, rispettivamente, la legge e i profeti ed entrambi avevano visto la gloria di Dio (cf Es 24,12‑18; 33,7‑23; 34,29‑35; 1 Re 19,1‑18). Nella mistica orientale, la « luce del Tabor » divenne sinonimo dell'esperienza più profonda che trasforma completamente il nostro essere dopo l'ardua salita sul monte (la nostra ascetica). Comunque, la nota predominante èera non lo sforzo indispensabile, ma la gloria di Dio sempre più grande che diviene nostra se noi lasciamo che Dio cambi il nostro essere (2 Cor 3,18). In questa assimilazione alla gloria di Dio mediante la purificazione (cf 1 Gv 3,2), il mistico bizantino san Gregorio Palamas (circa 1296‑1359) vide all'opera le energie di Dio. La festa della Trasfigurazione illumina Cristo stesso, il Figlio di Dio per natura, la cui eterna gloria rivelata attraverso la sofferenza sostiene nel tempo il pellegrinaggio cristiano in cammino verso Dio. Almeno a partire dal IV secolo, i Greci celebravano questa festa, che venne largamente adottata in Oriente verso l'anno mille. Il papa Callisto III fece della Trasfigurazione una festa della Chiesa universale per ringraziare Dio della vittoria sui Turchi a Belgrado il 6 agosto 1456. Cf Dòxa; Esicasmo; Mistica; Palamismo; Teologia.

 

Trasmigrazione delle anime. (inizio)

Cf Reincarnazione.

 

Tre capitoli (I). (inizio)

Tre autori, accusati di essere favorevoli al nestorianesimo e condannati postumi da Giustiniano I verso il 534. Egli lo fece come gesto di buona volontà verso l'opposizione monofisita contraria al Concilio di Calcedonia (451). La condanna colpì le opere e la persona di Teodoro di Mopsuestia (circa 350‑428), gli scritti che Teodoreto, vescovo di Ciro (circa 393 ‑ circa 466), aveva diretto contro san Cirillo di Alessandria (morto nel 444) e la lettera che Iba vescovo di Edessa (vescovo dal 435 al 449) aveva mandato nel 433 a Mari, vescovo di Hardascir in Persia. Sebbene fosse stato convocato a Costantinopoli nel 547, il papa Vigilio rifiutò dapprima di sottoscrivere la condanna. Nel suo Iudicatumdel 548, egli condannò le proposizioni di Teodoro, che era morto in pace con la Chiesa, solo in quanto potevano prestarsi ad una interpretazione nestoriana contro Calcedonia. Soprattutto, papa Vigilio rifiutò di acconsentire ad una condanna postuma. Quando fu convocato un concilio ecumenico, il Costantinopolitano II (553), il papa finì per firmare la condanna. Questa condanna dei « tre Capitoli » portò l'Occidente ad un grave scisma che fu sanato solo verso il 689. Per quanto infelici siano state le circostanze, questo modo insolito di censurare può comunque essere interpretato come una garanzia che non c'è nulla nella dottrina della Chiesa che possa legittimare l'errore nestoriano. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano II; Monofisismo; Nestorianesimo.

 

Trentanove articoli (I). (inizio)

Sono un elenco di proposizioni dottrinali adottate dalla Chiesa d'Inghilterra nel 1571. Su problemi controversi, la posizione anglicana si distingue, da una parte, dal Cattolicesimo e, dall'altra, dal Protestantesimo continentale. Questi Articoli, che si prestano spesso ad interpretazioni alquanto divergenti, rimangono una testimonianza importante della fede della Comunione anglicana. CfComunione anglicana.

 

Trento. (inizio)

Cf Concilio di Trento.

 

Tre teologi (I). (inizio)

Quelli che in Oriente sono ritenuti i teologi per eccellenza: san Giovanni Evangelista, san Gregorio Nazianzeno (329‑389) e san Simeone il nuovo teologo (949‑1022).

a) Il Vangelo di Giovanni è una contemplazione orante della gloria di Dio rivelata e sperimentata in Cristo, Figlio di Dio (Gv 20,31). Il Vangelo di Giovanni è il più profondo dei quattro Vangeli. L'autore del quarto Vangelo è stato tradizionalmente identificato con Giovanni, figlio di Zebedeo (cf Gv 21,2) e col discepolo « che Gesù amava » (Gv 13,23; 19,26‑27; 20,2‑8; 21,7.20‑24).

b) San Gregorio Nazianzeno partecipò al secondo concilio ecumenico, il Costantinopolitano I (381). Divenne vescovo di Costantinopoli durante il concilio, ma qualche tempo dopo rassegnò le dimissioni e si ritirò a Nazianzo, nella Cappadocia. I suoi scritti comprendono: « Cinque orazioni teologiche », in cui difese la divinità dello Spirito Santo; molti poemi e varie lettere contro l'apollinarismo.

c) San Simeone il nuovo Teologo (949‑1022) dopo essere entrato nel monastero costantinopolitano di Studios, lasciò quella che secondo lui era una comunità di religiosi rilassati per farsi monaco e per venticinque anni fu superiore del monastero di san Mammas, esso pure a Costantinopoli. Considerato il più grande teologo mistico della Chiesa bizantina, diede un contributo originale nel modo con cui comunicò le proprie esperienze di Dio in inni e poesie basati sul tema della deificazione. CfApollinarismo; Concilio Costantinopolitano I; Deificazione; Dottore della Chiesa; Filocalìa; Padri Cappadoci; Teologia giovannea.

 

Triduo pasquale (Lat. « tre giorni »). (inizio)

Celebrazioni liturgiche che iniziano con la Messa vespertina del Giovedì Santo e finiscono coi Vespri della Domenica di Pasqua. La Messa del Giovedì Santo ricorda l'ultima Cena di Cristo e l'istituzione dell'Eucaristia. Il Venerdì Santo, dopo la lettura della Passione di Cristo secondo san Giovanni, si tengono preghiere speciali per il mondo intero; segue l'adorazione della Croce e la cosiddetta « Messa dei presantificati », in cui non c'è la consacrazione, ma vengono distribuite ostie già consacrate. Il Sabato Santo, dopo il tramonto del sole, si celebra la Veglia Pasquale che festeggia la risurrezione di Cristo e la nostra morte e risurrezione con lui nel battesimo. Un ufficio della luce e la benedizione del Cero pasquale introduce una serie di letture bibliche che ricapitolano l'intera storia della salvezza dalla creazione alla risurrezione. Poi, vengono battezzati i catecumeni eo l'intera comunità rinnova le promesse battesimali prima che venga celebrata l'Eucaristia. Cf Catecumeni; Messa dei Presantificati; Mistero pasquale; Risurrezione; Settimana Santa.

 

Trinità immanente. (inizio)

Il mistero assoluto delle tre Persone divine nella loro vita eterna. Attraverso l'economia o storia della salvezza, cominciata nell'AT e giunta a pienezza nel NT con l'incarnazione del Figlio di Dio e con l'invio dello Spirito Santo, il Dio uno e trino si è rivelato. Così, dalla Trinità « economica » possiamo risalire alla Trinità « immanente » Cf Economia; Teologia trinitaria.

Triodion (Gr. « tre odi »). (inizio)

Il libro del proprio delle stagioni della liturgia bizantina per l'ufficio divino dalla quarta domenica prima della Quaresima fino al Sabato Santo compreso. Durante questo periodo, normalmente si cantano a Mattutino solo tre odi o canti, anziché i soliti nove. Cf Cantillazione; Ottoeco; Quaresima.

 

Trisagio (Gr. « tre volte santo »). (inizio)

Un antico ritornello (« Santo Dio! Santo potente! Santo immortale! Abbi pietà di noi! ») che sottolinea la santità di Cristo, la sua potenza e immortalità contro coloro che vorrebbero attribuire la sofferenza alla sua natura divina. In affetti troviamo il primo (documentabile) uso del Trisagio nel Concilio di Calcedonia (451) che accuratamente distingue in Cristo la natura divina da quella umana, ma senza separarle (DS 302; FCC 4.012). Poi, gli avversari del Concilio, guidati a quanto pare da Pietro il Fullone (morto nel 488), « monofisita », patriarca di Antiochia, aggiunsero all'inno, dopo « Immortale », le parole: « che fosti crocifisso per noi ». I sostenitori del Concilio di Calcedonia reagirono col rivolgere il trisagio alla Trinità, anziché a Cristo. Con o senza l'aggiunta, la preghiera si trova in tutte le liturgie antiche, di solito nel rito di introduzione. Fino a tempi recenti, nel rito latino, il Trisagio era cantato in latino e in greco durante l'adorazione della croce il Venerdì Santo. Cf Aftartodocetismo; Concilio di Calcedonia; Controversia teopaschita; Monofisismo.

 

Trullano. (inizio)

Cf Sinodo trullano.

 

Tubinga e le sue scuole. (inizio)

Sono orientamenti abbastanza differenti in teologia che vennero a identificarsi con l'Università di Tubinga. Nel fondare questa Università nel 1477, il conte Eberhard di Württemberg fu aiutato dallo Scolastico Gabriele Biel (circa 1420‑1495), il cui nominalismo influì notevolmente su Martin Lutero (1483‑1546). Nel 1534‑1535, la facoltà di teologia divenne protestante. Il braccio destro di Lutero, Filippo Melantone (1497‑1560), aveva studiato a Tubinga. Qualche secolo dopo vi studiarono Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770‑1831) e Federico Guglielmo Giuseppe von Schelling (1775‑1854).

Tra il 1573 e il 1581 tre teologi luterani, Jacob Andreae, Lukas Osiander e Jakob Heerbrand, come anche lo studioso greco Martin Crusius, tutti dell'università di Tubinga, mantennero una corrispondenza col patriarca ecumenico Geremia II di Costantinopoli, al quale mandarono una traduzione greca della Confessione di Augusta nel 1573‑1574. Nonostante un'accoglienza amichevole del patriarca, non fu raggiunto nessun accordo.

All'inizio del XIX secolo, Ferdinand Christian Baur (1792‑1860) fondò una rinnovata « Scuola di Tubinga » che comprendeva Adolf Hilgenfeld (1823‑1907), Albert Schwegler (1819‑1857) e David Friedrich Strauss (1808‑1874). Applicando alla storia e alla teologia cristiana la dialettica hegeliana dello sviluppo (tesi ‑ antitesi ‑ sintesi), Baur affermò che nel cristianesimo primitivo la dialettica della corrente ebraica di Pietro e quella « gentile » di Paolo erano state sopraffatte nel secolo II dall'emergere del cattolicesimo. La scuola di Baur declinò dopo la partenza di Albrecht Ritschl (1822‑1889) e di Adolf von Harnack (1851‑1930). Una « scuola cattolica di Tubinga » emerse quando una facoltà cattolica di teologia vi si stabilì proveniete da Erlangen nel 1819. Il primo periodo annoverò personaggi importanti come Johann Sebastian Drey (1777‑1853), Johann Baptist Hirscher (1788‑1853), che andò a Friburgo nel 1837, e Johann Adam Möhler (1796‑1838). Nel secondo periodo della scuola cattolica di Tubinga incontriamo Johann Evangelist Kuhn (1806‑1887), Franz Anton Staudemeier (1800‑1856), che andò poi a Friburgo, e Karl Joseph Hefele (1809‑1893), il famoso storico dei concili e vescovo di Rottenburg. Un terzo periodo fu contraddistinto dall'insegnamento di Paul Schanz (1841‑1905), Franz Xaver Funk (1840‑1907), Karl Adam (1876‑1966) e Josef Rupert Geiselmann (1890‑1970). Mentre i programmi erano differenti, i temi comuni comprendevano il Regno di Dio, la tradizione dinamica, la Chiesa come organismo e lo studio critico della storia. Attraverso l'influsso di Johannes Michael Sailer (1751‑1832), questi teologi cattolici di Tubinga riuscirono a superare l'Illuminismo col « battezzarlo ». Dopo il Concilio Vaticano II, è difficile parlare ancora di « scuole » di Tubinga. Però tra i docenti famosi di Tubinga c'è da ricordare Joseph (poi Cardinale) Ratzinger (nato nel 1927), Hans Küng (nato nel 1928), e Walter Kasper (nato nel 1933), divenuto vescovo di Rottenburg. Tra i docenti protestanti famosi c'è da ricordare Gerhard Ebeling (nato nel 1912), Eberhard Jüngel (nato nel 1934), Ernst Käsemann (nato nel 1906) e Jürgen Moltmann (nato nel 1926). Cf Confessione di Augusta; Illuminismo; Scuole di teologia.

 

  U

 

Ubiquità di Dio. (inizio)

Cf Onnipresenza.

 

Ufficio di divino (Lat. « dovere », « servizio »). (inizio)

È la Liturgia delle Ore, o preghiere ufficiali (specialmente i Salmi), usata da presbiteri, religiosi e altri (SC 83‑101). In questa pratica cristiana, derivata dall'usanza ebraica di pregare in certe ore fisse del giorno o della notte, la Chiesa loda Dio e intercede per la salvezza del mondo. L'Ufficio divino era chiamato « opus Dei » (Lat. « lavoro di Dio ») da san Benedetto di Norcia (circa 480 ‑ circa 550). CfAcemeti; Breviario; Liturgia delle Ore.

 

Ufficio pastorale(inizio)

Il ministero del clero, come pastori a servizio del Popolo di Dio. Il termine può essere applicato a coloro ai quali il vescovo ha affidato un ministero particolare, come l'istruzione religiosa, la pastorale familiare, ecc. Cf Clero; Giurisdizione; Laico; Ministero.

 

Ultramontanismo (Lat. « oltre le montagne »). (inizio)

Nome dispregiativo usato dai Gallicani per indicare coloro che accentuavano l'autorità del papa e cercavano tutte le soluzioni « al di là delle Alpi », cioè, a Roma. Gli Ultramontani reagivano contro movimenti come il Febronianesimo, il Gallicanesimo e il Giansenismo i quali, sia pure in modi differenti, sostenevano la giurisdizione delle Chiese locali contro l'autorità centrale di Roma. Esponenti ultramontanisti furono: Joseph de Maistre (1753‑1821), Félicité Robert de Lamennais (1782‑1854) per una parte della sua vita, Louis Veuillot (1813‑1883), il cardinale Nicola Wiseman (1802‑1865), arcivescovo di Westminster, il suo successore il cardinale Enrico Edoardo Manning (1802‑1892) e William George Ward (1812‑1882). La restaurazione dei Gesuiti nel 1814, le rivoluzioni sconvolgenti del 1830 e del 1848, il lungo pontificato di Pio IX (1846‑1878) ed altri fattori portavano molti a cercare l'autorità come risposta a quasi tutti i problemi. Il movimento ultramontanista culminò con la definizione dell'infallibilità pontificia proclamata dal Concilio Vaticano I; nel 1870 (cf DS 3065‑3075; FCC 7.190‑7.199). Tuttavia i termini precisi della definizione criticavano implicitamente le esagerazioni del movimento. Con il suo insegnamento sulla collegialità di tutti i vescovi con e sotto il papa, il Concilio Vaticano II (1962‑1965) diede una visuale più equilibrata dell'autorità papale (LG 22‑25). Cf Chiesa; Concilio Vaticano I, Concilio Vaticano II; Febronianesimo; Gallicanesimo; Giansenismo; Tradizionalismo.