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Theologia crucis (Lat. « teologia della croce »). (inizio)

Espressione coniata da Martin Lutero (1483‑1546) per qualificare il modo esatto di fare teologia. In quanto Salvatore e misericordioso, Dio è conosciuto soltanto come nascosto nel Cristo crocifisso e in tutte le esperienze di sofferenze e tentazioni che rivelano la nullità degli esseri umani dinanzi a Dio. Dio si rivela in un modo che va contro alle nostre aspettative: la povertà come debolezza, la sapienza come follìa (cf 1 Cor 1,17‑31). Cf Luteranesimo; Theologia gloriae.

 

Theologia gloriae (Lat. « teologia della gloria »). (inizio)

  a) Contrastata polemicamente da Martin Lutero (1483‑1546) con la sua « teologia della croce », questa teologia è riferita alla teologia Scolastica e alla Mistica. Lutero vede in esse dei tentativi per voler conoscere Dio presuntuosamente con le proprie forze e capacità, anziché credere umilmente e confidare in Dio. « Teologia della gloria » significa in questo senso una teologia dell'autoglorificazione.

  b) In un altro contesto, il termine si riferisce alla teologia orientale che illustra la glorificazione di Cristo e la nostra partecipazione alla sua gloria. Questa teologia trae la sua ispirazione dal Vangelo di san Giovanni: « E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria » (Gv 1,14). Come è intesa da san Paolo, la gloria può essere associata col tema caro a Lutero della giustificazione. « Quelli che (Dio) ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati » (Rm 8,30). Cf Dòxa; Gloria; Scolastica; Theologia Crucis; Teologia giovannea; Teologia naturale.

 

Theologoùmenon (Gr. « dimensionecomponente teologica »). (inizio)

Una tesi teologica non vincolante che non è chiaramente fondata nella Scrittura né si trova nel Magistero definitivo della Chiesa. Certe tesi di grandi teologi possono avere la qualifica ditheologoùmeni e in seguito possono in qualche modo entrare nell'insegnamento della Chiesa. Gli Ortodossi usano alle volte questo termine per distinguere le definizioni dei primi sette concili ecumenici dai successivi pronunciamenti di fede della Chiesa Cattolica. Cf Magistero; Sette Concili Ecumenici (I); Teologia.

 

Theotókos (Gr. « Genitrice di Dio »). (inizio)

Questo titolo, dato a Maria ed usato forse già al tempo di Origene (circa 185 ‑ circa 254), esprime il fatto che ella generò il Figlio di Dio fatto uomo. L'equivalente latino esatto è Deipara, ma lo si rende più spesso con Dei Genitrix (Genitrice di Dio, Madre di Dio). Il Concilio di Efeso (431) condannò Nestorio che aveva messo in discussione questo titolo popolare e, ribadendo l'unità della persona di Cristo, proclamò la legittimità del titolo Theotókos (DS 250‑252; FCC 4.003‑4.004). Maria non divenne la Madre di un semplice uomo, ma del Figlio di Dio che si fece uomo. Cf Concilio di Efeso; Mariologia; Nestorianesimo.

 

Tiara papale (Gr. « turbante regale persiano »). (inizio)

Ampio copricapo con cui i papi venivano incoronati e che portavano in funzioni solenni extra‑liturgiche. Il papa Paolo VI vendette la sua tiara e diede il ricavato ai poveri. Giovanni Paolo I non volle essere incoronato. Il suo successore, Giovanni Paolo II, a sua volta, non volle introdurre nuovamente la tiara e rifiutò qualsiasi incoronazione solenne all'inizio del suo pontificato, nel 1978. Cf Papa.

 

Timor di Dio. (inizio)

Nell'AT, è quel sentimento profondo di religione e di pietà filiale che sintetizza l'atteggiamento conveniente verso Dio (Gb 28,28; Prv 1,7; 9,10; Sir 1,11‑20). Non va confuso con il timore servile (dello schiavo). Cf Amore; Hesèd; Religione; Santo.

 

Tipologia. (Gr. « studio delle immagini, dei prototipi »). (inizio)

Modo di interpretare gli eventi, le persone e le cose come « tipi » che adombrano gli « antitipi » del NT i quali compiono la rivelazione e la salvezza. Così, Adamo e Melchisedech sono tipi di Cristo (Rm 5,14; Eb 6,20-7,28). La storia del Popolo di Dio nell'Esodo dall'Egitto prefigura le difficoltà che i cristiani devono affrontare e i sacramenti che ricevono (1 Cor 10,1‑11). Il diluvio prefigura il battesimo (1 Pt 3,20‑21) e la manna nel deserto anticipa « il pane di vita » (Gv 6,48‑51). Sant'Ireneo (circa 130 circa 200) e poi la scuola di Alessandria sono stati attenti a questo senso tipico della Scrittura che Origene (circa 185 ‑ circa 254) sviluppò in una direzione allegorica. In Occidente, l'interpretazione tipologica fu adottata da sant'Ambrogio (circa 339‑397) e poi da sant'Agostino di Ippona (354‑430) dal quale passò ai Latini del Medioevo. Cf Allegoria; Origenismo; Sensi della Scrittura; Teologia alessandrina; Teologia antiochena.

 

Titoli cristologici. (inizio)

Designazioni del NT per Gesù come Cristo, Figlio di Dio e Figlio dell'Uomo. Costituiscono vari approcci per comprendere chi era e chi è Gesù, che cosa ha fatto e che cosa fa. Cf Kyrios; Messia.

 

Tolleranza (Lat. « sopportare »). (inizio)

Lasciare in pace coloro la cui fede e prassi differiscono dalle proprie. Dopo aver sofferto la persecuzione da parte di alcune autorità giudaiche e poi, per secoli, dai governatori romani, i cristiani acquistarono la libertà religiosa col cosiddetto « Editto di Milano » (312). Molto presto e specialmente dopo che Teodosio il Grande (imperatore dal 379 al 395) ebbe dichiarato il cristianesimo religione di Stato, i cristiani cominciarono a manifestarsi intolleranti verso gli altri, fra cui cristiani accusati di essere eretici o scismatici, gli Ebrei e più tardi i Musulmani. Con la Riforma, la tolleranza fu proclamata, ma fu di solito intesa solo a proprio vantaggio. Giovanni Calvino condannò Michele Serveto (1511‑1553) a morte; un altro teologo protestante, Teodoro Beza (1519‑1605), confermò questa decisione. La Pace di Augusta (1555) con la sua massima: « Cuius regio eius religio » (Lat. « colui che governa lo stato determina la sua religione »), tollerò in ogni nazione solo una confessione cristiana, come fu praticamente il caso in Inghilterra sotto il regime elisabettiano. Alcuni Battisti, Cattolici, Puritani e Quaccheri fuggirono dall'Inghilterra per cercare la libertà religiosa in Europa e nel Nord America. L'Illuminismo e la Guerra americana d'Indipendenza servirono ad incoraggiare, almeno alla lunga, una tolleranza razziale, religiosa e culturale basata sul rispetto dei diritti naturali umani. Oggi, almeno in campo religioso, la pura indifferenza a problemi di fede e a pratiche religiose può camuffarsi come autentica tolleranza. Il Concilio Vaticano II esortò tutti i cattolici a vivere e a proclamare il vangelo, ma sempre nel rispetto e nell'amore verso gli altri (GS 28, 73, 75; AG 11; DH 1). Cf Chiesa e Stato; Crociate; Diritti umani; Illuminismo; Inquisizione; Libertà religiosa; Pluralismo; Priscillianesimo.

 

Tomismo. (inizio)

L'insegnamento filosofico e teologico di san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274). Arricchito dal sapere enciclopedico del suo maestro e confratello domenicano sant'Alberto Magno (circa 1200‑1280), Tommaso diede forma a una quantità di intuizioni che si erano accumulate lungo i secoli, specialmente a partire da sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109). Creò una stupenda sintesi tra la fede e la ragione. Quantunque non sia stata portata a termine, la sua Summa Theologiae è il massimo lavoro di teologia medievale. Si dice che Tommaso abbia battezzato Aristotele (384‑322 a.C.) per avere mutuato dal filosofo greco tematiche come la teoria della causalità. Nello stesso tempo, Tommaso adottò anche un numero discreto di lineamenti platonici, in qualche modo connessi con l'uso ampio che fece di sant'Agostino di Ippona (354‑430) e dello pseudo Dionigi Areopagita (circa 500). Dal 1300 al 1500, gli interpreti di Tommaso, o « Tomisti » si occuparono soprattutto di opporsi allo scotismo, al nominalismo e al ritorno di un neo‑platonismo. Coi secoli XVI e XVII, siamo nell'età d'oro dei tomisti fra cui eccellono il cardinale Caietano (1469‑1534), Silvestro di Ferrara (1474‑1528), Francisco de Vitoria (circa 1485‑1546), Giovanni da san Tommaso (1589‑1644), Melchior Cano (1509‑1560), Domenico Soto (1494‑1560), Domenico Bañez (1528‑1604). Mentre il Codice di Diritto Canonico del 1917 riteneva ancora Tommaso il maestro per la filosofia e la teologia nei seminari cattolici (cf il vecchio CIC 589, 1366), il Codice del 1983 si limita a raccomandarlo come particolarmente utile (cf il nuovo CIC 252; OT 16; GE 10). Cf Agostinianismo; Aristotelismo; Cinque Vie (Le); Concilio di Trento; Locus theologicus; Molinismo; Neoplatonismo; Neotomismo; Nominalismo; Platonismo; Scolastica; Scotismo; Scuole di teologia; Summa; Trascendentali.

 

Tonsura (Lat. « tagliare »). (inizio)

Taglio circolare dei capelli per esprimere la separazione dal mondo e la totale donazione a Dio. Questo simbolo non si trova solo nel cristianesimo, ma anche in altre religioni, come il buddismo. Prima di conferire gli Ordini minori (ostiariato, lettorato, esorcistato, accolitato), il vescovo tagliava una ciocca di capelli del candidato in forma di corona. Nel rito latino, la tonsura è stata abolita nel 1972 insieme agli Ordini minori. Però, in alcuni ordini religiosi, specialmente contemplativi, la cerimonia della tonsura è tuttora compiuta dall'Abate. Subito dopo il battesimo, nel rito bizantino, c'è la cerimonia della trichokuria (Gr. « taglio dei capelli »): i capelli sono tagliati da quattro parti del capo per indicare che il neofita è completamente donato a Dio. In Oriente, i chierici ricevono ancora la tonsura prima degli Ordini minori, come fanno i monaci quando entrano in monastero. Cf Accolito; Chierico; Esorcismo; Lettore; Monachesimo; Ordine.

 

Torah (Ebr. « istruzione », « legge »). (inizio)

Si chiama così la legge che Dio ha dato a Mosè (Dt 1,5; 4,44) e che è contenuta nel Pentateuco. La parola « Toràh » può anche riferirsi all'insegnamento o all'autorità dei genitori (cf Prv 1,8; 3,1; 4,2). Può significare le istruzioni date dai sacerdoti in nome di Dio (Dt 17,11; 24,8; 33,10). Può anche indicare la legge che Dio scrive nel cuore degli uomini (Ger 31,33; Mal 2,7). I Samaritani ritenevano come Bibbia soltanto il Pentateuco. Questo indica quanto l'autorità della Toràh fosse (ed è) più grande di quella dei « Profeti » e degli « Scritti » (= le altre parti della Bibbia ebraica). Cf Antico Testamento; Bibbia; Pentateuco; Sadducei.

 

Tradizionalismo. (inizio)

Una reazione contro il razionalismo e l'individualismo che erano stati promossi dall'Illuminismo. Il tradizionalismo fu espresso nella sua forma classica da Félicité Robert de Lamennais (1782‑1854) nei suoi quattro volumi: Essai sur l'indifférence en matière de religion (Saggio sull'indifferenza in fatto di religione). Altri che ebbero visuali simili furono: Louis de Bonald (1754‑1840), Joseph de Maistre (1753‑1821), Louis‑Eugène‑Marie Bautain (1796‑1867), Gerhard Casimir Ubaghs (1800‑1875) e Augustin Bonnetty (1798‑1879). I tradizionalisti sostenevano che una rivelazione era stata fatta all'umanità nelle sue origini e poi si era trasmessa in modo ininterrotto nella storia successiva. Questa rivelazione sarebbe la fonte autorevole delle nostre verità filosofiche, morali e religiose. De Lamennais asseriva che il consenso comune attesta infallibilmente la rivelazione delle origini. Il Concilio Vaticano I ripudiò l'affermazione dei tradizionalisti secondo cui la conoscenza di Dio può venire solo mediante la rivelazione e il nostro assenso di fede ad essa. Con la luce naturale della ragione, gli esseri umani possono anche conoscere Dio (cf DS 3004‑3005, 3026; FCC 1.061‑1.064). CfFede; Fideismo; Illuminismo; Razionalismo; Teologia naturale; Tradizione.

 

Tradizione (Lat. « trasmissione »). (inizio)

È il processo di tramandare (tradizione come atto) o di vivere l'eredità tramandata (tradizione come contenuto). Mediante lo Spirito Santo (il portatore invisibile della tradizione), l'intero popolo di Dio è stato coinvolto nel tramandare nella memoria, nell'esperienza, nell'espressione e nell'interpretazione l'autorivelazione fondante di Dio. Questa ha raggiunto la sua pienezza con Cristo e nella comunità del NT. « Così la Chiesa, nella sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa è, tutto ciò che essa crede » (DV 8). Con l'identificare e l'unificare la Chiesa, la tradizione assicura la continuità dalle sue origini al futuro. All'interno di tutto il Popolo di Dio, i vescovi e altri hanno una responsabilità speciale come agenti visibili e interpreti della tradizione. Le tradizioni particolari possono essere difettose nel comunicare il vangelo e possono aver bisogno di riforme (cf Mc 7,1‑23; 10,2‑12). Per gli Ortodossi, la tradizione, espressa soprattutto nel culto, è indispensabile per comprendere qualsiasi problema. La recezione da parte della Chiesa indica se un nuovo sviluppo è in linea con la tradizione. Cf Deposito della fede; Rivelazione; Scrittura e Tradizione; Sensus fidelium; Sola Scrittura.

 

Trascendentali (Lat. « cose che superano »). (inizio)

Parola usata dagli Scolastici per indicare quelle proprietà che appartengono ad un essere in quanto essere e che così « trascendono » le categorie per classificare le cose (per es., essenza, qualità, tempo e spazio). In ultima analisi, si possono elencare sei trascendentali: a) la realtà; b) l'essere; c) l'unità; d) la verità; e) la bontà; f) l'essere qualcosa. Un essere è tutto questo appunto perché esiste. San Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274) elenca solo tre trascendentali: l'unità, la verità e la bontà. Gli Scolastici ne hanno spesso aggiunto un quarto (la bellezza), ma hanno avuto la tendenza a dire che la bellezza è semplicemente il funzionamento armonioso dell'unità, della verità e della bontà. Hans Urs von Balthasar (1905‑1988) ha invece affermato la priorità del bello come prima via di Dio per attrarci in Gesù Cristo. Cf Dòxa; Filosofia trascendentale; Gloria; Scolastica; Teologia trascendentale; Trascendenza.

 

Trascendenza (Lat. « che supera »). (inizio)

L'alterità di Dio la cui esistenza « va oltre » l'universo e non si identifica con esso. Cf Immanenza; Incomprensibilità, Panteismo; Teologia naturale; Teologia apofatica.

 

Transfinalizzazione (Lat. « cambiare di finalità »). (inizio)

È un termine usato da alcuni teologi per cercare di illustrare quello che avviene nell'Eucaristia quando il pane ed il vino sono cambiati nel corpo e sangue di Cristo. Invece di fare ricorso alla terminologia di sostanza e accidenti (che si applica anche agli esseri sub‑razionali), essi vanno nel campo delle relazioni interpersonali e fanno notare come la nostra esperienza umana cambia quando qualcosa assume una finalità radicalmente nuova. Alcuni parlano anche di una trans‑significazione (Lat. « cambiamento di significato »), in quanto il pane ed il vino subiscono un profondo cambiamento di significato, esprimendo Cristo che dona se stesso a noi. Nel 1965, l'enciclica di Paolo VI Mysterium Fidei (Lat. « Mistero della fede ») avverte che queste teorie possono al massimo completare l'insegnamento tradizionale della Chiesa sulla transostanziazione, ma su alcuni punti sembrano essere in contrasto con questo insegnamento. Ci si può, infatti, chiedere: la « transfinalizzazione » e la « trans‑significazione » indicano davvero un cambiamento del pane e del vino che ci permette di confessare la presenza reale di Cristo? Cf Transostanziazione.

 

Transustanziazione (Lat. « cambiamento di sostanza »). (inizio)

Il cambiamento (mediante le parole della consacrazione eucaristica) della sostanza del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, mentre rimangono le specie del pane e del vino. Il Concilio Lateranense IV (1215) usò il termine « trans‑sostanziati » nella sezione eucaristica della sua professione di fede (DS 802; cf 782, 1642, 1652; FCC 7.025, 9.089, 9.140, 9.150). Al tempo della Riforma, Ulrich Zwinglio (1484‑1531) sostenne una visuale puramente simbolica dell'Eucaristia, e negò qualsiasi cambiamento. Una simile visuale era stata già anticipata da Berengario di Tours (circa 999‑1088) che respingeva la transostanziazione e negava la presenza reale (DS 700; FCC 9.088). Martin Lutero (1484‑1531) sostenne che, mentre rimangono le sostanze del pane e del vino, il corpo ed il sangue di Cristo si fanno presenti per il credente. Questa teoria è chiamata consostanziazione(Lat. « con il pane »). Nel suo insegnamento sull'Eucaristia, il Concilio di Trento ribadì la fede secondo cui, mediante la consacrazione, il pane e il vino sono transostanziati nel corpo e nel sangue di Cristo e vanno perciò adorati (DS 1651‑1654, 1356; FCC 9.149‑9.152). La Chiesa Ortodossa greca usa il termine metabolè (Gr. « cambiamento »), o metousíois (Gr. « cambiamento di essenza »), anziché il termine « transostanziazione ». Però, l'unica vera divergenza con la Chiesa Cattolica riguarda il momento della consacrazione. Cf Accidente; Concilio di Costanza; Concilio Lateranense IV; Consacrazione; Epìclesi; Eucaristia; Presenza reale; Zwinglianismo.