00 21/08/2013 17:45

Seconda venuta. (inizio)

Cf Parusìa.

Segni della Chiesa. (inizio)

Cf Note della Chiesa.

  Semi‑arianesimo. (inizio)

Si chiama così la teoria di Basilio di Ancira (= Ankara) e di altri dopo il Concilio di Nicea I (325). I semi‑ariani non seguirono la visuale ariana secondo cui Cristo sarebbe solo la prima tra le creature, ma non accettarono nemmeno la dottrina ortodossa del Figlio omooùsios (= della stessa sostanza) del Padre. Essi chiamarono il Figlio omoioùsios (Gr. « di una sostanza simile ») al Padre. Sebbene il loro termine fosse eretico, la differenza di una sola « i » creò una piattaforma di dialogo che portò molti semi‑ariani alla piena ortodossia. Cf Arianesimo; Concilio di Nicea I; Omooùsios.

Semi‑pelagianesimo. (inizio)

Teoria proveniente da san Giovanni Cassiano di Marsiglia (circa 360‑435), san Vincenzo di Lérins (morto prima del 450) e da altri monaci del Sud della Francia. Secondo essi, gli esseri umani possono fare da sé il primo passo verso Dio senza l'aiuto della grazia divina. Mentre ammettevano che la grazia è indispensabile alla salvezza e rigettavano così il Pelagianesimo, coloro che svilupparono il semi‑pelagianesimo (come fu chiamata questa visuale alla fine del XVI secolo), si comportarono così almeno in parte per la loro opposizione alla versione estremista della predestinazione sostenuta da sant'Agostino di Ippona (354‑430). Il semi‑pelagianesimo finì per essere condannato nel secondo Concilio di Orange (529). L'insegnamento ufficiale della Chiesa, mentre seguì l'insegnamento di Agostino sulla grazia (cf DS 370‑397; 2004‑2005; 2618; 2620; FCC 3.052‑3.053; 8.031‑8.040, 8.139‑8140), non ha mai approvato la sua interpretazione della predestinazione. Cf Antropologia; Grazia; Pelagianesimo; Predestinazione.

 Semplicità. (inizio)

La caratteristica di essere indivisibile e non composto di varie parti. Essendo spirituale e interamente presente a sé, Dio è semplice in questo senso ontologico (Gv 4,24; cf DS 297, 800, 805, 1880 e 3001; FCC 1.074, 5.002, 6.060, 6.065). Nella sfera morale, la semplicità si riferisce alla rettitudine d'intenzione senza complessi con cui agisce una persona veramente religiosa (cf Mt 10,16). Cf Immutabilità; Prudenza; Sofferenza di Dio.

  Sensi della Scrittura. (inizio)

I vari significati che possono avere i testi biblici. Il senso letterale è il significato inteso dall'autore originale che ha scritto per uditori particolari, in determinate circostanze storiche ed usando forme letterarie specifiche. Una volta scritto, però, un testo biblico, come gli altri testi, comincia ad avere una sua vita. Sarà letto e interpretato in contesti differenti da quello in cui fu composto in origine. Comunicherà e richiamerà significati che vanno oltre a quello che intendeva l'autore originale. Lungo i secoli, coloro che ascoltano, leggono e usano i testi biblici per la preghiera portano in questo dialogo i loro problemi e interessi; possono così scoprire nuove gamme di significati. Col cercare e spesso con lo stabilire, almeno in parte, il senso letterale, la critica biblica rimane essenziale; tra le altre cose, può verificare voli sfrenati di interpretazione soggettiva. Nello stesso tempo, lo Spirito Santo che primo ha ispirato lo scritto dei testi biblici illumina i singoli e l'intera comunità a trovare in quei testi significati e vita per oggi (cf DV 12, 21‑25). Da Origene (circa 185‑circa 254) a Benedetto XV (1854‑1922, papa dal 1914) e oltre, i credenti hanno sempre attestato la loro convinzione che la Bibbia ha Cristo come centro e trova in lui il suo significato. Cf Allegoria; Critica biblica; Ermeneutica; Esegesi; Fondamentalismo; Ispirazione; Origenismo; Sensus plenior; Teologia alessandrina; Teologia antiochena; Tipologia.

 Senso della fede. (inizio)

Cf Sensus fidelium.

  Sensus fidelium (Lat. « senso dei fedeli »). (inizio)

Si chiama così l'intuito istintivo dell'intera comunità dei fedeli in campo di fede (LG 12; DV 8). La loro valutazione e il loro discernimento della rivelazione avvengono sotto la guida dello Spirito Santo (Gv 16,13; 1 Gv 2,20.27). Questo senso della fede fa sorgere e si manifesta nelconsensus fidelium (Lat. « consenso dei fedeli »), come una causa che produce effetti corrispondenti. Coloro che hanno contribuito a sviluppare questo concetto sono stati: John Henry Newman (1801‑1890), Matthias Joseph Scheeben (1835‑1888) e Johann Adam Möhler (1796‑1838). Cf Fede; Grazia; Indefettibllità; Spirito Santo.

  Sensus plenior (Lat. (« senso più pieno »). (inizio)

Il modo con cui le Scritture (per es., testi dell'AT) possono avere significati che vanno oltre il senso letterale (= il significato inteso esplicitamente dall'autore umano originale). Significati del genere, intesi dall'autore principale (Dio), sono emersi alla luce di eventi successivi della storia della salvezza guidata da Dio. Cf Sensi della Scrittura.

  Settanta. (inizio)

La più importante versione greca dell'AT chiamata versione dei « Settanta », perché, secondo una leggenda, sarebbe stata fatta da settanta (o settantadue) studiosi che lavorarano ignorandosi tra di loro. Secondo la tradizione ebraica, fu commissionata da Tolomeo Filadelfo (285‑246 a.C.) per la sua famosa biblioteca di Alessandria. Mentre sembra essere il lavoro congiunto di molti traduttori, fu probabilmente ultimata più tardi: verso il 132 a.C. Su certi punti importanti, differisce dalla Bibbia ebraica. Certi libri che addirittura non si trovano nella Bibbia ebraica (come Tobia, Giuditta, Sapienza, Siracide e Baruc) sono stati introdotti nei « Settanta », mentre alcuni libri (per es. Ester) vi appaiono in una forma più lunga. Questi libri e passi tradizionali, chiamati « Apocrifi » nella tradizione protestante, sono ritenuti « deutero‑canonici » dai Cattolici e dagli Ortodossi. Nel citare l'AT, gli autori neotestamentari seguono spesso i « Settanta » anziché l'originale ebraico. Molti dei primi Padri della Chiesa hanno considerato i « Settanta » come la versione ufficiale dell'AT. Cf Antico Testamento; Apocrifi; Bibbia; Canone delle Scritture; Libri deuterocanonici; Volgata.

Sette concili ecumenici (I). (inizio)

Sono quei concili generali dal Niceno I (325) al Niceno II (787) che vengono riconosciuti come ecumenici sia dai Cattolici che dai Greci Ortodossi. Godono di un'importanza unica in qualsiasi dialogo tra l'Oriente e l'Occidente. Sebbene i Greci Ortodossi abbiano in seguito ritenuto importanti anche altri Concili, come quello di Costantinopoli nel 1351 e quello di Gerusalemme nel 1672, nessuno, però, di questi è stato riconosciuto come ecumenico. I Cattolici elencano di solito 21 concili come ecumenici; il ventunesimo è il Concilio Vaticano II. Cf Concilio di Calcedonia; Concilio Costantinopolitano I; Concilio Costantinopolitano II; Concilio Costantinopolitano III; Concilio ecumenico; Concilio di Efeso; Concilio di Nicea I; Concilio di Nicea II.

  Sette peccati capitali (I). (inizio)

Sono i peccati che tradizionalmente vengono ritenuti come la radice degli altri peccati. L'elenco, come è stato sviluppato da Evagrio Pontico (346‑399), san Gregorio Magno (circa 540‑604) e altri, è il seguente: la superbia, l'avarizia, la lussuria, l'invidia, la gola, l'ira e l'accidia. Quest'ultimo (Gr. « indifferenza ») significa; apatia, torpore o disgusto per le cose spirituali. Sotto « la proliferazione del peccato » il Catechismo della Chiesa Cattolica ha elencato i sette peccati capitali (n. 1866). Cf Peccato.

  Settimana Santa. (inizio)

È la settimana più importante del calendario liturgico. Comincia la Domenica delle Palme con la benedizione e la processione delle Palme; ricorda l'istituzione dell'Eucaristia il Giovedì Santo, chiamato anche, nei paesi di lingua inglese « Maundy Thursday » (il Giovedì del precetto: il precetto di amarci gli uni gli altri come Cristo ci ha amati: Gv 13,34) e culmina con la Veglia Pasquale del Sabato Santo. In Oriente, questa Settimana si chiama anche « Settimana della Salvezza ». I Greci la chiamano « la Grande Settimana ». Le Lettere Festali di sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) offrono la prima documentazione chiara delle celebrazioni della Settimana Santa. Quando Egeria fece il suo pellerinaggio dalla Spagna a Gerusalemme verso la fine del IV secolo, trovò una liturgia ben sviluppata della Settimana Santa nella città dove Cristo trascorse gli ultimi giorni della sua vita terrena. Cf Messa dei presantificati; Triduo pasquale.

  Settimo giorno. Cf Avventisti del Settimo Giorno. (inizio)

 Shekinàh (Ebr. « dimora, residenza » (inizio)

formato dal verbo: « fissare una tenda »). La presenza gloriosa di Dio in mezzo a noi. Pur non usando questa parola, l'AT allude ad essa quando parla della Tenda del Convegno nel deserto dove si manifestò la gloria di Dio (cf Es 33,7‑11; Nm 11,16‑25; 12,1‑10). Nel Talmud, il termine può essere una circonlocuzione reverenziale per indicare Dio. Il quarto Vangelo usa il concetto di shekinàh nel parlare dell'Incarnazione (Gv 1,14). Cf Dòxa; Gloria; Tàlmud.

  Shema (Ebr. « ascolta »). (inizio)

È la prima parola di una preghiera che nella sua forma piena era composta da Dt 6,4‑9; 11,13‑21 e Nm 15,37‑41, ma nella sua forma più breve suona così: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze » (Dt 6,4‑5). Cristo citò questo brano quando rispose allo scriba che gli chiedeva qual era il primo di tutti i comandamenti (Mc 12,28‑30). Lo Shemaoccupa nella pietà ebraica il posto fondamentale che occupa il Padre nostro nella pietà cristiana. Cf Amore; Preghiera.

  Sheol (etimologia incerta). (inizio)

Luogo sotterraneo dove tutti i morti come tante ombre conducono la stessa esistenza (Gn 37,35; Nm 16,31‑34; Dt 32,22; Gb 3,13‑19; 26,5‑6; Is 14,9‑11). È desiderabile una lunga vita su questa terra, poiché i morti non possono più dare lode a Dio (Sal 6,5‑6; 88,3‑6.11‑13; Is 38,18). Cf Cielo; Escatologia; Inferno; Purgatorio.

  Simbolica. (inizio)

Lo studio sistematico dei Simboli (professioni di fede) e delle verità fondamentali delle differenti confessioni cristiane. Sviluppato da Georg Callixtus (1586‑1656), Johann Adam Möhler (1796‑1838) ed altri, questo settore della teologia è stato ringiovanito dal movimento ecumenico, in particolare dai dialoghi bilaterali (dialoghi tra i rappresentanti ufficiali di due Chiese cristiane) e dalla Commissione Fede e Ordine del « Consiglio Ecumenico delle Chiese » (per es., il rapporto del 1982 su Battesimo, Eucaristia e Ministeri). Cf Consiglio Ecumenico delle Chiese; Confessione di Augusta; Dialogo; Ecumenismo; Fede e Ordine; Trentanove articoli.

  Simbolo (Gr. « qualcosa collegato insieme »). (inizio)

Qualcosa che rappresenta « naturalmente » (per es., un leone che è simbolo di coraggio) o convenzionalmente (per es., una bandiera come simbolo di un dato paese) qualcosa d'altro. Col rendere presenti altre cose, i simboli entrano nella nostra fantasia, colpiscono i nostri sentimenti e influiscono sul nostro comportamento. Le spiegazioni razionali non riusciranno mai ad ottenere la vasta gamma di significati espressi da vari simboli. In particolare, quando assumiamo simboli religiosi che rappresentano le realtà ultime e trascendenti, c'è da aspettarsi che questi simboli siano inesauribili nel loro significato. Cf Croce; Professione di fede; Sacramento; Teologia del simbolo.

Simbolo apostolico. (inizio)

Il Simbolo promosso dall'Imperatore Carlomagno (circa 742‑814) e usato per il battesimo nella Chiesa d'Occidente. Consta di uno schema tripartito molto semplice, costruito attorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo (cf DS 16). Rufino (circa 345‑410) riporta una leggenda secondo cui i dodici Apostoli avrebbero ognuno composto un articolo del Simbolo.

  Simbolo atanasiano. (inizio)

Professione di fede, chiamata anche Simbolo « Quicumque » (dalla prima parola latina: « Chiunque vuole essere salvo... »). È erroneamente attribuito a sant'Atanasio di Alessandria (circa 296‑373) e ha avuto origine con tutta probabilità nel Sud della Francia nel V secolo. Si dilunga molto sulla Trinità, sull'Incarnazione e sulla Redenzione (cf DS 75‑76; FCC 0.520‑0.514).

 Simbolo niceno. (inizio)

È il Simbolo che è stato ratificato a Nicea (325). Contro gli Ariani, esso proclama l'eterna divinità del Figlio, il quale è « della stessa sostanza » (omooùsios) del Padre (DS 125‑126; FCC 0.503‑0.504). Spesso, per Simbolo Niceno si intende più precisamente quello « Niceno‑Costantinopolitano », in connessione con il Concilio Costantinopolitano I (381). Questo Simbolo presuppone quello di Nicea, ma è più specifico per quanto riguarda la divinità dello Spirito Santo: questi va « adorato e glorificato » con il Padre e il Figlio (DS 150; FCC 0.509). Largamente usato nella celebrazione eucaristica e nel battesimo, il Simbolo Niceno‑Costatinopolitano è quello più comunemente accettato tra i Cristiani. Cf Concilio Costantinopolitano I; Concilio di Nicea I; Filioque; Omooùsios.

  Simonia. (inizio)

Consiste nel trattare i beni spirituali come se fossero merce di acquisto. Vendere o comperare un ufficio ecclesiastico o un sacramento costituisce un peccato di simonia. Il nome viene da un mago chiamato Simone il quale voleva comperare da Pietro e da Giovanni il potere di donare lo Spirito Santo (At 8,9‑25). In certe epoche, la simonia ha sfigurato la vita della Chiesa, per cui è stata condannata più volte (cf DS 304, 473, 586, 691‑694, 707, 751, 820; CIC 149, 188 e 1380).

  Simul peccator et justus  (inizio)

(Lat. « essere contemporaneamente peccatore e giusto »). Una frase che riassume la convinzione luterana secondo cui dobbiamo sempre confessarci peccatori quando ci guardiamo alla luce della legge che ci accusa e delle nostre possibilità naturali. Nello stesso tempo, dobbiamo ammettere che siamo realmente giustificati quando crediamo nella promessa del perdono e della misericordia di Dio. Cf Corruzione totale; Giustificazione; Imputazione; Luteranesimo; Peccato; Protestante.

  Sinagoga (Gr. « assemblea di persone o di cose »). (inizio)

Una scuola e un luogo ebraico per il culto. La parola ebraica corrispondente era knesset usata oggi per indicare il Parlamento d'Israele. Luca colloca il primo discorso di Gesù nella sinagoga di Nazaret (Lc 4,16‑28) e leggiamo che ha compiuto altre visite nelle sinagoghe (Mt 9,35; 13,54; Mc 1,39; Lc 4,44; 13,10; Gv 6,59). San Paolo e altri dei primi cristiani si sono serviti delle sinagoghe per dialoghi e dibattiti con gli Ebrei (cf At 13,14‑43; 17,1‑2.10‑12). Costituite per la prima volta nel secolo VI avanti Cristo, le sinagoghe sono sempre rimaste il centro di culto e di formazione ebraica lungo i secoli. Tra gli Ebrei di oggi, quelli riformati intendono i « templi », mentre gli Ortodossi si riferiscono alle « scuole ». Cf Giudaismo; Israele.

  Sinassario (Gr. « libro per l'assemblea »). (inizio)

Breve presentazione della vita di un santo o del significato di una festa particolare, letta nell'orthros, o ufficio del mattino nella liturgia delle Ore della Chiesa bizantina. Cf Liturgia delle Ore.

  Sinassi (Gr. « riunione »). (inizio)

Un'assemblea riunita per la liturgia della Parola, per la celebrazione eucaristica o per qualche altra funzione religiosa. Praticamente sinonimo di « sinagoga » (Gr. « assemblea »), la parola è stata usata dapprima dai cristiani per distinguere il loro culto da quello degli Ebrei. Cf Culto; Eucaristia; Liturgia della Parola; Sinagoga.

  Sincretismo (Gr. « mettere due città di Creta contro una terza »). (inizio)

Qualsiasi tentativo di conciliare o anche di fondere insieme princìpi e pratiche differenti o addirittura incompatibili. Spesso superficiale e transitorio, il sincretismo può verificarsi tra religioni, filosofie e all'interno dello stesso cristianesimo. Il primo a tentare un sincretismo ecumenico su larga scala fu Georg Callixtus (1586‑1656), teologo protestante che cercò di conciliare Luterani, Calvinisti e Cattolici sulla base della Bibbia, della fede dei primi cinque secoli e del Simbolo Apostolico. Cf Ecumenismo; Religioni comparate; Scuola della storia delle religioni; Simbolo apostolico.