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Sabato (Ebr. « riposo »). (inizio)

Il Sabato, o ultimo giorno della settimana ebraica, è ritenuto sacro per il culto di Dio e l'astensione dal lavoro (Es 20,10; 31,13‑17). Quel giorno ricorda come Dio « si riposò » dal lavoro della creazione (Gn 2,2‑3; Es 20,11; 31,17) e come il popolo fu liberato dall'Egitto (Dt 5,15). Contestando un'osservanza del Sabato che era divenuta strettamente legalistica (Mt 12,9‑14; Mc 2,23‑28; 13,10‑17), Gesù incontrò una forte opposizione quando affermò che « il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato » (Mc 2,28; cf Gv 5,2‑18). Gli Avventisti del settimo giorno osservano il sabato come il loro giorno sacro, come fa anche la Chiesa etiopica (non calcedonese). Cf Avventisti del settimo giorno; Cristianità etiopica; Domenica.

Sabellianesimo. (inizio)

Cf Modalismo; Monarchianismo; Patripassianismo 

Sacerdoti. (inizio)

Membri della comunità che sono messi « da parte » per offrire il sacrificio e praticare la mediazione tra Dio e gli esseri umani, in maniera cultica, come il sacerdozio levitico dell'AT (Es 28,1; 32,25‑29; Lv 8,1-9,24), come sacerdoti‑re come Melchisedech (Gn 14,18‑20) o in modo profetico come Ezechiele.  Unico Mediatore supremo tra Dio e gli uomini (1 Tm 2,5), Gesù è chiamato nella Lettera agli Ebrei « grande sommo sacerdote » (Eb 4,14-5,10). Questa Lettera illustra la natura del sacrificio di Cristo, la mediazione della Nuova Alleanza e il sacerdozio di Cristo come superiore a quello levitico (Eb 6,20-10,18).

  a) Mediante il battesimo, tutti i credenti partecipano all'unico sacerdozio regale di Cristo (1 Pt 2,4‑10; SC 14; AA 3). Questo sacerdozio è chiamato « sacerdozio dei fedeli ».

  b) Mediante il sacramento dell'Ordine, i sacerdoti sono consacrati dallo Spirito Santo e per il bene dell'intera Chiesa ad un ministero speciale della parola, dei sacramenti e della guida pastorale (PO 2,4‑6). Questo sacerdozio è chiamato spesso « sacerdozio ministeriale », ma c'è chi preferisce il termine « presbiterato » per sottolineare la differenza essenziale dal sacerdozio dei fedeli. Oltre all'amministrazione del sacramento della riconciliazione, dell'unzione degli infermi e degli altri sacramenti, il ministero dei sacerdoti ordinati comporta l'offrire il sacrificio della Messa « in persona di Cristo e... a nome di tutto il popolo » (LG 10, 28). C'è un unico sacerdozio, quello di Gesù Cristo a cui partecipano in modo differente i battezzati e i ministri ordinati. Cf Battesimo; Celibato; Clero; Diacono; Iniziazione; Mediazione; Ministero; Ordinazione; Ordine; Pastore; Presbitero; Profeta; Protestante; Vescovo.

  Sacramentale. (inizio)

Un segno sacro istituito dalla Chiesa, che assomiglia ai sacramenti, che significa e ottiene effetti spirituali mediante l'intercessione della Chiesa (SC 60; CIC 1166). Ampliando la definizione di sacramentali, da cose (per es., le palme distribuite la Domenica delle Palme) o pratiche (per es., il Rosario), fino a parlare di tutto ciò che ha valore di segno, il Concilio Vaticano II ha inteso affermare che tutti gli eventi della vita possono essere santificati. Una volta, solo i chierici erano ministri legittimi dei sacramentali. Oggi anche i laici possono amministrarne certuni, d'intesa col giudizio del vescovo del luogo e secondo le norme dei libri liturgici (SC 79; CIC 1168). Esempi di laici che amministrano i sacramentali possono essere l'imposizione delle ceneri il Mercoledì delle Ceneri e i genitori che guidano la recita del rosario in famiglia. CfOrdinario; Rosario; Sacramento; Settimana Santa.

Sacramento (Lat. « giuramento pubblico di fedeltà »).(inizio)

Un segno visibile istituito da Cristo che rivela e comunica la grazia. La Chiesa Cattolica e quella Ortodossa riconoscono sette sacramenti: il battesimo, la confermazione, l'Eucaristia, il matrimonio, l'ordine, l'unzione degli infermi e la penitenza (cf CIC 840‑1165). I cristiani orientali parlano di un « sacramento » come di un « mysterion » (Gr. « realtà nascosta »). Quest'ultimo termine rimanda ad un uso più generale (cf DS 860, 1310; FCC 9.001‑9.002). I Protestanti riconoscono generalmente solo due sacramenti: il battesimo e l'Eucaristia. Tre sacramenti (battesimo, confermazione e ordine) conferiscono un « carattere » permanente e non possono essere ripetuti (cf DS 781, 1313, 1767, 1774; FCC 9.005, 9.038, 9.291, 9.299). A partire dal Medioevo, i sacramenti sono stati considerati secondo la loro « forma », o parole, e « materia », o elementi come l'acqua, il pane, il vino o l'olio usati per la loro celebrazione. La confessione dei peccati da parte del penitente e lo scambio dei consensi nel matrimonio costituiscono la « quasi » materia di questi due sacramenti (cf DS 1601‑1816; FCC 9.007‑9.363). Notevoli contributi alla teologia dei sacramenti sono stati dati da sant'Agostino di Ippona (354‑430), da Pseudo‑Dionigi lo Areopagita (circa 500), da Pietro Lombardo (circa 1100‑1160), da Ugo di san Vittore (circa 1096‑1142), la cui interpretazione simbolica della realtà s'avvicina molto alla teologia orientale, da san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), da Mattia Giuseppe Scheeben (1835‑1888) e da Odo Casel (1886‑1948). La teologia contemporanea parla di:

  a) Cristo come sacramento primordiale o segno efficace della grazia di Dio, e

  b) della Chiesa istituita come sacramento fondamentale che si realizza concretamente nella vita dei sette sacramenti. Questa visione di vita sacramentale è stata sviluppata da Otto Semmelroth (1912‑1979), da Karl Rahner (1904‑1984) e da Edward Schillebeeckx (nato nel 1914) (cf SC 27; LG 7,11). Cf Battesimo; Carattere; Confermazione; Donatismo; Eucaristia; Ex opere operantis; Ex opere operato; Grazia; Matrimonio; Ministro; Ordine; Res et sacramentum; Sacramento della penitenza; Sphraghìs; Teologia del simbolo; Unzione degli infermi; Validità.

  Sacramento della penitenza. (inizio)

È uno dei sette sacramenti, istituito da Cristo per il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo. Questo sacramento risponde ad un bisogno profondo di confessare i peccati, di ricevere il perdono da Dio e di riconciliarsi con la Chiesa ferita dai peccati (2 Sam 12,1‑25; Sal 51; Mc 1,4‑5; Lc 7,36‑50; 15,11‑32; 18,9‑14). Questo compito di riconciliazione è espresso bene in alcune parole di sant'Agostino di Ippona (354‑430): « Pax cum ecclesia dimittit peccata » (« La pace con la Chiesa rimette i peccati ») (cf PO 5). I Vangeli presentano Cristo che rimette i peccati (Mc 2,5‑11; Lc 7,36‑50) e che conferisce ai suoi discepoli il potere di rimettere i peccati (Gv 20,19‑23). Nella Chiesa primitiva, i cristiani battezzati che avevano commesso un omicidio, l'apostasia, o un adulterio e che poi si pentivano dovevano sottoporsi ad un periodo lungo, severo e pubblico di penitenza prima di essere riammessi dal vescovo alla santa comunione. A partire dal VI secolo, missionari irlandesi e altri diffusero la pratica di ripetute confessioni private fatte ai sacerdoti; le penitenze imposte ai penitenti divennero meno severe. Il Concilio Lateranense IV (1215) prescrisse la confessione almeno una volta all'anno per coloro che erano caduti in peccati mortali (cf DS 812; FCC 9.198). Il Concilio di Firenze (1438‑1445) dichiarò che l'accusa del peccatore è la materia del sacramento, mentre le parole dell'assoluzione costituiscono la forma (cf DS 1323; FCC 9.277).  Martin Lutero (1483‑1546) riconobbe la penitenza come sacramento, ma i riformatori seguenti ritennero come sacramenti soltanto il battesimo e l'Eucaristia. Il Concilio di Trento (1545‑1563) riaffermò la sacramentalità della penitenza (DS 1667‑1693; FCC 9.227‑9.256). In Oriente, c'è un approccio « medicinale » al sacramento, che mira a sanare gli esseri umani dalle loro ferite e cattive inclinazioni. Le condizioni per una recezione fruttuosa del sacramento sono: una vera contrizione del peccato; la confessione di almeno tutti i peccati mortali; il proposito sincero di non peccare di nuovo e di fuggire tutte le occasioni di peccato; la volontà di compiere la penitenza imposta dal sacerdote. Questa penitenza, che può assumere varie forme (per es., preghiera, digiuno, elemosina o qualche altra opera buona), serve a facilitare la conversione dal peccato a Dio. Cf Attrizione; Confessione; Contrizione; Peccato; Perdono; Riconciliazione; Sacramento.

acrificio (Lat. « fare santo »). (inizio)

Offrire nel culto un dono a Dio (Gn 4,2‑5). I sacrifici possono esprimere lode, ringraziamento e pentimento verso Dio, espiazione dei peccati (Eb 9,22), possono convalidare preghiere di intercessione, sancire un'alleanza (Es 24,4‑8) e rafforzare la comunione tra Dio e i suoi adoratori. Secondo la tradizione sia ebraica che cristiana, come anche altre, la natura e la realtà del sacrificio comportano di solito un sacerdote che offre una vittima in maniera cultuale. L'AT, specialmente i Profeti, ha insistito sulla retta intenzione e sull'onestà di vita di coloro che adorano Dio mediante sacrifici (Is 1,2‑31; Os 6,6; Am 5,21‑24; Sal 51,15‑17). Gesù ha richiamato Osea quando ha sottolineato la priorità della « misericordia » sui sacrifici (Mt 9,13; 12,7). Egli ha inteso la propria morte come un sacrificio che avrebbe espiato i peccati e che avrebbe portato un'alleanza nuova e definitiva (Mc 14,22‑24; 1 Cor 11,23‑26). Cf Alleanza; Culto; Espiazione; Eucaristia; Olocausto; Pasqua ebraica; Sacerdoti; Sangue di Cristo; Yom Kippur.

  Sacrificio della Messa. (inizio)

È la ri‑presentazione nell'Eucaristia del sacrificio perfetto della morte e risurrezione di Cristo (Rm 3,25; 4,25; Eb 10,12.14). Ben lungi dall'essere un altro sacrificio, la Messa è l'offerta quotidiana « in memoria di » (Lc 22,19; 1 Cor 11,24‑25) e la ripresentazione di ciò che è accaduto una volta per sempre il Giovedì Santo, Venerdì Santo e Domenica di Pasqua. Ci sono molte Messe, ma un unico sacrificio. Il Concilio di Trento (1545‑1563) ha insistito sulla natura sacrificale della Messa che, in un modo incruento, attualizza a beneficio di tutti l'unico sacrificio del Calvario (cf DS 1733‑1762; FCC 9.168‑9.191). Il Concilio Vaticano II ha arricchito l'insegnamento sulla Messa (PO 2; SC 7; LG 3, 28) facendo notare, per esempio, che « il Sacrificio eucaristico » è « convito pasquale » (SC 47), ossia pasto sacrificale. La tradizione bizantina illustra l'unicità del sacrificio di Cristo col celebrare nelle chiese una sola Messa al giorno. Cf Anàmnesi; Eucaristia; Messa.

Sacrilegio (Lat. « offendere il sacro »). (inizio)

Offendere persone, eventi, cose e luoghi sacri. Alcuni esempi: profanare una chiesa, rubare calici, fare violenza a persone consacrate. Cf Consacrazione.

 Sacro Cuore. (inizio)

Il Cuore ferito di Gesù, simbolo del suo amore sacrificale per tutti gli uomini (cf Gv 7,37‑39; 19,34). Già conosciuta nel Medioevo, la devozione al Cuore ferito di Gesù acquistò molta popolarità con le visioni di santa Margherita Maria Alacoque (1647‑1690), che esortarono, per esempio, ad atti di riparazione e alla pratica di comunicarsi il primo venerdì di ogni mese. CfAmore; Devozioni; Riparazione; Simbolo.

  Sadducei. (inizio)

Considerati tradizionalmente discendenti del sacerdote Sadoc (2 Sam 8,17; 1 Re 1,8). A partire dal II secolo a.C., questo gruppo aristocratico sacerdotale esercitò una forte influenza economica e politica. Basandosi sulla Torah, essi rigettavano le tradizioni orali, la risurrezione dei morti e l'esistenza degli angeli (Mc 12,18‑27; At 23,6‑8). Il sommo sacerdote Caifa e altri Sadducèi con le loro motivazioni politiche e religiose contribuirono alla condanna di Gesù da parte di Ponzio Pilato (cf anche At 4,1; 5,17). Dopo la caduta di Gerusalemme nel 70 d.C., i Sadducèi scomparvero come gruppo. Cf Angeli; Farisei; Risurrezione; Toràh.

  Salmi (Gr. « canti »). (inizio)

Sono i canti religiosi dell'AT che esprimono al Dio santissimo l'adorazione, il rendimento di grazie, il lamento, il pentimento, la fedeltà e altri sentimenti del singolo e dell'intero popolo. Sebbene siano attribuiti tradizionalmente a Davide (morto all'incirca nel 970 a.C.), forse soltanto pochi dei 150 Salmi risalgono a lui. Questo libro liturgico degli Ebrei è usato dai cristiani dovunque per il culto pubblico e per la preghiera personale. Un libro fondamentale sull'AT e sui Salmi in particolare è uno studio di Hermann Gunkel (1862‑1932) che esamina le loro forme letterarie (cf DS 3521‑3528). Cf Critica biblica.

 Salvezza (Lat. « fare salvi », « soccorrere »). (inizio)

Termine globale per indicare la liberazione da sofferenze e da mali personali o collettivi. La Pasqua ebraica ricorda la liberazione attraverso il Mar Rosso (Es 12,1‑28; 14,15‑31) di un popolo minacciato di genocidio (Es 1,8‑22). I liberatori umani hanno spesso un ruolo, ma nella salvezza è decisivo solo il ruolo di Dio (Es 15,1‑21; Sal 46, 48, 76, 87). L'AT presenta la natura della salvezza in senso materiale (Dt 33,28‑29; Is 2,1‑5), ma l'alleanza del Sinai e quello che ne consegue include sempre elementi spirituali, oltre a quelli materiali (Ez 36,22‑32). Le promesse profetiche (Ger 31,3‑34; Ez 37,1‑14), escatologiche (Is 43,5-44,5) e chiaramente apocalittiche (Dn 12,1‑3) orientano verso una salvezza futura che verrà da Dio. Il NT sottolinea la liberazione dalla schiavitù del peccato e dalla morte (Mc 1, 5; Rm 5,12-7,25; Eb 2,14‑18). Il Figlio di Maria è chiamato « Gesù » (= « Dio è salvezza »), perché « salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21; cf At 4,12). Il « governo di Dio » e il « regno dei cieli » sono espressioni riverenziali per indicare la salvezza di Dio che raggiungerà il suo apice nell'eschaton (Rm 5,8‑10; 13,11; Eb 9,28; 1 Pt 1,5). Praticamente ogni pagina della Bibbia ha qualcosa da dire, direttamente o indirettamente, circa la salvezza, la sua natura e la sua mediazione. Il Benedictus è forse la preghiera più bella di ringraziamento a Dio per i suoi interventi salvifici (Lc 1,67‑79). CfAlleanza; Eschaton; Giustificazione; Grazia; Letteratura apocalittica; Messia; Parusìa; Pasqua ebraica; Peccato; Redenzione; Regno di Dio; Riconciliazione; Riscatto; Risurrezione dei morti; Soteriologia; Spirito Santo; Storia della salvezza.

  Sangue di Cristo. (inizio)

Inteso con il suo sfondo veterotestamentario, il Sangue di Cristo esprime e realizza la liberazione dalla morte alla vita (Es 12,7; 13,22‑23; 1 Pt 1,18‑19), lava dal peccato (Lv 16; Rm 3,25; Eb 9,12.14; 1 Gv 1,7; Ap 7,14) e instaura un nuovo rapporto d'amore con Dio (Es 24,3‑8; Mc 14,24). Cf Alleanza; Espiazione.

  Santa Sede. (inizio)

Il governo del Papa, la cui autorità è simboleggiata dal suo trono come vescovo di Roma. Nel Diritto Canonico, il termine « Santa Sede » e quello di « Sede Apostolica » non si riferiscono soltanto al Papa, ma anche, quando viene indicato dal contesto, alla sua Segreteria di Stato e ad altri uffici che fanno parte del governo papale (CIC 361). Cf Cattedra; Insediamento; Papa.

  Santificazione (Lat. « farsi santi », « fare santo »). (inizio)

L'azione di Dio che abilita gli esseri umani, i cui peccati sono stati perdonati, a partecipare più pienamente alla santità e perfezione di Dio. Per opera dello Spirito Santo (1 Pt 1,2), la santificazione continua e completa un processo che inizia con la giustificazione (cf 1 Cor 1,30; 6,11). La santificazione consiste nell'amore e viene dalla frequenza dei sacramenti (cf DS 225‑230; FCC 8.001‑8.007). Mentre i Protestanti tendono a enfatizzare il fatto che la santificazione in questa vita è radicalmente incompleta, il Concilio di Trento insiste sulla sua possibilità mediante la grazia abbondante di Dio (cf DS 1530‑1533; FCC 8.063‑8.066). I cristiani orientali preferiscono parlare di deificazione (2 Pt 1,4). Cf Deificazione; Giustificazione; Grazia; Santità.