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Riserva eucaristica. (inizio)

La prassi di conservare in un tabernacolo le ostie consacrate che servono per la comunione dei malati e per l'adorazione dei fedeli (CIC 934‑944). Una lampada accesa accanto al tabernacolo indica la presenza del Santissimo Sacramento. Cf Adorazione; Santissimo Sacramento.

 

Risurrezione (Lat. « alzarsi », « essere rialzato »). (inizio)

Non è un semplice ritorno alla vita terrena come è stato il caso della figlia di Giairo (Mc 5,22‑24.35‑43), ma il passaggio di Gesù attraverso la morte alla sua vita definitiva e trasformata (Rm 1,3‑4; 1 Cor 15,42‑50) che ha inaugurato la risurrezione finale degli esseri umani e del loro mondo (1 Cor 15,20‑28). Questa verità fondamentale della fede costituì l'annuncio iniziale dei cristiani (At 2,22‑24.32‑33.36; 1 Cor 15,1‑11) che praticamente definirono Dio (il Padre) come Colui che ha risuscitato Gesù dai morti (Rm 10,9; 1 Cor 6,14; Gal 1,1; 1 Ts 1,10; cf 1 Cor 15,15). Le tradizioni successive del NT come anche l'insegnamento del Magistero della Chiesa e i simboli di fede (Gv 10,17‑18; DS 359, 539) hanno parlato di Cristo che (in quanto divino) è risorto per virtù propria. Mediante le sue apparizioni (1 Cor 15,5‑8; Mc 16,7; Mt 28,9‑10.16‑20, ecc.), i primi discepoli giunsero a sapere che Cristo era risorto dai morti. La scoperta della tomba vuota da parte di Maria di Magdala (probabilmente con una o più donne che l'accompagnavano) servì come segno secondario e negativo per confermare l'evento della risurrezione (Mc 16,1‑8; Gv 20,1‑2). Come vertice della rivelazione divina (DV 4, 17), la risurrezione di Gesù crocifisso insieme all'invio dello Spirito Santo contiene implicitamente tutte le verità fondamentali del cristianesimo. Perciò il mistero pasquale va approfondito non solo nella sua fatticità, ma anche come mistero della rivelazione, della redenzione, della fede, della speranza e dell'amore. Cf Apparizioni del Signore risorto; Ascensione; Discesa agli inferi; Escatologia; Mistero pasquale; Pasqua; Pasqua ebraica.

 

Risurrezione dei morti. (inizio)

È la vita definitiva che sarà effettuata dalla potenza di Dio per l'essere umano tutto intero (= « corpo e anima »). Sebbene in quanto tale sia sorta tardi nell'AT, la speranza in una risurrezione generale ebbe origine dall'antica fede ebraica in Dio in quanto fedele, giusto, onnipotente e Signore della vita. Le interpretazioni sulla natura della risurrezione sono state varie: dalle immagini di una rianimazione fisica (2 Mac 7,1‑42; 12,44‑45; 14,46) alla speranza in una esistenza trasformata e gloriosa (Dn 12,1‑4) che si avvicina, anche se non è identica, alle attese di san Paolo circa un corpo « spirituale » (1 Cor 15,35‑54). La predicazione di Gesù sul Regno finale presupponeva una risurrezione generale (Mt 8,11; Mc 9,43‑48; Lc 11,31‑32). La risposta di Gesù ai Sadducei mostra che egli intendeva la risurrezione dei morti come una forma nuova di esistenza umana (Mc 12,18‑27; cf Rm 14,9; 1 Cor 15,22‑23; Col 1,18; Ap 1,15) in un mondo rinnovato e trasformato (cf LG 48‑49; 51; GS 14, 22). CfAnima; Cielo; Comunione dei Santi; Escatologia; Eternità; Letteratura apocalittica; Parusìa.

 

Rito. (inizio)

È il modo di celebrare una cerimonia religiosa o un sacramento. Il termine può riferirsi anche al complesso di cerimonie che vengono osservate in una data Chiesa. In Occidente, certi riti, come quello Ambrosiano di Milano, differiscono dal comune rito latino soltanto in certi particolari di secondaria importanza. Tra i Cattolici d'Oriente, però, la parola « rito » significa non solo notevoli differenze nella liturgia, ma anche l'intero stile di vita per una Chiesa particolare con una specifica spiritualità e disciplina. Rito, in questo senso, è sinonimo di tradizione ecclesiale. In Oriente, sono rimasti oggi sette riti principali: quello armeno, bizantino, copto, siriano‑orientale (chiamato anche assiro‑caldeo), etiopico, maronita (siro‑maronita), e siriano‑occidentale (chiamato anche antiocheno). Questi sette riti esistono sia nella tradizione ortodossa che in quella cattolica, eccetto il rito maronita che è cattolico. Cf Conferenza episcopale.

 

Rito funebre. (inizio)

Il complesso di cerimonie liturgiche per accomiatarsi dei cristiani deceduti dal momento della morte fino alla sepoltura o alla cremazione del corpo (cf CIC 1176‑1185). Il rispetto per il corpo, le preghiere per il defunto e la speranza nella risurrezione caratterizzano le varie cerimonie: in casa del defunto, in chiesa, al cimitero. La messa da « requiem » (Lat. « riposo »), come anche l'omelia, è dominata dal tema della risurrezione; il cimitero (Gr. « dormitorio ») è un posto sacro (CIC 1205). Nella Chiesa bizantina, il rito è molto differente, a seconda che si tratti di un bambino sotto i sette anni, di un laico, o di un presbitero; i vescovi sono sepolti con il rito per i presbiteri, mentre i diaconi sono sepolti con il rito dei laici. Cf Morte.

 

Rituale. (inizio)

Libro ufficiale che contiene le preghiere e azioni prescritte per la celebrazione dei sacramenti, funerali, pronuncia pubblica dei voti, consacrazione delle chiese e altre cerimonie religione.

 

Rivelazione (Lat. « togliere il velo »). (inizio)

La manifestazione da parte di Dio di ciò che prima era sconosciuto. L'AT riferisce la rivelazione divina comunicata primariamente con parole (Ger 23,18.22) e eventi della storia (Es 15,1‑21) e secondariamente mediante il mondo creato (Sal 19,2; Sap 13,1‑9). Come mediatori principali della rivelazione di Dio, i profeti classici parlarono anche della rivelazione futura della salvezza (Is 40,1‑11; Ger 31,31‑34). Nella sua incarnazione, vita, morte, risurrezione e con l'invio dello Spirito Santo (DV 4, 17), Cristo fu la pienezza dell'autorivelazione divina (Gv 1,14.18; Eb 1,1‑2), essendo ad un tempo il Rivelatore (= agente), la rivelazione (= il processo attivo della manifestazione) ed il contenuto della rivelazione. Per quanto concerne la dottrina della rivelazione, il Vangelo di Giovanni (con il suo linguaggio di gloria, luce, segni, verità, testimone, le affermazioni « io sono » e, soprattutto, l'incarnazione della parola), è il libro più ricco del NT. Con Cristo e con l'èra apostolica, la rivelazione fondante è compiuta e aspettiamo solo la rivelazione finale e gloriosa della parusìa (Tt 2,13; 1 Gv 3,2; DV 4). A partire dal Medioevo e specialmente a partire dall'Illuminismo, le verità della rivelazione sono sembrate in contrasto con quelle di ragione: queste sono accessibili senza che sia strettamente necessaria una comunicazione speciale di Dio. L'approccio di rivelazione « proposizionale » ha caratterizzato l'insegnamento del Concilio Vaticano I (DS 3004‑3007, 3026‑3029; FCC 1.061‑1.066, 2.015‑2.017). Il Concilio Vaticano II ha inteso la rivelazione primariamente come automanifestazione personale di Dio che chiede la nostra risposta personale di fede (DV 2, 6) e secondariamente come comunicazione di verità divine (DV 7, 9, 10, 11, 26). Il Vaticano II riconobbe la natura essenzialmente salvifica e sacramentale dell'autorivelazione di Dio mediata da eventi (azioni) e parole (DV 2, 4, 14, 17). La storia della salvezza e la storia della rivelazione sono inseparabili, pur costituendo due aspetti della stessa realtà. A partire dal Concilio Vaticano II, alcuni studiosi hanno fatto progredire la teologia della rivelazione col riflettere sull'autocomunicazione simbolica di Dio che gli esseri umanisperimentano nella fede. Sia la teologia cattolica che l'insegnamento ufficiale della Chiesa sono sempre più consapevoli che lo Spirito Santo media la rivelazione e la salvezza anche al di là del cristianesimo istituzionale. Cf Deposito della fede; Dogma; Esperienza religiosa; Grazia; Illuminismo; Logos; Mistero; Parola di Dio; Parusìa; Professione di fede; Scrittura e Tradizione; Simbolo; Storia della salvezza; Teologia giovannea; Teologia naturale.

 

Rosario (Lat. « giardino di rose »). (inizio)

Preghiera popolare in onore di Maria Santissima. Consiste in quindici decadi, ognuna della quali commemora un mistero che riguarda Cristo o Maria; ognuna comincia col Padre nostro seguito da dieci Ave, Maria e si conclude col Gloria al Padre... I cinque misteri gaudiosi sono concentrati sulla nascita e infanzia di Cristo. I cinque misteri dolorosi cominciano con l'agonia di Cristo nel Getsemani e terminano con la sua crocifissione e morte. I cinque misteri gloriosi iniziano con la risurrezione di Cristo e si concludono con la partecipazione di Maria alla vittoria del Figlio suo. Il Rosario non fu probabilmente introdotto da san Domenico (1170‑1221), anche se ciò è affermato dalla tradizione popolare. I predicatori domenicani lo hanno comunque divulgato, e un papa domenicano, san Pio V, lo ha approvato ufficialmente nel 1569. A motivo delle sue ripetizioni, il Rosario è stato chiamato « la preghiera di Gesù » del cattolicesimo occidentale. Cf Devozioni; Preghiera di Gesù.

 

Rubrica (Lat. « rosso »). (inizio)

Norme stampate in rosso nel testo principale (in nero) che viene letto o cantato nelle assemblee liturgiche. Le rubriche indicano come va eseguita una cerimonia. Cf Liturgia.

 

Ruteno (Lat. « russo »). (inizio)

Un cattolico che appartiene ad una delle Chiese che in origine dipendevano dal vescovo di Kiev. Il metropolita Isidoro di Kiev accettò l'unione con Roma subito dopo il Concilio di Firenze (1438‑1445). Questo finì per riportare molti Slavi a ritornare al cattolicesimo con l'Unione di Brest‑Litovsk (1596). Le Chiese rutene firmarono questa unione e sono descritte di solito come cattolici di lingua slava e di rito bizantino in Polonia, Ungheria e Boemia. Oggi, per « Ruteni » si intendono generalmente Bielorussi, Slovacchi e Ucraini. Questi cattolici non furono mai raggruppati insieme sotto un'unica giurisdizione. Il termine è usato anche per riferirsi specificamente ai cattolici bizantini che hanno avuto origine in un'area conosciuta come Carpato‑ucraina, Transcarpazia e così via. Cf ChieseOrientali.