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Martire (Gr. « testimone »). (inizio)

È colui che, a motivo della sua fede e amore verso Cristo, sopporta sofferenze e morte (LG 50; AG 24). Nel Vangelo di san Giovanni, il termine è usato per indicare la testimonianza del Padre a favore del Figlio suo (Gv 5,37) e la testimonianza data da Gesù (Gv 3,1‑12) o da Giovanni il Battista (Gv 1,6‑8.15.19‑36; 3,22‑30; 5,33). Gli Apostoli ed altri cristiani hanno reso testimonianza alla verità (Lc 24,48; At 1,8.22). Successivamente, il termine venne a designare coloro che soffrirono e morirono per dare testimonianza (At 22,20; Ap 12,11). La morte di Gesù è considerata il primo esempio di martirio (cf At 1,5; 3,14). Episodi isolati di persecuzione si verificarono su larga scala e furono sistematici sotto gli imperatori Settimio Severo (202‑203), Decio (249‑250) e Valeriano (257‑258). La persecuzioni romane raggiunsero il vertice sotto Diocleziano e Galerio dal 303 in poi, e terminarono con la vittoria di Costantino il Grande nel 312. I primi cristiani che vennero venerati come santi furono i martiri. Una cappella costruita sulle loro tombe era nota come martyrion, ed era visitata in modo particolare nel dies natalis (Lat. « compleanno », « anniversario ») ossia nel giorno della loro nascita al cielo mediante il martirio. Fin dagli inizi, la Chiesa ha considerato il martirio come un « battesimo di sangue », che può supplire il battesimo sacramento. Il Martirologio è un libro liturgico che contiene i nomi dei martiri e di altri santi, elencati secondo il giorno della loro morte. Nell'epoca moderna, ci sono stati numerosi martiri in Europa e fuori dell'Europa, in Africa, nelle Americhe, in Asia ed in Oceania. Nel nostro secolo, molti cristiani hanno sofferto e subìto il martirio a causa del loro impegno e della loro solidarietà con coloro che soffrono (cf Gv 15,13). Cf Battesimo; Santità; Venerazione dei santi.

 

Materia e forma. (inizio)

L'analisi aristotelica di tutta la realtà materiale in due princìpi complementari: la soggiacente stoffa o pura potenzialità che è attualizzata dalla forma la quale determina la natura delle cose. Questa teoria dell'ilemorfismo (Gr. « materia », « forma ») ha goduto una grande popolarità fra i filosofi e i teologi scolastici. Cf Aristotelismo; Causalità; Scolastica.

 

Materialismo. (inizio)

Qualsiasi teoria che neghi le entità spirituali, come Dio e l'anima umana, ed ammetta soltanto l'esistenza di ciò che è percettibile, la realtà estesa. Una forma classica di materialismo fu articolata dal filosofo greco Epicuro (341‑270 a.C.), ed espressa in versi dal poeta romano Lucrezio (circa 99‑55 a.C.). Le versioni moderne del materialismo sono derivate da Ludwig Feuerbach (1804‑1872), da Karl Marx (1818‑1883) e da Friedrich Engels (1820‑1895). Cf Ateismo; Marxismo; Panteismo.

 

Marxismo. (inizio)

Dottrina sociale, economica, politica e filosofica sviluppata da Karl Marx (1818‑1883) e dal suo collaboratore Friedrich Engels (1820‑1895). È stata attualizzata nella maniera più vigorosa da Vladimir Ilyich Lenin (1870‑1924) e da Mao Tse‑Tung (1893‑1976). Sconcertati dalle gravi ingiustizie sociali, essi dedussero che la proprietà privata aveva alienato gli esseri umani da se stessi, dal loro lavoro, dai loro prodotti e fra di loro. La lotta di classe, condotta dal proletariato industriale, doveva porre fine a questa alienazione radicale, superare il capitalismo e portare una società senza classi di persone auto‑emancipate. In questa società futura, la questione di Dio sarebbe semplicemente scomparsa. Il materialismo ateo del marxismo ufficiale si è opposto a tutte le religioni in quanto queste non sono altro che ideologie destinate a favorire i ricchi e i potenti e ad esortare i poveri a sopportare con pazienza e ad attendere la ricompensa dopo morte. Mentre ha condannato il marxismo ateo, il Magistero della Chiesa ha criticato anche il materialismo capitalistico (DS 2786, 3773, 3865, 3930, 3939; Giovanni Paolo II, Sollecitudo Rei Socialis, 20‑21). La linea dura marxista non ha portato a termine né la vera emancipazione dell'umanità né la prosperità economica per tutti. In un modo drammatico, quasi tutti i governi dei paesi comunisti hanno concesso ed anche iniziato riforme che vengono a relegare il vecchio marxismo ufficiale come una cosa del passato. Cf Ateismo; Dottrina sociale; Materialismo; Scuola di Francoforte; Teologia politica.

 

Matrimonio. (inizio)                 

Una comunione di vita concordata fra un uomo e una donna mediante cui essi diventano marito e moglie, si danno e si ricevono mutuamente, promuovono il pieno benessere l'uno dell'altro e nell'amore procreano ed educano i figli (GS 47‑52). L'AT parla dell'uomo e della donna come di esseri creati ad immagine di Dio per dominare la terra, procreare figli e realizzarsi reciprocamente (Gn 1,27‑28; 2,18‑25). Gesù sottolineò la dignità della vita matrimoniale in vari modi: per es., paragonando il Regno dei cieli ad un banchetto nuziale (Mt 22,1‑14; 25,1‑13). Il suo amore per la Chiesa è paragonato al vincolo matrimoniale (Ef 5,22‑23). Il matrimonio è un sacramento per i cristiani battezzati (LG 11,35). I due « partners » sono, nel rito latino, essi stessi i ministri di questo sacramento, mentre il presbitero (o diacono) non è altro che il testimone ufficiale. Il vincolo matrimoniale è indissolubile finché i due coniugi rimangono in vita. Cf Forma del matrimonio; Impedimenti del matrimonio; Sacramento.

 

Mediatrice. (inizio)

Un titolo dato a Maria. Ha avuto origine in Oriente e il primo documento certo viene da sant'Andrea di Creta (morto nel 740). Essendo intimamente unita al Figlio suo, Maria può intercedere per gli altri suoi figli (Gv 19,26). Questa sua intercessione si fonda sui meriti infiniti del Figlio suo. Gli angeli, i santi e gli esseri umani tuttora viventi possono anche intercedere per gli altri (1 Tm 2,1), e, a modo loro, fare da mediatori per le benedizioni di Dio. Questi mediatori subordinati sono alle volte chiamati « mediatori in un senso relativo », in relazione, cioè, ai meriti di Gesù Cristo (cf DS 3320ss; 3370; 3916). Cf Angeli custodi; Intercessione; Mariologia; Venerazione dei santi.

  Mediazione (Lat. « mettersi tra »). L'intervento di un terzo per riconciliare tra di loro due parti in conflitto e così, promuovere, mediante una nuova comprensione, un bene o una mèta comune. Nell'AT, Abramo (Gn 18,16‑33), Mosè (Es 32,7‑14) e vari profeti, sacerdoti, giudici e re hanno fatto da mediatori tra il popolo e Dio. Essendo divino e umano, Gesù Cristo è pienamente e definitivamente il Mediatore, cioè, l'unico e definitivo Mediatore tra Dio e l'umanità peccatrice (1 Tm 2,5; Eb 8,6; 9,15; 12,24). Questa verità fondamentale è stata trattata da Pio XII in encicliche, come Mystici Corporis (1943) e Mediator Dei (1947) (cf DS 1526; 3370; 3820; FCC 5.032, 8.059). Cf Redentore; Redenzione; Salvezza.

 

Meditazione (Lat. « riflessione »). (inizio)

Preghiera mentale che tende all'unione con Dio e a penetrare nella divina volontà col riflettere su temi biblici e su altri temi di spiritualità. Come forma di preghiera per i principianti, l'esercitazione della meditazione graduale dovrebbe portare al livello più alto e più semplice della contemplazione. Cf Contemplazione.

  Melkiti (oggi, si scrive più comunemente così), o Melchiti (Siriano « seguaci del re »). Sono quei cristiani dell'impero bizantino, specialmente in Egitto e in Siria, che hanno sostenuto l'imperatore e la fede ortodossa contro Monofisiti, ossia contro quelli che erano contrari al Concilio di Calcedonia (451). Quando Costantinopoli si staccò da Roma nel 1054, i Melkiti si schierarono con Costantinopoli, ma dopo il 1724 cominciò a prendere forma una Chiesa Melkita unita a Roma. Oggi, il termine « Melkita » si applica il più delle volte ai cattolici di rito bizantino che appartengono ai patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Cf Chiese Orientali; Concilio di Calcedonia; Monofisismo; Rito; Scisma.

 

Merito (Lat. « premio, ricompensa »). (inizio)

La bontà di un'azione che dà diritto a una ricompensa. Dopo che Tertulliano (circa 160 ‑ circa 220) ebbe introdotto il termine, i teologi medievali distinsero fra merito de condigno, ossia il merito basato su uno stretto diritto di giustizia, e la nostra situazione di fronte a Dio, merito de congruo, dove è conveniente che siano ricompensate le azioni dei giustificati (o di quelli non ancora giustificati). Dietro a questo insegnamento, stanno molti passi scritturistici i quali affermano che Dio premia le azioni buone e punisce quelle cattive (Es 23,20‑22; Mt 5,3‑12; 6,4; 19,21; 25,31‑46; 1 Cor 3,8; Ap 22,12). D'altra parte, sant'Agostino di Ippona (354‑430) ha fatto notare che ogni « aspirazione » di fronte a Dio è basata unicamente su ciò che Dio ha dato prima liberamente: « Dio non corona i tuoi meriti come meriti tuoi, ma coronando i tuoi meriti, corona i suoi stessi doni » (cf DS 248, 388; FCC 8.020). Il Concilio di Trento, richiamandosi a Rm 11,6, insegnò che non possiamo meritare la grazia iniziale della giustificazione e la ricompensa eterna che ne consegue (DS 1532; FCC 8.065). Nondimeno, la giustificazione mediante i meriti infiniti di Cristo produce un cambiamento intrinseco mediante cui il giustificato può produrre i frutti dello Spirito (Gal 5, 22‑23). La controversia della Riforma sul merito ha appena sfiorato le Chiese Orientali. Le loro liturgie non solo pregano gli angeli e i santi, ma pregano anche per loro, volendo significare che la grandezza di ogni creatura è sempre dovuta alla misericordia di Dio. Cf Concilio di Trento; Deificazione; Giustificazione; Grazia; Imputazione; Opere buone; Santificazione.

 

Messa (Lat. forse « congedo »). (inizio)

Parola comunemente usata nella Chiesa Cattolica, dove la forma più comune di congedo al termine della Liturgia è: « Ite, Missa est » (Lat. « Andate, la Messa è finita »). Cf Eucaristia; Liturgia.

 

Messa dei catecumeni. (inizio)

Termine comune, ora non più usato e fuorviante per indicare la Liturgia della Parola. Tutti i presenti, e non solo i catecumeni, sono tenuti seriamente ad ascoltare la Parola di Dio. Cf Liturgia eucaristica; Liturgia della Parola; Messa dei fedeli.

 

Messa dei fedeli. (inizio)

Termine ormai superato che veniva usato per indicare la seconda parte della Messa, quella che viene dopo la Liturgia della Parola. Il termine si riferiva al tempo in cui molti catecumeni (adulti che si preparavano al battesimo) erano invitati ad andarsene quando cominciava la seconda parte della Messa. L'espressione esatta che si usa oggi per la seconda parte della Messa è: Liturgia eucaristica. Cf Liturgia della Parola; Messa dei Catecumeni.

  Messa dei presantificati. La liturgia in cui non c'è la consacrazione del pane e del vino, ma vengono distribuite le ostie consacrate nella Messa precedente. Di qui, il nome di Messa dei « presantificati ». Nel rito bizantino, una Messa dei presantificati è celebrata i mercoledì e venerdì di Quaresima, mentre l'Eucaristia normale è limitata ai sabati, alle domeniche e alla festa dell'Annunciazione (= i giorni festivi liberi dall'astinenza e dal digiuno). Nel rito latino, la Messa dei presantificati è celebrata solo il Venerdì Santo. Cf Astinenza; Digiuno; Quaresima; Rito; Trisagio.

 

Messaliani (Siriano « gente che prega »). (inizio)

Una sètta che si trovava nel Medio Oriente, in Grecia e in Egitto e che fu condannata nel Concilio di Efeso (431). Essa sosteneva che, mediante il peccato di Adamo, un demonio si era unito ad ogni anima e poteva esserne cacciato soltanto con la preghiera costante e con pratiche ascetiche. Una simile preghiera ed ascesi dovevano anche portare automaticamente ad una visione della Trinità. Nel mondo antico, la loro accentuazione della preghiera li portò a farsi chiamare Euchiti (Gr. « gente che prega »). Lo studioso gesuita Ireneo Hausherr (1891‑1978) definì il Messalianismo come il « pelagianesimo dell'Oriente », in quanto affermava che lo sforzo umano costante era l'unica cosa necessaria per raggiungere i doni spirituali più elevati. Gran parte della letteratura di questa setta fu, a quanto sembra, attribuita a san Macario di Egitto (circa 300 ‑ circa 390). Cf Ascesi; Pelagianesimo; Preghiera.

 

Messia (Ebr. « unto »). (inizio)

Il liberatore promesso da Dio per un popolo sofferente. L'aggettivo ebraico maschiach (« unto ») era usato per l'unzione regale (1 Sam 10,1; 24,7; 2 Sam 2,4) e per l'unzione sacerdotale (Lv 4,3.5). In entrambi i casi, indicava una persona investita da Dio con poteri e funzioni speciali. Attraverso la promessa di Natan a Davide (2 Sam 7,12‑16) e altri influssi (Is 9,5‑7; Ez 34,23‑24; 37,24‑25; e i Salmi messianici: Sal 2, 17, 22, 45, 49, 72, 89, 110), il termine Messia (o in greco: Cristo) finì per indicare il re promesso della discendenza di Davide che avrebbe finalmente liberato il popolo. Il NT riconosce Gesù come il Messia re che ora regna in cielo (At 2,36; 5,31) e che verrà con potenza e gloria (At 3,20‑21). Però, fu già investito di simili funzioni durante il suo ministero (Lc 4,17‑21; Mc 8,29) e perfino nella sua infanzia (Lc 1,32‑33; 2,11; Mt 1,23; 2,6). Come designazione per Gesù che comprende i suoi poteri e la sua identità, Messia o Cristo (Gv 1,41; 4,25) era così frequente che al tempo della prima lettera di Paolo era già divenuto un (secondo) nome proprio (1 Ts 1,1), come avviene anche oggi quando si parla di « Gesù Cristo ». Cf Titoli cristologici; Unto.

 

Metafisica (Gr. « dopo la fisica »). (inizio)

Si chiama così lo studio delle cause ultime che costituiscono la realtà. Nell'ordine secondo cui furono pubblicate le opere di Aristotele, la Metafisica venne dopo la Fisica (che studiava i fenomeni naturali soggetti a cambiamenti, contrapposti perciò agli elementi permanenti e dovunque presenti della realtà come vengono esaminati dalla metafisica). Con René Descartes (1596‑1650) e Immanuel Kant (1724‑1804), la tradizione della metafisica aristotelica è stata modificata dalla presa di coscienza dell'estensione su cui la realtà « oggettiva » è costruita dal soggetto conoscente. Joseph Maréchal (1878‑1944), Karl Rahner (1904‑1984) e Bernard Lonergan (1904‑1984) hanno sviluppato un realismo moderato che consente un ruolo alla soggettività. La metafisica classica è stata contestata da quanti respingono come priva di significato ogni affermazione che non sia empiricamente verificabile. Comunque, siccome questo stesso principio non è empiricamente verificabile, la sua sfida alla metafisica classica va sostanzialmente modificata. Cf Agostinianismo; Analogia; Aristotelismo; Causalità; Filosofia; Positivismo; Tomismo.

 

Metanoia (Gr. « cambiare mente »). (inizio)

Termine biblico per indicare il pentimento o cambiamento completo di cuore per cui uno si allontana dal peccato per servire il Dio vivente. I profeti dell'AT chiamavano alla conversione che allontanasse il popolo dall'idolatria e da una pratica religiosa puramente superficiale per vivere fedelmente la legge di Dio e le loro responsabilità sociali (Is 1,10‑20; Ez 18,1‑32). Giovanni Battista e poi Gesù predicarono un cambiamento radicale del cuore in quanto richiesto dalla venuta del Regno di Dio (Mt 3,1‑12; Mc 1,15). Il battesimo di Giovanni era un battesimo per il pentimento (Mc 1,4; At 13,24; 19,4). Nel nome di Gesù, gli Apostoli invitavano la gente a convertirsi e a farsi battezzare e così cominciare una nuova vita nello Spirito (At 2,38). Il dono dell'autentica metànoia (cf Sal 50,14) è così speciale che chiunque la espone a rischio con peccati successivi può perderla per sempre (cf Eb 6,4‑6). Cf Conversione; Fede; Virtù della penitenza.

 

Metempsicosi. inizio)

Cf Re‑incarnazione.

Metodi in teologia. (inizio)

Modi coerenti di fare teologia che variano a seconda dei loro problemi caratteristici, del loro intento fondamentale, dei destinatari, del contesto, dell'uso delle fonti e dei criteri.

  a) I teologi nord‑atlantici sollevano tipicamente questioni circa il significato, la ricerca della verità, preferiscono la teologia in un sistema universitario, dialogano coi colleghi, privilegiano testi scritti ed usano criteri suggeriti dalla ragione.

  b) La teologia latino‑americana della liberazione rappresenta un altro metodo teologico che indaga sulla giustizia, fa teologia in un contesto pubblico, privilegia le voci dei poveri e dei sofferenti, e rispetta i criteri della prassi.

  c) Un metodo liturgico e monastico di fare teologia cerca la bellezza divina, trova il suo ambiente nel campo della preghiera, si associa coi fedeli, e prende i suoi testi e criteri dalla Chiesa.

  Ognuno di questi tre metodi può essere suddiviso in sottogruppi:

  Il metodo (a), per esempio, può essere segnato dal tipo di filosofia che adotta (per es., il neo‑tomismo, varie forme di esistenzialismo, la filosofia del linguaggio comune o la filosofia del processo).

  Il metodo (b) cambierà a seconda che sarà a contatto coi cristiani poveri dell'America Latina o con gli Indù poveri dell'India.

  Il metodo (c) varierà a seconda che sarà praticato dai Trappisti contemplativi, dai cristiani ortodossi di Russia, o dai monaci buddisti in Giappone.

  Idealmente, la teologia cristiana può solo essere arricchita da un conveniente pluralismo in cui i tre metodi principali servono a completarsi fra di loro. Cf Dòxa; Filosofia; Giustizia; Locus theologicus; Opzione per i poveri; Pluralismo; Prassi; Scuole di teologia; Teologia della bellezza; Verità.

Metodismo (Gr. « che segue un metodo »). (inizio)

È una forma di pratica cristiana che cominciò come movimento revivalista in Gran Bretagna sotto la guida di John Wesley (1703‑1793) e suo fratello Carlo (1707‑1788). Esso portò all'istituzione nel 1784 di associazioni libere (più tardi Chiese), indipendenti dalla struttura episcopale della Chiesa d'Inghilterra, ma in comunione fra di loro. Oggi, fanno parte della Federazione Mondiale delle Chiese Metodiste. Il Metodismo ha imitato il pietismo tedesco e ha privilegiato l'esperienza di conversione dei fratelli Wesley nel favorire una teologia del cuore a preferenza di una ortodossia rigida e razionalista. I Metodisti sottolineano l'evangelismo, il sacerdozio dei fedeli e la condotta sociale. La loro teologia ha avuto la tendenza ad essere largamente « arminiana »: cioè, favorisce l'insegnamento anticalvinista del teologo riformato olandese Jacob Arminius (1560‑1609), il quale insegnava che Cristo morì non solo per pochi predestinati, ma per tutti, e che la libertà sovrana di Dio non esclude la vera libertà degli esseri umani. Cf Calvinismo; Evangelismo; Protestante.