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Farisei (Ebr. « separati »). (inizio)

Un gruppo di pii Giudei, formatosi nel II secolo a.C. Essi accettavano sia la legge scritta che orale e osservavano fino allo scrupolo molte pratiche (ispirate dalle 366 norme positive e 250 negative). Criticavano Gesù perché rimetteva i peccati, trasgrediva il Sabato e frequentava i peccatori. A sua volta, Gesù rinfacciava loro il legalismo esteriorista e la presunzione di essere giusti (Mc 7,1‑23; Lc 18,9‑14). Tuttavia, i Vangeli ricordano anche come Gesù sia stato difeso e accolto da certi Farisei (Lc 7,36; 13,31; Gv 7,50‑51; 19,39). Il maestro di Paolo, il fariseo Gamaliele, prese nel Sinedrio le difese degli apostoli (At 5,34‑40). Non solo Paolo, ma anche altri Farisei si fecero cristiani (At 15,5). Dopo la rivolta di Bar Kocheba (135 d.C.) le tradizioni dei Farisei furono conservate dai Rabbini e dalla Mishnah. Cf Mishnah; Sadducèi; Talmud.

Farsi cristiano. (inizio)

Ricevere un nome cristiano ed essere accolto nella Chiesa. In Occidente, questo avviene col battesimo. In Oriente, vengono allora amministrate anche la cresima e la comunione. CfBattesimo; Iniziazione.

Febronianesimo. (inizio)

È una teoria tedesca sulle relazioni tra Chiesa e Stato. Essa respingeva certi poteri del papa come residui medievali. Il movimento prese nome da Johann Nikolaus von Hontheim (1701‑1790), vescovo coadiutore di Treviri. Questi, nel 1763, sotto lo pseudonimo di « Giustino Febronio », pubblicò un libro dal titolo: « Sullo Stato della Chiesa e sulla legittima autorità del Romano Pontefice ». Il libro riconosceva il papa come capo della Chiesa, ma negava la sua giurisdizione sulla maggior parte dei problemi fuori di Roma (cf DS 2592‑2597). Cf Chiesa e Stato; Gallicanesimo; Papa.

Fede. (inizio)

Si intende la verità oggettiva e rivelata che è creduta (fides quae), o l'affidamento soggettivo e personale a Dio (fides qua). Resa possibile con l'aiuto dello Spirito Santo (At 16,14; 2 Cor 3,16‑18), la fede è una risposta libera, ragionevole e totale (DV 4) mediante cui confessiamo la verità circa la divina autorivelazione compiutasi definitivamente in Cristo (Gv 20,31; Rm 10,9), ci abbandoniamo a Dio nell'obbedienza (Rm 1,5; 16,26) e affidiamo a Dio il nostro futuro (Rm 6,8; Eb 11,1). Cf Analisi della fede; Analogia della fede; Deposito della fede; Fideismo; Giustificazione; Razionalismo; Rivelazione; Semipelagianesimo; Sola fede; Verità.

Fede e opere. (inizio)

Un problema già sollevato nel NT (per es., Gc 2,14‑26), e dibattuto strenuamente al tempo della Riforma. San Paolo insiste sul fatto che la giustificazione avviene per grazia mediante la fede, e non per le opere della legge (Rm 3,20‑26; Gal 2,16; 3,2.5.10). Tuttavia, Dio opera nei credenti (Fil 2,12‑13) perché producano i frutti (Gal 5,22‑23) di una fede « che opera per mezzo della carità » (Gal 5,6). Cf Decalogo; Fede; Giustificazione; Grazia; Imputazione; Legge; Luteranesimo; Merito; Riforma (La); Sola fede; Toràh.

Fede e ordine. (inizio)

Commissione ecumenica fondata per studiare i problemi teologici che fomentano le divisioni tra i cristiani. Questa Commissione organizzò le Conferenze mondiali di Losanna (1927), Edinburgo (1937), Lund (1952), Montréal (1963) e Santiago de Compostela (1993). Attualmente è una sezione all'interno del Consiglio Ecumenico delle Chiese. Cf Consiglio Ecumenico delle Chiese; Ecumenismo.

Fede fiduciale (Lat. « fede come fiducia »). (inizio)

È l'elemento più importante della fede secondo Martin Lutero (1483‑1546). Mentre conservano la priorità di questo elemento fiduciale (fiducia) nella salvezza effettuata da Cristo, i teologi luterani successivi hanno incluso il ruolo della conoscenza e dell'assenso nella loro spiegazione di fede. Cf Fede; Luteranesimo.

Fenomenologia (Gr. « studio di ciò che appare »). (inizio)

È lo studio dei fenomeni in quanto contrapposi ai nooumeni (Gr. « le cose che sono percepite »), o cose come sono in sé e non semplicemente come appaiono. Dopo che Immanuel Kant (1724‑1804) ebbe stabilito una distinzione netta tra il mondo nooumenico e quello fenomenico, Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770‑1831), nella sua Fenomenologia dello Spirito (1807) pensò di tracciare le varie fasi attraverso cui passa la mente: dalla semplice consapevolezza alla certezza sensibile dei fenomeni, alla conoscenza assoluta dello Spirito. Studiando i contenuti della coscienza umana, la fenomenologia di Edmondo Husserl (1859‑1938) mirò a descrivere il modo con cui le cose si manifestano effettivamente nella loro realtà. L'opera di Max Scheler (1874‑1928) sui sentimenti e sui valori portò la fenomenologia in una direzione in un certo senso agostiniana, cosa che fece l'assistente di Husserl, la beata Edith Stein (1891‑1942). La fenomenologia può anche essere esistenzialista, come quella di Maurice Merleau‑Ponty (1908‑1961), che si adoperò a descrivere « il mio mondo », più che il mondo com'è in se. Con Martin Heidegger (1889‑1976), la fenomenologia divenne una filosofia dell'esistenza, basata sulla storicità e sul tempo. Cf Esistenzialismo; Esperienza religiosa; Filosofia.

Ferendae sententiae (Lat. « sentenza da pronunciare »). (inizio)

È la pena « che non costringe il reo se non dopo essere stata inflitta » (CIC 1314; cf 1318). A motivo della complessità dei casi singoli e della sottigliezza della legge, la maggior parte delle pene ecclesiastiche sono di questo tipo. Cf Latae sententiae.

Festa. (inizio)

Giorno di celebrazione speciale nel calendario liturgico della Chiesa. La domenica festeggia la risurrezione di Cristo dai morti, e in Oriente è chiamata spesso il « giorno ottavo », o il primo giorno della nuova creazione portata da Cristo. Sono feste mobili, per es., Pasqua e Pentecoste, in quanto le loro date variano da un anno all'altro. Le feste fisse (per es., Natale e le feste dei santi) sono sempre celebrate lo stesso giorno. Cf Calendario liturgico; Domenica; Risurrezione; Sabato.

Fideismo. (inizio)

Tendenza

a) a sottovalutare il ruolo della ragione nello studio delle tematiche religiose, e

  b) a sopravalutare la libera decisione di fede.

  Nel migliore dei casi, il fideismo sfida giustamente i tentativi di dimostrare scientificamente la verità del cristianesimo. Nel caso peggiore, rappresenta la fede come un salto cieco nel buio. Cf Analisi della fede; Modernismo; Preamboli della fede; Razionalismo; Teologia naturale; Tradizionalismo.

Fides quaerens intellectum (Lat. « fede che cerca di capire »). (inizio)

È il titolo che sant'Anselmo di Aosta (circa 1033‑1109) diede originariamente ad un suo lavoro (che più tardi venne chiamato « Proslogion »). Il titolo non è altro che una variante del detto agostiniano: « Credo ut intelligam » (Lat. « credo per capire ») e vuol dire che, in teologia, la fede ispira e guida la comprensione intellettuale più che l'inverso. CfAgostinianismo; Argomento ontologico.

Filioque (Lat. « e dal Figlio »). (inizio)

Parola che fu aggiunta al Simbolo Niceno‑Costantinopolitano nel quarto Sinodo di Braga, in Portogallo (675). La sua aggiunta nel terzo Sinodo di Toledo (589) sembra essere una interpolazione (cf DS 470; FCC 6.024). Questa parola intende affermare:

  a) che lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio;

  b) che le tre Persone della Trinità sono perfettamente uguali.

  Nel 1013 l'imperatore Enrico II ordinò alla Chiesa latina di aggiungere il Filioque nella professione di fede. La Chiesa ortodossa greca avversò fortemente questa inserzione nel Simbolo. A partire dal Patriarca Fozio di Costantinopoli (circa 810‑895), il Filioque è stato spesso considerato il punto più grave di divergenza tra l'Oriente e l'Occidente. Il Concilio di Firenze (1439) non pretese che i Greci accettassero l'aggiunta del Filioque, ma si accontentò che riconoscessero la verità che vi è soggiacente (DS 1301‑1303; FCC 6.070‑6.071), cosa che essi fecero. Cf Arianesimo; Concilio di Firenze; Concilio di Lione II; Processioni; Simbolo niceno; Spirito Santo.

Filocalia (Gr. « amore di ciò che è bello »). (inizio)

a) Si tratta di un'antologia tratta dagli scritti di Origene (circa 185 ‑ circa 253) per opera di san Basilio Magno (circa 330‑379) e di san Gregorio Nazianzeno (329‑389).

  b) Lo stesso titolo fu scelto per un'antologia sull'ascetica, la solitudine e la preghiera del cuore chiamata esicasmo, tratta da trentotto Padri della Chiesa e pubblicata nel 1782 da san Macario Notaras, vescovo di Corinto (1731‑1805) e da san Nicodemo Agiorita del Monte Athos (circa 1749‑1809). Ispirandosi a questa antologia, Paisy Velichovsky (1722‑1794) tradusse in slavonico brani scelti dai Padri greci e li pubblicò nel 1793 come Dobrotoliubie(slavonico: « amore di ciò che è buono »). Il vescovo Teofano Zatvornik (russo: « il Recluso ») (1815‑1894) fece una traduzione libera in russo dall'antologia del 1872, ampliandola notevolmente e dandole il titolo della raccolta di Paisy. Entrambe le edizioni dellaDobrotoliubie hanno influenzato fortemente la spiritualità russa e raggiunto un vasto pubblico, come appare dall'opera anonima: La via di un pellegrino (ed. Kazan', 1870). In questi ultimi decenni, la riscoperta della Filocalìa ha contribuito grandemente a fare conoscere in Occidente la spiritualità ortodossa (e la spiritualità dei Padri in genere). CfEsicasmo; Misticismo; Padri cappadoci; Padri della Chiesa; Preghiera di Gesù.

Filosofia (Gr. « amore della sapienza » (inizio)

o studio dei princìpi più generali delle cose e della conoscenza che ne abbiamo. Dopo Socrate (circa 469‑399 a.C.) e Platone (circa 428 ‑ circa 348 a.C.), la filosofia greca raggiunse il suo vertice con Aristotele (384‑322 a.C.). Egli organizzò la filosofia in un sistema unificato di apprendimento che per secoli ebbe un influsso enorme sia in Oriente che in Occidente. Uno studio introduttorio della logica o scienza del raziocinio doveva servire da organon (Gr. « strumento ») per la scienza ulteriore. Poi, seguiva

  a) la theorìa (Gr. « contemplazione ») che era divisa in prima filosofia (= metafisica), matematica e fisica;

  b) la praxis (Gr. « azione », « condotta ») che comprendeva l'etica e la politica;

  c) la pòiesis (Gr. « fare », « produrre ») suddivisa in retorica, poesia ed economia.

  Dopo René Descartes (Cartesio: 1596‑1650) ed Immanuel Kant (1724‑1804), il problema della natura, delle condizioni e dei limiti della conoscenza umana ha occupato spesso il posto principale in filosofia. Nel secolo XX, varie forme di esistenzialismo, analisi linguistica, varie forme di marxismo, la filosofia del processo, varie correnti tomiste e altre filosofie hanno creato una situazione di pluralismo, almeno nel mondo occidentale. La teologia ha bisogno dell'aiuto di una buona base filosofica che serva a chiarire criticamente i suoi concetti, problemi e metodi. Cf Aristotelismo; Epistemologia; Ermeneutica: Esistenzialismo; Etica; Fenomenologia; Filosofia perenne; Idealismo; Materialismo; Metafisica: Neoplatonismo; Nominalismo; Personalismo; Platonismo; Pragmatismo; Scolastica; Strutturalismo; Teologia; Teologia del processo.

Filosofia della religione. (inizio)

Lo studio filosofico del linguaggio, delle credenze, delle esperienze e delle prassi religiose. Questa disciplina, focalizzata in modo piuttosto vagamente, fu creata da David Hume (1711‑1776), da Immanuel Kant (1724‑1804), da Giorgio Guglielmo Federico Hegel (1770‑1831) e da altri personaggi dell'Illuminismo che spesso sottovalutarono il significato della rivelazione e cercarono di sviluppare una religione entro i limiti della sola ragione. Oggi, alcuni usano questa disciplina per elaborare i fondamenti per la credenza religiosa od anche per studiare i rapporti tra la ragione filosofica e la fede religiosa. Nel ragionare sullareligione, questa disciplina prescinde logicamente dal punto di vista della fede personale e riflette su tutte le religioni del mondo senza privilegiare la preminenza o l'unicità di una religione. Perciò la filosofia della religione si suole distinguere dalla teologia filosofica che non prescinde dalla fede cristiana e coincide in buona parte con la teologia fondamentale. CfFilosofia; Religione; Rivelazione; Teologia fondamentale; Teologia naturale.

Filosofia perenne. (inizio)

Un tema che è stato reso popolare dalla Neo‑Scolastica e che risale ad un libro scritto da Agostino Steuchus (1496‑1548), vescovo di Kissamos nell'isola di Creta. Questi, nel suo De perenni philosophia (1540) affermava un'armonia essenziale tra

  a) il pensiero di platonici cristiani come Marsilio Ficino (1433‑1499) e Giovanni Pico della Mirandola (1463‑1494) e

  b) la filosofia dell'antichità classica.

  In seguito, altri scrittori, come Goffredo Gugliemo Leibniz (1646‑1716), svilupparono questa tesi e sostennero un'unità fondamentale nell'intera storia del pensiero occidentale. Aldous Huxley (1894‑1963) e altri hanno usato il termine filosofia perenne in un senso più ampio, affermando che tutte le grandi tradizioni religiose condividono la stessa sapienza antica. CfNeo‑Aristotelismo; Nea‑Scolastica; Neo‑Tomismo; Platonismo; Scolastica; Tomismo.

Filosofia trascendentale. (inizio)

Una forma di tomismo sviluppata dal Gesuita belga Joseph Maréchal (1878‑1944) in risposta alla filosofia critica di Immanuel Kant (1724‑1804). Dopo René Descartes (Cartesio: 1596‑1650), non si poteva ignorare la questione circa il soggetto che chiede e cerca di conoscere, ma che è anche fin troppo consapevole della possibilità di rimanere deluso. Poi, David Hume (1711‑1776) rigettò ogni conoscenza che non è né analitica (tautologica) né esperienziale. Kant pone la metafisica in discussione, nel senso che chiunque faccia affermazioni riguardanti l'esistenza di Dio, l'immortalità dell'anima e la sua libertà deve prima chiedersi se un'impresa del genere sia possibile. Ciò che noi chiamiamo realtà « esterna » può essere visto (almeno in parte) come il prodotto della nostra mente. In risposta a Kant, Maréchal difese il realismo teistico di san Tommaso d'Aquino (circa 1225‑1274), col sostenere che gli esseri umani e le loro questioni (metafisiche) rivelano un itinerario che conduce, al di là dei dati immediati della percezione dei sensi, verso un Assoluto. Il metodo trascendentale di Maréchal è stato seguito da pensatori come Bernard Lonergan (1904‑1984), Emerich Coreth (nato nel 1919) e Johann Baptist Lotz (1903‑1922). CfEpistemologia; Filosofia; Metafisica.

Finalità. (inizio)

Un principio della filosofia scolastica secondo cui gli esseri agiscono sempre per un fine. Questo principio si applica, però, in modo diverso agli agenti intelligenti e a quelli che non lo sono. Cf Scolastica.

Firenze. (inizio)

Cf Concilio di Firenze.

Fondamentalismo. (inizio)

Movimento protestante nel XX secolo, specialmente negli U.S.A., che difende generalmente verità fondamentali come la divinità di Cristo e la sua risurrezione corporea, ma nell'interpretare la Bibbia dà una scarsa attenzione alla sua formazione storica, ai suoi vari generi letterari e al suo significato originale. Questa trascuratezza di una buona esegesi ha portato a falsi problemi circa i racconti dell'AT, come quello della creazione, del diluvio e dell'avventura di Giona. Cf Critica biblica; Evangelici; Evoluzionismo; Inerranza.

Fondatore. (inizio)

Colui che crea un movimento o una istituzione e gli dà una forma col tracciare almeno alcuni princìpi o linee normative. Così, Cristo è il fondatore del cristianesimo; san Domenico (1170‑1221) è il fondatore dell'Ordine dei Predicatori, conosciuti dal popolo come Domenicani, ecc. Cf Cristianesimo; Ordini religiosi.

Fonti del diritto canonico orientale. (inizio)

Sono le prescrizioni riguardanti il comportamento dei membri e dei ministri della Chiesa, che provengono di solito dai concili e sinodi ecumenici. Una volta che la Chiesa fu riconosciuta ufficialmente dallo Stato, i precetti della Chiesa divennero automaticamente leggi dell'Impero; entrarono nel Codice Teodosiano, e più ancora nel Codice Giustinianeo. Sotto l'Imperatore Teodosio II (401‑450), tutte le leggi generali emanate a partire da Costantino il Grande (morto nel 337) furono codificate in una raccolta entrata ufficialmente in vigore a partire dal 439. Nel 529, l'Imperatore Giustiniano I (483‑565) pubblicò un nuovo Codice, riveduto nel 534. Il Codice Giustinianeo intese procurare una sinfonia (gr. « armonia ») ed una synalleleia (Gr. « cooperazione autonoma ») tra la Corte imperiale e le autorità ecclesiastiche, facendo dell'imperatore l'esecutore della legislazione canonica. Il Codice Giustinianeo aiutò il codice canonico a spuntare in Occidente nel tardo Medioevo, ma una codificazione del diritto canonico orientale richiese molto tempo. San Nicodemo del Monte Athos (1749‑1809) tentò una compilazione e vi aggiunse un commento, chiamato Pedalion(gr. « timone »), che fu rapidamente riconosciuta nella prassi del patriarca di Costantinopoli. Questo timone intendeva guidare la nave della Chiesa universale con i dogmi e le tradizioni che fungevano da travi e da impiantito; Gesù era il pilota; gli apostoli ed il clero erano gli ufficiali e l'equipaggio. Questa immagine richiama il nome dato al codice principale di diritto canonico russo: Korm_aja Kniga (Russo: « carta del navigante »). È una raccolta di canoni stampati per la prima volta nel 1653. Il lavoro di san Nicodemo riflette i legami stretti che intercorrono tra legge e spiritualità e l'interpenetrazione della legge e del dogma. Due termini sintetizzano lo spirito del diritto canonico orientale: akrìveia (Gr. « rigore » ) eoikonomìa (gr. « direzione della casa »). Cf Chiesa e Stato; Corpus Juris Canonici; Economia; Nomocanone; Filocalis; Sinodo Trullano; Sinfonia.

Forma del matrimonio. (inizio)

Il modo per attuare la cerimonia del matrimonio è stabilito dal Concilio di Trento nel 1563 e prescritto nel Diritto Canonico (CIC 1108‑1123). Perché un matrimonio sia valido, occorre che venga celebrato dinanzi al vescovo del luogo, o del parroco, o di un presbitero o diacono legittimamente delegato per la celebrazione. Dove non ci siano presbiteri o diaconi disponibili, possono essere delegati dei laici, se questo è consentito dalla Conferenza episcopale. Devono essere presenti altri due testimoni. Per giuste ragioni, il vescovo del luogo può dispensare dalla forma prescritta dalla legge. Cf Validità.

Foro esterno. (inizio)

Cf Foro interno.

Foro interno (Lat. « fòrum »: piazza). (inizio)

L'area della coscienza personale, a cui Dio solo ha un accesso adeguato. I tribunali ecclesiastici trattano del fòro esterno (Lat. « forum externum »), ossia di quanto si può osservare pubblicamente. « L'atto amministrativo, che riguarda il foro esterno, si deve consegnare per iscritto... » (CIC 37; cf anche CIC 74, 130, 144, 1074, 1081‑1082, 1123, 1126, 1145, 1319, 1340, 1361 e 1732). Quello che dicono i penitenti nel sacramento della riconciliazione appartiene al foro interno ed è strettamente protetto dal sigillo della confessione (cf CIC 64, 74, 130, 142, 144, 508, 596, 1079, 1082, 1355 e 1357). CfBeatificazione; Canonizzazione.

Frammento muratoriano. (inizio)

L'elenco più antico dei libri del NT, chiamato così da Lodovico Antonio Muratori (1672‑1750), sacerdote, bibliotecario ed archivista, che lo scoprì nella Biblioteca Ambrosiana di Milano e lo pubblicò nel 1740. Mutilato all'inizio e alla fine, questo manoscritto latino di 85 righe viene datato generalmente alla fine del II secolo d. C. Quattro libri riconosciuti dopo questa data come facenti parte del NT (Lettera agli Ebrei, Giacomo, prima e seconda lettera di Pietro) non figurano nell'elenco di questo frammento. Cf Canone delle Scritture; Marcionismo.

Francoforte. (inizio)

Cf Scuola di Francoforte.

Funerali. (inizio)

Cf Rito funebre.