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7. - Ancorché fossimo i più perfetti dovremmo stimarci imperfetti.

“Il gran segreto per perseverare nella divozione è una grande umiltà. Siate umile e Dio resterà con voi e apprezzerà la vostra buona volontà; donatevi a Lui senza finzione e senza riserva, dicendogli dal profondo del cuore che abbia la bontà di perdonarvi se finora non l'avete servito bene, che renda stabile il proposito fatto di staccarvi da tutti gli affetti mondani, di non attaccarvi ad altro che all'amor di Dio e servirlo fedelmente con tutto il cuore... Non dobbiamo turbarci per le offese fattegli, perché alle volte questo Spirito divino è più largo di doni, proprio con quelli che gli sono stati più avari nel consacrargli il cuore e gli affetti” (19).
“Io spero nel Signore che vi terrete sempre a Lui unito e che per conseguenza non farete dei passi falsi; se poi, urtando in qualche pietra, inciamperete ugualmente, ciò servirà solo a farvi stare più attenta e a indurvi a invocare l'aiuto e il soccorso del Padre celeste, che io supplico affinché sempre vi protegga. Amen...” (20).
“Anche se fossimo le persone più perfette del mondo, non dobbiamo mai saperlo né crederlo, ma continuar sempre a stimarci imperfetti. Il nostro esame di coscienza non deve mai mirare a conoscere se siamo ancora imperfetti, perché di questo non dobbiamo mai dubitare. Di conseguenza, non bisogna che ci meravigliamo di vederci imperfetti, perché in questa vita non dobbiamo mai credere altrimenti; né bisogna che ci contristiamo al constatare che non v'è rimedio, ma piuttosto umiliarci e correggerci con dolcezza, per riparare i difetti con l'umiliazione. Infatti, le imperfezioni vengono lasciate appunto perché ci esercitiamo in questa umiltà; e mentre non saremo scusati se tralasciamo di correggerci, saremo invece scusabilissimi, se nonostante lo sforzo di correggerci, non vi riusciremo interamente; perché per le imperfezioni avviene diversamente che per i peccati” (21).