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9. - Il tempo, anche lungo, trascorso in peccato, non è motivo sufficiente per scoraggiarsi.

Si considerino bene le prime parole di quest'ultima citazione: Alcune cadute gravi, se non sono accompagnate da “acquiescenza nel male”, ossia se esse non si cambiano in abitudine, oltre a non lasciar traccia di sé, dopo il perdono, non impediscono neppure che l'anima possa subito ricuperare il posto che aveva raggiunto prima nella perfezione. Sarà certamente un tempo d'arresto, un indietreggiamento, ma l'assoluzione o la contrizione perfetta neutralizzeranno ogni perdita e colmeranno ogni lacuna.
Ma, si dirà, se uno “fosse rimasto a lungo nel male” e fosse quasi marcito nel peccato mortale? Ebbene, siccome allora il tempo d'arresto e il regresso è stato più lungo, anche le perdite saranno evidentemente più gravi; ma non mai irreparabili. Col perdono rinasceranno i meriti precedenti, secondo le parole della Sacra Scrittura: in iustitia quam operatus est vivet (Ez 17, 22). Forse, per neutralizzare i cattivi effetti delle abitudini colpevoli contratte in questo tempo funesto, saranno necessari degli sforzi molto generosi; ma se uno accresce la sua fiducia in Dio proporzionatamente alle necessità create dall'essersi “addormentati nel male”, al Signore sarà facile arricchire di nuovo e in un solo istante il povero. Confida dunque in lui e resta al tuo posto (30). Ecco perché il nostro Santo conclude: “Non bisogna mai perdere la fiducia, perché per quanto miserabili siamo, non lo saremo mai tanto quanto Dio è misericordioso con quelli che hanno volontà di amarlo e che in lui han posto la loro speranza” (31).