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8. - L'esagerata stima di noi stessi è causa di impazienze e di turbamenti.

“Non conviene confondersi con tristezza e inquietudine, perché è la superbia che suggerisce simile confusione: ci rincresce di non essere perfetti, non tanto per motivo d'amor di Dio, quanto per l'amore disordinato che portiamo a noi stessi” (29). - “Ci piace tanto piangere sui nostri difetti, perché ciò accontenta l'amor proprio” (30).
“Spesso perdiamo la tranquillità d'animo e ci lasciamo andare a bizzarrie e instabilità d'umore, unicamente per la grande preoccupazione che abbiamo di noi stessi. Non appena infatti sopravviene qualche contraddizione, o scorgiamo qualche piccolo tratto di immortificazione, o comunque cadiamo in qualche piccolo difetto, subito ci sembra d'avere perduto tutto” (31).
“L'amor proprio è dunque la prima sorgente delle nostre inquietudini; l'altra è la stima che facciamo di noi stessi. Che cosa vuol dire che se ci sorprende qualche imperfezione o peccato, ne restiamo sconcertati, turbati, irrequieti? Senza dubbio, è perché pensiamo di essere qualcosa d'impeccabile, d'intrepido, d'irremovibile, e vedendo poi che in realtà non è così e che diamo delle nasate, ci adiriamo e siamo mesti e scontenti per esserci ingannati sul nostro conto. Se invece sapessimo bene quel che siamo, in luogo di meravigliarci di vederci a terra, ci meraviglieremmo del come possiamo reggerci in piedi. Ecco l'altra sorgente della nostra inquietudine: vogliamo solo delle consolazioni e ci rincresce dover riconoscere e toccar con mano la nostra miseria, il nostro niente e la nostra debolezza” (32).
“Abbiate quindi gran cura di non turbarvi quando cadete in qualche mancanza e di non essere tanto pronta a intenerirvi su voi. stessa, perché questo è effetto della superbia ” (33).