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3. - Raccomandazione della pazienza alle anime che commettono imperfezioni.

Ed ecco perché l'amabile Santo moltiplica i consigli per comunicare agli altri quella “desiderabilissima pace che fu l'ospite più gradita, più fedele e perpetua del suo cuore” (6); ecco perché raccomanda, senza mai stancarsi, la calma e la pazienza soprattutto con se stessi.
“Non turbatevi per nulla delle vostre imperfezioni” (7). --“Guardatevi bene dalle inquietudini e dalle irrequietezze, perché esse sono il più grande ostacolo al cammino nella perfezione” (8).
“Perché tanti uccelli e altri animali restano presi nella rete se non perché, dopo esservi entrati, si dibattono e si dimenano disordinatamente per uscirne subito? E non è per questo che si intrecciano e si avviluppano maggiormente?... Così, noi, quando cadiamo nella rete delle imperfezioni: non sarà l'inquietudine che ci libererà; essa anzi ci imbroglierà maggiormente” (9).
“Occorre aver pazienza, se tardiamo a progredire nella perfezione, facendo sempre con cuore calmo quello che possiamo per avanzare ” (10).
“Attendiamo dunque con pazienza al nostro avanzamento spirituale, e invece di inquietarci d'aver fatto poco per il passato procuriamo di lavorare con più diligenza in avvenire” (11).
“ Non inquietiamoci, se ci vediamo sempre novizi nella virtù, perché nel monastero della Vita Devota ogni anima deve stimarsi sempre novizia, e tutta la vita è destinata al probandato. Basterebbe che uno si credesse professo anziché novizio, per essere degno di espulsione. Secondo le regole di quest'Ordine, non la solennità, ma l'adempimento dei voti rende professi i novizi. I voti non sono mai adempiuti, finché manca qualcosa alla loro perfetta osservanza, e l'obbligo di servire Dio e di progredire nel suo amore dura sempre fino alla morte.
“Ma, dirà qualcuno, come posso fare a meno di rattristarmi e d'inquietarmi, se per mia colpa ritardo l'avanzamento nella virtù?
“Ho già detto questo nell'Introduzione alla Vita divota, ma ora lo ripeto volentieri, perché non sarà mai detto abbastanza: bisogna piangere le proprie colpe, ma con pentimento profondo, forte, costante, tranquillo, e mai turbolento, inquieto, scoraggiante” (12).