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3. Sarebbero dovute bastare, o mio sommo Bene e mio riposo, le grazie che fin qui mi avevate fatto, guidandomi con la vostra pietà e grandezza, attraverso tante vicende, a uno stato così sicuro e a una casa dove erano molte serve di Dio, dalle quali potevo prendere esempio, per crescere nel vostro servizio. Non so come proseguire, quando ricordo la cerimonia della mia professione, l’estrema decisione e la gioia con cui la celebrai e lo sposalizio che contrassi con voi. Non posso dirlo senza lacrime, e dovrebbero essere lacrime di sangue, e il cuore mi si dovrebbe spezzare, né sarebbe troppo dolore di fronte alle offese che in seguito vi recai. Mi sembra, ora, di aver avuto ragione a non volere una così grande dignità, visto che dovevo usare tanto male di essa. E voi, mio Signore, per quasi vent’anni in cui usai male di questa grazia, voleste essere l’offeso, perché io potessi migliorare. Sembra, mio Dio, che io non facessi altro se non promettervi di non mantener nulla di ciò che vi avevo promesso, anche se allora non era questa la mia intenzione; ma le mie azioni erano poi tali che non so più quali fossero le mie intenzioni, e da questo si vede meglio chi siete voi, mio Sposo, e chi sono io. E, in verità, molte volte il dolore per le mie grandi colpe è temperato dalla gioia che mi dà il pensiero che si possa conoscere la vostra infinita misericordia.
4. In chi, o Signore, essa può risplendere come in me, che ho tanto offuscato con le mie cattive azioni le immense grazie che avevate cominciato a farmi? Povera me, mio Creatore, che se voglio discolparmi, non posso addurre nessuna scusa, né v’è alcuno che abbia colpa all’infuori di me! Poiché se io avessi ricambiato anche in parte l’amore che cominciavate a dimostrarmi, non avrei più potuto amare altri che voi, e con questo si sarebbe rimediato a tutto. dal momento che non meritai tanta fortuna, mi giovi ora, o Signore, la vostra misericordia.
5. Il cambiamento di vita e di cibi mi fece male alla salute, e anche se la mia gioia era molta, ciò non fu una sufficiente difesa. Cominciarono ad aumentare gli svenimenti, e fui colta da un così violento mal di cuore da fare spavento a chi assisteva agli attacchi, con l’aggiunta di molti altri mali. Così passai il primo anno in cattive condizioni di salute, ma non mi sembra di aver offeso molto il Signore nel corso di esso. E, siccome il male era tanto grave da farmi restar di solito quasi fuori dei sensi – e alcune volte del tutto priva di conoscenza –, mio padre si adoperava con ogni premura a cercare un rimedio; ma, non essendo riusciti a darglielo i medici di qui, mi fece portare in un luogo che aveva gran fama circa la guarigione di altre malattie, ove gli dissero che avrebbero guarito anche la mia. Mi accompagnò quella monaca amica di cui ho parlato, che era un’anziana della casa. Nel monastero in cui stavo non c’era impegno di clausura.