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1. La vigilia di san Lorenzo, dopo la comunione, mi sentivo così distratta e turbata, da non riuscire a venir fuori da questo stato. Cominciai a invidiare coloro che stanno nei deserti, sembrandomi che, non vedendo né sentendo nulla, fossero liberi da tali distrazioni. Udii allora dirmi: «T’inganni molto, figlia mia, perché, anzi, le tentazioni del demonio lì sono più forti che altrove. Abbi pazienza: finché si vive queste son cose inevitabili».

2. In quel mentre fui colta tutt’a un tratto da un rapimento accompagnato da così grande luce interiore che mi sembrava di stare in un altro mondo. Il mio spirito si trovò, all’interno di se stesso, in un boschetto o in un giardino molto delizioso, tanto che mi fece ricordare ciò che si legge nel Cantico dei Cantici: Veniat dilectus meus in hortum suum. Lì vidi il mio Eliseo, non certo minimamente scuro nell’aspetto, ma di una rara bellezza. Aveva in capo una specie di ghirlanda tutta di pietre preziose e molte fanciulle camminavano davanti a lui tenendo ramoscelli in mano e cantando a Dio cantici di lode. Io non facevo che aprire gli occhi per cercare di distrarmi, ma non riuscivo a distogliere la mia attenzione da lì. Mi sembrava che vi fosse una musica di uccelletti e d’angeli di cui, anche se le mie orecchie non l’udivano, la mia anima godeva, tutta immersa in quel diletto. Notavo come non vi fosse nessun altro uomo. Mi fu detto: «Questi ha meritato di stare fra voi e tutta la festa che vedi avrà luogo il giorno che egli la istituirà in onore di mia Madre; affrettati, se vuoi arrivare dove egli sta».

3. Tale visione durò più di un’ora e mezzo, con una grande gioia dentro, senza che potessi distrarmi, a differenza delle altre visioni. Ciò che ne ricavai fu un più intenso amore per Eliseo e l’averlo più presente in quella bellezza. Ho avuto timore che fosse tentazione perché, quanto a immaginazione, non era possibile.