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4. Le parole interiori continuano ancora; all’occorrenza nostro Signore mi dà qualche consiglio. Anche ora qui a Palencia, se non fosse stato per quest’aiuto, avremmo combinato un bel pasticcio, pur senza colpa.

5. Gli atti e i desideri non sembrano avere la forza di prima perché, se anche sono di grande intensità, assai più vivo è il desiderio di fare la volontà di Dio e ciò che serve a sua maggior glori. E siccome l’anima sa perfettamente che il Signore conosce ciò che è opportuno a tal fine, ed è del tutto staccata da ogni interesse personale, quegli atti e desideri finiscono presto perché, a mio parere, non hanno ormai forza. Da qui nasce la paura che avverto, a volte, pur senza l’inquietudine e la pena di prima, per il fatto che la mia anima sia come istupidita ed io non faccia nulla, essendomi impossibile la penitenza. Gli atti ispirati al desiderio della sofferenza o del martirio e della visione di Dio non hanno forza e per lo più non riesco a concepirli. Mi sembra di vivere solo per mangiare, dormire e non angustiarmi di nulla: neppure questo stato mi dà pena. È vero che a volte – ripeto – temo vi sia inganno, ma, di fatto, non posso crederlo, convinta come sono di non essere dominata da nessun saldo legame con qualsiasi creatura e di essere staccata anche dalla gloria del cielo. Amo solo Dio – sentimento che non s’affievolisce, anzi, a mio parere, aumenta – e desidero che tutti lo servano.

6. Ciò nonostante, mi meraviglia il fatto di non poter nemmeno provare più in ugual misura quel così grande, intenso e intimo dolore cui prima ero tormentata nel veder perdersi le anime e nel pensare che si recasse qualche offesa a Dio. tuttavia, a quanto mi sembra, non è diminuito il desiderio che egli non sia offeso.

7. La signoria vostra deve tener presente che in tutto quanto mi avviene ora – o mi è avvenuto prima – la mia impotenza a fare di più è assoluta: non dipende da me. Servire meglio, in verità, potrei farlo se non fossi così miserabile, ma ciò che voglio dire è che, se ora i sforzassi con tutta la diligenza possibile di desiderare la morte, non vi riuscirei, come non potrei fare gli atti di prima né sentire le sofferenze che mi procuravano le offese recate a Dio e nemmeno quegli angosciosi timori che ho avuto per tanti anni d’essere in inganno. Pertanto ormai non ho bisogno di valermi dei dotti né di dire nulla a nessuno. Mi basta sapere, per mia tranquillità, di essere sulla buona strada e sperare di poter fare qualcosa. Di questo ho parlato con alcuni confessori che avevo già consultato sulle altre cose, cioè con il padre Domenico, con il maestro Medina e con alcuni padri della Compagnia. Dopo quello che me ne dirà la signoria vostra, l’argomento sarà chiuso, per la grande stima che ho di lei. Esamini, quindi, attentamente lo scritto, per amor di Dio. Mi fu anche concesso di conoscere l’ingresso in cielo di alcune anime che lasciano la nostra vita, di quelle, però, che m’interessano, delle altre no.